Equo canone e rinnovazione tacita: qual è il rapporto?

Nel caso di pendenza, alla data di entrata in vigore della l. n. 431/1998, di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello c.d. equo, qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita, il conduttore è da considerarsi legittimato ad esercitare l’azione diretta a rivendicare l’applicazione del canone legale con la sua sostituzione imperativa al pregresso canone convenzionale illegittimamente pattuito. Tale sostituzione, in ipotesi di accoglimento dell’azione, dispiega i suoi effetti anche con riferimento al periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nella vigenza della l. n. 431/1998.

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 3596, depositata il 24 febbraio 2015. Il fatto. La conduttrice di un appartamento, ad essa locato da un Condominio, chiedeva di accertarne il relativo equo canone e di ottenere la restituzione di quanto da lei pagato in eccesso rispetto al dovuto e di quanto versato a titolo di spese straordinarie. Il Condominio, in via riconvenzionale, chiedeva la risoluzione del contratto a seguito del mancato pagamento del canone per circa tre anni. Il Tribunale di Roma condannava il Condominio a restituire quanto percepito a titolo di spese straordinarie, previa detrazione dei canoni non versati dalla conduttrice, e dichiarava la risoluzione del contratto. Contro la sentenza della Corte d’appello, confermativa di quella di primo grado, la conduttrice propone ricorso per cassazione. Equo canone. Con il primo e il quinto motivo di ricorso, i soli ritenuti meritevoli di pregio da parte del Collegio, la conduttrice censura l’affermazione dei giudici di merito in riferimento all’inapplicabilità dell’equo canone per il periodo successivo al transito del contratto nella disciplina della l. n. 431/1998. Il Collegio si riporta all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 12996/2009 , secondo il quale nel caso di pendenza, alla data di entrata in vigore della l. n. 431/1998, di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello c.d. equo da determinarsi ai sensi degli artt. 12 e seguenti della l. n. 392/1978, qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita ai sensi dell’art. 2, comma 6, della l. n. 431/1998, il conduttore è da considerarsi legittimato, in relazione al disposto dell’art. 14, comma 5, della l. n. 431/1998, ad esercitare l’azione prevista dall’art. 79 della l. n. 392/1978 diretta a rivendicare l’applicazione, a decorrere dall’origine del contratto e fino alla sua naturale scadenza venutasi a verificare successivamente alla stessa data in difetto di idonea disdetta, del canone legale con la sua sostituzione imperativa, ai sensi dell’art. 1339 c.c., al pregresso canone convenzionale illegittimamente pattuito. Tale sostituzione, in ipotesi di accoglimento dell’azione, dispiega i suoi effetti anche con riferimento al periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nella vigenza della l. n. 431/1998 . Gli ulteriori motivi di ricorso, sui quali non riteniamo necessario soffermarsi in questa sede, sono stati ritenuti privi di fondamento dal Collegio. Per tali ragioni, la S.C. accolti il primo e il quinto motivo e rigettati gli altri, ha cassato la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinviato la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 novembre 2014 – 24 febbraio 2015, n. 3596 Presidente Segreto – Relatore Sestini Svolgimento del processo C.L. agi in giudizio per sentir accertare l'equo canone relativo all'appartamento ad cessa locato dal Condominio di via A. Tittoni n. 11 di Roma e per ottenere la restituzione di quanto pagato in eccesso rispetto al dovuto e di quanto versato a titolo di spese straordinarie. Il Condominio si costituì contestando le domande e chiedendo -in via riconvenzionale la risoluzione del contratto a seguito del mancato pagamento del canone dal febbraio 2004 al giugno 2007. Il Tribunale di Roma condannò il Condominio a restituire quanto percepito a titolo di spese straordinarie, previa detrazione dei canoni non versati dalla L. dichiarò -inoltre la risoluzione del contratto e condannò la conduttrice al rilascio dell'immobile. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma -che ha confermato quella di primo grado ricorre per cassazione la L., affidandosi a sei motivi illustrati da memoria resiste, a mezzo di controricorso, il Condominio intimato. Motivi della decisione 1. La Corte di Appello ha confermato la pronuncia di risoluzione del contratto, ritenendo che la conduttrice non potesse sospendere il pagamento del canone in costanza di godimento dell'immobile quanto al canone applicabile, ha aderito all'impostazione del primo giudice, secondo cui l'equo canone, con riguardo ai contratti transitati nel regime della legge n. 431 del 1998, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 2 della medesima, in relazione al successivo articolo 14, trova applicazione esclusivamente fino al momento del transito, ossia fino alla prima scadenza del contratto successiva all'entrata in vigore della nuova legge al riguardo, argomentando diffusamente il proprio dissenso rispetto al diverso orientamento espresso da Cass. n. 12996/2009 . 