Senza una verifica concreta, la lottizzazione abusiva non sta in piedi

In tema di reato di lottizzazione abusiva, è necessario che, tendendo la normativa a tutelare e salvaguardare l’integrità del territorio, venga verificata in concreto la realtà dei luoghi, per poi stabilire se le trasformazioni d’uso siano o meno legittime.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 23367, depositata il 3 novembre 2014. Il caso. Un uomo agiva in giudizio per ottenere il trasferimento dell’immobile, oggetto del contratto preliminare stipulato con una società alberghiera, previo pagamento del residuo prezzo. L’attore aveva dedotto che l’immobile faceva parte del complesso alberghiero costruito dalla società promittente venditrice, la quale, in difformità da quanto pattuito, non aveva trasmesso il possesso all’attore e non avevano nemmeno stipulato il contratto definitivo alla data stabilita. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda attorea, condannando la convenuta al rilascio dell’immobile. La Corte d’appello, adita dal convenuto soccombente, riformava la decisone di prime cure, accogliendo il gravame. Il contratto preliminare era idoneo a produrre l’effetto lottizzatorio? L’attore ricorreva allora per cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art 2932 c.c. esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto nonché vizio di motivazione. Il ricorrente contestava l’affermazione della Corte territoriale che riteneva l’idoneità del contratto preliminare di compravendita stipulato dalla parti a produrre l’effetto lottizzatorio. La normativa. Il motivo è fondato. Difatti, la sentenza impugnata richiama la normativa di cui agli artt. 8 l. n. 217/1983 vincolo di destinazione e 30 d.p.r. n. 380/2001 lottizzazione abusiva , affermando che il giudice di primo grado avrebbe dovuto valutare la validità del contratto preliminare alla luce delle disposizioni predette, che precludevano l’accoglimento della domanda attorea. Lottizzazione abusiva se D’altra parte, è pacifico in sede di legittimità che può configurare il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d’uso di un complesso alberghiero, realizzata attraverso la vendita di singole unità immobiliari, allorché – indipendentemente dal regime proprietario della struttura – non sussiste una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la loro originaria destinazione d’uso alberghiera per assumere quella residenziale Cass., n. 6396/2006 . Ricorda poi la Suprema Corte che la modifica di destinazione d’uso di una struttura alberghiera in complesso residenziale, realizzata attraverso la parcellizzazione dell’immobile in numerosi alloggi suscettibili di essere occupati stabilmente, configura il reato di lottizzazione abusiva pur laddove l’area sia urbanizzata e gli strumenti urbanistici generali consentano un utilizzabilità alternativa di tipo alberghiero e residenziali, salvo che le opere già esistenti siano sufficienti non solo a soddisfare i bisogni degli abitanti già insediati ma anche di quelli da insediare Cass., n. 27279/2012 . Doveva essere verificata in concreto la realtà dei luoghi. Concludendo, la Cassazione spiega che la normativa in tema di lottizzazione abusiva ha lo scopo di tutelare l’integrità del territorio, vietando trasformazioni che alterino l’assetto, e ciò perfino in presenza di strumenti urbanistici che consentirebbero tali trasformazioni, previa valutazione delle situazioni in concreto. Tuttavia, nella sentenza impugnata, si afferma la nullità del contratto preliminare per contrasto con la normativa citata senza però alcun riferimento alla realtà dei luoghi. Nel caso di specie, non era stata verificata l’esistenza o meno di una organizzazione imprenditoriale idonea alla gestione di diverse situazioni residenziali, né la parcellizzazione della proprietà. Rilevate tali lacune motivazionali, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa con rinvio l’impugnata sentenza.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 settembre – 3 novembre 2014, n. 23367 Presidente Bursese– Relatore Picaroni Ritenuto in fatto 1. - È impugnata la sentenza della Corte d'appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, depositata il 26 giugno 2007, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Tempio Pausania, ha respinto le domande proposte da C.C. nei confronti di Hotel Nuraghe Portorotondo s.r.l. già s.p.a. . 1.1. - Nel 1983 il sig. C. aveva agito per ottenere sentenza di trasferimento dell'immobile sito in omissis , località omissis , oggetto del contratto preliminare stipulato il 30 luglio 1981 con la società Hotel Nuraghe Portorotondo spa, previo pagamento del residuo prezzo. L'attore aveva dedotto che l'immobile faceva parte del complesso alberghiero costruito dalla società promittente venditrice, la quale, in difformità dalle pattuizioni, non aveva trasmesso il possesso del bene entro il mese di settembre 1981, e non aveva stipulato il contratto definitivo in data 30 dicembre 1982. In subordine, l'attore aveva chiesto la risoluzione del contratto, con restituzione dell'importo versato all'atto della stipula. 1.2. - La convenuta, costituitasi dopo che il Tribunale aveva rimesso la causa in istruttoria per disporre CTU, deduceva a che il contratto azionato dall'attore aveva contenuto più ampio della promessa di vendita dell'unità immobiliare, essendo finalizzato a dare vita ad una multiproprietà alberghiera b che l'intento delle parti si era rivelato inattuabile stante l'immodificabilità della destinazione d'uso alberghiero del complesso immobiliare, e la conseguente impossibilità di alienazione frazionata dei singoli appartamenti c che le pattuizioni contenute nel contratto non erano scindibili d che, in ogni caso, il contratto preliminare non identificava con esattezza il bene oggetto di trasferimento, e ciò impediva la pronuncia ex art. 2932 cod. civ Su tali premesse la società Hotel Nuraghe aveva chiesto il rigetto della domanda, previa declaratoria di nullità o inefficacia del contratto. 1.2. - Il Tribunale di Tempio Pausania aveva accolto la domanda e per l'effetto trasferito all'attore la proprietà dell'unità immobiliare come identificata dal CTU, previo pagamento del prezzo residuo, ed aveva condannato la convenuta al rilascio dell'immobile e al pagamento delle spese processuali. La società convenuta proponeva appello, a cui resisteva il sig. C. . 2. - La Corte d'appello accoglieva il gravame. 2.1. - Quanto alla domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, la Corte distrettuale osservava, nell'ordine a che il giudice di primo grado avrebbe dovuto pronunciare sulla legittimità del contratto azionato dall'attore, trattandosi di questione rilevabile d'ufficio, mentre aveva erroneamente ritenuto inammissibile, per tardità, la domanda di accertamento della nullità del contratto che la società convenuta aveva proposto solo all'udienza di precisazione delle conclusioni b che tale verifica doveva essere condotta tenendo conto della normativa sopravvenuta, vigente la momento della pronuncia e, in specie, delle leggi n. 47 del 1985 e successive modifiche, e n. 217 del 1983, nonché della normativa regionale in materia di destinazione alberghiera e mutamento di destinazione urbanistica c che la pronuncia del Tribunale risultava in contrasto con l'art. 8 della legge n. 217 del 1983 pure successivamente abrogata , e con le prescrizioni contenute nel d.P.R. n. 380 del 2001 art. 30 d che, secondo la giurisprudenza di legittimità, integrava il reato di lottizzazione abusiva di cui all'art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2001 la stipula di contratti preliminari aventi ad oggetto la cessione di unità abitative destinate ad uso privato, facenti parte di un complesso immobiliare già edificato e originariamente autorizzato per lo svolgimento di attività alberghiera. 2.2. - La Corte d'appello riteneva inoltre infondata la domanda subordinata di risoluzione del contratto preliminare, per mancanza di prova dell'inadempimento della società convenuta, il cui onere ricadeva sull'attore, essendo peraltro emersa la sopravvenuta impossibilità della stipula del contratto definitivo. 3. - Per la cassazione della sentenza d'appello ha proposto ricorso C.C. , sulla base di due motivi. Resiste con controricorso Hotel Nuraghe Portorotondo srl. Considerato in diritto 1. - Il ricorso è fondato. 1.1. - Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 2932 cod. civ., nonché vizio di motivazione. 1.2. - Si contesta, sotto entrambi i profili di censura di cui all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., l'affermazione della Corte d'appello che ha ritenuto l'idoneità del contratto preliminare di compravendita stipulato dalle parti a produrre l'effetto lottizzatorio. 2. - La doglianza è fondata in riferimento al profilo del vizio di motivazione. 2.1. - La sentenza impugnata richiama la normativa di cui agli artt. 8 della legge n. 217 del 1983 e 30 del d.P.R. n. 380 del 2011, affermando che il giudice di primo grado avrebbe dovuto valutare la validità del contratto preliminare alla luce delle disposizioni citate, che precludevano l'accoglimento della domanda proposta dal sig. C. . Ciò posto, si deve osservare in primo luogo che il richiamo all'art. 8 della legge n. 217 del 1983 è apodittico, e come tale inidoneo a costituire autonoma ratio decidendi , e che la decisione poggia soltanto sull'applicazione dell'art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2011. Si tratta però, come denunciato dal ricorrente, di applicazione astratta, nel senso che la Corte distrettuale sussume la fattispecie sottoposta al suo giudizio nello schema della lottizzazione abusiva senza dare conto delle circostanze dirimenti ai fini della configurabilità del reato de quo . 2.2. - La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che può configurare il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d'uso di un complesso alberghiero, realizzata attraverso la vendita di singole unità immobiliari, allorché - indipendentemente dal regime proprietario della struttura - non sussiste una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la loro originaria destinazione d'uso alberghiera per assumere quella residenziale ex plurimis, Cass., sez. 3^ penale, sentenze n. 6396 del 2006, n. 17865 del 2009 . Più di recente, questa Corte ha ritenuto che La modifica di destinazione d'uso di una struttura alberghiera in complesso residenziale, realizzata attraverso la parcellizzazione dell'immobile in numerosi alloggi suscettibili di essere occupati stabilmente, configura il reato di lottizzazione abusiva pur laddove l'area sia urbanizzata e gli strumenti urbanistici generali consentano una utilizzabilità alternativa di tipo alberghiero e residenziale, salvo che le opere già esistenti siano sufficienti non solo a soddisfare i bisogni degli abitanti già insediati ma anche di quelli da insediare” Cass., sez. 3^ penale, sentenza n. 27279 del 2012 . 2.3. - La normativa in tema di lottizzazione abusiva ha dunque lo scopo di tutelare l'integrità del territorio, vietando trasformazioni che ne alterino l'assetto, e ciò perfino in presenza di strumenti urbanistici che consentirebbero tali trasformazioni, ovviamente previa valutazione delle situazioni in concreto. 2.5. - Nella sentenza impugnata, viceversa, si afferma la nullità del contratto preliminare per contrasto con la normativa che vieta la lottizzazione abusiva senza alcun riferimento alla realtà dei luoghi, e, in particolare a alla esistenza o non di una organizzazione imprenditoriale idonea alla gestione delle diverse situazioni residenziali che si sarebbero create nel complesso denominato Hotel Nuraghe b alla parcellizzazione della proprietà. 3. - Le rilevate lacune motivazionali impongono l'accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il rimanente, e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il rimanente, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Cagliari.