Prescrizione presuntiva applicabile anche a professionisti organizzati in forma societaria, arriva la decisione delle Sezioni Unite

La prescrizione presuntiva triennale del diritto dei professionisti, per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative art. 2956, n. 2 c.c. , trova la sua giustificazione nella particolare natura del rapporto di prestazione d’opera intellettuale dal quale, secondo la valutazione del legislatore del 1942, derivano obbligazioni il cui adempimento suole avvenire senza dilazione o, comunque in tempi brevi, e senza il rilascio di quietanza scritta. Ne consegue, in un regime nel quale il contratto d’opera professionale sia caratterizzato dalla personalità della prestazione, non solo che ad una società può essere conferito soltanto l’incarico di svolgere attività diverse da quelle riservate alle professioni c.d. protette, ma anche che deve necessariamente essere utilizzato uno strumento diverso dal contratto d’opera professionale e che perciò alla società non può essere opposta la prescrizione presuntiva triennale.

Lo hanno affermato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella pronuncia n. 13144, depositata il 25 giugno 2015. Il caso. Una s.n.c. aveva svolto attività professionale per una ditta individuale relativamente alla tenuta della contabilità. La società avanzava un credito per gli anni 1993/1994 rimasto scoperto e non pagato dalla cliente. Questa, decorsi i tre anni previsti dall’art. 2956, n. 2, c.c., eccepiva la prescrizione presuntiva prevista dalla norma. In primo grado il Tribunale accoglieva la tesi della ditta individuale, mentre in secondo grado la Corte territoriale riteneva non applicabile la prescrizione presuntiva a una società in nome collettivo. La contesa giungeva al cospetto della sez. II della Cassazione che, assalita dal dubbio” rimetteva la questione alle Sezioni Unite. La decisione della Corte. Le Sezioni Unite della Cassazione completano così il percorso” e si pronunciano sull’ordinanza interlocutoria sollevata dalla sez. II Civile lo scorso 22 gennaio 2015 n. 1184/15 . Come noto, la prescrizione presuntiva detta anche impropria” opera come presunzione legale iuris tantum con limitata possibilità di prova contraria. La ratio dell’istituto è ricollegabile alla scelta dell’ordinamento di presumere che, per determinati rapporti della vita quotidiana nei quali il saldo avviene immediatamente, senza dilazione e senza il rilascio di quietanza scritta, il pagamento sia già stato effettuato. L’ordinanza già commentata su queste pagine chiedeva in particolare di chiarire se la disposizione di cui all’art. 2956, n. 2, c.c. fosse applicabile anche ai professionisti costituiti in forma societaria o di associazione professionale, dato che la norma in realtà non sembrerebbe limitarsi alla nozione di singolo professionista e considerato anche il mutamento del quadro normativo avvenuto dal 2001 in poi. I cambiamenti normativi. La sez. II infatti aveva sottolineato che, caduto il divieto di esercitare attività professionali in forma societaria art. 2 l. n. 1815/1939 , si erano registrate negli anni numerose modifiche legislative -L’art. 16 d.lgs. n. 96/2001 ha consentito espressamente l’esercizio in forma comune, come società tra professionisti definita società tra avvocati”, l’attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio. - L’art. 2, comma 1, lett. c , l. n. 248/2008 ha abolito il divieto di fornire servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone. - L’art. 10 l. n. 183/2011 ha ammesso la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate dal sistema ordini stico secondo i modelli societari tipici della società semplice, s.n.c., s.a.s., s.a.p.a., s.r.l., s.p.a. e società cooperativa. - La l. n. 4/2013 ammette nuovamente che, in materia di professioni non organizzate, la professione può essere esercitata in forma individuale, associata, societaria, cooperativa o in forma di lavoro dipendente. - Da ultimo l’art. 28 l. fall. riformata consente oggi lo svolgimento di attività di curatore anche alle società tra professionisti”. La vicenda in esame riguardava però il lavoro svolto dalla s.n.c. negli anni 1993/1994, quindi, evidenziano le Sezioni Unite, ben prima delle modifiche normative citate. Riferimento