L’omesso rimborso delle spese accessorie non risolve il contratto di compravendita

L'art. 1475 c.c., il quale stabilisce che le spese del contratto di compravendita e le altre accessorie sono a carico del compratore se non è stato diversamente pattuito, non sono dovute dal compratore al venditore, ma costituiscono un suo debito verso terzi. Onere del pagamento ed obbligo del rimborso sono, quindi, al di fuori dello schema del sinallagma, non costituiscono cioè obbligazioni principali, né accessorie, né esplicite, né derivanti direttamente dalla volontà delle parti o dalla volontà integrativa della legge, non costituiscono perciò, né l’uno né l’altro, obbligazioni corrispettive e contrapposte della compravendita.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 3514/2015, depositata il 23 febbraio. Il caso. All’esito del giudizio di primo grado il Pretore dichiarava la nullità della vendita di un bene immobile per essere stato costruito su terreno demaniale. Per l’effetto, ordinava al compratore il suo rilascio. Interposto appello da quest’ultimo, il Tribunale riformava la decisione impugnata giacché la compravendita aveva avuto ad oggetto un bene patrimoniale disponibile dello Stato e non già un bene demaniale. Trattavasi, dunque, di un acquisto a non domino, ma con contratto valido ed efficace, ove l’eccepita mancata trascrizione era ininfluente ai fine del perfezionamento del negozio. Ricorrevano per cassazione gli alienanti. Parte ricorrente si lamentava come il Tribunale non avesse esaminato la domanda riconvenzionale di risoluzione contrattuale, essendo il compratore incorso in un grave inadempimento in ordine al rimborso proporzionale dei costi sostenuti per il terreno, la regolarizzazione e l’accatastamento del fabbricato. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13372/2005, accoglieva tale motivo, giacché la domanda di risoluzione del contratto di compravendita non poteva ritenersi assorbita a fronte dell’affermazione del Tribunale di ritenere valido ed efficace il contratto. Il giudizio veniva riassunto dagli eredi degli alienanti dinanzi alla Corte d’Appello che rigettava la domanda di risoluzione del contratto di compravendita, non rinvenendo alcun inadempimento a carico dell’acquirente. La causa ritornava nuovamente in Cassazione. Spese di ordinaria gestione del fabbricato. Le doglianze dei ricorrenti si fondano essenzialmente sulla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1475 c.c. parte acquirente, a loro dire, non avrebbe rimborsato alcuna somma su di essa gravante inerente le spese di ordinaria gestione del fabbricato. Trattandosi di spese accessorie, la loro omessa rifusione in favore dell’alienante, inciderebbe sul sinallagma contrattuale, determinando la risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita. Tutte le spese necessarie per la conclusione del contratto sono a carico del compratore? La Corte di Cassazione ritiene infondate le censure. Spiegano gli Ermellini che l’art. 1475 c.c. pone a carico del compratore salvo apposita deroga pattizia tutte quelle spese che si rendano necessarie per la conclusione del contratto. Siffatto obbligo però viene meno quando si sia alla presenza di spese non necessarie rispetto ai fini ed al contenuto dell’atto posto in essere . Non esiste dunque una obbligazione ex lege del compratore verso il venditore di farsi carico di tutte quelle spese, in mancanza di una volontà contraria. E’ così che, nel caso di specie, le spese relative alla manutenzione e gestione del fabbricato es. pagamento ILOR, IRPEF, ICI, condono edilizio , non trovano la loro fonte nel contratto, ma in un diverso titolo. Da qui l’inammissibilità logica di una domanda la risoluzione. Riflessi operativi. Dall’analisi della sentenza in commento si può agevolmente comprendere come l’art. 1475 c.c. costituisca una regola suppletiva Cass., Sez. III Civ., n. 843/2007 , in base alla quale, salva diversa volontà delle parti, le spese necessarie alla conclusione del contratto incombono