Al compratore spetta l’azione sia contro il venditore sia contro il produttore

Nelle cosiddette vendite a catena” spettano all’acquirente due azioni quella contrattuale, che sorge solo nei confronti del diretto venditore, in quanto l’autonomia di ciascun trasferimento non gli consente di rivolgersi contro i precedenti venditori restando salva l’azione di rivalsa del rivenditore nei confronti del venditore intermedio quella extracontrattuale, che è esperibile dal compratore contro il produttore, per il danno sofferto in dipendenza dei vizi che rendono la cosa pericolosa, anche quando tale danno si sia verificato dopo il passaggio della cosa nell’altrui sfera giuridica.

Con la sentenza n. 2115 del 5 febbraio 2015, la Corte di Cassazione precisa la natura delle azioni riconosciute all’acquirente in caso di vizi del bene acquistato per il tramite di una vendita a catena”, fornendo anche interessanti considerazioni sulle modalità di quantificazione del danno lamentato. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione in commento prende le mosse dall’azione risarcitoria avviata dall’acquirente di un servizio di piatti nei confronti del venditore e contestualmente nei confronti del produttore. Tale domanda viene accolta in primo e secondo grado, ma tale decisione viene parzialmente riformata dalla Cassazione che, premettendo la sussistenza del c.d. cumulo di azioni – sia contrattuale sia extracontrattuale nelle c.d. vendite a catena – ammette tuttavia che la prova del danno deve essere rigorosa e che il giudice, qualora decida di liquidare il danno in via equitativa, deve enunciare con chiarezza i criteri utilizzati per la quantificazione. Cumulo di azioni per l’acquirente nella vendita a catena contrattuale ed extracontrattuale. Come visto nella massima sopra riportata, secondo la Cassazione e riprendendo un consolidato orientamento giurisprudenziale, nelle c.d. vendite a catena” spettano all’acquirente due azioni quella contrattuale, che sorge solo nei confronti del diretto venditore, in quanto l’autonomia di ciascun trasferimento non gli consente di rivolgersi contro i precedenti venditori restando salva l’azione di rivalsa del rivenditore nei confronti del venditore intermedio quella extracontrattuale, che è esperibile dal compratore contro il produttore, per il danno sofferto in dipendenza dei vizi che rendono la cosa pericolosa. Vendita a catena le azioni di regresso esperibili. Secondo il S.C., peraltro, nelle vendite a catena, ciascuno dei successivi acquirenti agisce in regresso contro l’immediato dante causa in forza del proprio distinto rapporto contrattuale di compravendita, con la conseguenza che non si configura una garanzia propria dato che tra l’azione principale e il rapporto obbligatorio, che sta a base della successiva domanda di regresso, non sussiste alcun vincolo di interdipendenza. Cumulo di azioni di responsabilità come e perché. Risulta pacifico che il principio della cumulabilità, nel nostro ordinamento, dei due tipi di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale da illecito civile è legittimamente invocabile quando uno stesso fatto autonomamente generatore di danno integri gli estremi tanto dell’inadempimento contrattuale, quanto del torto aquiliano il cumulo delle azioni, peraltro, va escluso qualora un’attività prenegoziale astrattamente generatrice di danno sostanziantesi nelle c.d. trattative” confluisca fisiologicamente nel negozio cui essa risultava funzionalmente e teleologicamente collegata, risultando, in tal caso, soltanto il negozio stesso l’eventuale fonte di responsabilità a titolo contrattuale. Cumulo di azioni la qualificazione spetta al giudice. Se la parte che agisce in via risarcitoria deduce a sostegno della propria domanda fatti che possono indifferentemente comportare responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, il suo esclusivo riferimento alle norme sulla responsabilità extracontrattuale non impedisce al giudice di qualificare diversamente la domanda a condizione che i fatti coincidano con quelli dedotti dalla parte e non vengano in rilievo elementi di differenziazione della disciplina delle due forme di responsabilità sul quali non si sia formato il contraddittori. Per un fatto che violi contemporaneamente sia diritti che spettano alla persona in base al principio del neminem laedere , sia diritti che scaturiscono dal vincolo giuridico contrattuale, è possibile ipotizzare, ad esempio, il concorso dell’azione extracontrattuale