Il promissario venditore che non chiede di stipulare il definitivo nel termine previsto è inadempiente

L'inattività del promissario acquirente legittima la richiesta di risoluzione con diritto a trattenere la caparra. In tema di effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, ed in fattispecie relativa a contratto preliminare di compravendita, laddove il curatore del sopravvenuto fallimento del promissario acquirente agisca nei confronti del promittente venditore per ottenerne la condanna alla restituzione delle somme da lui incassate a titolo di caparra ed al risarcimento dei danni, deve ritenersi ammissibile, da parte del convenuto, quale mero fatto impeditivo delle avverse domande ed estintivo della descritta obbligazione di restituzione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5523, depositata il 19 marzo 2015. Il caso. Due persone fisiche stipulavano contratto preliminare di compravendita immobiliare con consegna posticipata e versamento di caparra dal promissario acquirente in favore del promissario venditore. Spirato il termine per la stipula del definitivo, il promissario venditore conveniva in giudizio il promissario acquirente affinché fosse accertato e dichiarato l'inadempimento dell'acquirente, la risoluzione del preliminare nonché il diritto di trattenere la caparra. Nelle more del procedimento di primo grado, il promissario acquirente decedeva e successivamente veniva dichiarato fallito. La curatela si costituiva in giudizio chiedendo di essere liberata dal vincolo scaturente dal contratto preliminare con richiesta di restituzione della caparra. Il Tribunale accertava la risoluzione del contratto preliminare ed attribuiva, al promissario venditore, il diritto di trattenere la caparra. La Corte d'appello, pur confermando la risoluzione del contratto, riformava la decisione di primo grado e condannava parte promissaria venditrice a restituire la caparra. Parte soccombente ha proposto ricorso per cassazione. Rapporto tra scioglimento del preliminare e restituzione della caparra. Parte appellante ha osservato che, rilevato ed accertato lo scioglimento del vincolo scaturente dal contratto preliminare si deve automaticamente riconoscere il diritto della parte promissaria venditrice a trattenere la caparra originariamente versata. La Cassazione ha rilevato che il contratto preliminare risultava correttamente risolto per inadempimento del promissario acquirente, detta risoluzione era stata accertata dal Giudice di prime cure e divenuta pacifica tra le parti. Il fallimento del promissario acquirente, temporalmente, si collocava in momento successivo rispetto alla dichiarazione di fallimento, dunque, la richiesta di risoluzione del contratto presentata dal curatore era stata proposta nel momento in cui il contratto preliminare era già risolto. I Giudici di legittimità hanno richiamato l'orientamento giurisprudenziale a tenore del quale in tema di effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, ed in fattispecie relativa a contratto preliminare di compravendita, laddove il curatore del sopravvenuto fallimento del promissario acquirente agisca nei confronti del promittente venditore per ottenerne la condanna alla restituzione delle somme da lui incassate a titolo di caparra ed al risarcimento dei danni, deve ritenersi ammissibile, da parte del convenuto, quale mero fatto impeditivo delle avverse domande ed estintivo della descritta obbligazione di restituzione. Dunque, la proposizione dell'eccezione tesa all'accertamento della già avvenuta risoluzione del predetto preliminare, in tempo anteriormente al fallimento del promittente acquirente, per non avere quest'ultimo rispettato un termine essenziale previsto nel contratto, avrà il fine di individuare l'intervenuta precedente risoluzione da cui scaturisce il diritto a trattenere la caparra. Con queste argomentazioni la S.C. ha cassato la sentenza impugnata e confermato il diritto della promissaria venditrice di trattenere la caparra originariamente versata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 7 gennaio – 19 marzo 2015, n. 5523 Presidente Ceccherini – Relatore Cristiano Svolgimento del processo I.C., che nel gennaio del '92 aveva stipulato un contratto preliminare con il quale si era obbligata ad acquistare entro il luglio successivo un appartamento sito in Firenze di proprietà di S.S., alla quale aveva versato, a titolo di caparra, la somma di cento milioni delle vecchie lire, nell'aprile del '93 convenne in giudizio la promittente venditrice per sentir pronunciare una sentenza che tenesse luogo del contratto definitivo non concluso. La S. si costitui ed eccepì che, poiché la C. non aveva chiesto di stipulare il rogito entro il termine essenziale pattuito nel preliminare, ella aveva notificato alla controparte una dichiarazione di recesso chiese pertanto, in via riconvenzionale, di accertare che il preliminare si era sciolto per l'inadempimento dell'attrice, con conseguente suo diritto a trattenere la caparra ai sensi del Il comma dell'art. 1385 c.c. La causa, interrotta a causa della morte di I.C., fu riassunta dal Fallimento della stessa, dichiarato entro l'anno dal decesso. Nell'atto di riassunzione il curatore manifestò la propria volontà di sciogliersi dal preliminare e chiese la condA. della S. alla restituzione della somma ricevuta a titolo di caparra. II giudice di primo grado, con una prima sentenza non definitiva, accertò che il contratto si era sciolto quindi, con la sentenza definitiva, dichiarò che la S. aveva legittimamente esercitato il recesso ed aveva diritto a trattenere la caparra. L'appello proposto contro quest'ultima decisione dal Fallimento di I.C. è stato accolto dalla Corte d'appello di Firenze con sentenza del 21.2.08. La corte territoriale ha escluso che la sentenza non definitiva, non impugnata, costituisse giudicato in ordine all'accertamento dell'avvenuto scioglimento dei preliminare ai sensi dell'art. 72 I. fall., ma ha rilevato che, poiché la volontà manifestata dal curatore aveva avuto l'effetto di risolvere il contratto sin dall'origine, l'esame della domanda riconvenzionale svolta dalla S. doveva ritenersi precluso ed ha pertanto condA.to la convenuta/appellata a restituire alla procedura la somma ricevuta a titolo di caparra. La sentenza è stata impugnata da S.S. con ricorso per cassazione affidato ad un motivo. Il Fallimento di I.C. ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, con il quale ha proposto ricorso incidentale condizionato per tre motivi, cui la S. ha a sua volta resistito con controricorso. Motivi della decisione 1 In ordine logico, deve essere innanzitutto esaminato il primo motivo del ricorso incidentale, con il quale il Fallimento sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d'appello, la sentenza non definitiva di primo grado, non impugnata, costituisce giudicato in ordine all'accertamento dell'avvenuto scioglimento del preliminare ai sensi dell'art. 72 4° comma I. fall. nel testo, applicabile ratione temporis al caso di specie, non ancora novellato dal d. Igs. n. 5/06 . Il motivo è infondato. La lettura della prima parte della sentenza, laddove il tribunale ha rilevato che il curatore aveva manifestato la volontà di sciogliersi dal contratto ed ha, subito dopo, affermato che il contratto, per l'appunto, si era sciolto, potrebbe in effetti condurre a tale conclusione. Occorre, tuttavia, dare un significato compiuto alla decisione, atteso che la declaratoria di avvenuto scioglimento del contratto ai sensi dell'art. 72 I. fall. era idonea a definire la controversia pertanto, se davvero il primo giudice avesse inteso limitarsi - puramente e semplicemente - a prendere atto del legittimo esercizio da parte del curatore della facoltà riconosciutagli dalla norma, risulterebbe priva di senso l'emissione di una sentenza non definitiva, accompagnata dalla contestuale pronuncia di un'ordinanza per il prosieguo dell' istruttoria in ordine alle domande della S. volte a far constare l'inadempimento della C. e, conseguentemente, il suo diritto a recedere dal contratto ai sensi dell'art. 1385 2° comma c.c. ed a trattenere la caparra. L'accertamento contenuto nella sentenza non definitiva deve allora ritenersi meramente