Il Comune può revocare l’aggiudicazione della fornitura di arredi se accerta che le poltrone non sono omologate

Nei contratti stipulati dalla p.a. attraverso asta pubblica o licitazione privata, il processo verbale di aggiudicazione definitiva non è atto preparatorio, bensì atto equivalente al contratto con forza immediatamente vincolante, ad ogni effetto legale, per l’amministrazione. Tale definitività e vincolatività trova però un limite, nei casi in cui il contratto non sia ancora stipulato, nell’interesse pubblico che giustifica l’esercizio del potere di autotutela della medesima p.a. con la conseguente possibilità di revocare l’atto di aggiudicazione a seguito di un riesame degli atti adottati che porti ad un diverso apprezzamento della situazione preesistente.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10748/15 depositata il 25 maggio. Il fatto. Il Tribunale di Fermo respingeva la domanda proposta da una società nei confronti di un Comune per il risarcimento dai danni subiti a seguito della revoca, secondo l’attore illegittima, del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto di fornitura di arredi, disposta dalla p.a. in seguito all’esito negativo della verifica dell’omologazione ministeriale rispetto ad un campione di poltrona, oggetto appunto dell’appalto. Il primo giudice non condivideva la tesi della società secondo la quale tale verifica costituirebbe una modificazione sostanziale e sopravvenuta del bando e riconduceva la revoca dell’aggiudicazione all’esercizio del potere c.d. di autotutela, posto che il tipo di poltrona che la società aggiudicataria intendeva fornire non rispettava affatto le prescrizioni ministeriali in tema di omologazione. Le medesime argomentazioni fondano il rigetto del gravame da parte della Corte d’appello, la cui pronuncia viene impugnata dalla società innanzi alla Corte di Cassazione. Il problema giuridico la legittimità della revoca dell’aggiudicazione. Il ricorso si articola in tre doglianze, che i Supremi Giudici dichiarano inammissibili, con cui sostanzialmente la società critica la decisione dei giudici di merito per l’erronea valutazione del contenuto di alcuni documenti probatori e di una deposizione testimoniale, trascurando però il tema giuridico che fa da sfondo alla questione ovvero la legittimità della revoca, da parte dell’amministrazione comunale, dell’aggiudicazione dell’appalto. La Cassazione richiama la disciplina normativa applicabile al caso di specie e cioè l’art. 11 del codice degli appalti d.lgs. n. 163/2006 il cui comma 9 stabilisce che divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni . Il potere di autotutela nella giurisprudenza amministrativa Viene così sancito il principio per cui la p.a. può esercitare il proprio potere di autotutela e quindi introdurre modifiche al bando di gara ovvero revocare o annullare l’aggiudicazione. Anche la giurisprudenza amministrativa, in particolare il Consiglio di Stato, afferma che l’annullamento dell’esito di una procedura concorsuale ad evidenza pubblica, per il riscontro di illegittimità, ovvero la revoca dell’atto di aggiudicazione resa necessaria a seguito del riesame degli atti adottati che conduca ad un diverso apprezzamento della situazione preesistente, non abbisogna di particolari motivazioni in ordine all’interesse pubblico violato, laddove il contratto non sia ancora stato stipulato. Si aggiunga che tali atti, allorché siano sorretti da rilevanti ragioni di interesse pubblico, non trovano limiti nella posizione soggettiva vantata dall’aggiudicatario. e di legittimità. Gli orientamenti giurisprudenziali della Cassazione si inseriscono nel solco così tracciato dal diritto vivente, confermando che nei contratti stipulati dalla p.a. attraverso asta pubblica o licitazione privata, il processo verbale di aggiudicazione definitiva non costituisce un atto preparatorio, bensì un atto equivalente al contratto con forza immediatamente vincolante, ad ogni effetto legale, per l’amministrazione. Tale definitività e vincolatività trova comunque un limite, nei casi in cui il contratto non sia ancora stipulato, nell’interesse pubblico che giustifica l’esercizio del potere di autotutela della medesima p.a. con la possibilità di revocare l’atto di aggiudicazione a seguito di un riesame degli atti adottati che porti ad un diverso apprezzamento della situazione preesistente. Nel caso di specie, la Cassazione non si spiega come, alla luce dei principi ricordati, la diversa valutazione dei documenti e della testimonianza, così come sostiene la ricorrente, avrebbe dovuto portare il giudice di merito a considerare illegittima l’azione del Comune. Per questi motivi, la S.C. dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 – 25 maggio 2015, n. 10748 Presidente Forte – Relatore Genovese Svolgimento del processo 1. Il Tribunale di Fermo ha respinto la domanda proposta dalla Gabellieri Arredamenti snc contro il Comune di Grottammare committente per il risarcimento dei danni che la prima assume di aver patito a seguito della revoca illegittima dell'aggiudicazione dell'appalto di fornitura di arredi, in conseguenza della pretesa di visionare un campione di poltrona oggetto di fornitura, ai fini della verifica del possesso della cd. omologazione ministeriale, costituente - ad avviso dell'attrice - una modificazione sostanziale del bando di gara. 1.1. Secondo il primo giudice, invece, il provvedimento di revoca sarebbe stato legittimamente adottato dall'ente pubblico, nell'esercizio del potere di autotutela, atteso che il tipo di poltrona che l’aggiudicataria intendeva fornire presentava differenze dimensionali e tecnico-costruttive, rispetto a quanto richiesto nel capitolato, nonché un rilevante differenza in ordine al sedile che, anziché a molleggio su nastro elastico”, era a ribaltamento a gravità o a contrappeso. 2. La Gabellieri Arredamenti snc ha proposto appello e chiesto la condanna del Comune al pagamento di una somma corrispondente ai danni patiti. 2.1. Il Comune, a sua volta, ha chiesto il rigetto dell'impugnazione. 3. La Corte territoriale ha respinto il gravame. 3.1. Secondo il giudice di appello, sarebbe inesatta la prospettazione della società appaltatrice in quanto, dalla deliberazione di revoca dell'aggiudicazione, si rileverebbe che l'Amministrazione, lungi dall'aver apportato, dopo il bando di gara, modifiche o integrazioni, si era limitata a verificare la sussistenza dei requisiti di cui al bando sui campioni forniti dalle ditte partecipanti, valutati negativamente, con riferimento alla società attrice, in quanto presentavano differenze dimensionali, formali e tecnico-costruttive. 3.1. Secondo il giudice distrettuale, lungi dal richiedere integrazioni o modifiche, vi sarebbe stata solo una verifica della conformità dei beni oggetto della fornitura rispetto ai dati progettuali che la società avrebbe dovuto garantire e rispettare, in sede di esecuzione del contratto. Di qui la legittimità della revoca dell'aggiudicazione da parte dell'ente pubblico. 4. Avverso tale pronuncia ricorre l'impresa soccombente, con ricorso affidato a tre mezzi. 5. L'intimato Comune non ha svolto difese. Motivi della decisione 1.1. Con il primo mezzo Contraddittoria motivazione nonché errata valutazione degli atti e delle risultanze acquisiti al procedimento, in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c. violazione dell'art. 2699 c.c. in combinazione con l'art. 2700 c.c. viene posto il seguente quesito di diritto Dica la Corte se nell'interpretazione della documentazione prodotta dalle parti debbano essere applicati i principi di cui al disposto degli artt. 2699 e 2100 c.c. e se quindi il giudice, nel valutare la valenza contenutistica, debba considerare i documenti nel loro intero o possa, al contrario, scinderne il contenuto attribuendo differente valenza probatoria a ciascuna parte” . 1.1.1. Premette la ricorrente che la Corte distrettuale, nell'affermare che il Comune non avrebbe disposto alcuna modificazione al bando di gara dopo l'aggiudicazione, avrebbe esaminato solo il provvedimento amministrativo di revoca dell'aggiudicazione e non anche la residua documentazione, ossia a la diffida al Comune da parte della ditta Gufram, poi risultata vincitrice b la missiva a firma del Sindaco con la quale veniva richiesto alla società già aggiudicataria ed alle altre ditte, partecipanti alla gara, la produzione di un campione di beni oggetto di fornitura, con la specificazione che la poltrona doveva avere l'omologazione ministeriale in classe 1 M, con le ventose per il fissaggio a terra, pure omologate c il bando di gara, privo di una descrizione dettagliata del bene oggetto di fornitura d un inesistente progetto di beni oggetto di fornitura. 1.1.2. Il ragionamento del giudice distrettuale sarebbe manchevole in quanto non avrebbe preso in esame tali documenti e non avrebbe potuto tener conto che la modificazione dell'oggetto del bando era stata compiuta privilegiando un prodotto quello della concorrente Gufram, risultata successivamente nuova aggiudicataria della gara . 1.2. Con il secondo mezzo Violazione o falsa applicazione dell'art. 208 c.p.c. e 104 disp. att. c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. viene posto il seguente quesito di diritto Dica la Corte se le decadenze di cui al disposto normativo ex artt. 116 c.p.c. e 114 disp. att. c.p.c. siano rilevabili d'ufficio dal giudice di merito e pertanto non superabili dalla concorde volontà delle parti in causa” . 1.2.1. Secondo la ricorrente, il Giudice distrettuale avrebbe errato nel considerare assorbita la questione dell'interpretazione degli artt. 208 c.p.c. e 104 disp. att. c.p.c., da parte del giudice di prime cure il quale aveva ammesso, all'udienza di precisazione delle conclusioni, un teste che, in forza di una precedente ordinanza, non era stato assunto perché il richiedente era stato dichiarato decaduto dalla prova. 1.2.2. La Corte avrebbe dovuto pronunciarsi su tale decisiva questione,senza farla ritenere assorbita dall'esame dei documenti considerati nella motivazione della sentenza. 1.3.Con il terzo mezzo Contraddittoria motivazione nonché errata valutazione della prova testimoniale assunta all'udienza del 2 giugno 2000, in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c. violazione dell'art. 116 c.p.c. viene posto il seguente quesito di diritto Dica la Corte di Cassazione se la valutazione della prova testimoniale ex art. 116, primo comma, c.p.c. possa non tener conto degli scritti a firma della parte presenti in atti e se quindi il giudice non debba esprimere la propria valutazione in riferimento a tutti gli elementi in detta sede emersi laddove essi elementi abbiano una indubbia, nonché logica, incompatibilità con la valutazione concretamente espressa ed adottata” . 1.3.1. Secondo la ricorrente, il Giudice distrettuale non avrebbe dato il giusto peso alla testimonianza del teste G. il quale avrebbe rappresentato circostanze del tutto nuove rispetto alla documentazione in atti e avrebbe permesso di comprendere i parametri utilizzati per ritenere inidonea la merce fornita dall'aggiudicataria. Da essa sarebbe emersa, altresì, l'introduzione di nuovi elementi rispetto al capitolato di appalto originariamente aggiudicato alla società appellante. 2. Il ricorso è inammissibile. 2.1. Tutte le censure svolte, tese a criticare la decisione di secondo grado per avere omesso di rilevare il contenuto di alcuni documenti ovvero di una deposizione testimoniale, lasciano sullo sfondo la vera e decisiva questione che non forma oggetto di alcuna doglianza, da parte della ricorrente, ossia se poteva o meno l'Amministrazione revocare l'aggiudicazione dell'appalto di fornitura dell'arredamento al Comune committente, anche allo scopo di fissare, nel bando di gara, nuovi elementi tecnici relativi ai beni da fornire. 2.1.1. In relazione a tale aspetto, infatti, la ricorrente nulla osserva o lamenta, onde non si comprende a cosa possano rilevare le doglianze proposte. E, invero, ove anche il Comune avesse revocato l'aggiudicazione dell'appalto, prima della stipulazione del contratto con l'appaltatore, inserendo nuove specifiche tecniche” al bando originario e pretendendo la cd. omologazione della poltrona e quella della ventosa di fissaggio, non avrebbe perciò stesso violato una regola inderogabile né commesso un fatto ingiusto produttivo, di per sé stesso, di un danno risarcibile. 2.1.2. Infatti, in disparte la mancata allegazione dei fatti in relazione ai quali sia individuabile il diritto applicabile al caso, a titolo puramente orientativo va richiamata la disciplina oggi vigente, ossia l'art. 11 Fasi delle procedure di affidamento del cd. codice degli appalti di cui al Decreto legislativo n. 163 del 2006 artt. 16, 17, 19, r.d. n. 2440/1923 art. 109, d.P.R. n. 554/1999 articolo 44, comma 3, lettere b ed e , legge n. 88/2009 articoli 2-bis e 2-ter, lettera b , direttiva 89/665/CEE e articoli 2-bis e 2-ter, lettera b , direttiva 92/13/CEE, come modificati dalla direttiva 2007/66/CE che, al comma 9, stabilisce Divenuta efficace l'aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni ”. 2.1.3. Una tale disciplina indica il principio a cui la PA deve attenersi, così che essa, in determinati casi, possa esercitare il potere di autotutela e, quindi, introdurre modifiche al bando di gara ovvero revocare o annullare l’aggiudicazione. 2.1.4. Tale, del resto, era - anche ratione temporis - la posizione della giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato secondo cui L'annullamento dell'esito di una procedura concorsuale ad evidenza pubblica, alla luce di riscontrate illegittimità ovvero la revoca dell'atto di aggiudicazione resasi opportuna al seguito del riesame degli atti adottati che inducono ad un diverso apprezzamento della situazione preesistente, ove il contratto non sia ancora stato stipulato, non ha bisogno di una particolare motivazione in ordine all'interesse pubblico violato” Consiglio di Stato n. 487 del 29/07/2005 ed anche L'esercizio del potere di revoca dell'aggiudicazione di una gara in tema di contratti della pubblica Amministrazione, allorché sia sorretto da rilevanti ragioni di pubblico interesse, non trova limiti nella posizione soggettiva vantata dall'aggiudicatario” Consiglio di Stato, Sez. V, n. 50 del 22/01/1999 . 2.1.5. E, in tal senso deve intendersi confermato il diritto vivente espresso anche da questa stessa Corte, secondo cui nei contratti di appalto stipulati dalla P.A. con il sistema dell'asta pubblica o della licitazione privata, il processo verbale di aggiudicazione definitiva non costituisce un atto preparatorio ma equivale, di regola, ad ogni effetto legale, al contratto con forza immediatamente vincolante per la stessa amministrazione, in virtù dell'art. 16 R.D. n. 2440 del 1923, nonché degli artt. 88 e 97 R.D. n. 827 del 1924, applicabili agli enti locali per il richiamo contenuto nell'art. 140 R.D. n. 383 del 1934” Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11513 del 1997 . 2.1.6. Così che può concludersi richiamando il principio di diritto secondo cui la forza vincolante, per l'Amministrazione, del processo verbale di aggiudicazione definitiva di un appalto e la sua intangibilità, ove il contratto non sia ancora stato stipulato, trova un limite nell'interesse pubblico apprezzabile che giustifica l'esercizio dei poteri di autotutela con la possibilità di pervenire alla revoca dell'atto di aggiudicazione a seguito del riesame degli atti adottati, quando essi inducono ad un diverso apprezzamento della situazione preesistente. 2.2. Nella specie, la ricorrente non spiega perché, alla luce del principio appena indicato, la valutazione dei documenti e della testimonianza, che si assumono pretermessi o male interpretati, avrebbero dovuto portare il giudice di merito a considerare come illegittima l'azione della PA nell'esercizio del potere di autotutela esercitato in conformità al principio di diritto appena richiamato. 2.3. Mancando tale allegazione e spiegazione, il ricorso si palesa, in tutti i suoi mezzi, del tutto inammissibile, perché il suo ipotetico accoglimento non comporterebbe alcuna incisione sulla decisione amministrativa disposta in via di autotutela dall'ente territoriale, senza che sia necessario provvedere sulle spese di lite, in mancanza di una qualunque attività difensiva da parte del Comune. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.