2. Il primo ed il quinto motivo del ricorso censurano proprio l'affermazione della inapplicabilità dell'equo canone per il periodo successivo al transito del contratto nella disciplina della 1. n. 431/1998 e deducono rispettivamente violazione dell'art. 79 l. n. 392/78 in combinato disposto con gli art. 2 comma VI e art. 14 l. 431/98 e dell'art. 1597 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 C.P.C. e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia la ricorrente richiama il contrario orientamento espresso da Cass. n. 12996/2009 ed evidenzia la contraddittorietà dell'enunciato del giudice di appello laddove afferma che i contraenti hanno voluto rimettersi a quanto previsto dalla norma sulla rinnovazione tacita ex art. 1597 c.c. e, al contempo, esclude che quegli stessi contraenti abbiano voluto rimettersi alla stessa norma laddove prevede che il contratto tacitamente rinnovato è sottoposto alle stesse condizioni del precedente . 2.1. I motivi sono fondati, alla luce dei principi espressi da Cass. n. 12996/2009, secondo cui, nel caso di pendenza, alla data di entrata in vigore della legge n. 431 del 1988, di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello c.d. equo da determinarsi ai sensi degli artt. 12 e segg. della legge n. 392 del 1978, qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita ai sensi dell'art. 2, comma 6, della legge n. 431 del 1998, il conduttore in difetto di una norma che disponga l'abrogazione dell'art. 79 della menzionata legge n. 392 del 1978 in via retroattiva o precluda l'esercizio delle azioni dirette a rivendicare la nullità di pattuizioni relative ai contratti in corso alla suddetta data è da considerarsi legittimato, in relazione al disposto del comma 5 dell'art. 14 della medesima legge n. 431 del 1998, ad esercitare l'azione prevista dall'indicato art. 79 diretta a rivendicare l'applicazione, a decorrere dall'origine del contratto e fino alla sua naturale scadenza venutasi a verificare successivamente alla stessa data in difetto di idonea disdetta, del canone legale con la sua sostituzione imperativa, ai sensi dell'art. 1339 cod. civ., al pregresso canone convenzionale illegittimamente pattuito. Tale sostituzione, in ipotesi di accoglimento dell'azione, dispiega i suoi effetti anche con riferimento al periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nella vigenza della legge n. 431 del 1998 conformi Cass. n. 26802/2013, Cass. n. 24498/2013, Cass. n. 17696/2013 . 3. Il secondo motivo violazione dell'art. 1 comma 4 della l. 431/98 è inconferente rispetto alla decisione impugnata, dato che censura un'affermazione -relativa alla rinnovazione tacita dei contratti verbali che non interessa l'oggetto del presente giudizio, in cui è pacifico che il contratto avesse forma scritta. 4. Il terzo motivo falsa applicazione dell'art. 2033 c.c. censura la Corte territoriale per avere ritenuto non applicabile la previsione dell'art. 2033 c.c., pur avendo riconosciuto -così come aveva fatto il Tribunale il carattere oggettivamente indebito del pagamento richiesto dal Condominio . La doglianza è infondata, costituendo all'evidenza frutto di un equivoco è pacifico, infatti, che la Corte ha riconosciuto la sussistenza dell'indebito in relazione alle somme riscosse dal Condominio per spese straordinarie disponendone la compensazione col debito della L. , mentre l'affermazione della non applicabilità della regola dell'art. 2033 c.c. concerne il diverso ambito della ripetibilità dei canoni ultralegali non interessato dalla censura . 5. Il quarto e il sesto motivo che deducono -rispettivamente `violazione e falsa applicazione dell'art. 1460 in combinato disposto con l'art. 1575 e 1576 e 1577 c.c. e difetto di motivazione censurano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondata l'eccezione di inadempimento sollevata dalla conduttrice. Le doglianze sono infondate alla luce del rilievo della Corte che nel caso in esame, di inadempimento assoluto dell'obbligazione di far godere la cosa locata non è neppur il caso di discorrere, pacifico essendo che la conduttrice ha continuato a vivere nell'immobile locato e altresì a servirsi del bagno, quantunque non fatto oggetto ad opera del locatore degli interventi di manutenzione che secondo la stessa sarebbero stati necessari , rilievo che risulta conforme ai consolidati indirizzi di legittimità, secondo cui la sospensione totale o parziale del pagamento del canone è legittima soltanto quando venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore ex multis, Cass. n. 8425/2006 e Cass. n. 7772/2004 . Neppure risultano sussistenti vizi di tipo motivazionale, risolvendosi le relative doglianze in mere istanze di inammissibile rivisitazione del fatto. 6. Accolti, pertanto, il primo ed il quinto motivo e rigettati gli altri, la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Roma -in diversa composizione che si atterrà ai principi di diritto richiamati al punto 2.1 e provvederà anche sulle spese di lite. P.Q.M. la Corte accoglie il primo ed il quinto motivo, rigettati gli altri, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.