sul compratore. Dal punto di vista interpretativo si reputano necessarie tutte quelle spese che siano in stretto rapporto eziologico con la conclusione del contratto es. onorario del professionista che ha redatto una relazione tecnica per il frazionamento Cass., Sez. II Civ., n. 14812/2014 , e non già quelle superflue. La norma, tuttavia, regola esclusivamente i rapporti interni, in quanto nei confronti dei terzi es. il notaio, il fisco, ecc. , le parti rispondono in solido tra loro art. 1292 c.c. Cass., Sez. II Civ., n. 16473/2010 . Certamente, se il venditore anticipa queste spese ha diritto di chiederne la ripetizione all’acquirente, ma l’eventuale inadempimento non incide sul sinallagma contrattuale, perché ad esso esterno. Le spese sostenute, in altri termini, non costituiscono obbligazioni corrispettive e contrapposte della compravendita.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 dicembre 2014 – 23 febbraio 2015, n. 3514 Presidente Oddo – Relatore Scalisi Svolgimento del processo R.E. con atto di citazione del 8 novembre 1987 conveniva in giudizio davanti al Pretore di Termoli, F.L. chiedendo la condanna al rilascio, perché detenuto sine titulo, dell'appartamento sito in località di cui l'istante era stata comproprietaria insieme al marito M.G. . Si costituiva il convenuto e deduceva che con scrittura privata del 3 maggio 1973 aveva acquistato l'immobile de quo da M.G. , di cui chiedeva l'autorizzazione alla chiamata in causa. Si costituiva M.G. il quale, in via riconvenzionale, chiedeva la risoluzione del contratto che aveva stipulato con F.L. , assumendo che lo stesso si era reso inadempiente in ordine al rimborso proporzionale dei costi sostenuti per l'acquisto del terreno, la regolarizzazione e l'accatastamento del fabbricato. Il Pretore di Termoli con sentenza n. 37 dell'8 maggio 1993 dichiarava d'ufficio la nullità della vendita, perché aveva ad oggetto un bene demaniale extracommercium, o più correttamente perché l'immobile venduto era stato costruito da M. su bene demaniale, ordinava al compratore di rilasciare l'immobile. Il Tribunale adito da F.L. con appello incidentale e dai coniugi M. e R. con appello incidentale, con sentenza del 30 novembre 2000, accoglieva l'appello principale e rigettava la domanda attrice e respingeva l'appello incidentale per insussistenza dell'interesse ad impugnare, essendo il gravame preordinato esclusivamente alla modifica della motivazione. Secondo il Tribunale, il F. aveva acquistato a non domino ma con un contratto valido ed efficace, avendo avuto ad oggetto un bene patrimoniale disponibile dello Stato, ma non un bene demaniale, e, a nulla rilevava l'eccepita mancata trascrizione del contratto di compravendita immobiliare, perché tale mancanza non incideva sulla validità ed efficacia del negozio. Avverso questa sentenza ricorrevano per cassazione i coniugi R. e M. e resisteva con controricorso F.L. . Con tale ricorso, in particolare, M. lamentava che il Tribunale avesse tralasciato di esaminare la domanda riconvenzionale di risoluzione contrattuale per grave inadempimento da lui proposta. La Corte di Cassazione con sentenza n. 13372 del 18 aprile 2005 accoglieva tale motivo, specificando che la domanda di risoluzione avanzata da M. in primo grado se poteva essere ritenuta assorbita a seguito della declaratoria di nullità del contratto di compravendita, non poteva essere ritenuta tale cioè assorbita a seguito dell'affermazione del Tribunale della validità ed efficacia di quel contratto. Cassava la sentenza e rinviava la causa alla Corte di Appello di Campobasso Riassumevano il giudizio gli eredi di M.G. e di R.E. i figli A. e G. ed nello stesso giudizio interveniva M.C. in qualità di erede dei coniugi M. e R. . Resistevano al gravame B.N. , F.C. e M. quali eredi di F.L. , restava contumace F.G. . La Corte di appello di Campobasso con sentenza n. 286 del 2008 notificata il 23 marzo 2009 rigettava la domanda di risoluzione del contratto di compravendita di cui alla scrittura privata del 3 maggio 1973, compensava le spese del giudizio. Secondo la Corte di Campobasso la domanda di risoluzione non poteva essere accolta perché non era configurabile alla stregua delle emergenze documentali, alcun inadempimento, men che mai di valenza risolutiva a carico dell'acquirente. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da M.C. , G. , A. con ricorso affidato a due motivi. B.N. , F.C. e F.M. hanno resistito con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale per un motivo. F.G. intimato in questa fase non ha svolto attività giudiziale. In prossimità dell'udienza pubblica M. ha depositato memoria ex articolo 378 cpc. Motivi della decisione A.- Ricorso principale. 1.- M. C. , G. , A. lamentano a Con il primo motivo di ricorso, la violazione e/o falsa applicazione della norma di cui all'articolo 1475 cc articolo 360 n. 3 cpc . Secondo i ricorrenti la Corte distrettuale non avrebbe considerato che M. e dunque adesso gli eredi avevano sostenuto delle spese inerenti sia l'ordinaria gestione del fabbricato che la vicenda relativa all'acquisto della proprietà del suolo, originariamente demaniale e il F. , nonostante gli sia stata richiesta, non avrebbe versato alcuna somma rendendosi inadempiente rispetto all'obbligo di rimborso su di lui gravante. Si tratterebbe di spese relative alla manutenzione e alla gestione circa Euro 1000,00 ed anche ad ILOR, IRPEF, ICI circa 2.200,00 condono Euro 535,00 . Ora, secondo i ricorrenti le spese di cui si dice sarebbero da ritenersi accessorie ai sensi dell'articolo 1475 cc e, pertanto, inciderebbero sul sinallagma contrattuale tale che il loro mancato rimborso può determinare la risoluzione del contratto per inadempimento. Pertanto, concludono i ricorrenti, dica la Corte di cassazione a se le spese accessorie fatte valere in giudizio dagli attori possono essere considerate come accessorie ai sensi dell'articolo 1475 cc b se tali spese accessorie siano in grado di incidere sul sinallagma contrattuale c se il mancato rimborso di dette spese da parte dell'acquirente costituisca grave inadempimento contrattuale, tale da comportare la risoluzione del contratto. b Con il secondo motivo, l'omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio articolo 360 n. 5 cpc . Ritengono i ricorrenti che le spese di cui si dice incidendo direttamente sul sinallagma contrattuale, meritavano un approfondimento e soprattutto andava valutata l'esistenza o meno delle stesse sul rapporto sinallagmatico. In questo senso la motivazione della sentenza si appalesa insufficiente se non addirittura omessa. La stessa motivazione, secondo i ricorrenti, sarebbe anche contraddittoria laddove la Corte riconosce che il venditore può aver diritto a recuperare in tutto o in parte le spese o le anticipazioni tutte nell'interesse del compratore mentre non giunge alla conclusione che il mancata rimborso costituisca inadempimento contrattuale. Pertanto, concludono i ricorrenti dica la Corte di Cassazione se il mancato accertamento della natura delle spese di cui gli attori hanno chiesto il rimborso e la mancata qualificazione delle stese come spese accessorie costituisca vizio sotto il profilo dell'omessa e insufficiente motivazione b se il riconoscimento del diritto del venditore ad ottenere il rimborso delle spese anticipate per il compratore non renda la motivazione contraddittoria, laddove non venga valutata la gravità dell'inadempimento connesso al mancato rimborso. 2.1.- La Corte rileva l'infondatezza delle dette censure che, per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di trattazione e di motivazione, possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando entrambe direttamente o indirettamente per gli effetti riflessi e conseguenti - la questione di accertare se, nell'ipotesi le spese sostenute da M. a vantaggio anche del bene venduto a F. integrano gli estremi di accessori ai sensi dell'articolo 1475 cc. Ora, va qui evidenziato che i ricorrenti non tengono conto che le spese accessorie del contratto di vendita, che l'articolo 1475 cod. civ. pone a carico del compratore, in difetto di una specifica pattuizione contraria, sono tutte quelle che si rendano necessarie per la conclusione del contratto pertanto, l'onere gravante sul compratore viene meno quando sia palese la non necessità della spesa rispetto ai fini e al contenuto dell'atto posto in essere e quando i contraenti abbiano, al riguardo, diversamente pattuito. Come ha già chiarito questa Corte con sentenza n. 1500 del 1964 che si accoglie e si condivide l'articolo 1475 cod. civ., disponendo che le spese del contratto di vendita e le altre accessorie sono a carico del compratore, se non è stato pattuito diversamente, e comprendendo implicitamente, tra tali spese, quelle per l'imposta di registro gravante sull'atto di trasferimento, non aggiunge, alle obbligazioni scaturenti, reciprocamente, a carico delle parti, dalla loro volontà consacrata nell'atto, un'obbligazione ex lege del compratore verso il venditore tutte quelle spese, infatti, non sono dovute dal compratore al venditore, ma costituiscono un suo debito verso terzi notaio, ufficio del registro ecc . E, se, nei rapporti esterni, e cioè, con particolare riferimento alle spese per l'imposta di registro, nei rapporti verso il fisco articolo 93 RDL 30 dicembre 1923 n. 3265 le anzidette spese gravano solidalmente sul compratore e sul venditore, nei rapporti interni, invece, quelle spese costituiscono per il compratore soltanto un onere, nel senso che lo stesso, ha, verso il venditore, l'onere di pagarle alle persone o agli organi cui sono dovute e verso i quali sussiste un vero e proprio obbligo di pagamento, salvo che, data anche l'indicata solidarietà, il venditore le abbia anticipate, nel qual caso il compratore ha l'obbligo di rimborsargliele, in via di regresso. Onere del pagamento ed obbligo del rimborso sono, quindi, al di fuori dello schema del sinallagma, non costituiscono cioè obbligazioni principali, ne accessorie, ne esplicite, ne implicite, derivanti direttamente dalla volontà delle parti o dalla volontà integrativa della legge, non costituiscono perciò, ne l'uno ne l'altro, obbligazioni corrispettive e contrapposte della compravendita. Pertanto, come correttamente ha evidenziato la Corte di Campobasso, l'unica obbligazione che risultava assunta dal F. in veste di compratore era quella di corresponsione del prezzo stabilito nell'importo complessivo di lire 3.000.000 . Tuttavia, la domanda di risoluzione non era ancorata alla deduzione in fatto che il F. non avrebbe provveduto al versamento delle rate nei termini concordati, sebbene al rifiuto dello stesso F. di rimborsare il venditore di talune spese le quali non essendo componenti del prezzo che era stato pattuito in una somma onnicomprensiva e non già in una pluralità di voci da cumulare sono estranee al sinallagma contrattuale e di conseguenza l'omesso rimborso non mette capo ad un inadempimento risolutorio . Piuttosto, l'eventuale obbligo del F. di partecipare e conseguentemente di rimborsare per quota le spese cui fanno riferimento i ricorrenti spese relative alla manutenzione e alla gestione del fabbricato, al pagamento di ILOR, IRPEF, ICI, al pagamento delle somme necessarie per il condono edilizio , non troverebbe la sua fonte nel contratto di cui si chiedeva la risoluzione ma in altro e diverso titolo, che in via di principio potrebbe essere individuato nel rapporto condominiale, ove quelle spese risultassero inerenti a beni che ai sensi dell'articolo 1117 cod. civ. andrebbero individuati siccome beni condominiali. Condivisibile, in tal senso, è la stessa affermazione della Corte di Campobasso secondo cui certo il venditore può aver diritto a recuperare in tutto parte le spese e le anticipazioni tutte nell'interesse del compratore. Epperò, nel caso che ne occupa la questione non si pje nona vendo il M. neppure in via subordinata richiesto il rimborso per l'intero e pro quota delle spese sostenute . A.- Ricorso incidentale. 1.