L’immobile realizzato in violazione della disciplina urbanistica non sempre configura un aliud pro alio

L’immobile venduto all’incanto, privo dei grafici di progetto a corredo di una variante e del relativo parere della Soprintendenza, non pregiudica l’idoneità dello stesso ad assolvere la funzione economico-sociale a cui è destinato, né compromette la destinazione d’uso che ha costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20376, depositata il 26 settembre 2014. Il caso. Il Giudice delegato al fallimento di una s.r.l. rigettava l’istanza proposta da un’altra società, in qualità di aggiudicataria di un immobile venduto all’incanto, per ottenere la revoca o l’annullamento dell’aggiudicazione, in considerazione dell’illegittimità urbanistica dell’immobile, derivante dalla mancanza dei grafici di progetto a corredo di una licenza edilizia in variante e del parere della Soprintendenza in ordine alla predetta variante. Il reclamo proposto dalla società aggiudicataria veniva rigettato con ordinanza dal Tribunale. Avverso la predetta ordinanza la società aggiudicataria proponeva ricorso per cassazione. La consegna di un aliud pro alio. I motivi di ricorso hanno ad oggetto la comune problematica inerente alla possibilità di ravvisare la consegna di un aliud pro alio , idonea a giustificare la revoca dell’aggiudicazione o l’annullamento del decreto di trasferimento, nel caso di vendita forzata di un immobile realizzato in violazione della disciplina urbanistica. Ai fini della configurabilità di detta fattispecie, non è necessario che la cosa consegnata sia completamente difforme da quella prevista dal contratto, in quanto appartenente ad un genere del tutto diverso, ma è sufficiente che essa sia priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente o abbia difetti che la rendano inservibile, o ancora che risulti compromessa la destinazione del bene all’uso che abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto Cass., Sez. II, n. 20996/13 Cass., Sez. III, n. 5066/07 . La sussistenza di tali presupposti è stata, correttamente, esclusa dal Tribunale. Non risulta, infatti, pregiudicata l’idoneità dell’immobile ad assolvere la funzione economico-sociale tenuta presente dall’acquirente nella formulazione dell’offerta, occorrendo a tal fine l’allegazione e la prova che, per la loro natura ed entità, le modifiche illegittimamente apportate appaiano indispensabili ai fini dell’utilizzazione dello stesso in conformità della predetta destinazione. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 aprile– 26 settembre 2014, n. 20376 Presidente Ceccherini– Relatore Mercolino Svolgimento del processo 1. - Con decreto del 13 febbraio 2007, il Giudice delegato al fallimento della Farmaceutica Meridionale S.r.l. rigettò l'istanza proposta dalla Capone Costruzioni S.r.l., in qualità di aggiudicataria di un immobile venduto all'incanto il 6 dicembre 2006, per ottenere la revoca o l'annullamento dell'aggiudicazione, in considerazione dell'illegittimità urbanistica dell'immobile, derivante dalla mancanza dei grafici di progetto a corredo di una licenza edilizia in variante rilasciata dal Comune di Sant'Anastasia il 10 giugno 1976 e del parere della Soprintendenza ai Monumenti della Campania in ordine alla predetta variante. 2. - Il reclamo proposto dalla Capone Costruzioni è stato rigettato dal Tribunale di Noia con ordinanza del 25 settembre 2007. Ha premesso il Tribunale, per quanto ancora rileva in questa sede, che l'esclusione della garanzia per i vizi della cosa venduta, prevista dall'art. 2922 cod. civ. in riferimento alla vendita forzata, trova applicazione soltanto nelle fattispecie previste dagli artt. 1490-1497 cod. civ., e non anche nell'ipotesi di vendita di aliud pro alio , a meno che il bene trasferito non sia solo quantitativamente diverso da quello descritto nell'ordinanza di vendita. Ciò posto, e rilevato che l'immobile aggiudicato era stato oggetto di perizia in variante caratterizzata dall'allegazione di grafici privi di visto e dal mancato rilascio del parere della Soprintendenza, ha ritenuto che la mancanza di tale parere determinasse al più l'illegittimità della licenza, il cui annullamento da parte della Regione risultava precluso dalla scadenza dei termini previsti dall'art. 39 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la conseguenza che, restando la licenza operante sino all'esercizio del potere di autotutela da parte del Comune, l'aggiudicataria non correva alcun rischio per il vizio denunciato. Ha precisato comunque che, anche a volerli ritenere illegittimi, gl'interventi eseguiti non avevano comportato modificazioni qualitative idonee ad inficiare la destinazione economico-sociale dell'immobile, avendo determinato un limitato aumento di volume, senza la creazione di strutture autonome ma solo con la redistribuzione delle aree precedentemente destinate a zona uffici e zona deposito. 