Il locatore che interrompe il contratto è sempre tenuto al pagamento delle indennità

Il conduttore non ha alcun obbligo di prova del danno da interruzione del contratto. Le indennità previste dall'art. 34, l. n. 392/1978 non pongono alcun onere probatorio in capo al conduttore e maturano ogniqualvolta si verifichino le condizioni previste dalla norma che, quindi, individua una presunzione assoluta di danno con contestuale liquidazione del quantum.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7715/15 depositata il 16 aprile. Il caso. Un contratto di locazione commerciale veniva disdettato dal locatario che, spontaneamente, provvedeva anche al versamento dell'indennità prevista dal primo comma dell'art. 34, l. n. 392/1978. La conduttrice, successivamente allo scioglimento del vincolo contrattuale, conveniva in giudizio il locatore affinché fosse condannato a pagare una ulteriore indennità per avere parte locatrice attivato, all'interno del medesimo locale, attività simile/affine a quella del conduttore escluso. Il Tribunale accoglieva la domanda articolata da parte attrice. La Corte di appello confermava la decisione di primo grado. Parte convenuta soccombente ha proposto ricorso per cassazione. Ricorso per cassazione e mandato difensivo. Le S.U. hanno chiarito che non vi è alcuna incertezza sul mandato difensivo formulato con espressioni ampie e generiche, apposto a margine del ricorso già redatto. In ipotesi come quella appena richiamata, l'apposizione del mandato accanto al ricorso già formulato, esclude ogni dubbio circa l'effettiva volontà della parte di proporre il ricorso Cass. Civ., S.U., n. 11178/95 , dunque, è corretto ed inoppugnabile. Indennità aggiuntiva per la perdita di avviamento. La normativa speciale, chiarisce che, in materia di locazione non abitativa, in caso di cessazione del rapporto locativo per volontà del locatore, quest'ultimo, è tenuto a corrispondere certamente una indennità pari a 18 o 21 mensilità. Inoltre, è dovuta una indennità aggiuntiva di pari entità - in favore del conduttore - qualora l'immobile venga da chiunque adibito all'esercizio della stessa attività o di attività incluse nella stessa tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente. Cessazione del precedente esercizio. Ha chiarito la Cassazione che la cessazione del precedente esercizio deve intendersi come effettiva cessazione dell'attività mediante rilascio dell'immobile. Dunque, nelle ipotesi - come quella in commento, in cui la restituzione dell'immobile avvenga successivamente alla interruzione del contratto, il termine annuale decorre dalla consegna del cespite e non anche dalla estinzione della vicenda contrattuale. Tanto perché la richiamata indennità copre la perdita dell'avviamento che, materialmente, si produce con decorrenza dalla effettiva cessazione dell'attività, indipendentemente dalle sorti del negozio locativo. Indennità per perdita di avviamento. Nessun onere probatorio. L'indennità aggiuntiva prevista al secondo comma dell'art. 34, l. n. 392/1978 origina ogni qual volta si verifichino le due condizioni previste, ovvero, esercizio di attività similare entro un periodo non superiore ad un anno. Il conduttore si deve limitare a provare l'esistenza delle due condizioni indicate e non ha alcun onere di provare l'effettiva perdita di avviamento. Pertanto, l'indennità andrà riconosciuta anche quando si provi l'insussistenza del danno, quando il conduttore abbia cessato o variato l'attività. L'indennizzo si fonda su una presunzione assoluta e normativa di danno. Le due indennità disciplinate dall'art. 34 L. n. 392/1978, non necessitano di prova fattuale del danno arrecato al conduttore e si fondano su una presunzione assoluta e normativa di danno. Dunque, l'obbligazione indennitaria nascerà ogni volta che si verifichino i fatti costitutivi individuati dalla norma, indipendentemente dalla effettiva produzione del danno. I giudici di legittimità, hanno confermato la decisione del giudice territoriale e ribadito l'orientamento giurisprudenziale a tenore del quale l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, prevista dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34, è dovuta al conduttore uscente a prescindere da qualsiasi accertamento circa la relativa perdita ed il danno che il conduttore stesso abbia subito in concreto in conseguenza del rilascio, con la conseguenza che essa spetta anche se egli continui ad esercitare la medesima attività in altro locale dello stesso immobile o in diverso immobile situato nelle vicinanze Cass. Civ. n. 12895/14 .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 11 febbraio – 16 aprile, numero 7715 Presidente Russo - Relatore Stalla Svolgimento del giudizio Nel 2009 A. S. srl conveniva in giudizio la N.U. sas di M. A. e L., chiedendone la condanna al pagamento dell'indennità di avviamento di cui al secondo comma dell'articolo 34 legge 392/78 ciò in relazione al rapporto di locazione ad uso commerciale già intercorso tra le parti a far data dal 1993, e dal quale la locatrice convenuta le aveva intimato recesso per il settembre 2005. Nella costituzione in giudizio della N.U. sas - che contestava i presupposti temporale e di danno dell'indennità in questione e chiedeva altresì, in via riconvenzionale, la condanna dell'attrice alla restituzione dell'indennità di cui al primo comma della disposizione in oggetto da essa spontaneamente pagata - interveniva la sentenza numero 1829/09 con la quale l'adito tribunale di Udine condannava la società convenuta al pagamento dell'indennità di cui al secondo comma del citato articolo 34, rigettando ogni altra istanza. Interposto gravame dalla N.U. sas, veniva emessa la sentenza numero 163 del 6 giugno 2011 con la quale la corte di appello di Trieste confermava la prima decisione. Avverso questa sentenza viene dalla N.U. sas propost C ricorso per cassazione sulla base di due motivi, ai quali resiste con controricorso la A. S. srl che ha anche depositato memoria ex articolo 378 cpc Motivi della decisione § 1. Va preliminarmente respinta l'eccezione di nullità opposta dalla società resistente per asserito difetto di specificità della procura alle liti rilasciata dalla parte ricorrente. Se è vero che tale procura non reca espresso riferimento all'introduzione del giudizio di cassazione, altrettanto indubbio è che essa è apposta a margine di atto facente immediato ed inequívoco richiamo al ricorso per cassazione e reca, inoltre, elezione di domicilio in Roma. Soprattutto, essa non contiene - pur nell'ampiezza degli attribuiti poteri rappresentativi e difensivi - alcun elemento tale da far positivamente ritenere che essa possa essere stata rilasciata dalla parte per un giudizio diverso da quello di cassazione. Va qui riaffermato che, in applicazione del principio generale di conservazione degli atti ex articolo 1367 cc e 159 cpc, la procura rilasciata a margine del ricorso ex articolo 366 cpc, ancorché con l'impiego di espressioni di significato non univoco o generali, e pur in mancanza di uno specifico riferimento al giudizio di legittimità, fa presumere che il mandato alle liti sia stato conferito al fine di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza menzionata nel ricorso stesso. Tranne che il mandato si caratterizzi per la presenza di espressioni che univocamente e co certezza conducano a senz'altro escludere che la parte abbia inteso rilasciare procura per introdurre tale tipo di giudizio v.Cass. numero numero 15607 del 07/07/2006, con affermazione di ritenuta inammissibilità del ricorso per cassazione in un caso nel quale la procura redatta a margine non si limitava ad omettere qualsiasi riferimento al provvedimento impugnato della corte d'appello ed allo specifico mezzo del ricorso per cassazione, ma conteneva espressioni - attestanti il rilascio della procura per il presente giudizio innanzi al TAR Campania fino alla definizione della vertenza innanzi al Consiglio di Stato - riferibili esclusivamente ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali nello stesso senso v. Cass. numero 14793 del 04/06/2008, con affermazione di ritenuta ammissibilità del controricorso in un caso nel quale la procura, redatta a margine, come nella specie, di atto indirizzato alla corte di cassazione, faceva improprio richiamo a giudizio di appello . Va inoltre qui richiamato quanto affermato con sentenza delle SSUU numero 11178 del 27/10/1995, secondo cui nessuna incertezza sull'oggetto del mandato difensivo è configurabile nel caso in cui, pur essendosi in esso fatto impiego di espressioni ampie e generiche ad esempio mediante l'uso di timbri predisposti per altre evenienze , la procura sia stata apposta a margine del ricorso già redatto atteso che tale circostanza esclude in radice ogni dubbio circa la volontà della parte di proporre il suddetto ricorso, quale che sia il tenore dei termini usati nella redazione della procura. § 2.1. Con il primo motivo di ricorso la N.U. sas lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sull'individuazione delle date degli avvenimenti di causa, con particolare riferimento all'anno di fruizione della clientela e dell'avviamento da parte della nuova conduttrice dei locali in oggetto nonché violazione o falsa applicazione del secondo comma dell'articolo 34 legge 392/78. Ciò per avere la corte di appello confermato la sentenza di condanna del tribunale, senza considerare che - i locali in questione erano stati adibiti ad attività commerciale dal nuovo conduttore M. srl il 5 ottobre 2006 e, dunque, oltre un anno dalla cessazione del contratto di locazione 30 settembre 2005 - nel caso di specie, l'indennità prevista dal secondo comma della disposizione in oggetto, recante una presunzione relativa e non assoluta di danno, non spettava, atteso che la conduttrice A. S. aveva proseguito la propria attività commerciale in locali siti ad appena 130 mt. di distanza da quelli rilasciati, non risentendo minimamente anche per le eclatanti dimensioni del gruppo di appartenenza, non comparabili con la modesta entità del nuovo esercente del trasferimento. § 2.2 La censura è infondata sotto entrambi i profili nei quali si articola. Per quanto concerne il dato temporale rilevante per l'indennità di cui al secondo comma dell'articolo 34 l.cit., la norma stessa fa ripetuto riferimento all'esercizio di attività identica o similare rispetto a quella già esercitata nei locali. Il costante richiamo alla nozione prettamente aziendalistica di `esercizio' L riguarda, per quello che qui rileva, anche la cessazione dell'attività da parte del conduttore uscente . ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente' . L'elemento interpretativo letterale è coerente con quello finalistico, non potendosi fondatamente dubitare che la nozione di `esercizio' - contenuta in una norma di tutela dell'avviamento commerciale e dell'incidenza dell'ubicazione dei locali sull'acquisizione e mantenimento dei flussi di clientela - non possa che riguardare l'effettivo e materiale svolgimento dell'attività economico-imprenditoriale non già il dato meramente giuridico-contrattuale della scadenza del rapporto obbligatorio tra le parti. Da ciò consegue che in tutte quelle ipotesi nelle quali lo svolgimento dell'attività commerciale da parte del conduttore uscente prosegua per un certo periodo anche successivamente alla scadenza contrattuale, il termine annuale di riferimento per l'indennità di cui al secondo comma dell'articolo 34 l. 392/78 deve avere riguardo alla data, non già di scadenza contrattuale, ma di effettiva cessazione dell'attività mediante rilascio dell'immobile. Solo in questo momento, infatti, si origina materialmente quel pregiudizio economico oggetto di riparazione ex lege costituito dalla perdita dell'avviamento, inteso quale elemento connaturato all'azienda in operatività, ed alla sua attiva localizzazione mediante articolo 35 l.cit. contatto diretto con il pubblico in tal senso Cass. numero 23558 del 06/11/2009 . Applicando questo principio di diritto ad una fattispecie nella quale le date di riferimento erano pacifiche, la corte di appello non ha violato il disposto dell'articolo 34 cit., dal momento che - al di là della scadenza contrattuale del 30 settembre 2005 - l'attività commerciale all'interno dei locali da parte della conduttrice uscente A. S. Despar Alimentari era cessata soltanto con il rilascio effettivo degli stessi, il 16 gennaio 2006 sicché l'apertura, in data 5 ottobre 2006, del `market alimentari' da parte della nuova conduttrice società facente capo alle stesse persone fisiche dei locatori M. ricadeva effettivamente entro l'anno di riferimento ai fini dell'indennità in oggetto. Per contro, correttamente doveva escludersi ogni rilevanza giuridica al fatto che l'apertura del nuovo esercizio commerciale si collocasse per pochi giorni oltre l'anno dalla suddetta scadenza contrattuale con la conseguenza che l'errore nel quale, a detta di parte ricorrente, il giudice di merito sarebbe incorso nel calcolo di questo specifico lasso temporale finirebbe per risultare del tutto ininfluente ai fini di causa. La doglianza è però destituita di fondamento anche per quanto concerne il mancato accertamento probatorio di un danno effettivo in capo alla conduttrice cessata A. S Infatti - appurato il concorso di tutti gli altri presupposti legali dell'indennità ex articolo 34 cit.