Solo il sequestro liberatorio esclude la mora debendi se è incerto il creditore legittimato

In tema di obbligazioni, qualora sia incerto il soggetto legittimato ad esigere la prestazione, vale ad escludere la mora debendi l’offerta di quanto dovuto a tutti coloro che pretendono l’adempimento, seguita dal sequestro liberatorio ex art. 687 c.p.c. delle somme offerte. Il sequestro liberatorio infatti può essere disposto dal giudice solo su richiesta del debitore, nel caso in cui questo contesti il debito o abbia dubbi sulla individuazione del creditore e voglia cautelarsi in vista della decisione del giudice al fine di non subire gli effetti della mora debendi .

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 19157, depositata l’11 settembre 2014. Il caso. Una signora aveva concesso in locazione un capannone industriale a una società. Morta la proprietaria, il canone veniva richiesto sia dal figlio della de cuius , sia da altri due soggetti che affermavano essere eredi testamentari della signora. La società conduttrice a questo punto sceglieva di versare le somme su un libretto al portatore intestato generalmente agli eredi” attendendo l’esito del giudizio di impugnazione del testamento instaurato dal figlio della de cuius . Tale giudizio si concludeva effettivamente con la dichiarazione di nullità del testamento e il figlio, a questo punto unico erede legittimo della defunta, agiva per ottenere la declaratoria di risoluzione del contratto di locazione per mancato versamento del canone. La società conduttrice contestava la propria morosità, ma il Tribunale e la Corte d’Appello sposavano la tesi del locatore il versamento sul libretto al portatore non valeva a liberare la conduttrice che rimaneva dunque morosa in ordine alla prestazione del pagamento del canone. La società ricorreva in Cassazione. Il percorso da seguire. La sentenza della Cassazione è da manuale” in quanto affronta un argomento tipico del diritto delle obbligazioni, cioè le modalità che il debitore deve seguire per liberarsi dalla propria obbligazione, escludere la mora debendi e costituire in mora il creditore. Nell’adempimento di un’obbligazione è infatti spesso necessaria la cooperazione del creditore. Nel caso ad esempio di versamento di somme di denaro, il creditore deve essere pronto a riceverle. Non sempre però il creditore è disponibile, poiché non ha interesse a liberare il debitore. Questi dunque, al fine di essere perfettamente adempiente e compiere quanto di propria competenza, deve costituire in mora il creditore evitando di essere a propria volta moroso.È necessario a tal fine che il debitore offra al creditore la prestazione dovuta. L’offerta deve essere generalmente formale , cioè con le prescrizioni tassative stabilite dagli artt. 1208 c.c. e seguenti e con l’intervento di un pubblico ufficiale. L’offerta può avvenire anche secondo gli usi ove previsti per quel determinato tipo di obbligazioni tra quei soggetti coinvolti con la particolarità che in tale ipotesi la mora si verifica non dal momento dell’offerta, ma dal momento del deposito delle cose dovute art. 1214 c.c. . Diversa da queste tipologie è l’offerta non formale. Essa si svolge con modalità libere”, non precedentemente definite dalle parti, né stabilite dal codice e non vale a costituire in mora il creditore, né a liberare il debitore. Nel caso in commento però non vi era un rifiuto del creditore di cooperare, anzi vi erano più soggetti che si proclamavano legittimati a pretendere il pagamento dei canoni. Cosa accade dunque se è incerta l’identità del creditore poiché vi è in corso una controversia su chi sia veramente legittimato a ricevere la prestazione? In simili circostanze, il debitore, per non essere moroso, dovrà non solo offrire” la prestazione, ma dovrà altresì chiedere al giudice il sequestro delle somme o delle cose offerte. Tale tipo di sequestro è detto infatti liberatorio e può essere disposto dal magistrato, se richiesto dal debitore, non solo nei casi in cui è controverso l’obbligo o il modo del pagamento o della consegna o l’idoneità della cosa offerta , come detta l’art. 687 c.p.c., ma anche nelle ipotesi in cui non sia certo il soggetto creditore così ha spiegato recentemente Cass. n. 10992/2003 . L’importante è che non ci sia una semplice contesa tra soggetti presunti legittimati, ma che ci sia una concreta e obiettiva incertezza sul destinatario della prestazione così Trib. Milano, 25.11.1997 . Non a caso secondo alcuni Cattaneo, G., Mora del creditore , in Comm. c.c. Scialoja-Branca , Bologna-Roma, 1973, 211 perché sussista il presupposto della controversia che legittima il ricorso al procedimento in esame è necessaria la presenza di un vero e proprio giudizio e non un semplice contrasto tra i soggetti che reclamano l’adempimento. Dal punto di vista processuale, il sequestro liberatorio si pone a cavallo tra il sequestro conservativo e quello giudiziario da un lato e tra quello convenzionale e giudiziale dall’altro ed è comunque soggetto alle disposizioni del processo cautelare uniforme. È certamente uno dei Casi speciali di sequestro art. 687 c.p.c. giacché simile istituto pur avendo natura e forma cautelare, svolge una funzione coincidente con quella delle norme di diritto sostanziale sopra richiamate relative alla liberazione del debitore dal vincolo obbligatorio. Non può essere disposto d’ufficio, e non può essere richiesto dal creditore. Unico legittimato a presentare l’istanza è il debitore al fine di evitare la mora debendi. Secondo la giurisprudenza, per la concessione del provvedimento non sarebbe peraltro indispensabile un’offerta formale sopra accennata , bensì anche una semplice messa a disposizione delle cose o somme dovute così si è pronunciata Corte d’Appello di Bologna, 3.4.1996 . Nel caso di specie la società debitrice aveva aperto un libretto al portatore intestato agli eredi, ma tale soluzione non era sufficiente e non corrispondeva alle modalità appena descritte. Infatti il libretto al portatore era rimasto sempre nell’esclusiva disponibilità della conduttrice e l’intestazione in favore degli eredi” non escludeva che le somme potessero essere riscosse in qualsiasi momento dal portatore medesimo. La conduttrice rimaneva pertanto morosa e il locatore aveva diritto a risolvere il contratto di locazione. La società, per liberarsi correttamente della prestazione, avrebbe dovuto procedere all’offerta a tutti coloro che pretendevano l’adempimento, chiedere ed ottenere dal giudice il sequestro delle somme offerte e conseguentemente effettuare il versamento nelle mani del custode nominato affinché quest’ultimo potesse poi consegnare quanto ricevuto all’avente diritto che sarebbe emerso all’esito del giudizio sulla validità del testamento.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 giugno – 11 settembre 2014, n. 19157 Presidente Berruti – Relatore Spirito Svolgimento del processo P.E. concesse in locazione alla soc. Server trasformatasi poi in SERMA un capannone industriale. Morta la locatrice, la società conduttrice si vide chiedere il pagamento del canone sia dal figlio della locatrice stessa P.S. , sia da L. e P.A. che si dichiaravano eredi testamentarie della locatrice . A questo punto, la società comunicò ai contendenti che avrebbe versato il canone su un libretto al portatore intestato agli Eredi di P.A.E. ed avrebbe chiesto al giudice di accertare chi fosse effettivamente subentrato nel diritto a percepire il canone locativo. Intanto, il menzionato testamento venne impugnato dal P. per falsità e dichiarato definitivamente nullo per difetto di autografia. Allora, il P. chiese che fosse dichiarato risolto il contratto di locazione per mancato versamento del canone e la società fosse condannata a pagargli i canoni arretrati ed il risarcimento del danno. Il Tribunale accolse la domanda con sentenza riformata dalla Corte d'appello solo in parte ossia, laddove dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla quantificazione degli interessi dovuti dalla società e compensa per metà le spese di lite di primo grado . La tesi sostenuta in sentenza è che, versando il canone sul libretto al portatore, la conduttrice non s'era liberata dall'obbligazione del pagamento dei canoni, posto che si trattava di un libretto al portatore rimasto nel possesso della conduttrice stessa, non costituente offerta formale e non idoneo ad evitare la mora del debitore. Mora che poteva essere evitata solo mediante il sequestro ex art. 687 c.p.c. del libretto e la nomina di un custode. Propone ricorso principale la soc. Serma in quattro motivi. Risponde con controricorso il M. successore della P. , il quale propone ricorso incidentale in un solo motivo. Motivi della decisione Il ricorso principale della Serma. Il primo motivo violazione di legge censura la sentenza nel punto in cui afferma che, attraverso il versamento del denaro sui libretti di risparmio, la conduttrice non ne aveva perso la disponibilità. A sostegno della propria tesi adduce la disposizione del primo comma dell'art. 1836 c.c., a norma della quale la banca, che senza dolo o colpa adempie la prestazione nei confronti del possessore, è liberata. Il motivo è infondato. La disposizione invocata concerne la Legittimazione del possessore a conseguire il pagamento del libretto di deposito, con correlata liberazione della banca che, senza dolo o colpa grave, abbia adempiuto nei confronti del possessore stesso. Disposizione, dunque, che, invece di sostenere la tesi della ricorrente, la smentisce, siccome ella stessa, essendo rimasta nel possesso del libretto, poteva in qualsiasi momento riscuoterlo, liberando la banca dalla correlata obbligazione. Il che dimostra la correttezza dell'affermazione del giudice, circa il fatto che la somma di danaro corrispondente ai canoni di locazione non era mai uscita dalla disponibilità della locatrice, con conseguente persistenza della mora. Né depone in senso contrario la circostanza che il libretto fosse intestato a Eredi P.A.E. , siccome qualsiasi intestazione del libretto numeri, nomi di fantasia, sigle, ecc. non impedisce che esso sia riscosso dal portatore . Tutt'altra questione è che, poi, la banca secondo la giurisprudenza indicata dalla ricorrente sia tenuta a svolgere gli opportuni accertamenti sulla sussistenza dei presupposti per il valido esercizio della pretesa, qualora ricorrano circostanze tali da giustificare il sospetto che il presentatore non sia titolare del diritto alla restituzione. Intendendosi per titolare della restituzione colui il quale ha il legittimo possesso del libretto. Il secondo motivo violazione di legge e vizio della motivazione critica la sentenza nel punto in cui afferma che, non essendo le somme mai state immesse nella disponibilità del creditore, non vi fu offerta e la conduttrice avrebbe dovuto richiedere il sequestro liberatorio. Sostiene la ricorrente che, nella specie, stante l'oggettiva incertezza sulla persone del creditore, non era possibile effettuare l'offerta e, di conseguenza, non era possibile chiedere il sequestro. Il motivo è infondato. A norma dell'art. 687 c.p.c. il giudice può ordinare il sequestro delle somme o delle cose che il debitore ha offerto o messo comunque a disposizione del creditore per la sua liberazione, quando è controverso l'obbligo o il modo del pagamento o della consegna, o l'idoneità della cosa offerta. In giurisprudenza è consolidato il principio secondo cui il sequestro liberatorio, previsto dall'art. 687 cod. proc. civ., può essere disposto dal giudice solo in presenza di una richiesta ad iniziativa del debitore, nel caso in cui questo contesti il debito, o abbia dubbi sulla individuazione del creditore e voglia cautelarsi in vista della decisione del giudice al fine di non subire gli effetti della mora tra le varie, cfr. Cass. n. 8577/96, n. 10992/03 . Sicché, correttamente il giudice ha affermato che l'unico modo di liberarsi dell'obbligazione ed evitare, dunque, la mora era che la locatrice facesse l'offerta a tutti coloro che pretendevano l'adempimento, ottenesse il sequestro delle somme offerte che, come s'è visto, è conseguibile anche nel caso in cui si dubiti sull'identità del creditore e facesse il versamento nelle mani del custode nominato, affinché quest'ultimo le consegnasse a colui che sarebbe risultato l'avente diritto all'esito del giudizio. Con il terzo motivo violazione di legge e vizi della motivazione la società ribadisce che il contegno mantenuto dai locatori successisi nel rapporto si poneva in insanabile contrasto con la pretesa di valersi della clausola risolutiva espressa. La questione concerne un accertamento di merito l'implicita rinunzia della clausola che è soggetto al mero controllo motivazionale da parte della Corte di legittimità. Nella specie, il giudice ha logicamente e congruamente motivato il proprio accertamento, mentre la ricorrente inammissibilmente pretende dalla Corte di legittimità una nuova valutazione nel merito di una serie di elementi di fatto. Altrettanto inammissibile è il quarto motivo violazione di legge , che contiene una serie di vaghe e generiche considerazioni in ordine alla buona fede e correttezza in base alle quali avrebbe agito la conduttrice e che la avrebbero, dunque, sottratta alla mora. Come s'è visto in precedenza, la mora è istituto fondamentale in tema d'obbligazioni e relativa liberazione, per conseguire la quale il legislatore predispone una serie di formali rimedi che non ammettono equipollenti, né giustificazioni comportamentali. Il ricorso incidentale del M. . Il ricorso incidentale del M. censura la sentenza per avere compensato le spese di primo grado in ragione della metà e quelle d'appello in ragione di un terzo. Il motivo è infondato. Nel provvedere in ordine alle spese del giudizio l'unico limite imposto al giudice è quello di porle a carico della parte vittoriosa. Diversamente, entra nella sua discrezionalità la motivata compensazione delle spese stesse. Parziale compensazione che, nella specie, è stata giustificata, quanto al primo grado, dal fatto che la società è stata collaborativa, anche se attraverso strumenti inadatti allo scopo per il secondo grado, è stata giustificata dalla valutazione complessiva dell'esito del giudizio d'appello, che s'è, infatti, concluso con la parziale riforma della sentenza di primo grado. Il rigetto dei contrapposti ricorsi giustifica l'intera compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta i ricorsi e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.