3. - Avverso la predetta ordinanza la Capone Costruzioni propone ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi. Il curatore del fallimento resiste con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo d'impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 39 del d.P.R. n. 380 del 2001, dell'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e dell'art. 167 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, censurando l'ordinanza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il decorso del termine per l'annullamento da parte della Regione rendesse ininfluente il vizio della licenza. Afferma infatti che, in quanto volta a garantire il rispetto della normativa in materia edilizia ed urbanistica da parte delle amministrazioni comunali, la potestà d'intervento della Regione non interferisce con il potere di annullamento in autotutela spettante al Comune né con il potere sanzionatorio attribuito all'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, esercitabili sine die . 2. - Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, ribadendo che il mancato esercizio della potestà sanzionatoria da parte della Pubblica Amministrazione non esclude l'illegittimità del titolo abilitativo della costruzione dell'immobile, e non ne impedisce pertanto la disapplicazione, ai fini dell'annullamento o della risoluzione della vendita per aggiudicazione dell' aliud pro alio . 3. - Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta l'insufficienza e la contraddit-torietà della motivazione circa un punto decisivo della controversia, osservando che, nel ritenere irrilevante l'illegittimità della licenza, il Tribunale non ha considerato che il mancato esercizio del potere di autotutela non assicura la fruibilità del bene in conformità della sua destinazione economico-sociale, avuto riguardo alla precarietà del godimento dell'immobile, assoggettabile in qualsiasi momento all'esercizio del potere sanzionatorio, ed alla preclusione della facoltà di avanzare qualsiasi istanza all'Amministrazione, anche ai fini della sola manutenzione straordinaria. 4. - Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e dell'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, dell'art. 2 della legge regionale della Campania 28 novembre 2001, n. 19, dell'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 e dell'art. 146 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, rilevando che, nell'escludere l'illegittimità delle modifiche apportate all'immobile, l'ordinanza impugnata ha sostanzialmente affermato, in contrasto con le predette disposizioni, che le opere realizzate in difformità dell'originario titolo abilitativo non sono assoggettate alla licenza edilizia. 5. - Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, censuran-do l'ordinanza impugnata nella parte in cui ha attribuito carattere meramente quantitativo alle modifiche apportate all'immobile, senza fare riferimento ad elementi di comparazione tali da consentire la verifica dell'adeguatezza del giudizio, e senza tener conto della relazione tecnica prodotta da essa ricorrente, dalla quale risultava l'avvenuta modifica della sagoma dell'edificio. 6. - I predetti motivi devono essere esaminati congiuntamente, avendo ad oggetto la comune problematica inerente alla possibilità di ravvisare la consegna di un aliud pro alio , idonea a giustificare la revoca dell'aggiudicazione o l'annullamento del decreto di trasferimento, nel caso di vendita forzata di un immobile realizzato in violazione della disciplina urbanistica. Com'è noto, ai fini della configurabilità della predetta fattispecie, non è necessario che la cosa consegnata sia completamente difforme da quella prevista dal contratto, in quanto appartenente ad un genere del tutto diverso, ma è sufficiente che essa sia priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente o abbia difetti che la rendano inservibile, o ancora che risulti compromessa la destinazione del bene all'uso che abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto cfr. Cass., Sez. II, 