Obbligazione principale ed obbligazione accessoria dell’agente: il rapporto tra promozione di contratti e propaganda pubblicitaria

Nel contratto di agenzia la prestazione dell’agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato - quali il compito di propaganda, la predisposizione dei contratti, la ricezione e la trasmissione delle proposte al preponente per l’accettazione - atti che tendono tutti alla promozione della conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente nessuna di queste attività costituisce componente indispensabile della prestazione dell’agente la standardizzazione delle condizioni di vendita può rendere preminente l’azione di propaganda, rispetto a quella di preparazione ed allestimento del contratto.

Con la pronuncia n. 18690 del 4 settembre 2014, la Corte di Cassazione interviene su alcune problematiche relative al rapporto di agenzia, soffermandosi, in particolare, sugli elementi essenziali di tale tipo contrattuale e sulle indennità riconosciute all’agente al momento della cessazione del rapporto con il committente. Il caso. La vicenda decisa dalla sentenza in commento prende le mosse dall’azione avviata da una società che rivendica una serie di compensi per l’attività di promozione svolta, anche ma non solo in aggiunta a quella di agenzia. In primo e secondo grado i giudici di merito inquadrano tale attività nell’ambito di un contratto tipico in particolare, come attività di agenzia , con le conseguenze del caso in ordine alle indennità previste dalla legge. Il S.C., peraltro, ritiene di dover annullare alcune parti della pronuncia di appello, sia per quanto riguarda le modalità di determinazione del compenso per l’attività svolta a margine del contratto di agenzia, sia per il riconoscimento delle indennità di legge previste, appunto, per la cessazione del rapporto di agenzia. Il contratto di agenzia come e perché. Preliminarmente, la Cassazione si sofferma sugli elementi essenziali del contratto di agenzia, precisando che l’attività di promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, che, ai sensi dell’art. 1742 c.c., costituisce l’obbligazione tipica dell’agente, non può consistere in una mera attività di propaganda, da cui possa solo indirettamente derivare un incremento delle vendite, ma deve consistere nell’attività di convincimento del potenziale cliente a effettuare delle ordinazioni dei prodotti del preponente, atteso che è proprio con riguardo a questo risultato che viene attribuito all’agente il compenso, consistente nella provvigione sui contratti conclusi per suo tramite e andati a buon fine. Rapporto di agenzia e rapporto di lavoro subordinato le differenze. L’elemento distintivo tra il rapporto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato va individuato nella circostanza che il primo ha per oggetto lo svolgimento a favore del preponente di un’attività economica esercitata in forma imprenditoriale, con organizzazione di mezzi e assunzione del rischio da parte dell’agente, che si manifesta nell’autonomia nella scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto - secondo il disposto dall’art. 1746 c.c. - delle istruzioni ricevute dal preponente, mentre oggetto del secondo è la prestazione, in regime di subordinazione, di energie lavorative, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell’imprenditore, che sopporta il rischio dell’attività svolta. Agente non iscritto nei ruoli nazionali nessuna invalidità. Da parte della società che ha promosso ricorso per Cassazione, viene inoltre segnalata la questione della validità o meno del rapporto di agenzia se stipulato con soggetti non iscritti nei ruoli previsti dalla legge. Sul punto, il S.C. ha precisato che in tema di contratti di agenzia stipulati con soggetti non iscritti nel ruolo previsto dalla l. n. 204/1985, la Corte di Giustizia delle Comunità europee con sentenza 30 aprile 1988 Bellone c. Yokohama spa ha affermato - in relazione alla direttiva, inattuata nel nostro ordinamento, n. 653/1986 - che una normativa nazionale non può subordinare la validità di un contratto di agenzia all’iscrizione dell’agente di commercio in un apposito albo pertanto, in base ai principi generali sui rapporti tra diritto interno e diritto comunitario, deve disapplicarsi la norma interna che subordina la validità del contratto all’iscrizione dell’agente nell’apposito ruolo, con l’ulteriore conseguenza che anche per tale agente ricorre l’obbligo di iscrizione all’Enasarco. Attività aggiuntiva rispetto al rapporto di agenzia come determinare il compenso? L’ulteriore quesito posto riguardava le modalità di determinazione del compenso per l’attività aggiuntiva rispetto a quella di agenzia, che nei giudizi di merito era stata genericamente quantificata sulla base delle fatture prodotte, pur in assenza di accordo tra le parti. Al riguardo, deve osservarsi che nell’ipotesi di svolgimento di attività aggiuntiva e concettualmente distinta dalla mera attività agenziale, deve essere riconosciuto all’agente - ex art. 2225 c.c. - un corrispettivo per l’opera prestata, da determinarsi in via percentualistica alla stregua di questo il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo, con statuizione insindacabile in Cassazione se sorretta da motivazione immune da vizi logici e da errori di diritto. Nel caso in esame, il giudice di appello aveva ritenuto di convalidare gli importi indicati dalla società attrice in primo grado nelle fatture, pur in assenza di una pattuizione ma ciò si poneva in contrasto con l’art. 2225 c.c., essendo in tale circostanza necessaria una pronuncia del giudice. Indennità ex art. 1751 c.c. anche per i contratti a tempo determinato . Da ultimo, la S.C., rimettendo anche per tale ragione la decisione alla Corte di appello in diversa composizione, precisa che l’indennità ex art. 1751 c.c. deve riconoscersi all’agente anche nel caso di cessazione del rapporto di agenzia a tempo determinato, essendo la ratio alla base del dettato normativo – garantire un riconoscimento supplementare per l’incremento di fatturato fornito – identica, sia nel caso di rapporto di agenzia a tempo indeterminato, sia nel caso di rapporto di agenzia a tempo determinato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 giugno – 4 settembre 2014, n. 18690 Presidente Oddo – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 29.5.1998 la s.r.l. Marketing Internazionali conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Pavia, la Riso Scotti s.p.a. per sentirla condannare al pagamento, in proprio favore, della somma di L. 800.000.000, a titolo di provvigioni, indennità e risarcimento danni, per aver svolto,per conto della convenuta stessa, attività di agente di commercio per l'estero. Esponeva l'attrice in data 5.11.1993 aveva concluso con la Riso Scotti un accordo di collaborazione commerciale per la diffusione all'estero di prodotti con marchio Scotti, a tale accordo avevano fatto seguito contratti in data 21.4.1994- 9.11.94 e 18.7.1996 e con quest'ultimo era stato convenuto il reciproco vincolo di esclusiva, la durata del contratto sino al 30.6.1999 e la proroga tacita annuale, la determinazione di risultati minimi di vendita, da calcolarsi al 30 giugno dei tre anni di competenza in data 11.2.1998 la convenuta aveva ingiustificatamente comunicato il proprio recesso dal contratto. La Riso Scotti s.p.a. si costituiva assumendo che il contratto oggetto di causa non era qualificabile come agenzia ma come contratto atipico di consulenza che l'interruzione del rapporto era da rapportarsi non all'esercizio del diritto di recesso ma alla condizione risolutiva prevista dall'art. 6 del contratto, in dipendenza del mancato raggiungimento del target pattuito per il periodo 1.7.1996-30.6.1997. In via riconvenzionale chiedeva la condanna di controparte al risarcimento dei danni conseguenti a tale inadempimento per la somma di L. 108.018.186, da compensarsi con la minor somma ancora dovuta all'attrice per provvigioni calcolate sulle vendite. Con sentenza 9.3.2004 il Tribunale adito dichiarava che la clausola di cui al punto 6 del contratto 18.7.96 integrava una condizione risolutiva non verificatasi che l'interruzione dei rapporti contrattuali in data 11.2.1998 costituiva inadempimento contrattuale della convenuta e la condannava, pertanto, a pagare all'attrice,a titolo di risarcimento dei danni,la somma di Euro 86.265,42 oltre accessori. Avverso tale decisione la Riso Scotti proponeva appello cui resisteva la s.r.l. Marcheting Internazionali che,in via incidentale, chiedeva la condanna dell'appellante principale alla corresponsione dei compensi provvisionali maturati sino all'atto di recesso nonché delle indennità conseguenti allo scioglimento del rapporto, inclusa l'indennità sostituiva, oltre agli ulteriori compensi di cui alle fatture da 1 a 5 del 1998, emesse da Marketing Internazionali. La società stessa proponeva, altresì, appello incidentale condizionato all'accoglimento del gravame principale affinché fosse dichiarato illegittimo il recesso esercitato dalla s.p.a. Riso Scotti in data 11.2.1998, con condanna della medesima al pagamento delle somme richieste a titolo risarcitorio in subordine, in ipotesi di accoglimento dell'impugnazione principale e di rigetto dell'appello incidentale condizionato, chiedeva che fosse accertato lo svolgimento dell'attività di agente di commercio in favore della Riso Scotti per l'analisi del mercato americano, con condanna dell'appellante principale al pagamento di provvigioni e indennità maturate anche in relazione al contratto concluso tra la Riso Scotti e la M.R.A., oltre al risarcimento del danno. Con sentenza depositata in data 8.2.2008 la Corte di Appello di Milano respingeva l'appello principale ed, in parziale accoglimento dell'appello incidentale, qualificato come agenzia il contratto concluso tra le parti il 18.7.96, confermava la condanna di Riso Scotti al pagamento, in favore di Marketing Internazionali, di Euro 86.265,42, oltre agli accessori e condannava la Riso Scotti a pagare all'appellata l'ulteriore somma di Euro 62.594,59 oltre interessi legali e rifusione delle spese processuali del grado. Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, che erroneamente il primo Giudice aveva ricondotto il rapporto intercorso tra le parti allo schema del contratto di consulenza, trattandosi, invece, di contratto di agenzia, avuto riguardo al carattere strumentale dell'attività di consulenza dedotta in contratto con funzione, però, subordinata al conseguimento del risultato costituito dalla stipula di accordi con operatori esteri e al conseguente incremento del fatturato del preponente , tenuto conto,inoltre, della previsione di un compenso provvigionale calcolato sull'ammontare del fatturato derivante dall'attività negoziale di Marketing Internazionali configurato il rapporto tra le parti quale contratto a tempo determinato con durata trienna-le dal luglio 1996 al giugno 1999 , con proroga tacita annuale, dichiarava non dovuta l'indennità ex art. 1751 c.c. per cessazione del rapporto nonché l'indennità sostitutiva del preavviso, riconoscendo solo il risarcimento del danno per ingiustificato recesso del preponente, incluso nella somma di Euro 86.265,42 attribuiva poi alla M.I. le somme portate dalle fatture n. 2-3 e 4, mentre riteneva infondate le pretese relative alle fattura n. 1 e n. 5, sulla base di quanto già rilevato dal primo giudice, posto che la fattura n. 1 riguardava provvigioni calcolate sulle restituzioni CEE relative alle esportazioni negli anni dal 1994 al 1998 e considerato l'importo della fattura n. 5, attinente ai compensi derivanti dal contratto della Riso Scotti con l'agente americano M.R.A., incluso nel calcolo del risarcimento del danno per l'illegittimo recesso esercitato dalla Riso Scotti nel febbraio 1998. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Riso Scotti s.p.a. formulando tre motivi illustrati da memoria. Ha resistito con controricorso e memoria, la Marketing Internazionali s.r.l., avanzando ricorso incidentale affidato a quattro motivi. La Riso Scotti s.p.a., a sua volta, ha svolto controricorso al ricorso incidentale. Motivi della decisione La ricorrente principale deduce 1 violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1742 c.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia il giudice di appello, da un lato, aveva richiamato la motivazione del giudice di prime cure omettendo, però, il richiamo al difetto di prova sull'iscrizione della M.I. nel ruolo degli agenti di commercio, previsto dalla l. 204/85, elemento necessario per la validità del contratto di agenzia al tempo dell'introduzione del giudizio di primo grado e, dall'altro, si era discostato da detta motivazione, laddove aveva affermato apoditticamente, in difetto di prova, che l'attività di promozione dei contratti era prevalente rispetto alle altre attività svolte dalla Marketing Internazionali, ritenute di carattere strumentale ed accessorio dalle prove testimoniale assunte in primo grado e dall'interrogatorio formale del legale rappresentante della Marketing Internazionali Dr. G. era emerso che quest'ultima aveva svolto attività prodromica alla conclusione dei contratti che sarebbe poi avvenuta da parte della Riso Scotti o direttamente o tramite gli agenti che si andavano ad individuare con motivazione insufficiente e contraddittoria la Corte di Appello era pervenuta a conclusioni opposte a quelle del primo giudice, non tenendo conto del nomen iuris dato dalle parti al contratto Consulenza esclusiva per i mercati esteri , violando i criteri ermeneutici in tema di accertamento della comune intenzione dei contraenti, ex art. 1362, 1 e 2 comma 2 c.c. ed omettendo l'esame del comportamento tenuto dalle parti, prima e dopo la stipulazione dei contratti. La sentenza impugnata non aveva dato conto, inoltre, della mancata iscrizione della Marketing Internazionali nel ruolo degli agenti di commercio e tale circostanza, se pure non comportava la nullità del contratto di agenzia secondo la direttiva CEE n. 653/86, come affermato dalla sentenza n. 3914/2002 della Corte di legittimità, costituiva,tuttavia, con riferimento al tempo dell'introduzione del giudizio di primo grado, elemento essenziale per la validità ed efficacia di agenzia la M.I. non aveva, peraltro, neppure allegato di aver svolto l'attività di agente e la clausola relativa alla previsione dei target di vendita non era da rapportarsi ad un'obbligazione dell'agente sanzionata da clausola risolutiva espressa, avendo una valenza oggettiva nel senso che, ove le vendite della s.p.a. Riso Scotti non avessero raggiunto una certa consistenza sui mercati esteri, sarebbe venuto meno l'interesse della società medesima all'attività di consulenza. La censura si conclude con il quesito di diritto se possa farsi rientrare nel tipo contrattuale dell'agenzia ex art. 1742 cod. civ. o a tale tipo possa comunque assimilarsi un contratto, che preveda l'assunzione di prestazioni di consulenza e di assistenza, prodromiche alla futura distribuzione commerciale, ma non l'incarico di direttamente promuovere la conclusione di contratti di vendita di prodotti 2 violazione e falsa applicazione degli artt. 1742 e 2222 c.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia posto che,contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, le fatture 2-3-4 del 1998, emesse dalla Marketing Internazionali s.r.l., riguardavano prestazioni incluse nel contratto e rientranti negli obblighi assunti dalla società medesima sussistendo, peraltro, la presunzione iuris tantum di inclusione nel contratto di tutte le attività svolte nell'ambito di un rapporto di collaborazione quale quello in questione, sarebbe spettato alla M.I. provare di avere eseguito prestazioni a seguito di una novazione modificativa dell'originario rapporto. Al riguardo viene formulato il quesito se nei contratti definibili, in senso lato, di collaborazione commerciale, vige la presunzione, iuris tantum, che le prestazioni rese nel corso di svolgimento del rapporto stesso siano necessariamente ricompresse nell'ambito dell'ambito del sinallagma contrattuale originariamente previsto dalle parti, a meno che, colui che alleghi l'estraneità della prestazione resa non dia prova dell'esistenza di una novazione 3 violazione e falsa applicazione dell'art. 2225 c.c., avendo la Corte di merito riconosciuto gli importi portati da dette fatture, determinati unilateralmente dalla Marketing Internazionali, anziché fare ricorso alle tariffe professionali e agli usi. La censura si conclude con il quesito se, nell'ambito dei rapporti di collaborazione commerciale, ove le parti non abbiano determinato il corrispettivo dovuto a fronte dell'effettuazione di una prestazione, il Giudice, nel liquietarlo, debba far ricorsi ai parametri fissati dall'art. 2225 cod. civ. . La ricorrente incidentale, a sua volta, lamenta a violazione e falsa applicazione dell'art. 1751 c.c., nonché dell'art. 4 D.lgs. n. 303/1991, per avere il Giudice di appello escluso il riconoscimento del pagamento della indennità per la risoluzione del rapporto di agenzia, in applicazione della disposizione precedente alla novella del 1991, trattandosi di contratto a tempo determinato, disapplicando l'art. 1751 c.c. come modificato dal D.lgs. n. 303/1991, vigente all'epoca della risoluzione del contratto 1998 , laddove era previsto il diritto dell'agente a detta indennità sia nel caso di rapporto a tempo indeterminato che in quello a tempo determinato, tranne che nell'ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro per inadempimento dell'agente, tale da non consentirne la prosecuzione nemmeno provvisoria. Sul punto si chiede a questa Corte se a seguito di scioglimento di un contratto di agenzia a tempo determinato, stipulato in data 5.11.93, e da ultimo rinnovato in data 30.6.1998 ad iniziativa del preponente, sia dovuta all'agente l'indennità di cui all'art. 1751 c.c. nel testo modificato dal D.lgs. n. 303/1991 se sia, conseguen-temente, viziata, per violazione dell'art. 1751 c.c., come modificato da tale D. Lgs., la sentenza della Corte di Appello, nella parte in cui ha applicato alla fattispecie sottoposta al suo esame il disposto dell'art. 1751 c.c., precedente alla riforma del 1991, negando il riconoscimento del diritto all'indennità di scioglimento del rapporto di agenzia, in quanto a tempo determinato b violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. e dell'art. 1478 c.c. in relazione alla clausola sub 5 dell'accordo inter partes del 30.6.1996 la Corte di Appello aveva escluso il diritto della M.I. al pagamento della fattura pro forma n. , erroneamente interpretando tale clausola che espressamente prevedeva quale compenso per l'attività di consulenza,sarà riconosciuto alla M.I. l'importo fisso di L. 2.200.000+ IVA mensili, sino al 30.6.99, oltre al compenso percentuale del 3% sul netto ricavo fatturato ed incassato dalla Riso Scotti s.p.a. in tali mercati esteri il giudice di appello aveva, in particolare, affermato che detta fattura, concernente provvigioni calcolate sulle restituzioni CEE relative alle esportazioni negli anni dal 1994 al 1998 costituivano una integrazione all'importo fatturato al cliente extra CEE, dunque un premio riconosciuto all'esportatore , non tenendo conto che le provvigioni andavano calcolate anche sulle somme che, a diverso titolo, grazie all'opera dell'agente, la società preponente aveva incassato, avuto riguardo all'espressione netto ricavo fatturato ed incassato adoperata dalle parti nel contratto di agenzia. La doglianza si conclude con il quesito se la sentenza della Corte di Appello abbia o meno violato il disposto di cui agli artt. 1362 e 1748 c.c. nella parte in cui, mal interpretando il punto n. 5 dell'accordo inter partes 30.6.1996 ha negato alla M.I. il diritto al pagamento della fattura pro forma n. , ritenendo che non possono computarsi nella base di calcolo delle provvigioni spettanti alla M.I. anche le restituzioni CEE, quale integrazione del fatturato c violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c., avendo la Corte di merito disatteso la domanda della M.I. di pagamento della fattura n. , affermando che i compensi per il contratto con l'agente americano M.R.A. erano compresi nel risarcimento del danno per l'illegittimo recesso esercitato dalla Riso Scotti nel febbraio 98 risarcimento calcolato sino al 30.6.2000 e che sulla misura di tale risarcimento l'appellante incidentale nulla avesse eccepito in realtà,con l'appello incidentale, la M.I. aveva censurato l'erronea qualificazione del contratto ed aveva riproposto le domande di pagamento delle ulteriori somme portate dalle fatture in questione e dovute a titolo di provvigioni oltreché risarcitorio. La censura si conclude con il quesito se la sentenza della Corte di Appello di Milano sia nulla per avere falsamente applicato il disposto di cui all'art. 346 c.p.c. nella parte in cui non ha considerato la domanda svolta nell'appello incidentale dalla M.I. in ordine al pagamento di tutte le somme portate dalla cinque fatture pro forma del 1998, ivi espressamente inclusa la fattura n. , somme richieste anche a titolo risarcitorio ritenendo rinunciata ogni eccezione sulla misura del risarcimento riconosciuta dal Giudice di primo grado d violazione e falsa applicazione dell'art. 1748 c.c., primo e terzo comma c.c. la Corte di appello aveva escluso che le provvigioni relative all'accordo con la M.R.A. potessero essere calcolate per un periodo successivo al termine triennale del contratto fra M.I. e la Riso Scotti benché la M.I. avesse chiesto, con riferimento al contratto con la M.R.A., tutte le provvigioni maturate e maturande fino alla scadenza di tale contratto fissata al 30.12.2004 costituiva circostanza pacifica che il contratto con la M.R.A. Menagement Resources of America fosse stato stipulato nel dicembre 1997, in data anteriore al documento antidatato del mese di febbraio 1998 e comunque prima dello scioglimento del rapporto di agenzia fra la M.I. e la Riso Scotti sicché essendo la M.I., unico agente della riso Scotti per il mercato estero, compreso quello americano, le provvigioni dovevano essere corrisposte fino al 30.12.2004, data di scadenza del contratto fra la Riso Scotti e la M.R.A. Sul punto viene formulato il quesito se la sentenza della Corte di Appello di Milano abbia o meno violato il disposto dell'art. 1748 primo comma c.c., falsamente applicando il successivo terzo comma dell'art. 1748 c.c., nella parte in cui ha limitato sino al 30.6.2000 il diritto della M.I. ad ottenere le provvigioni sul fatturato riferibile al contratto M.R.A. stipulato il 1 gennaio 1998, grazie all'intervento della medesima M.I., prima dello scioglimento del rapporto di agenzia, avvenuto in data 30.6.1999 , anziché riconoscerlo sino al 30.12.2004 data prevista per la scadenza del contratto tra la Riso Scotti e M.R.A. . Il primo motivo difetta del momento di sintesi quanto al vizio di motivazione ed è infondato relativamente alle violazioni di legge lamentate. Non è dato,infatti, ravvisare alcuna violazione dei criteri interpretativi del contratto, avendo la sentenza impugnata preso in esame la questione della denominazione del contratto come consulenza esclusiva per i mercati esteri , superando, sul piano interpretativo, il tenore di tale denominazione, laddove rilevava che a l'obbligazione contrattuale considerata dalle parti economicamente prevalente, era costituita dalla stipula di accordi con operatori esteri con conseguente incremento del fatturato della preponente che l'attività di analisi dei mercati era strumentale rispetto a tale obbligazione la M.I. ha il compito di analizzare tali mercati in vista dell'introduzione dei prodotti a marchio Scotti, ricercando, al fine di metterli in relazione d'affari con la Riso Scotti, possibili partners commerciali importatori / distributori/ e / o agenti generali o comunque operatori che, senza fare parte della distribuzione assicurino comunque un consistente fatturato b oltre al compenso fisso, era prevista la retribuzione dell'attività della M.I. con un compenso calcolato sull'ammontare del fatturato riconducibile all'attività della stessa. Tali argomentazioni sono immuni da vizi logici e giuridici e sono in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nel contratto di agenzia la prestazione dell'agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato, tendenti tutti alla promozione e conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente, quali il compito di propaganda, la predisposizione di contratti ecc.,riconducibili alla prestazione propria del contratto di agenzia purché sussista il nesso di causalità tra l'opera promozionale svolta dall'agente nei confronti del cliente e la conclusione dell'affare cui si riferisce la richiesta di provvigione V. Cass. n. 6482/2004 . Priva di specificità è,poi, la denuncia della violazione del criterio interpretativo costituito dal comportamento delle parti, precedente e successivo alla stipulazione del contratto, sicché, sotto tale profilo, la censura è inammissibile. Va aggiunto che, in tema di contratti di agenzia stipulati con soggetti non iscritti nel ruolo previsto dalla L. n. 204/1985, questa Corte ha ritenuto la validità dei contratti stessi, sul rilievo che la norma che ne statuiva la nullità, ex art. 9 L. cit., essendo in contrasto con la direttiva comunitaria n. 653/1986, andava disapplicata, posto che la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 30.4.1988 aveva escluso, in relazione alla direttiva medesima, che una normativa nazionale potesse subordinare la validità del contratto di agenzia all'iscrizione dell'agente di commercio in un apposito albo V. Cass. n. 3914/2002 n. 2627/2001 . La seconda doglianza, oltre ad essere priva del momento di sintesi quanto al vizio di motivazione, è anch'essa infondata. La Corte territoriale ha affermato che la fattura n. 2 studio relativo alla conformità del prodotto e dell'etichetta destinati al mercato statunitense non sembra assimilabile nell'ambito di analisi dei mercati, contrattualmente prevista, e che ad identiche conclusioni si perveniva riguardo alle fatture n. 3 servizio inerente la copertura assicurativa del credito export e 4 trasporti inerenti il traffico da , appoggio logistico terminal di , riconsegna f.co dominio cliente . Sulla base di tale accertamento di merito il giudice di appello ha ritenuto di natura extracontrattuale le prestazioni fatturate ed ha superato la presunzione, ove sussistente, della loro ricomprensione nelle obbligazioni nascenti dal contratto. Merita accoglimento il terzo motivo indicato in ricorso come quarto , posto che la prova ravvisata in ordine all'effettuazione delle relative prestazioni e la loro mancata contestazione non costituivano valida ragione di esonero del Giudicante dall'obbligo di applicare, per la liquidazione dei compensi dovuti, i criteri di cui all'art. 1225 c.c. e, comunque, di apprezzare, in relazione ad essi, la correttezza degli importi fatturati. Al riguardo la Corte di Appello si è limitata a recepire gli importi unilateralmente determinati dalla Marketing Internazionali , in violazione del disposto dell'art. 1225 c.c. che, in mancanza di una pattuizione delle parti sul compenso, prevede che sia il giudice a stabilirlo in relazione al risultato ottenuto o al lavoro normalmente necessario per ottenerlo . Passando all'esame del ricorso incidentale, il primo motivo è fondato, considerato che, ai sensi dell'art. 1751 c.c. come modif. dal D. lgs. n. 303 del 1991 e n. 65/99 , vigente dal 1 gennaio 1993, va riconosciuto il diritto all'indennità di cessazione del rapporto di agenzia in ragione della durata del contratto stesso, anche nel caso di cessazione di un contratto a tempo determinato. L'art. 1751, nella nuova formulazione, prevede, infatti, la corresponsione di detta indennità all'atto della cessazione del rapporto , senza alcuna ulteriore specificazione e distinzione tra la cessazione del rapporto a tempo determinato e quella a tempo indeterminato, in attuazione della direttiva 86/653/CEE del 18 dicembre 1986. Il secondo motivo è infondato in quanto con esso non si censura un vizio di motivazione né si indica il criterio esegetico violato in ordine all'interpretazione della Corte di merito sul termine incassato ,nel senso che,ai fini della determinazione del compenso, occorreva che le somme fatturate fossero incassate. Non è dato, quindi, ravvisare le violazioni di legge dedotte. Priva di fondamento è pure la terza doglianza. Al riguardo la sentenza impugnata ha affermato che la fattura n. 5 era stata redatta con riferimento al quantitativo di prodotto fissato quale obiettivo di vendita per i primo triennio di efficacia del contratto con l'agente americano M.R.A. e riguardava incassi del tutto virtuali ed ipotetici, posto che la M.R.A. non risultava contrattualmente obbligata sulla base dei minimi di acquisto, ma soltanto stimolata a perseguire obiettivi di vendita . Orbene, detta motivazione, che da conto della non compatibilità di provvigioni rispetto ad affari non certi, costituisce implicita motivazione anche della impossibilità di computare tali provvigioni al diverso titolo di risarcimento del danno. Il quarto motivo rimane evidentemente assorbito dalla infondatezza del precedente motivo sub 3 . In conclusione, va accolto il terzo motivo detto quarto del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale mentre vanno rigettati gli altri motivi. Consegue la cassazione, in detti limiti, della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo detto quarto motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale rigetta gli altri motivi cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Milano anche per le spese del giudizio di legittimità.