al rapporto. In particolare, spiegano gli Ermellini, l’art. 2956, n. 2, c.c. dà rilievo non tanto alla tipologia del creditore in sé professionista singolo o in forma societaria , quanto piuttosto alla natura del rapporto dal quale sorge il credito. La prescrizione presuntiva in esame pertanto è collegata dalla legge solo al contratto che ha per oggetto una prestazione d’opera intellettuale art. 2230 c.c. . Ciò si deduce dal fatto che la norma parla non solo di professionista , ma anche di compenso e non corrispettivo , nonché di rimborso spese , cioè tutte voci tipiche e strettamente caratteristiche di quella tipologia di contratto. Occorre quindi chiedersi se una società poteva a quel tempo essere parte di quel tipo di negozio. Sul punto, poiché all’epoca dei fatti sussistevano ostacoli all’esercizio in forma societaria di attività professionale intellettuale primo fra tutti l’espresso divieto stabilito dall’art. 2 l. n. 1815/1939 , le Sezioni Unite rispondono negativamente, rifiutando di conseguenza, nel caso di specie, l’estensione della nozione di professionista” ex art. 2956, n. 2 c.c. alla s.n.c. creditrice. Infatti negli anni per cui è causa e durante i quali si è svolta la prestazione non saldata, non era possibile conferire a una società incarichi per lo svolgimento di una attività professionale utilizzando lo schema del contratto di prestazione d’opera professionale richiesto” per l’applicazione dell’art. 2956, n. 2, c.c Infatti l’attività di tenuta della contabilità era allora riservata alle professioni protette”, quindi la s.n.c. non poteva aver ricevuto tale mandato in forza di un contratto d’opera professionale, ma solo con un contratto di tipo diverso che però esula dalle previsioni dell’art. 2956, n. 2 c.c. per i motivi sopra illustrati. La creditrice quindi non poteva essere destinataria dell’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dalla ditta debitrice.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 9 – 25 giugno 2015, n. 13144 Presidente Rovelli – Relatore Di Amato Svolgimento del processo Con sentenza del 16 ottobre 2008 la Corte di appello di Perugia, in riforma della sentenza in data 1 dicembre 2003 del Tribunale della stessa città, ha rigettato l'opposizione proposta dalla ditta R.C.E. di R.E. avverso il decreto con il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di L. 5.310.735, quale corrispettivo dovuto alla s.n.c. E.DA.CO di Patrizi L. e Giammarioli G. per la tenuta della contabilità fiscale negli anni 1993 e 1994. In particolare, la Corte di appello ha respinto l'eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dall'opponente, osservando che l'art. 2956 n. 2 c.c. si riferisce ai crediti dei professionisti , e non a quelli per prestazioni, anche latamente intellettuali, da chiunque rese, con la conseguenza che l'istituto non si applica ai crediti delle società commerciali in questo senso, secondo la Corte territoriale, soccorre anche l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità Cass. n. 5002/2002 , in tema di privilegio generale ex art. 2751 bis n. 2 c.c., secondo cui il termine professionisti designa i singoli professionisti, con esclusione delle società, indipendentemente dallo svolgimento da parte di queste ultime di una attività intellettuale analoga a quella svolta dai primi. R.E. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo. La s.a.s. S.E.D.EL. di Giammarioli, Patrizi & amp C, già s.n.c. E.DA.CO, ha resistito con controricorso, illustrato anche con memoria. Con ordinanza interlocutoria n. 1184 del 22 gennaio 2015, la seconda sezione civile di questa Corte ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle sezioni unite, esponendo che gli argomenti in base ai quali in passato era stata esclusa l'ammissibilità dell'esercizio, da parte di una società, di una attività professionale intellettuale, tanto più se protetta - e cioè il divieto ex art. 2 della legge n. 1815/1939 di costituire società le quali abbiano lo scopo di fornire prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria ed il carattere personale della prestazione previsto dall'art. 2232 c.c. - potevano ritenersi superati dal mutato quadro normativo. Sotto tale profilo assumevano rilievo, oltre che l'abrogazione del citato art. 2 con