di responsabilità ex art. 2043 c.c., e di quella contrattuale basata sulla violazione degli obblighi di sicurezza posti a carico del datore di lavoro, anche pubblico, dall’art. 2087 c.c Risarcimento del danno non è punitivo ma ha la funzione di ristoro. Il diritto al risarcimento del danno non riveste natura punitiva, ma deve essere correlato alla prova del concreto pregiudizio economico asseritamente subìto dal danneggiato. Liquidazione in via equitativa quando è possibile. Alla stregua del principio testé espresso, il S.C. precisa che il potere di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., costituisce espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c. ed il suo esercizio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, senza necessità della richiesta di parte, dando luogo ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, con l’unico limite di non potere surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza, dovendosi, peraltro, intendere l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del danno in senso relativo e ritenendosi sufficiente anche una difficoltà solo di un certo rilievo. Per tale ragione, la Cassazione accoglie il motivo di ricorso su tale aspetto, in quanto il Giudice di appello, nella quantificazione del danno in favore dell’acquirente, non ha fornito i criteri cui si era attenuto, addivenendo, peraltro, ad una liquidazione del danno anche maggiore rispetto all’effettivo valore del bene per cui era causa.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 novembre 2014 – 5 febbraio 2015, n. 2115 Presidente Piccialli – Relatore Scalisi Svolgimento del processo F.P. e N.D. , con atto di citazione del 19 aprile 2002 convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la società Eclipse di C. S. sas, chiedendo la risoluzione del contratto di compravendita del servizio di piatti e cafè omissis che presentava vizi e difetti tali da non risultare conforme al campione, vizi riconosciuti dalla venditrice che aveva ritirato il servizio impegnandosi a fornirne uno nuovo. Fornito un nuovo servizio di piatti, anche questo presentava difetti e, per altro, non era, neppure, completo, chiedevano, pertanto, la restituzione del prezzo versato di L. 4.985.000 con interessi e il risarcimento danni da liquidarsi in via equitativa. Si costituiva la società Eclipse contestando la domanda e ritenendo che la responsabilità fosse della società Messulam spa., chiedeva che fosse autorizzata a chiamare in causa detta società per essere tenuta indenne da quanto eventualmente dovuto agli attori. In via riconvenzionale, chiedeva, altresì, che la Messulam fosse condannata a risarcirle i danni subiti per la perdita di immagine, sviamento commerciale e per aver subito la lite, quantificato equitativamente in L. 10.000.000. Si costituiva la società Messulam ed eccepiva l'inammissibilità della domanda nei suoi confronti, trattandosi di vendita a catena, l'inopponibilità a sé del riconoscimento dei vizi operato dalla società Eclipse e deduceva che era stata questa a non dare riscontro alla sua richiesta di restituzione della merce. Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere con sentenza n. 243 del 2004 condannava la società Eclipse al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 2.710,00, oltre interessi dalla pronuncia al soddisfo, nonché alla somma di Euro 4.000,00 a titolo di risarcimento danni, oltre interessi dalla domanda al soddisfo, condannava la Messulam spa a tenere indenne la società Eclipse da quanto pagato in esecuzione della sentenza agli attori e per l'effetto la condannava al pagamento della somma di Euro. 6.710,00, oltre interessi dalla sentenza al soddisfo, rigettava le domande proposte dalla società Messulam nei confronti dell'Eclipse. Avverso questa sentenza proponeva appello la società Messulam chiedendo la riforma totale della sentenza ed, in particolare, che venissero rigettate le domande tutte proposte dalla società Eclispe in quanto infondate in fatto ed in diritto, dato atto che in esecuzione della sentenza del Tribunale di S. Maria Capua Vetere aveva corrisposto la somma di Euro. 6.710,00 condannarsi la suddetta società alla restituzione di tale importo, oltre interessi e rivalutazione dai pagamenti al soddisfo, che venisse accolta la propria domanda riconvenzionale e condannarsi la stessa al risarcimento dei danni oltre interessi e rivalutazione e in subordine, accertati i vizi della mercé, che la stessa fosse