condizionale, ovvero subordinato alla verifica della legittimità del recesso della convenuta/appellata, anch'esso idoneo a determinare ed in data anteriore al Fallimento lo scioglimento di diritto del vincolo contrattuale lo stesso dispositivo della sentenza, nel quale il giudice si è limitato a dichiarare sciolto il contratto, senza premettere di aver accolto la domanda del curatore e senza richiamare l'art. 72 I. fall., depone, del resto, per l'implicita rimessione al definitivo della soluzione della questione. Peraltro, poiché l'esistenza del giudicato deve potersi desumere dal dispositivo della posto in correlazione con la motivazione che lo sorregge, l'unica possibile interpretazione alternativa della decisione non definitiva è quella operata dalla corte territoriale, secondo la quale il primo giudice avrebbe affermato la coesistenza delle due distinte ipotesi di scioglimento del contratto previste dall'art. 72 I. fall. e dall'art. 1385 c.c. ma anche in tal caso, per l'insanabile contraddizione insita in tale dictum, dovrebbe escludersi che sulla pronuncia possa essersi formato il giudicato. 2 Con l'unico motivo di ricorso S.S., denunciando violazione degli artt. 1385 c.c. e 72 I. fall., deduce che la corte d'appello ha fatto errata applicazione della giurisprudenza di legittimità da essa stessa richiamata, posto che, se il contratto preliminare si è sciolto ai sensi dell'art. 1385 c.c., e la condizione risolutiva si è già perfezionata al momento della dichiarazione di fallimento, il curatore non può più esercitare il diritto di sciogliersi dal contratto. Il motivo è fondato. E' infatti evidente che la facoltà del curatore di sciogliersi dal contratto non compiutamente eseguito, secondo quanto previsto dall'art. 72 I. fall., presuppone che il contratto medesimo sia ancora pendente alla data di dichiarazione del fallimento. Nel caso di specie è invece pacifico che la promittente venditrice aveva esercitato il proprio diritto di recesso, ai sensi dell'art. 1385 2° comma c.c., ben prima della dichiarazione di fallimento della promissaria acquirente. Ne consegue che, non mrisultando controversa fra le parti neppure la legittimità di tale recesso, accertata dal primo giudice in ragione dell'omesso rispetto da parte della C. del termine pattuito per il pagamento del prezzo e per la stipula del definitivo, la corte territoriale avrebbe dovuto respingere l'appello del curatore in base al semplice rilievo che alla data del fallimento il preliminare dedotto in giudizio non poteva ritenersi ancora pendente, in quanto la fattispecie risolutiva di diritto contemplata dalla norma appena citata si era perfezionata sin dal 10.4.93, data in cui la dichiarazione di recesso della S. era pervenuta alla controparte cfr. Cass. nn. 5298/013, 10101/95 . E' appena il caso di aggiungere, ancorché la questione non risulti dibattuta fra le parti, che l'accertamento dell'intervenuta risoluzione era stato richiesto dalla promittente venditrice anteriormente alla dichiarazione di fallimento della promissaria acquirente e che pertanto tale domanda, che va più correttamente qualificata in termini di eccezione riconvenzionale volta a paralizzare l'avversa pretesa, era opponibile alla procedura Cass. n. 5298/013 cit. . Le considerazioni sin qui svolte risultano assorbenti degli argomenti difensivi illustrati dal Fallimento nel controricorso impropriamente prospettati dalla parte, vittoriosa sul punto in appello, in via di ricorso incidentale condizionato . All'accoglimento del ricorso principale consegue la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito e respingere l'appello proposto dal Fallimento di llia C. contro la sentenza definitiva di primo grado. L'inusuale andamento della vicenda processuale giustifica la compensazione integrale fra le parti delle spese del giudizio d'appello e di quelle del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge l'appello proposto dal Fallimento di I.C. contro la sentenza definitiva di primo grado compensa integralmente fra le parti le spese del giudizio d'appello e del presente giudizio di legittimità. Roma, 7 gennaio 2015.