l'art. 24 della legge n. 266/1997, l'art. 16, primo comma, del d.lgs. n. 96/2001 che ha consentito la costituzione di società tra avvocati, sia pure solo nelle forme della società in nome collettivo , l'art. 2, primo comma, lett. e , della legge n. 248/2006 che ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano, con riferimento alle attività libero-professionali ed intellettuali, il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte, tra l'altro, di società di persone , l'art. 10 della legge n. 183/2011 che ha ammesso la costituzione di società tra professionisti per l'esercizio di qualsivoglia attività professionale protetta , mercé l'utilizzazione dei tipi della società semplice, della società in nome collettivo, della società in accomandita semplice, della società per azioni, della società in accomandita per azioni, della società a responsabilità limitata e della società cooperativa , l'art. 1 della legge n. 4/2013 che ha consentito l'esercizio in forma societaria delle professioni non organizzate in ordini o collegi e l'art. 28, primo comma, l. fall., alla cui stregua possono essere chiamate a svolgere le funzioni di curatore anche società tra professionisti . Pertanto, l'ordinanza interlocutoria ha sollecitato l'intervento delle Sezioni Unite, perché riflettano sul se e sui margini in cui la nuova figura di professionista - siccome destinata a connotarsi anche in forma societaria sia per le professioni protette sia per le professioni non protette - si riverberi sulla nozione di professionista di cui all'art. 2956, n. 2 , c.c.” . Dopo la fissazione dell'udienza innanzi a queste sezioni unite, la controricorrente ha presentato ulteriore memoria. Motivi della decisione Con l'unico motivo proposto il ricorrente ha dedotto la violazione dell'articolo 2956 n. 2 c.c., sostenendo che la norma non pone alcuna restrizione nell'interpretazione del termine professionista , che l'attività della resistente si fonda sul lavoro intellettuale dei soci e che questo, nel caso di specie, è elemento essenziale e prevalente rispetto all'organizzazione dei fattori produttivi e, in particolare, rispetto all'attività di elaborazione elettronica dei dati. All'esame del ricorso si deve premettere che il credito per cui è causa è maturato dall'aprile 1993 al 31 dicembre 1994 e, pertanto, il mutamento del quadro normativo indicato dall'ordinanza di rimessione è totalmente successivo al momento del conferimento dell'incarico avendo, d'altro canto, riguardo al momento di maturazione del credito, le novità legislative potrebbero essere apprezzate esclusivamente con riferimento alla legge n. 266/1997, che ha abrogato il divieto previsto dall'art. 2 della legge n. 1815/1939. Tanto premesso, si deve osservare che la ratio della prescrizione presuntiva viene pacificamente individuata nella particolare natura dei rapporti obbligatori ai quali si applica si tratta, infatti, almeno nella valutazione del legislatore del 1942, di rapporti rispetto ai quali l'adempimento suole avvenire senza dilazione, o comunque in tempi brevi, e senza il rilascio di quietanza scritta. Il legislatore, pertanto, sopperisce con la presunzione alla difficoltà del solvens di fornire la prova certa del proprio adempimento. In particolare, per quanto qui interessa, l'art. 2956 n. 2 c.c. prevede che si prescrive in tre anni il diritto 2 dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative”. La prescrizione presuntiva, pertanto, è collegata dalla legge al contratto che ha per oggetto una prestazione d'opera intellettuale” art. 2230 c.c. , come è reso evidente non solo dalla individuazione di una delle parti nel professionista, ma anche dalla individuazione dell'oggetto del contratto nella prestazione d'opera e dal riferimento al compenso anziché al corrispettivo ed al rimborso spese, che di tale contratto rappresentano elementi caratteristici ne consegue che il problema della applicabilità della prescrizione presuntiva al credito di una società di persone per prestazioni di carattere professionale deve risolversi accertando se tale società può essere o meno parte del predetto contratto. Infatti, ciò che assume rilievo non è la tipologia in sé del creditore come accade, invece, ai fini del riconoscimento del privilegio previsto dall'art. 2751 bis c.c. , ma la natura del rapporto dal quale sorge il credito. Nella fattispecie in esame, caratterizzata dal fatto che il momento genetico del rapporto obbligatorio è anteriore alle rilevanti novità legislative indicate dall'ordinanza di rimessione, deve essere data una risposta negativa al descritto interrogativo. Invero, indipendentemente dal divieto di costituire società con lo scopo di fornire prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria divieto stabilito dall'art. 2 della legge n. 1815/1939 ed abrogato dall'art. 24 della legge n. 266/1997 , la disciplina del contratto d'opera professionale, dettata dagli artt. 2229 ss. del codice civile, presuppone ed implica l'esercizio individuale della professione, come è reso evidente soprattutto dal principio della personalità della prestazione e dalla conseguente necessità che chi si obbliga a fornire la prestazione intellettuale sia una individuata persona fisica e che l'eventuale intervento dei terzi nell'adempimento può avvenire solo con le forme ed i limiti della collaborazione sostitutiva o ausiliaria prevista dall'art. 2232 c.c. Proprio tale disciplina, del resto, impedì, secondo autorevole dottrina, di stabilire con un regolamento, dopo l'abrogazione del divieto previsto dall'art. 2 della legge n. 1815/1939, i requisiti per l'esercizio in forma societaria delle attività dirette a fornire prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria. Ne consegue che negli anni 1993 e 1994, nei quali si è svolta l'attività per la quale è richiesto il corrispettivo, non era possibile, in difetto di una deroga esplicita o implicita alla disciplina codicistica, conferire ad una società incarichi per lo svolgimento di una attività professionale, utilizzando il contratto di prestazione d'opera professionale. Ulteriore conseguenza era quella della necessità di distinguere tra le attività riservate alle c.d. professioni protette, cioè a quelle professioni organizzate ordinisticamente, e le altre attività. Per le prime, infatti, l'attività era riservata al professionista iscritto all'albo professionale e poteva essere oggetto soltanto di un contratto d'opera professionale per le seconde l'incarico poteva essere conferito anche ad una società, ma utilizzando uno strumento contrattuale diverso da quello del contratto d'opera professionale, riservato alle persone fisiche. Nella specie l'attività espletata dalla odierna controricorrente aveva ad oggetto la tenuta della contabilità, con prestazioni amministrative, contabili e tributarie. Si trattava, pertanto, di attività all'epoca non riservata a professione protetta, come stabilito invece successivamente dal d.lgs. n. 139/2005, e comunque comprensiva anche della attività materiale di elaborazione dati, non inclusa tra quelle poi riservate ai commercialisti ed agli esperti contabili. Ne consegue che la tenuta delle scritture contabili poteva essere affidata ad una società di persone, ma con contratto diverso dal contratto d'opera professionale, riservato alle persone fisiche. Nella specie, quindi, non trovava applicazione la prescrizione presuntiva. Si deve, in conclusione, affermare il seguente principio di diritto la prescrizione presuntiva triennale del diritto dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative art. 2956 n. 2 c.c. , trova la sua giustificazione nella particolare natura del rapporto di prestazione d'opera intellettuale dal quale, secondo la valutazione del legislatore del 1942, derivano obbligazioni il cui adempimento suole avvenire senza dilazione, o comunque in tempi brevi, e senza il rilascio di quietanza scritta. Ne consegue, in un regime nel quale il contratto d'opera professionale sia caratterizzato dalla personalità della prestazione, non solo che ad una società può essere conferito soltanto l'incarico di svolgere attività diverse da quelle riservate alle professioni c.d. protette, ma anche che deve necessariamente essere utilizzato uno strumento diverso dal contratto d'opera professionale e che perciò alla società non può essere opposta la prescrizione presuntiva triennale”. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso condanna il ricorrente al rimborso delle spese di lite liquidate in Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CP.