restituita, dichiarandosi disponibile, previa consegna della merce, alla restituzione del prezzo incassata da Eclipse, oltre il risarcimento del danno pari al lucro cessante corrispondente alla differenza fra il prezzo di vendita al pubblico dei pezzi di cui si dice risultati difettosi ed il prezzo pagato alla Messulam. Si costituiva la società Eclipse, chiedendo il rigetto dell'appello. Si costituivano anche gli appellati N. e F. chiedendo che venisse rigettata ogni domanda formulata in loro danno, in quanto inammissibile ed infondata e la conferma della sentenza impugnata. La Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 699 del 2008, rigettava l'appello e condannava l'appellante, la società Messulam al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado. La Corte partenopea aveva, intanto, chiarito che era ormai coperta da giudicato il capo della sentenza del Tribunale di Capua Vetere che aveva dichiarato risolto per vizi della merce intercorso tra la società Eclipse e gli originari attori e che la controversia riguardava esclusivamente la domanda di regresso formulata dalla società Eclipse nei confronti della chiamata in causa società Messulam. In ordine al merito della questione la Corte di Napoli, osservava che il comportamento complessivo della Messulam denotava come essa medesima fosse stata informata dei vizi ed avesse accettato le doglianze implicitamente riconosciute nei confronti della società Eclipse. Correttamente, poi, il Tribunale aveva ritenuta provata l'esistenza del danno subito dagli acquirenti. Osservava, in conclusione, la Corte di Napoli che correttamente era stata accolta la domanda di rivalsa della Eclipse nei confronti della società Messulam, essendo emerso che la Messulam continuò ad inviare un prodotto che presentava i medesimi vizi. Per altro, la vendita a catena non escludeva l'autonomia die singoli contratti e nel caso concreto non escludeva che vi era stata da parte della Messulam la violazione degli obblighi contrattuali da essa assunti nei confronti della Eclipse obblighi consistenti nell'invio di un prodotto completo senza difetti e di qualità consona all'importanza del servizio e al relativo costo. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società Messulam con ricorso affidato a sei motivi, tuttavia non correttamente numerati. F.P. e N.D. , nonché la società Eclipse hanno resistito con separato controricorso, illustrato con controricorso. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo la società Messulam lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cpc, in particolare dei principi di cui agli artt. 1470, 1490, e ss. cod. civ. relativamente alle cc. dd. vendite a catena. Secondo la ricorrente, la Corte di Napoli avrebbe errato, nell'aver traslato tout cour sulla terza chiamata Messulam il risarcimento del danno liquidato a favore degli attori, senza tener conto dei criteri di autonomia dei due contratti Eclipse/coniugi F. e Eclipse/Messulam e dell'impossibilità di trasferire l'azione risarcitoria del compratore danneggiato nei confronti del precedente venditore. Piuttosto, come emergerebbe dagli atti di causa Messulam si è adoperata al contrario di Eclipse con la massima sollecitudine ed in buona fede per risolvere il problema tanto da offrire il ritiro della merce, a dire della Eclipse, difettata, pur di evitare il contenzioso, che la causa si sarebbe evitata se la società Eclipse tenendo il dovuto comportamento avesse restituito il prezzo incassata riservandosi semmai di agire nei confronti della Messulam. Pertanto, le conseguenze dannose accertate dal Tribunale e dopo dalla Corte di appello derivante dalla dichiarata risoluzione del rapporto Eclipse/F. per fatto di quest'ultima non potevano e non possono essere traslate sic et simpliciter nel rapporto Eclipse/Messulam. In conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto Dica la Suprema Corte di cassazione se il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e la Corte di Appello di Napoli siano incorsi nella violazione del principio di cui agli artt. 1470, 1479 e 1490 e segg. Cc. in materia di vendite a catena, per essere stata confermata, con il rigetto dell'appello, la sentenza di primo grado con cui Messulam veniva condannata a tenere indenne Eclipse di quanto da quest'ultima corrisposto ai F. , trasferendo e traslando direttamente su Messulam a titolo di danno tutta la somma che Eclipse è stata condannata a versare ai coniugi F. sub acquirenti a titolo di restituzione del prezzo incassato e risarcimento del danno a seguito della risoluzione del contratto fra Eclipse ed i F. , in spregio al principio di autonomia dei due rapporti venditore/ sub acquirente e venditore/fornitore che non consente di trasferire nei confronti del precedente venditore l'azione del compratore. 