L’opera è viziata ma i lavori non sono finiti: l’appaltatore risponde per inadempimento contrattuale

Nel caso in cui l’opera appaltata non sia stata eseguita, sia stata eseguita in ritardo o non sia stata completata, ai fini del risarcimento del danno subito dal committente per vizi occulti della cosa operano i principi della generale responsabilità per inadempimento contrattuale di cui agli artt. 1453 e ss. c.c

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6284/15 depositata il 27 marzo. Il caso. La Corte d’appello di Milano veniva chiamata a pronunciarsi sul gravame proposto avverso al sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Legnano aveva rigettato la domanda attorea con cui l’appaltatore chiedeva il saldo del corrispettivo e ciò a causa del vizio dell’impianto di riscaldamento riscontrato dalla committente al momento della consegna dell’opera, peraltro ancora incompiuta. Accogliendo parzialmente le domande d’appello, la Corte riconosceva la decadenza della garanzia per vizi dell’opera commissionata in quanto la stessa risultava essere stata ispezionata dal committente con esito positivo e senza alcuna riserva, al momento della consegna. La consegna di un’opera non completata comporta la decadenza della garanzia per vizi occulti? La pronuncia di seconde cure viene impugnata con ricorso in Cassazione dalla committente che formula quesito di diritto chiedendo alla Corte se la mera consegna alla committente dell’opera appaltata non ancora ultimata, effettuata dall’appaltatore, al termine di una accurata ispezione” ma senza esplicita accettazione da parte della committente stessa, la quale aveva denunciato precedentemente numerosi vizi nell’impianto di riscaldamento e ad altre apparecchiature, comporta, come ritenuto dalla Corte di appello di Milano, la decadenza dalle garanzie di cui all’art. 1667 c.c., oppure se per la realizzazione di questa fattispecie era necessaria una accettazione esplicita dell’opera sulla base del tenore letterale della norma citata. La garanzia per i vizi opera solo se l’opera consegnata è ultimata. Il motivo viene considerato fondato. Premesso che l’opera era stata consegnata prima dell’ultimazione dei lavori, i giudici di legittimità richiamano il consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale la responsabilità dell’assuntore del lavoro inerente alla garanzia per vizi e difformità dell’opera, ai sensi degli artt. 1667 e ss. c.c., si configura esclusivamente nei casi in cui egli consegni l’opera al completamento dei lavori e la stessa risulti realizzata in difformità rispetto ai patti o non a regola d’arte. Altrimenti operano i principi generali di inadempimento contrattuale. Nel caso invece di non integrale esecuzione dei lavori o di ritardo o di rifiuto della consegna, in capo all’appaltatore opera unicamente la comune responsabilità per inadempimento contrattuale di cui agli artt. 1453 e ss. c.c La sentenza impugnata risulta dunque affetta da evidente errore di diritto essendo pacifico nella giurisprudenza che la comune responsabilità dell’appaltatore ex artt. 1453 e 1455 c.c., non è esclusa da speciali disposizioni di cui agli artt. 1667 e 1668 c.c., le quali vanno semplicemente ad integrare i principi generali in materia di inadempimento contrattuale, senza sostituirli. Ne consegue la necessità di riconoscere l’operatività, ai casi di mancato completamento dei lavori o di rifiuto della consegna dell’opera, del diritto al risarcimento del danno fondato sulla generale responsabilità per inadempimento contrattuale delle parti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 5 dicembre 2014 – 27 marzo 2015, n. 6284 Presidente Bursese – Relatore Falaschi Svolgimento del processo G.C. ha impugnato, avanti alla Corte di appello di Milano, la sentenza del Tribunale di Milano - Sezione di Legnano, con la quale - decidendo la controversia dallo stesso introdotta nei confronti di F.M.P.L., in parziale accoglimento delle domande riconvenzionali, rigettata la domanda attorea di saldo del corrispettivo del contratto di appalto dalle stesse stipulato - veniva condannato al pagamento della somma di €. 9.713,17, oltre accessori, corrispondente al costo per la eliminazione dei vizi dell'opera e per il completamento di essa. La corte distrettuale adita, in parziale accoglimento del gravame, ha ridotto la somma cui l'appellante era stato condannato ad €. 1.713,17, e quanto alla censura relativa al rigetto della eccezione di decadenza dalla garanzia per vizi - che qui rileva - ha osservato che dal chiaro tenore del verbale redatto dalle parti in data 30.9.1998 dovevano ritenersi superate le contestazioni per i vizi dell'opera stante l'ispezione e la valutazione positiva fattane sul suo stato di conservazione e manutenzione, senza che venisse formulata alcuna riserva dalla committente al momento della consegna. Del resto spettava a quest'ultima di provare in quale momento taluni vizi relativi all'impianto di riscaldamento - peraltro palesi - si fossero manifestati al fine di valutare la tempestività della denuncia. Concludeva che era dovuto il costo relativo alla eliminazione dei vizi occulti e a quello per il completamento delle opere. Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano agisce la L., in base ad un unico motivo, cui replica il C. con controricorso. Entrambe le parti - in prossimità della pubblica udienza - hanno depositato memorie illustrative. Motivi della decisione Con l'unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1667 c.c., anche quale vizio di motivazione, per avere la corte di merito ritenuta la committente decaduta dalla garanzia per vizi dell'opera denunciati ed accertati dal c.t.u. relativamente all'impianto di riscaldamento, nonostante ella si fosse più volte lamentata con il resistente della sua inefficienza e lo stesso avesse consegnato un'opera incompiuta. Del resto lo stesso appaltatore aveva dato atto nella nota dell'8.8.1998 di lasciare quale deposito cauzionale la somma di £. 14.000.000. A corollario del mezzo viene formulato il seguente quesito di diritto Dica la Corte se la mera consegna alla committente dell'opera appaltata e non ancora ultimata, effettuata dall'appaltatore, al termine di una `accurata ispezione' ma senza esplicita accettazione da parte della committente stessa, la quale aveva denunciato precedentemente numerosi vizi all'impianto di riscaldamento e ad altre apparecchiature, comporta, come ritenuto dalla Corte di appello di Milano, la decadenza dalle garanzie di cui all'art. 1667 c. c. oppure se per la realizzazione di questa fattispecie era necessaria una accettazione esplicita dell'opera, visto il dettato letterale della norma citata e valutata anche la premessa del verbale di consegna che conteneva una riserva di responsabilità dell'appaltatore proprio per vizi degli impianti non ancora accertati nella loro natura ma già denunciati dalla committente . II motivo è fondato. Premesso che la corte di merito oltre ad avere accertato l'esistenza di vizi occulti nell'impianto di riscaldamento commissionato dalla L., ha liquidato i costi per il completamento dell'opera, con ciò chiaramente ritenendo che l'appaltatore non aveva portato a compimento l'opera che gli era stata commissionata, ossia l'impianto di riscaldamento. Da detto accertamento però non ha tratto la conseguente conclusione di inadempiuto all'obbligazione assunta con il contratto di appalto art. 1453 c.c., in relazione all'art. 1665 c.c. quanto alla garanzia per i vizi lamentati dalla committente. La consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di appalto, è nel senso che la responsabilità dell'assuntore del lavoro inerente alla garanzia per vizi e difformità dell'opera eseguita, prevista dagli artt. 1667 e ss. c.c., può configurarsi unicamente quando lo stesso, nell'intervenuto completamento dei lavori, consegni alla controparte un'opera realizzata nel mancato rispetto dei patti o non a regola d'arte, mentre nel caso di non integrale esecuzione dei lavori o di ritardo o rifiuto della consegna del risultato di questi a carico dell'appaltatore può operare unicamente la comune responsabilità per inadempimento contrattuale di cui agli artt. 1453 e ss. c.c. di recente, Cass. 22 gennaio 2015 n. 1186 ma già Cass. 6 aprile 2006 n. 8103 ed in passato Cass. 15 dicembre 1990 n. 11950 Cass. 11 gennaio 1988 n. 49 Cass. 12 aprile 1983 n. 2573 . Alla stregua dell'enunciato, condivisibile, principio, nella fattispecie, va ribadito, concernente appalto non pervenuto al suo normale epilogo, e cioè al completamento ed alla consegna alla parte committente dell'intera opera appaltata, è da escludere che i diritti azionati dalla attuale ricorrente potessero, e possano, essere ravvisati caducati per effetto della decadenza di cui al ripetuto art. 1667, comma 2, c.c., l'applicabilità di tale norma riguardando solo l'appalto esaurito con l'ultimazione dell'opera. L'errore di diritto che caratterizza la sentenza in esame è, così, affatto evidente essendo del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la comune responsabilità dell'appaltatore, ex art. 1453 e 1455 c.c., non è esclusa dalle speciali disposizioni degli artt. 1667 e 1668 c.c., nè è governata da queste disposizioni, piuttosto che da quelle più generali degli artt. 1453 e 1455 c.c., perché le predette disposizioni speciali integrano senza escluderla l'applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale, che rimangono perciò applicabili nei casi in cui l'opera non sia stata eseguita o non sia stata completata o quando l'appaltatore ha eseguito l'opera con ritardo o, pur avendo eseguito l'opera, si rifiuti di consegnarla principio questo che implica la necessità di considerare applicabile, per il diritto al risarcimento dei danni fondato sulla generale responsabilità dell'appaltatore per inadempimento, il termine di prescrizione in generale previsto per tale diritto, piuttosto che il termine di due anni previsto dall'art. 1667 c.c Conclusivamente, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa, per un rinnovato esame del merito alla luce dei principi sopra illustrati, dinanzi ad una sezione della Corte d'appello di Milano diversa da quella che ha reso la pronuncia annullata, demandando al giudice del rinvio anche la pronuncia sulle spese della presente fase di legittimità, da rendersi avendo riguardo a quello che sarà l'esito finale complessivo della vertenza. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di Cassazione, a diversa Sezione della Corte di appello di Milano. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 5 dicembre 2014.