Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale è opponibile anche se non trascritto

Il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente e quindi in generale a tutti i terzi in data successiva per 9 anni dalla data dell'assegnazione, ovvero - ma solo ove il titolo sia stato in precedenza trascritto - anche oltre i 9 anni.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22593, depositata il 23 ottobre 2014. Il caso. Il coniuge assegnatario dell'abitazione familiare conveniva in giudizio il soggetto occupante chiedendo il rilascio dell'immobile. L'occupante si difendeva domandando che fosse accertato e dichiarato il suo diritto di abitazione. Il coniuge assegnatario che agiva per ottenere il rilascio del cespite, risultava essere beneficiario di un provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale scaturente da un processo culminato con sentenza di separazione personale, di contro, l'occupante era soggetto terzo rispetto ai coniugi. Il tribunale accoglieva la difesa del convenuto mentre, la Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava inesistente il diritto di abitazione e condannava l'occupante a rilasciare il bene. Parte soccombente ha proposto ricorso per cassazione, parte attrice non ha articolato alcuna difesa. Separazione e assegnazione della casa coniugale. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nel disciplinare i rapporti tra coniugi successivamente alla sentenza di separazione, hanno chiarito definitivamente che il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per sua natura data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente e quindi in generale a tutti i terzi per i successivi 9 anni decorrenti dalla data dell'assegnazione, ovvero - ma solo ove il titolo sia stato in precedenza trascritto - anche oltre i 9 anni Cass. Civ. S.U. n. 11096/2002 . Detto orientamento risulta applicabile sino al 2006, momento in cui è stato introdotto nel c.c. l'art. 155 quater . L'interesse tutelato dalla giurisprudenza testé richiamata è quello prioritario della prole di permanere nell'habitat domestico nel quale hanno vissuto prima del conflitto coniugale Cass. Civ. n. 8580/2014 . Rapporti coniugali e rapporti tra coniuge e terzi. La difesa del terzo occupante ha sostenuto che la Corte d'appello non avrebbe potuto pronunciarsi sulla questione perché detta materia doveva essere devoluta al giudice competente in materia di famiglia. La S.C. ha chiarito che la questione riguarda i rapporti intercorrenti tra il coniuge separato-assegnatario ed il terzo occupante, quindi, non rientra nel diritto di famiglia bensì nel diritto privato. I giudici di legittimità, così statuendo, hanno confermato la pronuncia del giudice di appello e quindi definitivamente condannato il terzo occupante a rilasciare l'immobile in favore del coniuge assegnatario.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, sentenza 24 settembre – 23 ottobre 2014, n. 22593 Presidente Finocchiaro – Relatore Barreca Premesso in fatto È stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1.- Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Potenza ha accolto l'appello proposto da V.E. nei confronti di S.M.G.G. , avverso la sentenza del Tribunale di Potenza n. 10253/2006 ed, in riforma dell'impugnata sentenza, ha dichiarato cessato il diritto di abitazione dell'appellata sull'appartamento sito in omissis , ed ha condannato la stessa al rilascio dell'immobile in favore dell'appellante, con condanna dell'appellata al rimborso delle spese dei due gradi nella misura del 50% e compensazione per la restante metà. 1.1.- Il ricorso è affidato a sei motivi. L'intimato non si difende. 2.- Col primo motivo si deduce violazione dell'art. 331 cod. proc. civ. e 102 cod. proc. civ. ex art. 360 n. n. 3 e 4 cod. proc. civ., per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di Gaetano Pastore, coniuge separato della S. e dante causa del V. . Il motivo è infondato, atteso che nel giudizio intentato dal proprietario dell'immobile gravato dal diritto di godimento del coniuge assegnatario della casa coniugale per ottenerne il rilascio, nel presupposto dell'inopponibilità di tale diritto, non è litisconsorte necessario il coniuge separato del convenuto, atteso che nessuna pretesa è rivolta nei suoi confronti e che la pronuncia invocata va emessa esclusivamente nei confronti del soggetto che, secondo la prospettazione dell'attore, titolare del diritto di proprietà, detiene l'immobile senza titolo opponibile nei suoi confronti. Si propone perciò il rigetto del primo motivo. 3.- Col secondo motivo si deduce violazione dell'art. 155 cod. civ., come modificato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 454 del 1989, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 4 cod. proc. civ., al fine di sostenere che, a seguito della sentenza della Consulta, la trascrizione sarebbe rilevante soltanto per i provvedimenti di assegnazione della casa coniugale successivi alla sua pronuncia, dovendo ritenersi, per i provvedimenti precedenti, che la trascrizione fosse necessaria ai fini dell'opponibilità del diritto soltanto nei confronti dei terzi di buona fede, non anche di quelli che, come il V. , fossero a conoscenza del diritto, cui questo sarebbe perciò opponibile senza limiti di tempo. Col terzo motivo si deduce violazione degli artt. 155 quater e 155 ter cod. civ., nonché dell'art. 9 della legge n. 898/70 in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., perché il giudice d'appello avrebbe pronunciato l'estinzione del diritto di abitazione, che invece sarebbe riservata al giudice competente in materia di famiglia ai sensi delle norme su richiamate come interpretate anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 308/08 il giudice adito avrebbe tutt'al più potuto dichiarare l'inopponibilità del diritto nei confronti del V. . Col quarto motivo si deduce violazione dell'art. 155 quater cod. civ., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., perché il giudice d'appello non avrebbe subordinato la proponibilità della domanda del terzo, nei cui confronti il diritto di abitazione non è opponibile oltre il novennio, al decorso di tale termine, né avrebbe considerato la data in cui era stata avviata l'azione di rilascio. Col quinto motivo si deduce violazione dell'art. 329, comma secondo, e dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., perché il giudice d'appello avrebbe pronunciato ultra petita , in quanto il V. non avrebbe sollevato alcuna censura avverso la statuizione della sentenza di primo grado che riconosceva il diritto di abitazione della controparte, essendosi limitato a chiederne la riforma relativamente al capo di condanna al rilascio. 3.1. - I motivi, che pongono questioni connesse e vanno perciò trattati congiuntamente, sono manifestamente infondati. La Corte d'Appello ha applicato il principio di diritto espresso dalla sentenza a Sezioni Unite di questa Corte n. 11096/02, in forza del quale ai sensi dell'art. 6, comma 6, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 nel testo sostituito dall'art. 11 della legge 6 marino 1987, n. 74 , applicabile anche in tema di separazione personale, il provvedimento giudicale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell'assegnazione, ovvero - ma solo ove il titolo sia stato in precedenza trascritto - anche oltre i nove anni . L'applicazione di tale principio al caso di specie comporta il rigetto - del secondo motivo di ricorso, poiché esso è in senso esattamente contrario a quanto il motivo in esame sembra presupporre nel regime vigente prima dell'inserimento dell'art. 155 quater cod. civ. ad opera dell'art. 1, comma 2, della legge n. 54 del 2006 , la regola era quella dell’opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa coniugale a tutti i terzi nei limiti del novennio regola, basata sul fatto che il provvedimento avesse data certa, a prescindere quindi dalla buona o dalla mala fede del terzo. La deroga, consentita praeter legem , era quella della trascrizione oggi introdotta per via normativa al fine di consentire l'opponibilità oltre il limite temporale del novennio, non certo al fine di consentirla nei confronti del terzo non di buona fede, come presuppone la ricorrente - del terzo motivo poiché la statuizione della sentenza impugnata è da intendersi riferita ai rapporti tra la titolare del diritto di godimento sull'immobile ed il terzo, cui tale diritto è inopponibile, sicché bene è stato pronunciato il rilascio dell'immobile in suo favore le decisioni del Tribunale ai sensi degli artt. 156 cod. civ. e 9 della legge n. 898/70 evidentemente sono destinate a regolare i rapporti tra i coniugi, non anche quelli tra uno dei coniugi quale titolare del diritto di assegnazione della casa familiare ed i terzi - del quarto motivo perché è corretta l'affermazione del giudice a quo che il decorso del novennio costituisca, non una condizione di procedibilità o di proponibilità dell'azione, ma una condizione dell'azione, la cui sussistenza va verificata dal giudice al momento della pronuncia, come accaduto nel caso di specie - del quinto motivo perché l'accoglimento del motivo di appello relativo alla domanda principale, formulata dall'attore in primo grado, di condanna della convenuta al rilascio dell'immobile per mancanza del diritto di continuare a detenere l'immobile in forza del provvedimento di assegnazione della casa coniugale è, in sé, incompatibile con l'affermazione di tale diritto che era contenuta nella sentenza del Tribunale che aveva accolto la domanda riconvenzionale della convenuta medesima evidentemente non si configura acquiescenza alcuna a tale ultima statuizione da parte dell'appellante, atteso che questi ha insistito ed ottenuto l'accoglimento della sua originaria domanda, incompatibile con l'accoglimento della riconvenzionale. 4.- Col sesto motivo si denuncia violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., al fine di censurare la compensazione delle spese di causa riconosciuta dal giudice a quo soltanto nella misura della metà. Il motivo è inammissibile, poiché nel vigore del testo originario dell'art. 92 cod. proc. civ., la decisione sulla compensazione delle spese per giusti motivi era rimessa al potere discrezionale del giudice, il cui esercizio non è censurabile in cassazione se riferito a tale ragione di compensazione, totale o parziale cfr. Cass. n. 406/08 . In conclusione, va proposto il rigetto del ricorso . La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata al difensore. Non sono state depositate memorie. Ritenuto in diritto A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. In conclusione, il ricorso va rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese poiché l'intimato non si è difeso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso nulla sulle spese.