1.1.- Il motivo è infondato. È orientamento pacifico in dottrina e nella giurisprudenza di questa Corte cfr. n. 11612 del 31/05/2005 che nelle cosiddette vendite a catena spettano all'acquirente due azioni quella contrattuale, che sorge solo nei confronti del diretto venditore, in quanto l'autonomia di ciascun trasferimento non gli consente di rivolgersi contro i precedenti venditori restando salva l'azione di rivalsa del rivenditore nei confronti del venditore intermedio quella extracontrattuale, che è esperibile dal compratore contro il produttore, per il danno sofferto in dipendenza dei vizi che rendono la cosa pericolosa, anche quando tale danno si sia verificato dopo il passaggio della cosa nell'altrui sfera giuridica. Ed è, altresì, pacifico anche nella giurisprudenza di questa Corte che nelle cosiddette vendite a catena l'autonomia di ciascuna vendita non impedisce al rivenditore di rivolgersi al proprio venditore per essere rivalso di quanto egli potrà essere costretto a versare a sua volta al sub acquirente, se quanto dovuto a quest'ultimo debba considerarsi come parte integrante del danno da lui risentito, per la violazione degli obblighi contrattuali verso di lui assunti dal primo venditore. Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale ha chiarito che vi era stata da parte della Messulam la violazione degli obblighi contrattuali da essa assunti nei confronti della Eclipse obblighi consistenti nell'invio di un prodotto completo, scevro di difetti e di qualità consona all'importanza del servizio in relazione al suo costo. Sicché, correttamente, la rivalsa è stata pronunciata per l'intero importo che la Eclipse è stata condannata a versare ai coniugi F. N. , ivi compresa la restituzione del prezzo del servizio pagato dai suddetti essendo il tutto parte integrante del danno risentito dall'Eclipse, conseguente al fatto del reiterato invio da parte della Messulam di un prodotto difettoso non idoneo a soddisfare le aspettative degli acquirenti . Pertanto, nessuna violazione di norme di diritto è stata posta in essere dal giudice d'appello laddove ha tenuto indenne l'Eclipse da quanto dovuto agli attori a titolo di danno per fornitura di merce difettosa, e traslato a carico della Messulam il danno liquidato agli attori avendo accertato che l'inadempimento della Eclipse era direttamente connesso e conseguenziale all'inadempimento della Messulam. 2- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa la qualificazione del danno. Secondo la ricorrente, i motivi indicati quale causa del danno equitativamente liquidato a favore dei coniugi F. sono fra loro in contradizione. Secondo la Corte il danno dei F. sarebbe derivato a dalla mancata disponibilità per il F. del servizio dopo più dei tre anni b dalla mancata restituzione del prezzo versato. Epperò la Corte non ha tenuto conto dell'invocato risoluzione ipso iure del contratto da parte del F. che ha comportato la definitiva ed espressa rinuncia degli stessi coniugi a ricevere ed ad utilizzare il servizio in questione talché il mancato utilizzo del servizio per oltre tre anni non si è verificato in fatto né può sussistere in diritto. Il danno causato ai F. è stato causato semmai dalla mancata restituzione del prezzo trattenuto da Eclipse nonostante la risoluzione del contratto e di tale danno l'unica responsabile sarebbe solo la società Eclipse. Pertanto, conclude la ricorrente dica la Corte di cassazione se il Tribunale di Capua Vetere e la Corte di Appello di Napoli siano incorsi in erronea e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia laddove hanno indicato, come cause concorrenti del danno equitativamente liquidato ai F. , il mancato utilizzo del servizio di piatti per oltre tre anni e la mancata restituzione del prezzo posto che, in conseguenza dell'accertata risoluzione del contratto F. /Eclipse fin dal 13.04.01 e nella rinuncia dei F. ad utilizzare tale servizio l'unica causa invocata dagli attori è stata la mancata restituzione del prezzo esclusivamente imputabile al comportamento della Eclipse e, non il mancato utilizzo del servizio che presuppone l'efficacia del contratto, oltre tale termine. 2.1.- Il motivo ancorché inammissibile perché la censura non contiene una precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basa la decisione ma propone un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti in giudizio e valutati dalla Corte distrettuale, è infondato, essenzialmente, perché i dati prospettati dalla ricorrente sono diversi da quelli posti a fondamento della decisione relativa alla quantificazione del danno liquidato ai coniugi F. -N. . Come emerge dalla sentenza impugnata i coniugi F. e N. chiedevano la risoluzione del contratto di compravendita del servizio di piatti e cafè OMISSIS perché presentava vizi e difetti tale da non risultare conforme al campione, nonché la restituzione del prezzo versato e il risarcimento del danno da liquidarsi anche in forma equitativa. Il Tribunale, così come ha confermato la Corte distrettuale, dichiarava la risoluzione del contratto, disponeva la restituzione del prezzo e riconosceva ai coniugi F. e N. il diritto al risarcimento del danno ritenendo provata l'esistenza del danno subito dagli acquirenti per il fatto di aver ordinato nel settembre 2000 il servizio per cui è causa e di non aver ricevuto quanto acquistato con la conseguente mancata disponibilità dello stesso a tre anni dall'acquisto e, nonostante, fosse stato pagato il prezzo. Si tratta, come è evidente, di una decisione non solo perfettamente corretta sotto il profilo logico e argomentativo, ma, pienamente, coerente con i principi in materia di risoluzione contrattuale, tenuto conto che l'azione di risarcimento danni proposta, ai sensi dell'art. 1494 cod. civ., dall'acquirente, che presuppone di per sé la colpa del venditore, consistente nell'omissione della diligenza necessaria a scongiurare l'eventuale presenza di vizi nella cosa, può estendersi a tutti i danni subiti dall'acquirente, non solo quindi a quelli relativi alle spese necessarie per l'eliminazione dei vizi accertati, ma anche a quelli inerenti alla mancata o parziale utilizzazione della cosa o al lucro cessante per la mancata rivendita del bene. Da ciò consegue, fra l'altro, che tale azione si rende ammissibile, in alternativa, ovvero cumulativamente, con le azioni di adempimento in via specifica del contratto, di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto medesimo. 3 - Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la qualificazione del danno, laddove la Corte ha ritenuto che il comportamento della Eclipse fosse uniformato ad un criterio di ordinaria diligenza e correttezza nello svolgimento del rapporto obbligatorio. Secondo la ricorrente, la Corte partenopea avrebbe omesso la valutazione complessiva del comportamento tenuto dalle parti che, come afferma la Corte di cassazione, va fatta non isolatamente ma nel loro complesso per stabilire quale di esse con riferimento ai rispettivi interessi e all'oggettiva entità degli inadempimenti si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti . In particolare, la Corte partenopea non avrebbe tenuto conto che, come aveva indicato il Tribunale, era fuor di dubbio che il comportamento dell'Eclipse che è vero si è attivata per la risoluzione del problema tuttavia non ha mai manifestato l'intenzione di restituire il prezzo già versato dagli acquirenti, non informandosi ad un criterio di ordinaria diligenza e di correttezza nello svolgimento del rapporto contrattuale, ha senz'altro concorso in misura determinante, così come previsto dal secondo comma dell'art. 1227 cc, alla produzione del danno da perdita di immagine commerciale da essa lamentato. Insomma, la Corte avrebbe dovuto valutare il comportamento dell'Eclipse verso gli attori e quello della Messulam verso Eclipse, considerato che l'eziologia della presente causa risiede unicamente nel rifiuto dell'Eclipse di restituire il prezzo incassato, nonostante, la risoluzione del suo contratto con il F. . Pertanto, conclude la ricorrente, dica la Corte di Cassazione se la Corte di merito sia incorsa nella violazione di omessa insufficiente, contraddittoria motivazione ex art. 360 n. 5 cpc nel ritenere che il comportamento di Eclipse uniformato ad un criterio di ordinaria diligenza e correttezza nello svolgimento del rapporto contrattuale in difformità alle risultanze processuali emerse nel corso del giudizio ed alle stesse motivazioni del Tribunale, per poi traslare su Messulam il risarcimento del danno esclusivamente o quanto meno prevalentemente attribuibile a colpa dell'Eclipse. 3.1.