Il Comune si è costruito una scuola nuova? Ottimo! Ma il recesso dal contratto di locazione in essere è illegittimo

In relazione ad una locazione di immobile stipulata da un Comune per allocarvi una scuola, la scelta del Comune di far costruire un proprio immobile per allocarvi la scuola stessa, non costituisce di per sé idoneo motivo di recesso anticipato del Comune dalla locazione, occorrendo invece che detta scelta sia stata determinata da un'esigenza oggettiva, imposta dal dover esercitare la funzione e soddisfare l'interesse pubblico che ne è oggetto in modo più idoneo rispetto a quanto assicuri l'esercizio della funzione stessa in atto tramite l'utilizzo del bene condotto in locazione.

La Sez. III civile della Cassazione si è occupata, con la decisione n. 26892 depositata il 19 dicembre 2014, di una questione inedita in tema di locazione, incentrata sulla legittimità, o meno, del recesso esercitato dal conduttore nel caso specifico un Comune per ragioni di opportunità”. Il caso. Un Comune conduceva in locazione un immobile, adibito a scuola, dalla quale recedeva perché nel mentre lo stesso ente aveva terminato la costruzione di un nuovo edificio, appunto da adibire all’insegnamento. Per questo il Comune aveva esercitato il recesso anticipato dal contratto in essere. Di conseguenza, i locatari conveniva in giudizio il Comune, in primo luogo eccependo l’illegittimità del recesso, e in secondo luogo facendo valere i danni riscontrati alla struttura. Il Tribunale accoglieva solo la richiesta risarcitoria, condannando il conduttore al relativo pagamento. Il Comune proponeva appello e i locatari appello incidentale. I Giudici di secondo grado a in parziale accoglimento dell'appello principale, condannavano il Comune al pagamento alle controparti di una somma minore rispetto a quella riconosciuta dal primo giudice in relazione alla domanda di risarcimento dei danni inerenti all’immobile b in accoglimento dell'appello incidentale dichiaravano illegittimo il recesso del Comune dalla locazione che, invece, il primo giudice aveva riconosciuto legittimo e, previa dichiarazione che il contratto aveva avuto durata sino ad una certa data, condannavano il Comune al pagamento del canone locatizio calcolato fino a quel momento. Il Comune proponeva ricorso per cassazione. Per il Comune il recesso era legittimo sussistendo un grave motivo”. Secondo il Comune ricorrente, i giudici di secondo grado avrebbero errato nel ritenere illegittimo il recesso anticipato dal contratto di locazione. Per il giudice di primo grado, l'intervenuta ultimazione di un nuovo immobile - di proprietà del Comune e da destinare a nuova sede scolastica -, integrava i gravi motivi” di cui all'art. 27 ultimo comma Legge n. 392/78. La realizzazione di un nuovo plesso scolastico era un fatto volontario e prevedibile. Ma per la Corte d’appello i gravi motivi” non esistevano. Infatti, il contratto di locazione aveva durata di anni sei. Alla prima scadenza il contratto si era rinnovato tacitamente per altri 6 anni. Tuttavia il Comune aveva manifestato il proprio intento di recedere dal detto contratto per gravi motivi” che individuava nella circostanza che era stato ultimato un nuovo plesso scolastico per cui la locazione di cui trattasi non era più necessaria. Secondo la Corte d’appello, l'impedimento alla prosecuzione del rapporto locativo era stato determinato da un fatto, quale la realizzazione di un nuovo plesso scolastico, dipeso dalla volontà del conduttore e ben noto allo stesso, che ben poteva quindi prevedere il suo verificarsi sin da epoca di gran lunga antecedente rispetto a quella in cui aveva comunicato ai locatori il proprio intento di recedere. In sostanza il recesso non era assistito da alcun grave motivo”, per cui era illegittimo. Del resto va considerato pacifico in giurisprudenza, secondo cui, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, i gravi motivi in presenza dei quali l'art. 27, legge n. 392/1978, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione da comunicare con preavviso di almeno sei mesi, a mezzo di lettera raccomandata , devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravoso per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo. In caso di Enti Locali i gravi motivi” vanno interpretati diversamente? In via preliminare gli Ermellini ricordano che l’istituto del recesso del conduttore per gravi motivi si applica anche ai contratti di locazione stipulati come conduttori da enti locali territoriali. Ai fini della individuazione dei suoi presupposti quando il conduttore sia un ente locale ci si deve domandare se la particolare natura del conduttore e particolarmente lo scopo dell’ente tanto più quando si tratti di un Comune e, dunque, di un ente c.d. esponenziale, ancora oggi depositario di una serie di funzioni pubbliche di primaria importanza e necessarie quanto al dover essere esercitate , connoti tali presupposti in modo diverso da come si debbono considerare con riferimento a qualsiasi conduttore, o meglio all’attività esercitata nell'immobile da qualsiasi conduttore. Vale pur sempre il rapporto privatistico. Ma, avverte la Suprema Corte, la posizione dell'Ente locale, pur con il rilievo dovuto alla sua peculiare qualità ai fini dell'esercizio del diritto di recesso, si colloca pur sempre sul piano di un rapporto privatistico, di modo che comunque quella particolare posizione dell'ente, avendo esso utilizzato uno strumento privatistico, non può di per sé giustificare che la legittimità del recesso sia apprezzata dando rilievo soltanto al mero finalismo perseguito dall'ente locale sebbene nella logica dell'adempimento delle sue funzioni. Ne segue che in linea generale valgono anche per l'ente locale conduttore, che vuole recedere anticipatamente, i principi generali individuati dalla giurisprudenza di questa Corte come presupposti legittimanti il recesso. La libera scelta del Comune di costruire una nuova scuola esclude i gravi motivi”. La decisione, rilevante sul piano dell'agire dell’Amministrazione Comunale, di costruire un immobile da adibire a scuola e nel quale allocare la scuola che risultava allora allocata nell'immobile locato, è stata una decisione frutto di una scelta libera e volontaria. Invero, va considerato che, rientrando nei compiti del Comune la provvista degli edifici per taluni tipi di scuola, la scelta sul modo di provvedere a riguardo da parte del Comune risultava possibile sia tramite allocazione in edifici che il Comune poteva prendere in locazione, come era accaduto per quello oggetto del contratto, sia attraverso edifici di sua proprietà, già appartenenti al suo patrimonio o da costruire e destinare allo scopo. Ne segue che la scelta del Comune, in presenza di una situazione nella quale l'allocazione della scuola nell'immobile locato rappresentava solo uno dei modi possibili di adempiere ad un compito imposto dalla legge, di adempiere invece in modo diretto, cioè attraverso un immobile da costruire ed acquisire in proprietà, risulta certamente - in mancanza di dimostrazione di situazioni in qualche modo cogenti - un comportamento espressione di una libera volontà e determinazione del medesimo. In relazione ad una locazione di immobile stipulata da un Comune per allocarvi una scuola, in adempimento delle funzioni di provvista ad esso assegnate dalla legge, la scelta del Comune di far costruire un proprio immobile per allocarvi la scuola, qualora l'esecuzione dell'opera sia terminata prima della scadenza convenzionale del contratto ed essa sia divenuta disponibile, non costituisce di per sé idoneo motivo di recesso anticipato del Comune dalla locazione, occorrendo invece che detta scelta sia stata determinata da un'esigenza oggettiva, imposta dal dover esercitare la funzione e soddisfare l'interesse pubblico che ne è oggetto in modo più idoneo rispetto a quanto assicuri l'esercizio della funzione stessa in atto tramite l'utilizzo del bene condotto in locazione. In ragione della novità della questione decisa, la Cassazione compensa le spese di lite. Nonostante il rigetto del ricorso, la Suprema Corta ritiene di poter compensare le spese del giudizio attesa la novità dell'esame di una fattispecie come quella giudicata, sotto il profilo della idoneità del recesso in relazione alle ragioni addotte da parte di un ente locale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 ottobre – 19 dicembre 2014, numero 26892 Presidente Russo – Relatore Frasca Svolgimento del processo p.1. Il Comune di Orta di Atella ha proposto ricorso per cassazione contro F.C. e M.M.D. avverso la sentenza del 17 giugno 2011, con la quale la Corte d'Appello di Napoli ha parzialmente riformato la sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Aversa. La Corte partenopea, in particolare a in parziale accoglimento dell'appello principale di esso ricorrente l'ha condannato al pagamento alle controparti di una somma minore rispetto a quella riconosciuta dal primo giudice in relazione ad una domanda di risarcimento del danno esistente in un immobile che il Comune aveva restituito dopo averlo condotto in locazione b in accoglimento dell'appello incidentale delle qui intimate ha dichiarato illegittimo il recesso del Comune dalla locazione che, invece, il primo giudice aveva riconosciuto legittimo e, previa dichiarazione che il contratto aveva avuto durata fino al 5 giugno 2005, ha condannato il Comune al pagamento del canone fino a quella data. p.2. Al ricorso, che propone due motivi, hanno resistito con congiunto controricorso le intimate. p.3. Parte resistente ha depositato memoria. Motivi della decisione p.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 27, ultimo comma della legge 27 luglio 1978 numero 392, in relazione all'art. 360 primo comma lett. a [sic] c.p.c . Il mezzo censura la motivazione con cui la Corte territoriale ha accolto l'appello incidentale delle locatrici diretto ad ottenere la riforma della sentenza di primo grado, là dove il Tribunale non aveva riconosciuto l'inidoneità del recesso del Comune a determinare la cessazione della locazione anticipatamente rispetto alla scadenza del secondo sessennio di durata fino al 5 giugno 2005 scaturito per effetto della rinnovazione alla scadenza del primo sessennio e non aveva considerato in conseguenza il medesimo Comune tenuto a corrispondere il canone sino al suo verificarsi. p.1.1. La sentenza impugnata ha così motivato la riforma della sentenza di primo grado Al fine di esaminare compiutamente la questione che ci occupa è opportuno ricordare che il giudice di prime cure aveva ritenuto legittimo il recesso operato, in quanto la causa evidenziata nello stesso e cioè l'intervenuta ultimazione di un nuovo immobile - di sua proprietà - da destinare a nuova sede scolastica, integrava i gravi motivi di cui all'art. 27 u.c. L. 392/78. Orbene, ritiene questo Collegio che la decisione del giudice di prime cure non possa essere condivisa. Si deve infatti tenere presente che il contratto di locazione di cui trattasi era stato stipulato tra il Comune di Orta di Atella e le signore F. e M. in data 5.6.1993. La data di inizio del rapporto era stata stabilita per il 21.6.1993, con una durata di anni sei. Alla prima scadenza del giugno 1999 il contratto si era rinnovato tacitamente per sei anni, tuttavia - con nota del 16.12.1999 - il Comune aveva manifestato alle locatrici il proprio intento di recedere dal detto contratto ex art. 27 u.c. della legge numero 392/78, per gravi motivi che individuava nella circostanza che era stato ultimato il costruito un nuovo plesso scolastico per cui la locazione di cui trattasi non era più necessaria. Ciò posto, sulla scorta di quanto emerge dagli atti allegati alla produzione del Comune, si deve a questo punto evidenziare che con apposita deliberazione della giunta comunale era stato indetto in data 27/11/98 un pubblico incanto per i lavori di ampliamento della scuola media di via Petrarca. Inoltre, con determina del 14/1/1999 era stato approvata l'aggiudicazione dell'appalto relativo agli stessi ed ancora in data 28/4/1999 era stato stipulato il contratto di appalto tra il Comune e la ditta appaltatrice. Ebbene, in forza di quanto appena evidenziato è evidente che l'impedimento alla prosecuzione del rapporto locativo è stato determinato da un fatto, quale la realizzazione di un nuovo plesso scolastico, dipeso dalla volontà del conduttore e ben noto allo stesso, che ben poteva quindi prevedere il suo verificarsi sin da epoca di gran lunga antecedente rispetto a quella in cui ha comunicato alle locatrici il proprio intento di recedere. Ciò posto, deve pertanto escludersi a parere di questo Collegio che tale ipotesi rientri in quella prevista dall'altra 27 u.c., in quanto la Suprema Corte ha avuto modo in più occasioni di chiarire sull'argomento che In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, i gravi motivi in presenza dei quali l'art. 27 della legge 27 luglio 1978, numero 392, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione da comunicare con preavviso di almeno sei mesi, a mezzo di lettera raccomandata , devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibile sopravvenute alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravoso per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo cfr. tra le altre Cass. sent. numero 9443/2010 e numero 6089/2006 . Alla luce delle considerazioni sin qui esposte l'appello incidentale dev'essere pertanto accolto, con conseguente riconoscimento della illegittimità del recesso operato dal Comune e conseguente rinnovazione del contratto di locazione e condanna del predetto al pagamento del canone fino a naturale scadenza dello stesso, ossia 5/6/2005”. p.1.2. La critica alla motivazione della sentenza impugnata viene svolta con considerazioni che si risolvono espressamente nel riprendere testualmente la motivazione con cui il giudice di primo grado aveva invece ritenuto legittimo il recesso. p.1.2.1. Peraltro, in una prima parte l'illustrazione riprende un argomento speso da quel Giudice per replicare ad una difesa svolta dalle locatrici ed imperniata sulla circostanza che la ragione posta dal Comune a base del suo recesso si era manifestata in un momento in cui esso avrebbe potuto - nella contemplazione dell'intenzione di appaltare la costruzione di un edificio proprio per allocarvi la scuola allocata nell'immobile condotto in locazione - disdire il contratto con riferimento alla scadenza del 26 giugno 1999. Senonché la motivazione della sentenza impugnata, pur ripercorrendo le scansioni inerenti le scadenze naturali del contratto e quelle con cui il Comune decise di dar corso alla costruzione di un immobile da destinare alla scuola allocata nell'immobile condotto in locazione, non ha motivato la denegazione della legittimità del recesso del Comune adducendo che la ragione posta a base di esso avrebbe potuto giustificare, in quanto esistente, già l'esercizio del potere di disdetta del contratto locativo alla detta prima scadenza potere, tra l'altro, che non è chiaro se dovesse esercitarsi un anno prima, come per legge o con un termine minore nel primo caso la deliberazione della Giunta comunale di dar corso all'opera pubblica si sarebbe collocata dopo la rinnovazione . Ne segue che per questa parte l'illustrazione del motivo svolge considerazioni prive di rilievo perché relative ad una questione che la Corte territoriale non ha ritenuto rilevante per ribaltare l'avviso del primo giudice circa la legittimità del recesso questione sulla quale sarebbe stato rilevante il precedente di questa Corte di cui a Cass. numero 15082 del 2000 e che, pertanto, non fa parte della motivazione della sentenza impugnata, riguardo alla quale si doveva esercitare la critica con il motivo di impugnazione. p.1.2.2. Nella seconda parte, invece, la critica articolata con il motivo in esame, pur riprendendo la motivazione del primo giudice, risulta pertinente alla motivazione della sentenza qui impugnata, ma inidonea a giustificare l'accoglimento del motivo, atteso che detta motivazione appare conforme a diritto. Detta critica viene prospettata assumendo, con le parole che si attribuiscono al primo giudice che a rispetto al Comune, la situazione dell'avvenuta ultimazione di un immobile di proprietà dell'ente territoriale, in cui far svolgere la descritta attività scolastica, con conseguente eliminazione della spesa superflua, eventualmente addebitabile agli amministratori sotto il profilo della responsabilità contabile, si atteggia come fonte di grave motivo di recesso” b provvedere all'utilizzazione di bene proprio quale sede di un'attività istituzionale, esigenza divenuta concreta solo dopo la conclusione del contratto di locazione de quo perché solo in corso di rapporto è stato ultimato il relativo immobile , insorta in epoca successiva alla costituzione del rapporto di locazione, il modo in cui a tale esigenza si è provveduto, si presta ad essere considerato, non il frutto di una determinazione libera, ma il risultato di una ponderata valutazione di più interessi. Sicché questo fatto è da considerare come una situazione non determinata da scelte libere inerenti alla continuazione dell'attività per cui erano stati presi in locazione i diversi locali adibiti a sede della scuola, Da ciò la possibilità di considerare il fatto come grave motivo di recesso dal contratto, per la ragione che il mantenimento della disponibilità dei locali prima adibiti a sede dell'attività scolastica era divenuto per il Comune superflua e perciò stesso gravemente oneroso”. Si sostiene, quindi, che a fronte di tale motivazione non sarebbe dato rinvenire nella sentenza qui impugnata considerazioni in grado di scardinare la correttezza e linearità del ragionamento giuridico di cui il primo pronunciamento è espressione”. Il richiamo ai principi giurisprudenziali evocati nella motivazione della sentenza impugnata sarebbe imperniato solo sul riconoscere la volontarietà del fatto posto a base del recesso. p.1.3. Il motivo non è fondato. In via preliminare va ricordato che è stato già statuito che L'istituto del recesso del conduttore per gravi motivi si applica anche ai contratti di locazione stipulati come conduttori da enti locali territoriali”. Cass. numero 15082 del 2000 . Ai fini della individuazione dei suoi presupposti quando il conduttore sia un ente locale ci si deve domandare se la particolare natura del conduttore e particolarmente lo scopo dell'ente, tanto più quando si tratti di un comune e, dunque, di un ente c.d. esponenziale, ancora oggi depositario di una serie di funzioni pubbliche di primaria importanza e necessarie quanto al dover essere esercitate, connoti tali presupposti in modo diverso da come si debbono considerare con riferimento a qualsiasi conduttore, o meglio all'attività esercitata nell'immobile da qualsiasi conduttore. Siffatto interrogativo deve ricevere risposta considerando comunque che la posizione dell'ente locale, pur con il rilievo dovuto alla sua peculiare qualità ai fini dell'esercizio del diritto di recesso si colloca pur sempre sul piano di un rapporto privatistico, di modo che comunque quella particolare posizione dell'ente, avendo esso utilizzato uno strumento privatistico, non può di per sé giustificare che la legittimità del recesso sia apprezzata dando rilievo soltanto al mero finalismo perseguito dall'ente locale sebbene nella logica dell'adempimento delle sue funzioni. Ne segue che in linea generale valgono anche per l'ente locale conduttore, che vuole recedere anticipatamente, i principi generali individuati dalla giurisprudenza di questa Corte come presupposti legittimanti il recesso. Essi, del resto evocati dalla sentenza impugnata, sono, com'è noto, attestati nel senso che I gravi motivi, in presenza dei quali l'art. 27, ultimo comma, della legge numero 392 del 1978, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione, non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dallo stesso conduttore in ordine all'opportunità o meno di continuare ad occupare l'immobile locato, poiché, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso ad nutum, contrario all'interpretazione letterale, oltre che allo spirito della suddetta norma. Al contrario, i gravi motivi, che legittimano il recesso del conduttore da una locazione non abitativa, devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed, inoltre, devono essere tali da rendere oltremodo gravosa per lo stesso conduttore, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo”. ex multis, in particolare, Cass. numero 5328 del 2007 . È stato, altresì precisato che In tema di recesso del conduttore dal contratto di locazione i gravi motivi di cui all'art. 27, ottavo comma, della legge 27 luglio 1978 numero 392 devono esser determinati da fatti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione. Ciò significa, in relazione al requisito dell'estraneità, che il comportamento deve essere consequenziale a fattori obbiettivi, ma non che non sia volontario e che perciò, se il conduttore è un imprenditore commerciale, egli non possa operare una scelta di adeguamento strutturale dell'azienda, ampliandola o riducendola per renderla rispondente alle sopravvenute esigenze di economicità e produttività” Cass. numero 17402 del 2003 . p.1.4. Si tratta di valutare come i ricordati principi, dai quali debbano trovare applicazione alla fattispecie e se siano stati applicati correttamente dalla Corte territoriale ad essa. All'uopo occorre rimarcare che da essi si evince innanzitutto la circostanza che la situazione dedotta dal conduttore come integrante un grave motivo giustificativo del recesso necessariamente dev'essere assunta a motivo giustificativo di esso e, dunque, tale assunzione altrettanto necessariamente si connota come determinativa di un comportamento certamente volontario del conduttore. Si vuoi dire, cioè che, per il fatto stesso che dev'essere assunta come motivo giustificativo del recesso, quale negozio unilaterale recettizio, la situazione che il conduttore enuncia e prospetta come tale è certamente oggetto di una volizione dello stesso conduttore nel senso della sua considerazione da parte sua come idonea ad escludere la prosecuzione della locazione. È costui che, esercitando il recesso motivandolo sulla base di essa vuole che essa giochi sul rapporto locativo come ragione giustificativa del suo scioglimento ad iniziativa unilaterale. È in questa fase anzi che la qualità soggettiva del conduttore in relazione all'attività esercitata nell'immobile può assumere rilievo, dato che la scelta di recedere, sebbene assuma come presupposto la situazione oggettiva estranea alla volontà del medesimo, imprevedibile e sopravvenuta correlata, certamente dipende da un apprezzamento che si correla alla qualità dell'attività esercitata e, quindi, all'esercizio delle attività indicate dall'art. 27 oppure, nel caso dell'art. 42 citato, a quelle ivi indicate direttamente o indirettamente, allorché la norma si riferisce allo Stato e agli enti pubblici territoriali, così comunque supponendo necessariamente che rilevi la loro tipica funzione pubblica e, quindi, il profilo delle attività e, dunque, dei compi ad essi affidati. Viceversa la verificazione della situazione assunta come giustificativa del recesso, considerata appunto quale elemento oggettivo, deve avere caratteristiche tali da configurarsi come un fatto o una concatenazione di fatti, il quale o i quali debbono essere estranei alla volontà del conduttore, si debbono comunque considerare da esso imprevedibili e debbono essere sopravvenuti alla costituzione del rapporto locativo. Ora, nella fattispecie si tratta di verificare se la situazione addotta a giustificazione del recesso dal Comune ricorrente presenti dette caratteristiche. p.1.5. La risposta è negativa proprio per il primo degli elementi che avrebbero dovuto caratterizzarla, quello dell'estraneità della determinazione della situazione oggettiva addotta a giustificazione del recesso ad una libera volizione del Comune, ad un comportamento del tutto volontario del medesimo. La decisione, rilevante sul piano dell'agire dell'Amministrazione Comunale, di costruire un immobile da adibire a scuola e nel quale allocare la scuola che risultava allora allocata nell'immobile locato, è stata, infatti, certamente o almeno dev'essere considerata - sul piano di quanto può apprezzarsi da questa Corte perché ad Essa fatto constare e, perché dunque, emerge dagli atti siccome ad Essa pervenuti per il tramite dell'esercizio del diritto di impugnazione - una decisione frutto di una scelta libera e volontaria. Invero, va considerato che, rientrando nei compiti del Comune art. 3, comma 1, lett. a della l. numero 23 del 1996, attuativo dell'art. 14, comma 1, lett. i della l. numero 142 del 1990 la provvista degli edifici per taluni tipi di scuola, la scelta sul modo di provvedere a riguardo da parte del Comune risultava possibile sia tramite allocazione in edifici che il Comune poteva prendere in locazione, come era accaduto per quello oggetto del contratto, sia attraverso edifici di sua proprietà, già appartenenti al suo patrimonio o da costruire e destinare allo scopo. Ne segue che la scelta del Comune, in presenza di una situazione nella quale l'allocazione della scuola nell'immobile locato rappresentava solo uno dei modi possibili di adempiere ad un compito imposto dalla legge, di adempiere invece in modo diretto, cioè attraverso un immobile da costruire ed acquisire in proprietà, risulta certamente - in mancanza di dimostrazione di situazioni in qualche modo cogenti - un comportamento espressione di una libera volontà e determinazione del medesimo. Anche i modi di realizzazione ed attuazione della scelta compiuta in tal senso e, quindi, la decisione di affidare un appalto per la costruzione o meglio per quello che si legge in sentenza per l'ampliamento di un edificio già destinato ad una scuola media, e la determinazione dei tempi di realizzazione dell'opera furono espressione di una scelta del tutto libera del Comune. Tale scelta, essendo il Comune impegnato sul piano contrattuale in un rapporto locativo bene allora avrebbe potuto articolarsi in modo tale da assicurare che la realizzazione dell'opera terminasse quando sarebbe venuto a scadere il rapporto locativo, sì da consentire la disdetta del contratto alla scadenza ed in pratica - essendo avvenuta la deliberazione di indizione dell'appalto nel novembre del 1998 e, dunque, in un momento nel quale il contratto si era già rinnovato per un secondo sessennio dovendosi supporre necessaria, in mancanza di diverse risultanze, una disdetta annuale - ormai in vista della scadenza del giugno 2005. Anche l'essersi verificata l'acquisizione dell'edificio all'esito dell'esecuzione dell'appalto nel dicembre del 1999 e la conseguente possibilità di allocarvi la scuola che era allocata nell'edificio oggetto della locazione è stata frutto di una scelta libera e volontaria del Comune, dovendosi ritenere che il completamento dell'appalto sia stato convenuto con l'appaltatore dal Comune. Ne discende che la situazione per cui il Comune aveva acquisito disponibilità di un immobile di sua proprietà mentre era ancora in corso il rapporto locativo è dipesa indubitabilmente da una scelta del tutto volontaria del Comune e tanto basta per escludere che ricorressero gli estremi della legittimità del recesso, perché la situazione creatasi per effetto della consegna dell'immobile e, dunque, la possibilità di allocarvi la scuola è dipesa solo da una scelta di quel tipo. Tale costatazione, in assenza di dimostrazione di situazioni che avessero imposto al Comune, nel momento in cui venne fatta, la scelta di far costruire un immobile per destinarlo a scuola, esclude qualsiasi possibilità di valutare come legittimante il recesso la sola ipotetica maggiore convenienza di tale scelta, pur nella logica di un ipotetico risparmio di spesa conseguente alla liberazione dal dover sopportare l'onere locativo se si ritenesse altrimenti, lo scioglimento dal contratto per il recesso risulterebbe giustificato solo sulla base di una scelta di mera convenienza, mentre la maggiore convenienza dello scioglimento può venire in gioco solo se la situazione oggettiva assunta a base del recesso no sia stata essa a sua volta e prima determinata essa stessa da mera convenienza. p.1.6. Al riguardo, si rileva che non è stato in alcun modo dedotto neppure che la scelta del Comune di provvedersi di un edificio di sua proprietà fosse espressione di situazioni sopravvenute all'insorgenza del rapporto locativo che esigessero - per una migliore assicurazione del compito di provvista dell'edificio scolastico e, dunque, nell'ottica del principio di buona amministrazione art. 97 Cost. nel soddisfacimento del relativo compito necessario - di doversi realizzare necessariamente, perché fossero soddisfatte, un edificio proprio, come sarebbe stato se tale attuazione fosse stata anche solo più funzionale all'ottimale adempimento del compito si pensi, ad esempio, ad una situazione in cui per il numero di iscritti l'edificio condotto in locazione fosse divenuto anche solo in senso relativo insufficiente oppure si pensi ad una situazione in cui l'assolvimento del compito tramite un edificio proprio localizzato altrove rispetto a quello condotto in locazione avrebbe consentito maggiore funzionalità nell'adempimento di compiti connessi. In tali casi ed in altri consimili l'incidenza sulla stessa assicurazione del compito di provvista avrebbe potuto assumere rilievo di situazione oggettiva e necessitante, estranea alla volontà del Comune. I rifermenti nell'illustrazione del motivo, attraverso il mutuare le parole del Tribunale, ad un risparmio di spesa e all'eliminazione di una spesa superflua addebitabile agli amministratori sono, d'altro canto, in disparte la loro assoluta genericità, rimasti in questa sede del tutto privi di specificazioni, sia sul piano della loro emersione nel giudizio di merito in primo grado a seguito di allegazioni da parte del Comune o comunque per il tramite di acquisizione oggettiva, sia sul piano successivo della loro prospettazione nel giudizio di appello, sì da giustificarne la considerazione da parte del giudice della sentenza impugnata, che a detti generici elementi non allude in alcun modo. Il primo motivo è, pertanto, rigettato sulla base del seguente principi di diritto In relazione ad una locazione di immobile stipulata da un Comune per allocarvi una scuola, in adempimento delle funzioni di provvista ad esso assegnate dalla legge, la scelta del Comune di far costruire un proprio immobile per allocarvi la scuola, qualora l'esecuzione dell'opera sia terminata prima della scadenza convenzionale del contratto ed essa sia divenuta disponibile, non costituisce di per sé idoneo motivo di recesso anticipato del Comune dalla locazione, occorrendo invece che detta scelta sia stata determinata da un'esigenza oggettiva, imposta dal dover esercitare la funzione e soddisfare l'interesse pubblico che ne è oggetto in modo più idoneo rispetto a quanto assicuri l'esercizio della funzione stessa in atto tramite l'utilizzo del bene condotto in locazione”. p.2. Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia . In disparte l'invocazione del paradigma anteriore alla modifica dell'art. 360 c.p.c. operata dal d.lgs. numero 40 del 2006, il Collegio rileva che il motivo è inammissibile ex art. 366 numero 6 c.p.c Esso concerne la parte della sentenza impugnata relativa alla domanda di risarcimento danni proposta dalla resistenti. La sua illustrazione, nel criticare la valutazione con cui la Corte territoriale ha ridotto l'ammontare del risarcimento del danno per le condizioni di restituzione dell'immobile dando rilievo al contenuto della seconda c.t.u. di primo grado, si fonda sul contenuto di essa e della prima nonché su non meglio individuate prove testimoniali. Senonché aa né della prima né della seconda consulenza si fornisce l'indicazione specifica di cui all'art. 366 numero 6 c.p.c., che esigeva di precisare se e dove le relazioni dei due c.t.u. siano state prodotte e siano esaminabili in questo giudizio di legittimità, nonché la riproduzione diretta o anche solo indiretta con specificazione della parte del documento in cui l'indiretta riproduzione troverebbe riscontro del loro contenuto idoneo a sorreggere il motivo bb delle prove testimoniali non si identificano né i contenuti soggettivi ed oggettivi, né l'udienza di assunzione, né si indica se e dove i non meglio identificati verbali sarebbero esaminabili. Il Collegio rileva che essendo le dette relazioni e prove testimoniali atti del processo l'onere di indicazione specifica della loro presenza in questo giudizio di legittimità non è stato assolto neppure con l'indicazione di essa nel fascicolo d'ufficio della Corte territoriale eventualmente all'interno del fascicolo d'ufficio di primo grado acquisito al giudizio di appello , siccome esige Cass. sez. unumero numero 22726 del 2011, là dove ha ammesso che il ricorrente possa ai diversi effetti del secondo comma dell'art. 369, numero 4 c.p.c., non produrre gli atti processuali presenti nei fascicoli d'ufficio, ma sempre ferma restando l'indicazione, agli effetti del numero 6 dell'art. 366 c.p.c, della detta presenza in quei fascicoli. Il motivo, peraltro, risulta anche in via derivata per la carenza di indicazione specifica contenutistica degli atti de quibus del tutto generico, sì che sarebbe pure per tale ragione inammissibile Cass. numero 47141 del 2005, seguita da numerose conformi . p.3. Il ricorso è, dunque, rigettato. p.4. Le spese del giudizio di cassazione possono compensarsi, attesa la novità dell'esame in questa sede di legittimità - cui si è proceduto con il primo motivo - di una fattispecie come quella che si è giudicata, sotto il profilo della idoneità del recesso in relazione alle ragioni addotte da parte di un ente locale. Novità che non è esclusa dalla decisione sulla fattispecie esaminata da Cass. numero 10874 del 2012, concernente la del tutto diversa ipotesi di dissesto finanziario di amministrazione comunale. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.