13 settembre 2013, n. 20996 11 novembre 2008, n. 26953 Cass., Sez. III, 5 marzo 2007, n. 5066 . La sussistenza di tali presupposti, e segnatamente dell'ultima ipotesi, è stata esclusa dal Tribunale sulla base di due distinte considerazioni, la cui idoneità a sorreggere autonomamente il rigetto del reclamo consente di ravvisarvi altrettante rationes decidendi dell'ordinanza impugnata da un lato, infatti, è stato escluso che l'illegittimità della licenza in variante, in dipendenza della mancata allegazione dei grafici di progetto e dell'omessa acquisizione del prescritto parere della Soprintendenza ai Monumenti, esponga l'acquirente al rischio dell'annullamento, essendo ormai decorso il termine decennale entro il quale la Regione è tenuta a disporlo dall'altro, è stata affermata l'inidoneità del predetto vizio ad incidere sulla destinazione economico-sociale dell'immobile, avuto riguardo alla portata degl'interventi realizzati, consistenti in un limitato aumento di volumetria, non concretizzatosi nella creazione di strutture autonome, ma solo in una redistribuzione delle aree precedentemente adibite ad uffici e deposito. Orbene, è indubbiamente condivisibile l'assunto della ricorrente, secondo cui il mancato esercizio da parte della Regione del potere di annullamento entro il termine previsto dall'art. 39 del d.P.R. n. 380 del 2001 non fa venir meno la rilevanza del vizio di legittimità da cui è affetta la licenza edilizia, in quanto tale annullamento costituisce espressione di una potestà straordinaria, la cui preclusione non impedisce l'esercizio dei poteri di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia spettanti al Comune nell'ambito del proprio territorio cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 settembre 2009, n. 5409 ed alla Soprintendenza a tutela dei valori monumentali o paesaggistici art. 27 d.P.R. n. 380 cit. , con la conseguenza che, anche a voler ritenere che la scadenza del predetto termine comporti il venir meno anche del potere generale di autoannullamento previsto dall'art. 2l-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 agosto 2010, n. 5170 , l'utilizzazione dell'immobile è destinata inevitabilmente a subire delle limitazioni, restando l'acquirente esposto pur sempre all'adozione di eventuali provvedimenti repressivi, oltre che agl'inconvenienti pratici determinati dalla difformità dell'immobile dalle previsioni urbanistiche. Ciò non consente tuttavia di concludere che ne risulti senz'altro pregiudicata l'idoneità dell'immobile ad assolvere la funzione economico-sociale tenuta presente dall'acquirente nella formulazione dell'offerta, occorrendo a tal fine l'allegazione e la prova che, per la loro natura ed entità, le modifiche illegittimamente apportate appaiano indispensabili ai fini dell'utilizzazione dello stesso in conformità della predetta destinazione, sì da potersi ritenere che un eventuale ordine di demolizione inciderebbe sulla stessa identità del bene, quale risulta dall'ordinanza di vendita o dal decreto di trasferimento nella specie, peraltro, tale incidenza è stata correttamente esclusa in virtù della modestia degl'interventi eseguiti sul fabbricato, sostanzialmente risoltisi, come si evince dall'ordinanza impugnata, in una mera redistribuzione delle aree interne, e ritenuti pertanto inidonei ad introdurre modifiche qualitative. A tale conclusione, immune da vizi logico-giuridici, il Tribunale è pervenuto attraverso il richiamo della relazione tecnica prodotta dalla stessa ricorrente, la quale ne denuncia ora l'omesso esame, contestandone comunque la valutazione ed insistendo per la configurabilità delle predette modifiche, senza però essere in grado d'indicare lacune o carenze argomentative dell'iter logico seguito nell'ordinanza impugnata, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso l'apparente deduzione dei vizi di violazione di legge e difetto di motivazione, una rivisitazione dell'apprezzamento compiuto dal Giudice del reclamo, non consentito a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, la valutazione risultante dal provvedimento impugnato cfr. ex plurimis, Cass., Sez. V, 16 dicembre 2011, n. 27197 Cass., Sez. lav., 18 marzo 2011, n. 6288 Cass., Sez. Ili, 9 agosto 2007, n. 17477 . 7. - Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, e condanna la Capone Costruzioni S.r.l. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 4.200,00, ivi compresi Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.