- Il motivo è infondato. Intanto, va qui confermato il costante insegnamento di questa Corte che il ricorso per cassazione con il quale si fanno valere vizi della motivazione della sentenza, non può risolversi nel denunciare un contrasto dell'apprezzamento dei fatti compiuto dal giudice di merito con il convincimento e con le tesi della parte ricorrente, poiché, diversamente opinando, il motivo di ricorso di cui all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. finirebbe per risolversi in una richiesta di sindacato del giudice di legittimità sulle valutazioni riservate al giudice di merito. Ora, nel caso in esame, non senza considerare, sia pure solo per completezza argomentativa, che la motivazione fornita dalla Corte distrettuale dell'assunta decisione risulta logica e sufficiente, basata com'è su considerazioni adeguate in ordine alla valenza oggettiva dei vari elementi di giudizio risultanti dagli atti e su razionali valutazioni di essi un giudizio operato, pertanto, nell'ambito dei poteri discrezionali del giudice del merito, tuttavia, e/o essenzialmente, la diversa opinione soggettiva di parte ricorrente in merito alla mancata valutazione del comportamento dell'Eclipse verso gli attori, sarebbe, comunque, inidonea a determinare le conseguenze auspicate dalla ricorrente. In particolare, la sentenza ha evidenziato che né può essere condivisa l'affermazione dell'appellante circa il fatto che l'Eclipse abbia aggravato il danno, trattenendo il prezzo ed omettendo di restituire ad essa Messulam il servizio difettoso, dal momento che comunque vi era la contestazione in corso non era stato inviato dalla Messulam, neppure dopo le contestazioni un prodotto scevro da vizi, l'Eclipse ebbe, comunque, a pagarne il costo alla Messulam, come emerge dagli atti di causa e dalle dichiarazioni rese in sede di libero interrogatorio, con la conseguenza che, in realtà, nessun comportamento contrario ai principi di correttezza e buona fede può addebitarsi all'Eclipse medesima . Pertanto, come è evidente, la Corte partenopea si è fatta carico delle diverse prospettazioni e consapevolmente ha ritenuto che nella dinamica della vicenda prospettata in giudizio la responsabilità del danno prodotto ai coniugi F. e N. era riconducibile alla società Messulam per non avere la stessa neppure dopo le contestazioni dei coniugi F. e N. fornito un servizio oggetto di causa scevro di vizi e avendo la stessa percepito il prezzo della fornitura come si legge nella sentenza l'Eclipse ebbe, comunque, a pagarne il costo alla Messulam . 4.- Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cpc, circa la risoluzione del contratto Eclipse/Messulam. Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe accolto l'azione di rivalsa della società Eclipse nei confronti della Messulam per l'intero importo liquidato agli attori come parte integrante del danno subito per accertato inadempimento di Messulam degli obblighi contrattuali da essa assunti verso Eclipse, tuttavia non avrebbe provveduto a dichiarare risolto il contratto intercorso tra Eclipse e Messulam, con seguente ripristino delle reciproche posizioni. Pertanto, conclude la ricorrente dica la Corte di cassazione se la Corte di merito sia incorsa in violazione dei principi di cui all'art. 1493 cc in materia di vendita a catena per aver omesso di pronunciare la risoluzione del contratto fra Messulam fornitore ed Eclipse rivenditore nonostante la condanna per rivalsa sia fondata sull'accertamento della violazione degli obblighi contrattuali assunti dal venditore Messulam nei confronti del rivenditore Eclipse . 4.1. Il motivo è infondato. Va qui ribadito che l'intervento giudiziale va coordinato perfettamente con il principio dispositivo e con il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, delineandosi un quadro in cui ogni regola riceve la massima applicazione. Ora, nel caso in esame, dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che agli atti del giudizio non risulta formulata una domanda di risoluzione del contratto intercorso tra la Messulam e la Eclipse e/o comunque non sussistevano i presupposti per una pronuncia della indicata risoluzione contrattuale. Come ha avuto modo di chiarire la Corte di Napoli E, in considerazione dell'avvenuto pagamento da parte dell'Eclipse alla Messulam, non può condividersi neppure l'assunto che il Tribunale avrebbe dovuto pronunciare anche la risoluzione del contratto fra la società Messulam e la società Eclipse, che, perciò, trattenendo il servizio in questione, non si è indebitamente arricchita in danno della Messulam, avendo la condanna per la rivalsa solo la funzione di risarcire il sbvenditore dei danni subiti per effetto dell'inadempimento del proprio venditore ed essendo una mera illazione che tanto sia avvenuto per rivendere la merce . 