- quest'ultima deve essere corrisposta al conduttore uscente indipendentemente dalla prova di danno concreto. Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il richiamo di Cass. numero 15821 del 28/07/2005 alla sussistenza di un dannof all'avviamento commerciale ricollegabile, secondo l' id quod plerumque accidit , all'abbandono dei locali di svolgimento dell'attività, non dà ingresso ad un onere di accertamento caso per caso di tale danno, con sua possibile esclusione ove non si riscontri in concreto l'inverarsi della suddetta regola probabilistica ma individua quest'ultima quale vero e proprio elemento normativo della fattispecie, con la conseguente integrazione di una presunzione assoluta di pregiudizio economico che trova proprio nella rilevanza statistica del fenomeno il suo fondamento razionale di tutela. Ciò spiega perché l'indennità in questione sia stata, nella casistica giurisprudenziale, riconosciuta anche in assenza di qualsivoglia prova di danno e finanche allorquando il conduttore abbia cessato del tutto, dopo il rilascio, l'attività già esercitata nei locali ovvero quando l'abbia continuata in altro locale dello stesso immobile o in diverso immobile situato nelle vicinanze come nella specie v. Cass.numero 7528 del 27/03/2009 Cass. numero 7992 del 02/04/2009 Cass. numero 17698 del 19/07/2013 Cass.numero 9/6/2014 numero 12895. La sentenza qui impugnata appare in definitiva corretta sul piano tanto dell'applicazione normativa dell'articolo 34 cit., quando dell'onere motivazionale. Quest'ultimo profilo va richiamato anche per quanto concern l'omessa considerazione di aspetti l'eclatante sproporzio e dimensionale tra conduttore uscente ed entrante le diverse caratteristiche delle rispettive clientele ed attività svolte all'interno dei locali la vicinanza topografica dei due esercizi di cui la società ricorrente lamenta il mancato accertamento tramite le istanze probatorie e di ctu da essa avanzate nei gradi di merito. Si trattava infatti di aspetti meramente fattuali, la cui dimostrazione poteva ritenersi rilevante solo in presenza di una presunzione di legge meramente relativa, e come tale suscettibile di essere superata dalla prova contraria il che, per le indicate ragioni, non è. § 3. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta la violazione o falsa applicazione del primo comma dell'articolo 34 legge 392/78, per avere la corte di appello confermato il rigetto della sua domanda riconvenzionale di restituzione di quanto a tale titolo pagato alla A. S., senza considerare che anche l'indennità in questione presupponeva un arricchimento indebito del locatore ed un danno corrispondente del conduttore suscettibili di essere provati in concreto, e nella specie insussistenti. La censura è infondata, atteso che le indennità di cui al primo e secondo co.dell'articolo 34 1.392/78 hanno uguale natura e presupposti di erogazione salvo il maggior quantum stabilito nel 2^ co. per l'ipotesi - ritenuta maggiormente lesiva per il conduttore uscente e, al contempo, di maggior vantaggio per il locatore - di destinazione dei locali, entro un anno, ad attivit f uguale o similare. Poiché valgono gli stessi criteri di spettanza già indicati nella disamina del motivo che precede, giuridicamente corretta deve ritenersi la decisione con la quale il giudice di merito ha respinto - per le stesse ragioni - la domanda riconvenzionale di restituzione svolta a tale titolo dalla N.U. sas. Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del DM 10 marzo 2014 numero 55. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso - condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.