Riceve le chiavi dell’appartamento locato senza nulla obiettare: non è rinuncia al pagamento della somma per il preavviso

La mera accettazione in restituzione delle chiavi dell’immobile locato non significa di per sé che il locatore abbia rinunciato al pagamento del corrispettivo per l’intera durata del periodo di preavviso al quale avrebbe avuto diritto per legge.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15769/15, depositata il 27 luglio. Il caso. Il Tribunale di Roma rigettava la domanda di un locatore che chiedeva la condanna del conduttore al pagamento dei canoni di locazione per il periodo di sei mesi, corrispondente all’omesso preavviso di rilascio dell’immobile locato. La Corte d’appello capitolina, riformando la pronuncia di primo grado, condannava invece il conduttore al pagamento di una somma a titolo di indennità di preavviso. Tale decisione si fondava sulla violazione di una clausola del contratto di locazione che prevedeva per il conduttore il diritto di recesso anticipato solo per gravi motivi e previa comunicazione del preavviso al locatore con almeno sei mesi di anticipo. Avverso tale sentenza, il locatario ricorre per cassazione, lamentando la mancata considerazione da parte della Corte territoriale della circostanza che, al momento del rilascio, egli aveva riconsegnato le chiavi dell’immobile al locatore e che questi le aveva ricevute senza sollevare obiezioni. La duplice funzione del preavviso. Gli Ermellini ritengono che il mezzo di ricorso non sia fondato. In primo luogo, essi ricordano che il preavviso svolge una duplice funzione da un lato, quello del conduttore lascia al locatore il periodo di tempo presumibilmente necessario per trovare altro locatario, senza perdere il compenso per l’uso dei locali d’altro lato, il preavviso del locatore consente al conduttore di usufruire del tempo necessario per cercare un’altra abitazione. Nel caso di specie, se è pacifico che il locatario non era restato nell’appartamento per l’intera durata del preavviso, come era suo diritto, tuttavia ciò era frutto di una sua libera scelta, che non gli permetteva di ledere l’interesse della controparte contrattuale a mantenere il diritto al compenso per l’intero periodo del mancato preavviso, in mancanza di prova che egli avesse comunque trovato per tempo altro conduttore. Il silenzio non vale assenso. Il Collegio precisa poi che la rinuncia al compenso per il periodo di preavviso non si può ricavare dal semplice silenzio del locatore, ma si sarebbe dovuto desumere da dichiarazioni, atti o comportamenti inequivocabili in tal senso. La mera accettazione delle chiavi in restituzione non equivale a rinuncia. Tale non può intendersi la semplice accettazione in restituzione delle chiavi dell’immobile questo comportamento, quasi necessario una volta che il conduttore lascia i locali, non è idoneo di per sé a dimostrare la rinuncia del locatore al pagamento del corrispettivo per l’intera durata del periodo di preavviso a cui avrebbe avuto diritto per legge. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 maggio – 27 luglio 2015, n. 15769 Presidente Segreto – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 15 gennaio 2009 C.A. ha convenuto davanti al Tribunale di Roma il conduttore, P.M. , chiedendone la condanna al pagamento dei canoni di locazione per il periodo di sei mesi, corrispondente al mancato preavviso del rilascio dell'immobile locato oltre al risarcimento dei danni. Ha premesso che il contratto - concluso il 1 luglio 2005 per il canone mensile di Euro 800,00 oltre spese condominiali - attribuiva al conduttore il diritto al rilascio anticipato, salvo preavviso di sei mesi che il P. aveva riconsegnato l'immobile il 4 dicembre 2008 in grave stato di degrado, senza preavviso e senza avere saldato le spese condominiali. Il convenuto ha resistito, sollevando varie eccezioni, ed in particolare rilevando che il rilascio era stato concordato sei mesi prima e che il locatore aveva ricevuto la consegna delle chiavi senza sollevare eccezioni. Esperita l'istruttoria, con sentenza n. 8547/2010 il Tribunale ha respinto le domande attrici. Proposto appello dal C. , a cui ha resistito l'appellato, con sentenza 23 febbraio - 21 marzo 2012 n. 990 la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il P. a pagare all'appellante Euro 4.800,00 a titolo di indennità di preavviso, oltre interessi ed oltre al rimborso delle spese dei due gradi di giudizio. Il P. propone due motivi di ricorso per cassazione. Resiste con controricorso il C. . Motivi della decisione 1.- La Corte di appello ha motivato la sua decisione - per quanto rileva in questa sede - in base al fatto che la clausola del contratto di locazione prevedeva il diritto del conduttore di recedere anticipatamente dal rapporto solo per gravi motivi e previa comunicazione del preavviso al locatore con almeno sei mesi di anticipo che il conduttore non ha dimostrato né la sussistenza dei gravi motivi, né l'avvenuta comunicazione degli stessi e del rilascio dei locali, nel termine di preavviso concordato. Donde il diritto del locatore al pagamento del canone per i mesi di preavviso. 