5.- Con il quinto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della normativa in tema di liquidazione equitativa del danno per essere la Corte di merito incorsa nella violazione dei principi di cui all'art. 1226 cc. Secondo la ricorrente, la liquidazione del danno oltre che esagerata, essendo di circa il doppio del valore della vendita al pubblico dell'intero servizio, sarebbe totalmente indimostrato e tanto più errata ed ingiustificata se addossata a Messulam in quanto legata esclusivamente al comportamento scorretto dell'Eclipse evidenziato dagli stessi attori. Ciò premesso, la ricorrente conclude, formulando il seguente quesito di diritto Dica la Suprema corte se la Corte di merito nel confermare la valutazione equitativa del danno liquidato dal Tribunale sia incorsa nella violazione dei principi di cui all'art. 1226 cc. in quanto esagerata ed ingiustificata e soprattutto indimostrata per avere escluso l'acquisizione degli elementi probatori richiesti dagli attori necessari a colmare quelle mancanze insuperabili per determinare in via equitativa l'equivalente pecuniario del danno sofferto. 5.1.- Il motivo è fondato e va accolto. Appare opportuno evidenziare che l'accertamento della ricorrenza dei presupposti per il ricorso alla liquidazione equitativa del danno consente la valutazione discrezionale dell'ammontare di questo stesso. Per evitare però, che la relativa decisione - pur discrezionale - sia arbitraria e sottratta a qualsiasi controllo, è necessario che il giudice indichi, almeno sommariamente e sia pure con l'elasticità propria dell'istituto e nell'ambito dell'ampio potere discrezionale che lo caratterizza, i criteri che egli ha seguito per determinare l'entità del danno. Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale nel confermare la valutazione equitativa del danno effettuata dal Tribunale si è limitata ad affermare principi anche richiamando principi di questa stessa Corte di Cassazione , ma ha omesso di valutare elementi concreti che avrebbero potuto giustificare l'entità del danno liquidato. D'altra parte, tale omissione, nel caso specifico, appare significativa, anche perché il danno ravvisato risultava notevolmente superiore rispetto allo stesso valore del servizio di piatti e caffè oggetto della presente controversia. La sentenza dev'essere cassata sul punto e il giudice di rinvio dovrà decidere nuovamente il punto attenendosi all'indicato principio. 6.- Con il sesto motivo la ricorrente lamenta l'erronea, carente e contraddittoria motivazione in ordine al rigetto della domanda riconvenzionale. Secondo la ricorrente l'accoglimento dell'odierno ricorso dovrà comportare l'accoglimento del motivo di appello per erronea, carente contraddittoria motivazione in ordine al rigetto della domanda riconvenzionale, cui l'odierna ricorrente per brevità si riportati alle argomentazioni volte in atto di appello sub cap. 1 pag. 29-31 . 6.1.- Il motivo è inammissibile sia perché fondato su un dato l'accoglimento del presente ricorso la cui esistenza è soltanto auspicata, ma, soprattutto, perché, comunque, privo dei caratteri della specificità dato che è stato formulato per relationem con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello. Come ha già affermato questa Corte in altre occasioni cfr., ex plurimis, Cass. n. n. 1406 del 23/01/2007 , l'onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall'art. 366, n. 4, cod. proc. civ., qualunque sia il tipo di errore in procedendo o in iudicando per cui è proposto, non può essere assolto per relationem con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto. Ciò in quanto, il ricorso per Cassazione, stante la previsione di cui all'art. 366 n. 4 c.p.c., deve contenere in se tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere ad elementi o atti concernenti il pregresso giudizio di merito. In definitiva, va accolto il quinto motivo di ricorso e rigettati gli altri. La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di Cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il quinto motivo del ricorso e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, la quale provvederà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione.