Contratto con il Comune, ma il provvedimento non era stato ratificato: nessuna responsabilità per l’ente

In tema di assunzione e di effettuazione di spese da parte degli enti locali, l’art. 23, comma 3, d.l. n. 66/1989 dispone che qualsiasi spesa degli enti comunali deve essere assistita da un conforme provvedimento dell’organo munito di potere deliberativo e da uno specifico impegno contabile registrato nel competente bilancio di previsione. In mancanza, il rapporto obbligatorio si costituisce direttamente con il funzionario, per cui il professionista non può esperire nei confronti dell’ente pubblico l’azione di indebito arricchimento, in quanto essa difetta del necessario requisito della sussidiarietà.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 10735, depositata il 25 maggio 2015. Il caso. Un Comune proponeva opposizione contro un decreto ingiuntivo emesso su richiesta di una cooperativa per una somma relativa al pagamento di alcuni servizi espletati. Il Comune deduceva che non fosse stata provata e dimostrata la spesa per cui era stata chiesta l’ingiunzione e che la delibera, non ratificata e quindi formalmente e sostanzialmente decaduta , del Consiglio non produceva effetti giuridici in considerazione di quanto stabilito dall’art. 23 d.l. n. 66/1989 disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale . Con un autonomo atto di citazione, la cooperativa, invece, conveniva in giudizio il Comune, esponendo che la Giunta Municipale aveva deliberato l’espletamento di soggiorni climatici per circa 1.000 cittadini per un periodo di tempo di 7 giorni in seguito l’Amministrazione stipulava con la cooperativa un atto di convenzione-contratto, a cui poi la società dava esecuzione, senza discussioni o ratificazioni dell’atto deliberativo da parte del Comune dopo aver emesso regolare fattura, il Comune, nonostante il pagamento di debiti derivanti dalla stessa delibera ad altre società per lo stesso servizio, si rifiutava di adempiere adducendo che la deliberazione della Giunta non era stata ratificata dal Consiglio. L’Amministrazione, però, si difendeva affermando che la fattura era stata emessa successivamente alla decadenza della deliberazione della Giunta Municipale, che, essendo stata adottata con i poteri del Consiglio, doveva essere da questo ratificata entro 30 giorni. Dopo la riunione dei due processi, il tribunale di Catania revocava il decreto ingiuntivo e condannava il Comune al pagamento della somma dovuta alla cooperativa. Tuttavia, la Corte d’appello di Catania riformava la sentenza e respingeva le domande della cooperativa. La cooperativa ricorreva in Cassazione, deducendo che, essendo stato il servizio affidato in virtù di delibera della Giunta Municipale, il provvedimento era in ogni caso riferibile al Comune e non poteva essere imputato al funzionario che lo aveva eseguito. Perciò, avendo il funzionario agito in esecuzione del provvedimento della Giunta, il Comune non poteva essere esonerato da responsabilità. Provvedimento inesistente. La Corte di Cassazione, analizzando il ricorso, sottolinea che, a seguito della decadenza della delibera della Giunta Municipale per mancanza della ratifica da parte del Consiglio, il rapporto contrattuale intercorso con la cooperativa non poteva considerarsi riferibile al Comune, essendo stato stipulato sulla base di un provvedimento inesistente. Di conseguenza, il rapporto doveva ritenersi intervenuto tra il funzionario che aveva stipulato il contratto e la cooperativa, senza responsabilità del Comune. Quando è responsabile il Comune? Infatti, in tema di assunzione e di effettuazione di spese da parte degli enti locali, l’art. 23, comma 3, d.l. n. 66/1989 convertito in l. n. 144/1989 , dispone che qualsiasi spesa degli enti comunali deve essere assistita da un conforme provvedimento dell’organo munito di potere deliberativo e da uno specifico impegno contabile registrato nel competente bilancio di previsione. In mancanza, il rapporto obbligatorio si costituisce direttamente con il funzionario, per cui il professionista non può esperire nei confronti dell’ente pubblico l’azione di indebito arricchimento, in quanto essa difetta del necessario requisito della sussidiarietà. Nel caso di specie era irrilevante la circostanza che il funzionario, il quale aveva stipulato il contratto, aveva dato esecuzione alla delibera della Giunta Municipale, in quanto quest’ultima, non essendo stata ratificata dal Consiglio, doveva ritenersi ormai decaduta e quindi inesistente. Quindi, l’azione del funzionario doveva ritenersi avvenuta in assenza di ogni provvedimento che lo autorizzasse a stipulare l’accordo e senza alcuna possibile riferibilità all’Amministrazione Comunale. Per questi motivi, la Corte di Cassazione respinge il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 aprile – 25 maggio 2015, n. 10735 Presidente Salvago – Relatore Ragonesi Svolgimento del processo Con atto di citazione, notificato il 26.10.1993, il Comune di Catania proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 3688/93 emesso dal Presidente del Tribunale di Catania a mezzo del quale, su ricorso della Cooperativa Socio Sanitaria Prevenzione e Salute a r.l., gli era stato ingiunto il pagamento di lire 25.000.000 oltre interessi. A sostegno dell'opposizione il Comune di Catania deduceva che non risultava essere stata provata e dimostrata la spesa per la quale era stata chiesta l'ingiunzione che la delibera, non ratificata, del Consiglio e, quindi, formalmente e sostanzialmente decaduta, non produceva effetti giuridici in considerazione di quanto statuito dall'articolo 23 punto 3 della legge 144/89. La Cooperativa opposta, costituitasi in giudizio, contestava i motivi di opposizione dei quali chiedeva il rigetto. Con autonomo atto di citazione, notificato il 9.3.1995, la Cooperativa Prevenzione e Salute a r.l. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale il Comune di Catania esponendo a che con atto deliberativo assunto il 19.11.1990 con i poteri del Consiglio, dichiarato provvisoriamente esecutivo e con visto tutorio apposto dalla C.P.C. di Catania, la Giunta Municipale aveva deliberato l'espletamento di soggiorni climatici, marini, termali e collinari per n. 1.000 anziani per la durata di gg.7 b che, in data 27.1.1990, l'amministrazione Comunale stipulava con essa cooperativa atto di convenzione-contratto c che, dal 29.12.1990 al 4.1.1991, essa attrice dava esecuzione al contratto in una località marina della Sicilia d che il suddetto atto deliberativo non veniva discusso né ratificato e che pur avendo essa cooperativa emesso regolare fattura per lire 25.000.000, il Comune di Catania, malgrado avesse già pagato debiti derivanti dalla medesima delibera ad altre società che avevano svolto il medesimo servizio, si rifiutava di adempiere al proprio obbligo nei suoi confronti adducendo che la deliberazione di G.M. non era stata ratificata dal Consiglio. Chiedeva, pertanto, che il Tribunale volesse condannare il Comune di Catania al pagamento in suo favore della somma di lire 25.000.000 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. Il Comune di Catania, costituitosi in giudizio, contestava la fondatezza della domanda deducendo a che la Giunta Municipale, con delibera n. 3759 del 19.11.1990, con i poteri del Consiglio e salva ratifica aveva autorizzato il servizio di soggiorni climatici per 1000 anziani b che l'azione promossa doveva dichiararsi inammissibile oltre che infondata in quanto la fattura era stata emessa successivamente alla decadenza della deliberazione del GM n. 3759 la quale essendo stata adottata con i poteri del Consiglio doveva essere da questo ratificata entro 30 giorni. Chiedeva, pertanto, che il Tribunale volesse dichiarare inammissibile ed infondata la domanda della società attrice con la condanna alle spese del giudizio. I due processi venivano riuniti. Con sentenza n. 1060/01, il Tribunale di Catania revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava il Comune di Catania, ai sensi dell'articolo 2041 c.c., al pagamento in favore della Prevenzione e Salute società cooperativa a r.l. della somma di lire 22.500.000 con gli interessi legali dal 4.1.1991 al soddisfo oltre al pagamento delle spese processuali. Avverso detta sentenza, con atto di citazione notificato il 16.5.2002, proponeva appello il Comune di Catania, deducendo che aveva errato il Tribunale a ritenere ammissibile l'azione di indebito arricchimento proposta dalla cooperativa nei confronti di esso Comune in virtù dell'errata applicazione alla fattispecie della normativa di cui alla legge 15.5.1997 n. 127 in quanto tale legge era posteriore alla prestazione dei servizi per cui era causa mentre d'altro canto il riconoscimento dell'utilità dell'opera e del servizio ricevuto doveva essere, quando non esplicito, consapevolmente attuato dagli organi istituzionalmente rappresentativi della amministrazione interessata. Chiedeva, pertanto, che la Corte, in accoglimento dell'appello ed in parziale riforma della sentenza n. 1060/01 del Tribunale di Catania, volesse annullare la suddetta decisione, dichiarando inammissibile l'azione ex articolo 2041 c.c. proposta da quest'ultima nei confronti dell'ente e rigettando le domande avanzate. La Società Cooperativa Socio-Sanitaria Prevenzione e Salute ar.l., costituitasi in giudizio in via pregiudiziale eccepiva l'illegittimità costituzionale dell'articolo 35, comma IV della legge n. 144 del 1989 in relazione all'articolo 28 della Costituzione, nel merito contestava la fondatezza dell'appello del quale chiedeva il rigetto con la condanna dell'appellante alle spese processuali. La Corte d'appello di Catania, con sentenza n. 1270/06, in riforma della sentenza di primo grado rigettava le domande della Cooperativa socio sanitaria. Quest'ultima ricorre avverso la detta sentenza sulla base di due motivi cui resiste con controricorso il Comune di Catania. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso la Cooperativa deduce che, essendo stato il servizio affidato in virtù di delibera della Giunta municipale, il provvedimento era in ogni caso riferibile al Comune e non poteva essere imputato al funzionario che l'aveva eseguito. Con il secondo motivo ripropone la questione che, avendo il funzionario agito in esecuzione del provvedimento della Giunta municipale il Comune non era esonerato dalla responsabilità. I due motivi di ricorso da esaminare congiuntamente, si rivelano infondati. La Corte d'appello ha osservato che, a seguito della decadenza della delibera della Giunta municipale per non essere stata la stessa ratificata dal Consiglio Comunale, il rapporto contrattuale intercorso con la Cooperativa ricorrente non poteva considerarsi riferibile al Comune in quanto stipulato sulla base di un provvedimento inesistente onde il rapporto doveva ritenersi intervenuto tra il funzionario che aveva stipulato il contratto e la Cooperativa, senza alcuna responsabilità del Comune. Tale motivazione appare del tutto conforme all'orientamento giurisprudenziale più volte espresso da questa Corte secondo cui in tema di assunzione di impegni e di effettuazione di spese da parte degli enti locali, l'articolo 23, terzo comma, del d.l. 3 marzo 1989, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144 , dispone che qualsiasi spesa degli enti comunali deve essere assistita da un conforme provvedimento dell'organo munito di potere deliberativo e da uno specifico impegno contabile registrato nel competente bilancio di previsione, costituendosi, in mancanza, il rapporto obbligatorio direttamente con il funzionario, onde il professionista non può esperire nei confronti dell'ente pubblico l'azione di indebito arricchimento articolo 2041 cod. civ. , perché tale azione difetta del necessario requisito della sussidiarietà articolo 2042 cod. civ. . Cass. Sez. un. 26657/14 Cass. 24478/13 Cass. 2832/02 Cass. 15604/05 Cass. 17257/03 Cass. 13296/00 Cass. 7085/97 . In tale contesto nessuna rilevanza riveste la circostanza che il funzionario che aveva stipulato il contratto aveva dato esecuzione alla delibera della Giunta Municipale poiché, come detto, quest'ultima, in quanto non ratificata dal Consiglio, doveva ritenersi ormai decaduta e quindi inesistente onde l'azione del funzionario deve ritenersi avvenuta in assenza di ogni provvedimento che lo autorizzasse a stipulare l'accordo e la stessa quindi non era in alcun modo riferibile al Comune. Il ricorso va in conclusione respinto. La cooperativa ricorrente va di conseguenza condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la cooperativa ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre spese forfettarie ed accessori di legge.