2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 342 e 263 cod. proc. civ., e contraddittorieta della motivazione, quanto al rigetto della sua eccezione di nullità dell'atto di appello per indeterminatezza, in quanto mancante dell'esposizione dei fatti e della specificazione dei motivi di impugnazione. 2.1.- Il motivo non è fondato. La Corte di appello ha rilevato che al di là della scarna esposizione dei fatti e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell'appello, la lettura dell'atto consente di comprendere le pretese avanzate dall’appellante e di replicare alle stesse. Del resto l’assunto è confermato dal tenore della comparsa di costituzione dell'appellato, che si è difeso contestando anche nel merito le censure e le domande avanzate in primo grado . Ne ha dedotto che l'atto conteneva gli elementi essenziali per consentire al giudice di identificare le domande ed alla controparte di svolgere ritualmente il suo diritto di difesa. La motivazione non suscettibile di censura. È chiaro che la specificità dell'atto di impugnazione deve essere valutata con riferimento alla natura delle questioni discusse e che a fronte di questioni semplici, come quelle oggetto del presente giudizio, non occorrevano molte parole. Del resto, il ricorrente non ha potuto confutare e smentire quanto affermato dal Tribunale, tramite l'esplicito richiamo nel ricorso delle parti e dei passi dell'atto di appello che ne avrebbero dimostrato il carattere lacunoso, indeterminato, ambiguo o incomprensibile, sì da giustificare la sua eccezione. Donde anche l'inammissibilità del motivo, ove si consideri che l'art. 366 n. 6 cod. proc. civ. impone per l'appunto al ricorrente di richiamare nel ricorso il contenuto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, specificando anche di avere prodotto i suddetti atti e documenti, indicando come siano contrassegnati e dove siano reperibili fra gli altri atti e documenti di causa il tutto a pena di inammissibilità cfr., fra le tante, Cass. civ. 31 ottobre 2007 n. 23019 Cass. civ. Sez. 3, 17 luglio 2008 n. 19766 e 11 febbraio 2010 n. 8025 Cass. civ. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass. civ. Sez. Lav., 7 febbraio 2011 n. 2966 Cass. civ. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726, quanto alla necessità della specifica indicazione del luogo in cui il documento si trova . 3.- Il secondo motivo denuncia omessa motivazione su punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per il fatto che la Corte di appello ha ritenuto il conduttore responsabile del mancato preavviso, trascurando di prendere in esame il fatto che egli aveva riconsegnato le chiavi dell'appartamento al locatore, all'atto del rilascio, e che questi le aveva ricevute senza nulla obiettare e senza formulare riserve. Da ciò la Corte avrebbe dovuto dedurre che il locatore aveva dimostrato di aderire alla risoluzione anticipata del rapporto. 3.1.- Il motivo non è fondato. Va premesso che il ricorrente non contesta quanto la Corte di appello ha affermato, cioè che non solo il conduttore non ha comunicato disdetta per iscritto almeno sei mesi prima del rilascio dell'appartamento ma che neppure ha dimostrato la sussistenza di gravi motivi, che avrebbero potuto giustificare il rilascio anticipato. Ciò nonostante il locatore ha chiesto il pagamento dei canoni non per l'intera durata residua del rapporto, come avrebbe potuto in mancanza di regolare disdetta del rapporto, ma solo per i sei mesi di mancato preavviso. La funzione a cui risponde il preavviso del conduttore è quella di concedere al locatore il lasso di tempo presumibilmente necessario per reperire altro conduttore, senza perdere il diritto al compenso per l'uso dei locali, così come la funzione del preavviso dovuto dal locatore è quella di permettere al conduttore di usufruire del tempo ragionevolmente necessario per reperire altra abitazione. È vero, quindi, che il conduttore non ha mantenuto il godimento dell'immobile per l'intera durata del preavviso, come avrebbe avuto il diritto di fare ma ciò è stato frutto di una sua libera scelta, che non gli consentiva di pregiudicare l'interesse della controparte a conservare il diritto al compenso per l'intero periodo del mancato preavviso, in mancanza di prova che egli avesse comunque reperito per tempo altro conduttore. Né la rinuncia al compenso per il periodo di preavviso può desumersi dal mero silenzio del locatore - conformemente del resto ai principi generali in materia contrattuale, per cui il silenzio non è normalmente significativo, quale dichiarazione di volontà - ma avrebbe dovuto risultare da dichiarazioni, atti o comportamenti inequivocabili in tal senso. Tale non è la mera accettazione in restituzione delle chiavi dell'appartamento comportamento in certa misura necessitato, a fronte dell'abbandono dei locali da parte del conduttore, e comunque inidoneo di per sé solo a dimostrare la rinuncia del locatore al pagamento del corrispettivo per l'intera durata del periodo di preavviso al quale avrebbe avuto diritto per legge. 4.- Il ricorso è respinto. 5.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per onorari, oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori di legge.