- Con l'unico motivo del ricorso incidentale, B.N. , F.C. e F.M. lamentano la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 cpc, in relazione all'articolo 360, n. 4 cpc. Secondo i ricorrenti incidentali la Corte di Campobasso non avrebbe dovuto esaminare la domanda di risoluzione del contratto di compravendita per inadempimento come proposta dagli eredi di M.G. nel giudizio di rinvio, perché sarebbe una domanda nuova dato che nel giudizio di primo grado e nel giudizio di appello M. aveva agito per la risoluzione per diffida ad adempire. In particolare, specificano i ricorrenti, M. aveva chiesto al Giudice di emettere ai sensi dell'articolo 1454 cc. sentenza dichiarativa della risoluzione di diritto del contratto stipulato il 3 maggio 1973, risoluzione avvenuta il 23 marzo 1986 alla scadenza del termine di quindici giorni dalla ricezione della diffida ad adempiere, mentre nel giudizio di rinvio M. adesso gli eredi hanno chiesto la risoluzione per grava inadempimento del F. . Pertanto, concludono i ricorrenti incidentali, dica la Corte di cassazione a Se la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento ex articolo 1453 cc, e quella di accertamento dell'avvenuta risoluzione del contratto ex articolo 1454 si differenziano tra loro per diversità dei presupposti di diritto e per diversità di petitum, mirando la prima all'ottenimento di sentenza costitutiva della risoluzione giudiziale e la seconda, invece, al conseguimento di sentenza dichiarativa dell'avvenuta risoluzione di diritto. b Se, pertanto, costituisce inammissibile domanda nuova, quella di risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell'articolo 1453 cc. proposta nel giudizio di rinvio conseguente alla cassazione con rinvio della sentenza del giudice del merito, se, come nel caso che ne occupa, nel precedente giudizio di merito è stata proposta domanda di risoluzione del contratto ai sensi dell'articolo 2454 cc. c Se è ammissibile il mutamento di domanda nel giudizio di rinvio conseguente alla cassazione con rinvio della sentenza del giudice di merito, ponendo a fondamento della domanda di risoluzione del contratto proposta in detto giudizio asseriti inadempimenti che, come nel caso che occupa, sono estranei alla domanda formulata nei precedenti gradi del giudizio di merito nella specie quelli relativi al mancato pagamento delle quote di non ben definite spese comuni di manutenzione e gestione per circa Euro 1000,00 dell'Ilor, dell'Irpef e dell'Ici per circa Euro 2000,00 e del condono per circa Euro 535,00 o se invece tale mutamento costituisce un'inammissibile domanda nuova. d Se è ammissibile proporre nel giudizio di rinvio conseguente alla cassazione di rinvio della sentenza del giudice di merito domanda di risarcimento danni con immediata loro liquidazione nel giudizio stesso e come nella fattispecie in esame, nei precedenti gradi del giudizio di merito è stata proposta domanda di condanna generica al risarcimento danni da liquidarsi in separata sede, oppure se tale domanda costituisce domanda nuova. 1.1.- Il motivo rimane assorbito del ricorso principale, dato che il rigetto del ricorso principale svuota di significato la censura del ricorrente incidentale. Per questa stessa ragione rimane ininfluente determinare il rilievo ed il significato della circostanza che nell'esposizione del fatto contenuta nel controricorso è menzionata l'originaria proposizione da parte di M. di una domanda di risoluzione per inadempimento ed analogamente è riportato nella sentenza di cassazione laddove è detto M.G. costituendosi chiedeva che venisse pronunciata la risoluzione del contratto stipulato con F.L. per inadempimento di quest'ultimo consistente nel mancato rimborso delle spese relative al condono edilizio e all'accatastamento dell'immobile . In definitiva, va rigettato il ricorso principale e dichiarato assorbito il ricorso incidentale. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro. 3.700,00 di cui Euro. 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge.