La clausola penale del leasing deve consentire solo un equo compenso per la cosa locata

La clausola penale predeterminata in contratto può essere ridotta ad equità dal giudice.

Il giudice può ridurre ad equità la penale predeterminata nel contratto di leasing quando appaia eccessiva in rapporto a tutti gli aspetti economici del contratto ed in particolare quando la liquidazione anticipata scaturisca dalla semplice sommatoria dei canoni locativi già versati. E’ quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 2491/2015, depositata il 10 febbraio. Il caso. Una persona fisica conduceva in leasing beni mobili-attrezzature per il lavoro. Il proprietario concedente chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo per mancato pagamento dei canoni. L'utilizzatore proponeva opposizione a decreto ingiuntivo. Il tribunale revocava il decreto ingiuntivo, dichiarava risolto per inadempimento dell'utilizzatore opponente il contratto di leasing, condannava l'utilizzatore al pagamento della penale prevista in contratto nonché al versamento di una somma a titolo di equo indennizzo. La corte d'appello confermava la sentenza di primo grado respingendo tutti i motivi proposti dalla società di leasing che, a sua volta, proponeva ricorso per cassazione. Leasing di godimento e leasing traslativo. La natura di leasing di godimento o leasing traslativo deve essere rilevata, oltre che dal titolo, dalla stima dei beni e da una valutazione complessiva del negozio. Ricorre la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi. Si ha invece leasing traslativo allorché la pattuizione si riferisca a beni atti a conservare alla scadenza un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto. L'accertamento della volontà delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali in ordine al tipo di negozio posto in essere rientra nei poteri del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se non per violazione dei criteri ermeneutici, ovvero per vizio di motivazione - Cass. n. 18229/2003. Dunque, confermando la decisione del giudice d'appello, la cassazione ha ribadito che l'esiguità del valore residuo, da sola, non è circostanza capace di individuare il leasing di godimento potendo discendere da un accordo delle parti o da un inaspettato deperimento dei beni, invece, è necessaria una valutazione complessiva del negozio. Criteri di determinazione quantitativa della clausola penale. La penale contrattuale che predetermina la liquidazione del danno da inadempimento attraverso un calcolo che prevede il cumulo dei canoni scaduti e di quelli a scadere è in contrasto con il principio di equo temperamento delle posizioni contrattuali che prevede un generico concetto di equo compenso per l'uso della cosa e risarcimento dei danni. La cassazione, ha chiarito che al leasing traslativo si applica la disciplina di carattere inderogabile di cui all'art. 1526 c.c. in tema di vendita con riserva della proprietà, la quale comporta, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la restituzione dei canoni già corrisposti e il riconoscimento di un equo compenso in ragione dell'utilizzo dei beni, tale da remunerare il solo godimento e non ricomprendere anche la quota destinata al trasferimento finale di essi ne consegue che il concedente, mantenendo la proprietà del bene ed acquisendo i canoni maturati fino al momento della risoluzione, non può conseguire un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene - Cass. n. 19732/2011. Quanto appena richiamato, serva ad individuare il potere del giudice di ridurre ad equità la penale predeterminata quando appaia eccessiva in rapporto a tutti gli aspetti economici del contratto ed in particolare quando la liquidazione anticipata scaturisca dalla sommatoria dei canoni locativi. Detta decisione, sia essa di riduzione o di conferma della penale, dovrà avvenire in ragione degli elementi probatori versati dalle parti nel processo e dovranno avere, come obbiettivo, la ricostruzione dei parametri economici del contratto di leasing. Con queste argomentazioni, i giudici di legittimità hanno confermato la decisione del giudice di merito che aveva ridotto la clausola penale predeterminata condannando l'utilizzatore al pagamento dei canoni scaduti e non versati, oltre interessi e risarcimento dei danni.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 novembre 2014 – 10 febbraio 2015, numero 2491 Presidente Russo – Relatore Stalla Svolgimento del giudizio Nel marzo 2003 S.M.C. proponeva opposizione al decreto con il quale veniva ingiunto di pagare a Mercantile Leasing spa la somma di Euro 7991,81 a titolo di canoni scaduti, canoni a scadere, risarcimento del danno e spese, a seguito dell'inadempimento al contratto di leasing da lui stipulato nel giugno ‘99 per mobili ed attrezzature di ristorante. Nella costituzione in giudizio di Mercantile Leasing spa, che chiedeva la condanna del S. al pagamento dell'importo aggiuntivo di Euro 1127,74 corrispondente all'ulteriore danno da inadempimento non coperto dalla penale convenzionale, veniva emessa la sentenza numero 2/07 con la quale l'adito tribunale di Firenze - revocava il decreto ingiuntivo - dichiarava la risoluzione del contratto di leasing per inadempimento del S. - accertava il diritto della società concedente a trattenere, a titolo di penale, le somme già riscosse come canoni scaduti condannava il S. al pagamento dell'ulteriore importo di Euro 2500,00 a titolo di equo compenso per l'uso della cosa ex articolo 1526 cc, oltre interessi legali - respingeva tutte le maggiori domande proposte dalla società di leasing. Proposto da quest'ultima appello, interveniva la sentenza numero 971 del 16 giugno 2010 con la quale la corte di appello di Firenze, nella contumacia del S. , rigettava il gravame. Avverso questa decisione, viene da Release spa conferitaria del rapporto giuridico controverso per effetto di scissione societaria da Mercantile Leasing spa 23 dicembre 2009 proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi. Il S. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Motivi della decisione p.1.1 Con il primo motivo di ricorso Release spa lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione - ex articolo 360, 1 co. numero 5 cod.proc.civ. - su un punto decisivo della controversia posto che la corte di appello avrebbe ritenuto inammissibile, per asserito difetto di specificità, il suo motivo di gravame sull'erronea qualificazione giuridica traslativa del leasing da parte del tribunale, nonostante che la qualificazione giuridica del contratto spettasse d'ufficio al giudice, e fosse stata comunque censurata in appello con richiamo ai parametri della natura dei beni locati ed al valore Euro 1000,00 da essa ottenuto per la vendita a terzi dei beni riconsegnati. p.1.2 Il motivo è infondato. Fermo restando che la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo costituisce ormai diritto vivente, gli elementi forniti dall'appellante alla corte territoriale indicati, nella presente censura, nella natura dei beni locati e nel valore commerciale residuo degli stessi non erano tali da consentire una soluzione necessariamente diversa da quella adottata dal primo giudice, secondo cui ci si trovava nella specie di fronte ad un leasing di natura traslativa assoggettabile in quanto tale alla disciplina di cui all'articolo 1526 cc. Se è vero, infatti, che la qualificazione giuridica del rapporto e la normativa ad esso applicabile prescindono dalle allegazioni di parte, rientrando tra i poteri/doveri ufficiosi del giudice, altrettanto indubbio è che tale attività deve essere da questi svolta sulla base delle allegazioni di fatto ad opera delle parti interessate. Nel caso di specie, la corte di appello sent., pag.10 ha ritenuto che gli elementi così forniti dalla società di leasing non fossero di per sé sufficienti a determinare una qualificazione giuridica diversa del leasing rispetto a quella recepita dal primo giudice. D'altra parte, la natura dei beni arredi ed attrezzature da ristorante-pizzeria non poteva risultare di per sé dirimente nel senso del leasing di godimento mentre, per quanto concerne l'esiguo valore ricavato dalla riallocazione sul mercato dei beni riconsegnati, la corte territoriale ne ha riscontrato l'insufficienza ai fini in esame, posto che una diversa qualificazione giuridica dello specifico rapporto richiedeva una salutazione complessiva della vicenda , e non della sola stima obiettiva di tali beni il cui modesto controvalore poteva anche dipendere da circostanze estranee alla iniziale rappresentazione e volontà contrattuale delle parti, quali un'usura ed un deprezzamento abnormi e, come tali, non previsti né prevedibili dalle parti al momento della stipulazione contrattuale. Per contro, nemmeno il presente motivo di ricorso per cassazione deduce da quali parametri, emergenti dalla economia complessiva del rapporto in oggetto e non soltanto dai due rappresentati, dovesse trarsi un diverso convincimento. Ne deriva la conferma della valutazione di genericità del motivo di appello ex articolo 342 cpc, non risultando che il motivo di appello si contrapponesse puntualmente e completamente - nella critica alla valutazione interdipendente di tutti i parametri economici del rapporto di leasing - alle argomentazioni costituenti il fondamento logico-giuridico delle ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione Cass. numero 1924 del 27/01/2011 ed altre . p.2.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione degli articoli 1526 e 1383 codice civile posto che, pur nell'ottica contestata della natura traslativa del contratto in questione e del suo assoggettamento all'articolo 1526 del cod.civ., doveva ritenersi lecita la predeterminazione convenzionale del risarcimento del danno da inadempimento tramite penale commisurata ai canoni scaduti ed a scadere salva la sua riduzione giudiziale equitativa, oltre all'equo compenso. p.2.2 Il motivo non può trovare accoglimento, in quanto basato su un presupposto erroneo. La corte di appello, una volta ritenuta intangibile, per le già esposte ragioni, la qualificazione del leasing come traslativo, non ha punto affermato l'illegittimità della clausola penale in quanto tale, limitandosi a confermare l'applicabilità nella specie dell'articolo 1526 del codice civile e, con essa, la legittimità della riduzione equitativa della penale stessa, come contrattualmente stabilita. Con ciò, il giudice di appello ha ritenuto corretto quanto affermato dal primo giudice, secondo cui il mantenimento di una penale contrattuale che predeterminasse la liquidazione del danno risarcibile da inadempimento dell'utilizzatore nel cumulo e dei canoni scaduti e di quelli a scadere doveva ritenersi in contrasto con l’equo temperamento delle rispettive posizioni contrattuali, così come imposto dall'articolo 1526 cit D'altra parte, è la stessa ricorrente ad ammettere la possibilità di riduzione equitativa di una siffatta penale e ciò è esattamente quanto qui accaduto nei gradi di merito mediante l'applicazione del costante indirizzo di legittimità, secondo cui al leasing traslativo si applica la disciplina di carattere inderogabile di cui all'articolo 1526 cod. civ. in tema di vendita con riserva della proprietà, la quale comporta, in caso di risoluzione per inadempimento dell1utilizzatore, la restituzione dei canoni già corrisposti ed il riconoscimento di un equo compenso in ragione dell'utilizzo dei beni, tale da remunerare il solo godimento e non ricomprendere anche la quota destinata al trasferimento finale di essi ne consegue che il concedente, mantenendo la proprietà del bene ed acquisendo i canoni maturati fino al momento della risoluzione, non può conseguire un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene . Cass. numero 19732 del 27/09/2011 . È lo stesso orientamento di legittimità che ammette, nell'ambito di una riconduzione ad equità delle prestazioni conseguenti alla risoluzione contrattuale, la possibilità di riduzione equitativa della penale ex articolo 1384 cc allorquando quest'ultima appaia eccessiva in rapporto a tutti gli aspetti economici del contratto e, in particolare, all'entità risultante dalla pura sommatoria, in funzione di liquidazione anticipata del danno, di tutti i canoni locativi scaduti ed ancora a scadere Cass. 18195/07 574/05 9161/02 ed altre . La corte di appello ha quindi, con ciò, correttamente applicato la norma di cui si lamenta qui la violazione confermando la decisione del tribunale che, revocando il decreto ingiuntivo, ha rideterminato l'ammontare della penale limitandola ai canoni scaduti già riscossi, fermo restando il diritto della concedente all'equo compenso per l'uso della cosa. p.3.1 Con il terzo motivo di ricorso Release spa deduce - ex articolo 360, 1A co. nnumero 3, 4 e 5 cod.proc. civ. - violazione degli articoli 2697-1382 secondo comma cod.civ., nonché 100 e 342 cod.proc.civ., per avere la corte di appello ritenuto inammissibile il motivo di gravame sulla illegittima riduzione della penale da parte del primo giudice, in quanto basato sul generico richiamo a conteggi svolti avanti al tribunale ma non esposti nell'atto di appello là dove, contrariamente a tale assunto, i dati contabili attestanti il suo credito erano stati indicati nell'atto di gravame. Con il quarto motivo di ricorso, Release deduce violazione e falsa applicazione delle stesse disposizioni di legge, per avere la corte di appello ritenuto generico il suo motivo sulla insussistenza dei presupposti di riduzione della penale, posto che era il S. a dover provare l'eccessività della medesima ed i parametri della sua riduzione equitativa. p.3.2 Si tratta di motivi suscettibili di considerazione unitaria in quanto entrambi basati - nella prospettiva della violazione di legge e della carenza motivazionale - sulla ritenuta genericità dei motivi di appello concernenti l'insussistenza dei presupposti di riduzione della penale. Essi sono infondati, posto che il motivo di appello proposto sul punto dalla società di leasing non poteva in effetti basarsi sulla semplice enunciazione di alcuni parametri economici del contratto da essa reputati fondamentali ma - per essere conforme al dettato dell'articolo 342 cpc - doveva prendere puntuale posizione su quanto in proposito ritenuto dal tribunale in sede di qualificazione giuridica del rapporto, così come riportato dalla corte di appello nello svolgimento del giudizio sent., pag.6-7 e, segnatamente, sul fatto che - l'insieme dei canoni previsti in contratto L. 63.328.439 remunerasse interamente il capitale impiegato dalla società per l’acquisto dei beni L. 56.217.000 - il prezzo di opzione L. 562.170 costituisse una frazione troppo bassa del prezzo di acquisto del macchinario, non giustificata dalla durata del rapporto 48 mesi e dalla natura del macchinario così da far presumere che fosse inferiore al reale valore del bene alla scadenza del contratto - l'importo dei singoli canoni primo canone anticipato di L. 14.054.250 e canoni mensili di L. 1.048.387 si presentasse eccessivo rispetto al valore complessivo dei beni L. 56.217.000 in rapporto alla durata presumibile della vita economica dei medesimi. Quanto poi alla deduzione in giudizio dei parametri di eccessività e rideterminazione equitativa della penale, va considerato che - ferma restando, in linea di principio, l'effettiva correttezza dell'assunto per cui il potere/dovere di riduzione equitativa della penale ex articolo 1384 codice civile, pur avendo natura ufficiosa, presuppone per il suo esercizio la deduzione in giudizio ad opera della parte degli elementi fattuali denotanti l'eccessività in rapporto alla fattispecie complessiva da ultimo Cass. numero 22747 del 04/10/2013 - il giudice di merito ha ritenuto di effettivamente ravvisare agli atti di causa tali elementi proprio perché risultanti da un determinato riallineamento dei parametri economici del contratto di leasing. Sicché ben può dirsi che il S. , il quale a sua volta basò l'opposizione a decreto ingiuntivo sul regolamento economico risultante dal contratto, se ne potesse legittimamente avvantaggiare in sede di assolvimento di tale onere di allegazione. Non sussiste pertanto alcuna delle violazioni normative sostanziali e processuali lamentate. p.4.1 Con il quinto motivo di ricorso si lamenta violazione dell'articolo 1284 terzo comma del cod.civ., per avere la corte di appello ritenuto generico il motivo di gravame avverso il mancato riconoscimento da parte del primo giudice degli interessi convenzionali su tutte le somme risultate comunque a debito del S. compresa la penale ridotta , nonostante il richiamo alla clausola contrattuale numero 4 concretante pattuizione scritta di interessi ultralegali nel limite dei tassi-soglia via via stabiliti con DDMM . p.4.2 Il motivo è inaccoglibile, dovendosi considerare che la corte di appello ha - sia pur succintamente - affermato sent. pag. 16 che la genericità del motivo di gravame sugli interessi derivava qui dal fatto che la società appellante non aveva spiegato le ragioni per le quali all'equo compenso ed alla penale rideterminata autonomamente dal giudice in via di equità dovrebbero essere applicati tassi di interesse diversi da quello legale . Questa affermazione viene contrastata, nel motivo di ricorso per cassazione, mediante mero richiamo alla clausola numero 4 del contratto di leasing, secondo cui in caso di ritardato pagamento di somme a qualunque titolo dovute alla locatrice, la conduttrice sarà tenuta a pagare interessi di mora nella misura del prime rate ABI pubblicato su il omissis alla data di scadenza delle obbligazioni, maggiorato di quattro punti . Senza che, con ciò, la ricorrente si faccia carico del fatto non esplicitato, ma chiaramente desumibile dal ragionamento della corte di appello che qui non si verteva di interessi maturati su importi dovuti, sebbene a qualunque titolo”, in forza di una determinata previsione contrattuale bensì di interessi su importi equitativamente stabiliti dal giudice penale ed equo compenso ex articolo 1526 cc proprio in sede di sovrapposizione e sostituzione imperativa della disciplina legale alla regolamentazione convenzionale del rapporto di cui la clausola dedotta faceva parte. Questa ratio decidendi - fondata sull'autonomia genetica delle prestazioni produttive degli interessi, non ex contractu ma ex lege mediante intervento giudiziale correttivo, e sulla conseguente inapplicabilità ad esse del tasso negozialmente pattuito - non è stata minimamente confutata dalla censura. Ne segue il rigetto del ricorso nulla si dispone sulle spese del presente giudizio, non avendo l'intimato svolto attività difensiva di sorta. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.