Vincolo del prezzo agevolato: la parola alle Sezioni Unite

La più recente normativa in tema di edilizia pubblica agevolata e convenzionata evidenzia la necessità della persistenza del vincolo attinente al prezzo di vendita, almeno fino a quando esso non sia stato eliminato con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale determinata anche per le unità in diritto di superficie.

Con l’ordinanza interlocutoria n. 15406 del 4 luglio 2014, la Corte di Cassazione, ravvisando un contrasto giurisprudenziale sull’efficacia temporale del vincolo del prezzo imposto nell’ambito di una compravendita avente ad oggetto un diritto reale in regime di edilizia convenzionata ed agevolata, rimette la questione al primo presidente della Corte di Cassazione affinchè valuti l’opportunità di interessare della problematica le sezioni unite. Il caso . La vicenda dalla quale prende la mosse l’ordinanza interlocutoria della Cassazione è relativa alla possibilità di considerare inadempimento di un preliminare il mancato acquisto, da parte del promissario acquirente, di un immobile al prezzo fissato dal promittente venditore, in difformità dal valore stabilito dal Comune trattandosi di edilizia agevolata da ciò la domanda del promittente venditore, di risoluzione del preliminare. La domanda viene accolta in primo grado ma la sentenza viene poi riformata in appello, sul rilievo che il vincolo del prezzo non possa ritenersi limitato ed efficace solo nei confronti del costruttore. All’esito del ricorso, il S.C., ravvisando un contrasto di giurisprudenza, ritiene opportuno rimettere la questione al presidente perché valuti l’opportunità di interessare della vicenda, in punto di diritto, le sezioni unite. Prezzo agevolato vincolo solo per il costruttore . Secondo un primo orientamento, richiamata dal S.C. nella ordinanza in commento, il socio di una cooperativa costruttrice di alloggi su concessione edilizia rilasciata a contributo ridotto, che vende l’alloggio assegnatogli, può liberamente determinarne il prezzo di vendita, non essendo obbligato a non superare il prezzo stabilito dalla convenzione-tipo, approvata dalla regione, ai sensi dell’art. 7, l. 28 gennaio 1977 n. 10 ciò perché destinatario dell’obbligo di contenere i prezzi di cessione e i canoni di locazione nei limiti fissati da detta convenzione, trasfusa in quella con il comune - o nell’equivalente atto d’obbligo - e per la durata di validità di quest’ultima, è soltanto il costruttore titolare della concessione o colui che è in questa subentrato. In altri termini, l’obbligo di contenere i prezzi di cessione di immobili, costruiti sulla base di concessione edilizia rilasciata a contributo ridotto, nei limiti della convenzione-tipo approvata dalla regione ai sensi dell’art. 7, l. 28 gennaio 1977 n. 10, grava soltanto sul costruttore titolare della concessione o su colui che è in questa subentrato, ma non sull’acquirente dell’immobile che intenda, a sua volta, rivenderlo. Prezzo agevolato efficace per tutti, fino alla scadenza della convenzione . Secondo un diverso orientamento, invece, è nullo il contratto preliminare di vendita di un alloggio di edilizia residenziale pubblica che preveda la stipulazione del contratto definitivo prima della scadenza del periodo di inalienabilità previsto dall’art. 35, commi 15 e 19, l. 22 ottobre 1971, n. 865 . Né sarebbe possibile considerare il contratto preliminare sospeso fino alla scadenza del suddetto periodo, in applicazione dell’art. 1419, comma 2, c.c. per il quale la nullità delle singole clausole non importa la nullità del contratto quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative , essendo a tal fine necessario che il legislatore, oltre a comminare la nullità di determinate clausole contrattuali, ne imponga la sostituzione con una normativa legale, sostituzione che non è prevista dall’art. 35 citato. In tal senso, il vincolo relativo al prezzo non sarebbe efficace solo nei confronti del costruttore, ma anche nei confronti dell’acquirente che vorrebbe successivamente rivendere il bene, fino alla scadenza della convenzione in forza della quale l’immobile è stato, appunto, costruito. Diritto all’abitazione ed autonomia contrattuale un difficile equilibrio . A dire della Cassazione con l’ordinanza interlocutoria in commento, il primo orientamento – quello per il quale il vincolo del prezzo sarebbe efficace solo nei confronti del costruttore – valorizzerebbe in modo molto forte il profilo dell’autonomia contrattuale ma non terrebbe in conto l’altro elemento, di rilevanza costituzionale, ossia il diritto alla abitazione. Soprattutto le più recenti normative in tema di edilizia agevolata, sembrano invece porre in maggior risalto la questione del diritto all’abitazione, stabilendo che il vincolo del prezzo può essere rimosso solo per il tramite di un atto pubblico previo consenso dell’ente che ha sottoscritto la convenzione. Da ciò, quindi, la decisione del S.C. di rimettere la questione al presidente per l’eventuale interessamento delle sezioni unite. Quale giudice in caso di controversie? In tema di assegnazione, ai sensi dell’art. 35, l. 865/71, di aree comprese nei piani di edilizia economica e popolare, le controversie attinenti alla fase di natura pubblicistica, caratterizzata dall’esercizio di poteri finalizzati al perseguimento di interessi pubblici, rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, mentre le controversie relative alla fase successiva, di carattere privatistico, nella quale la posizione del privato assume natura di diritto soggettivo, sono riconducibili alla giurisdizione del giudice ordinario.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza interlocutoria 28 maggio - 4 luglio 2014, n. 15406 Presidente Piccialli – Relatore Scalisi Svolgimento del processo Ru. Nu. con atto di citazione del 18 gennaio 1997 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma, R.L. ed, esponendo di aver promesso in vendita alla convenuta un immobile sito in Roma località omissis ., II piano con annessa cantina e posto auto, che la convenuta, sebbene diffidata ad adempiere, non aveva inteso procedere al rogito di acquisto, adducendo l'esistenza di vincoli, dato che l'immobile era stato costruito nell'ambito di un piano di edilizia agevolata. Chiedeva, pertanto, la risoluzione del preliminare per inadempimento della R., nonché il risarcimento del danno per mancato guadagno e per non aver potuto realizzare altro acquisto oggetto di altro preliminare, perdendo così la caparra che aveva versato. Si costituiva R. contestando la domanda attorca ed, eccependo che l'appartamento, di cui si dice, era stato costruito secondo le norme che disciplinano l'edilizia economica e popolare e, pertanto, era soggetto, non solo a vincoli di inalienabilità, adesso venuti meno per l'autorizzazione concessa dalla Regione Lazio alla sig.ra Ru., ma anche a vincoli in sede di determinazione del prezzo, che non poteva essere secondo le regole del mercato, ma, secondo parametri richiamati nella Convenzione tra il Comune di Roma e l'impresa costruttrice. Chiedeva, dunque, che si emettesse sentenza ex art. 2932 cc, previa riduzione del prezzo di acquisto, secondo i parametri di cui alla legge 865/1971 ed alla convenzione applicativa, in subordine che venisse dichiarata la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della promittente venditrice, nonché il risarcimento del danno e la restituzione di quanto versato a titolo di caparra ed in conto prezzo, o in subordine che venisse dichiarata la nullità del contratto preliminare in quanto affetto da errore su qualità essenziali del bene. Il Tribunale di Roma con sentenza 11126 del 2001 dichiarava risolto il contratto preliminare di vendita per inadempimento della R. promissaria acquirente e respingeva le domande riconvenzionali avanzate dalla stessa, così come pure le domande avanzate dalla Ru. promittente venditrice autorizzando questa a trattenere a titolo di penale la somma di L. 2.000.000, ricevuta dalla convenuta, condannava l'attrice alla restituzione della somma di L. 100.000.000 ricevuto a titolo di accanto del prezzo della vendita, poneva a carico della R. le spese del giudizio. Avverso questa sentenza proponeva appello sia la sig.ra R. promissaria acquirente , chiedendo l'accoglimento delle domande esposte in primo grado e sia la sig.ra Ru. promittente venditrice che contestava l'appello e proponeva appello incidentale per l'accoglimento della domanda di risarcimento dei danni disattesa dal primo giudice. La Corte di appello di Roma, con sentenza 4860 del 2004, non definitiva, accertava l'inadempimento dell'appellata Ru. all'obbligo di trasferire la proprietà superficiaria dell'immobile, oggetto della controversia, al prezzo determinato secondo i parametri indicati dall'art. 35 della legge 865 del 1971, da determinarsi nel prosieguo del giudizio. Rigettava la domanda proposta dalla Ru. la domanda di risarcimento del danno e dichiarava assorbito il di lei appello incidentale. Successivamente, con sentenza n. 4406 del 2007 trasferiva in capo a R. la proprietà superficiaria dei beni oggetto della controversia appartamento, posto auto e cantina , condizionando l'effetto traslativo al versamento in favore di Ru.Nu. dell'importo di Euro 43.101,61 oltre gli interessi e all'accollo del mutuo per l'importo originario di 91 milioni. Compensava le spese di entrambi i gradi del giudizio. La cassazione della sentenza definitiva n. 4406 del 2007 è stata chiesta da R.L. con atto di ricorso affidato a due motivi. Ru.Nu. ha resistito con controricorso, proponendo ad un tempo ricorso incidentale, per la cassazione della sentenza parziale n. 4860 del 2004 e della sentenza definitiva n. n. 4406 del 2007 affidato a quattro motivi. R.L. ha resistito al ricorso incidentale con controricorso. In prossimità dell'udienza pubblica le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cpcomma Motivi della decisione A.- Ricorso principale. 1.- R. lamenta a con il primo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116, cpc, degli artt. 1339 e 1362 cc, e dell'art. 35 comma ottavo, della legge 865 del 1971, nonché la nullità della sentenza e del procedimento, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Avrebbe errato la Corte distrettuale, secondo la ricorrente, nell'aver condizionato l'effetto traslativo al pagamento di Euro 43.101,61 unitamente all'accollo del mutuo acceso presso il credito fondiario Cariplo n. 1347194/21 per L. 91 milioni, perché, in tal modo, avrebbe incrementato il prezzo di compravendita determinato ai sensi dell'art. 35 della legge n. 865 del 1971. In particolare, la ricorrente, specifica che la Corte distrettuale, da un verso, alla luce dei risultati esposti dal CTU, ha determinato il prezzo della compravendita nella somma residua di Euro 43.101,61 oltre interessi dall'8 giugno 2005 alla data di pagamento, ma, successivamente, premettendo che la sentenza ex art. 2932 ccomma doveva rispettare le pattuizioni contenute nel preliminare a parte quella sul corrispettivo costituito seguendo parametri vincolanti ex lege, poneva a carico della promissaria acquirente anche il mutuo. Epperò, ritiene la ricorrente, una corretta e non contraddittoria applicazione delle norme avrebbe dovuto imporre alla Corte di Roma di stabilire che il prezzo massimo di cessione imposta dalla convenzione e determinato ai sensi dell'art. 35 della legge n. 865 del 1971 e così come determinato dal consulente tecnico e riconosciuto dalla stessa sentenza , in Euro 43.101,61 oltre interessi, doveva essere pagato dalla R. alla Ru. mediante accollo del residuo mutuo descritto all'art. 5 del contratto preliminare di vendita del 9 ottobre 1996 e per la restante parte in contanti come previsto dall'art. 5 appena citato. Pertanto, conclude la ricorrente Dica l'Ecc.ma Corte di Cassazione se l'art. 1339 ccomma e l'art. 113 cpc, consentono al giudice di determinare il prezzo di cessione di un alloggio rientrante nei piani di edilizia pubblica agevolata e convenzionata in misura superiore a quello massimo ricavato dalla Convenzione tra l'ente pubblico concedente il diritto di superficie ed il privato richiedente, prevista ai sensi dell'art. 35 della legge 865 del 1971. Dica l'Ecc.ma Corte di Cassazione se l’art. 112 cpc consente al Giudice chiamato ad emettere sentenza ex art. 2932 cc, di determinare ai sensi degli artt. 1339 cc, il prezzo di cessione di un immobile oggetto di un contratto preliminare di compravendita inadempiuto in un importo che sia superiore ai limiti fissati dalla legge di cui la parte chiede l'emissione della sentenza ex art. 2932 cc, ha fatto richiamo nella sua domanda giudiziale, ed i cui limiti siano stati riconosciuti applicabili e vincolanti dallo stesso giudice. Dica l'Ecc.ma Corte di Cassazione se gli artt. 115 e 116 cpcomma consentono al giudice, chiamato a valutare il contenuto di una clausola di un contratto preliminare di compravendita oggetto di prova documentale che disciplina le modalità di pagamento del prezzo di valutare tale modalità di corresponsione del prezzo in maniera diversa da quanto previsto e descritto nel contratto stesso. Dica l'Ecc.ma Corte di Cassazione se gli artt. 1362 cc e 115 e 116 cpc consentono al giudice di interpretare una clausola che disciplina le modalità di pagamento del prezzo di un contratto preliminare di compravendita oggetto di prova documentale, in modo tale da concludere che l'accollo del residuo del mutuo fondiario era stata ivi espressamente pattuita tra le parti come modalità di pagamento e non come elemento aggiuntivo del prezzo di cessione di un alloggio rientrante nei piani di edilizia pubblica agevolata e convenzionata che il giudice sia stato chiamato a determinare ex lege in ottemperanza al disposto dell'art. 1339 ccomma Dica l'Ecc.ma Corte di Cassazione se gli artt. 132 cpcomma e 118 disp. att. cpc, consentono al giudice di emettere una sentenza di contenuto contraddittorio laddove, da un lato, si richiamano espressamente e si fanno proprie delle norme dandone coerente attuazione nella motivazione, dall'altro, sempre nella motivazione e poi nel dispositivo, si introducono elementi confliggenti con le norme di diritto prima richiamate. Dica l'Eccma Corte di Cassazione se gli artt. 1362 cc e 115 e 116 cpcomma consentono di interpretare una clausola che prevede l'accollo da parte del promissario acquirente del residuo mutuo fondiario, tra le modalità di pagamento del prezzo di un contralto preliminare di compravendila di immobile nel senso che l'acquirente si accolli il mutuo limitatamente all'importo residuo quale risultante alla data di efficacia della cessione e corrisponda l'eventuale parte residua di prezzo in contanti. b con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 92 cpcomma nullità della sentenza e del procedimento, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio in relazione all'art. 360 n. 3, 4 e 5 cpc . Secondo la ricorrente la decisione della Corte di Roma di compensare le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio, si rivelerebbe immotivata e illogica perché il semplice richiamo alla obiettiva controvertibilità delle soluzioni interpretative adottate sarebbe del tutto insufficiente a rendere ragione della conclusione cui è pervenuta la Corte di merito in ordine al regolamento delle spese, né dal contesto della motivazione emergerebbero elementi idonei a dare contezza dei giusti motivi della decisione. Per altro, anche la giurisprudenza, che riconosce ampia discrezionalità al giudice di merito in ordine alla valutazione dell'opportunità della compensazione totale o parziale delle spese processuali, ritiene che tale pronuncia sia, comunque, censurabile quando risulti violato il principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa. Pertanto, conclude la ricorrente Dica l'Ecc.ma Corte di Cassazione se l'art. 92 cpcomma consente al giudice, che definisce una lite, di compensare integralmente le spese processuali tra le parti, nonostante una parte risulti totalmente vittoriosa nel merito. B.- Ricorso incidentale 3.- Ru.Nu., ricorrente incidentale lamenta aa con il primo motivo, del ricorso incidentale, la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto contenute negli artt. 112, 113, 115 e 116 cpc., negli artt. 1453, 1454, 1455 ccomma e nell'art. 35 della legge 865 del 1971, la nullità della sentenza e del procedimento, l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio. Avrebbe errato la Corte distrettuale, secondo la ricorrente incidentale, nell'aver ritenuto che il venir meno del divieto di alienazione per effetto del decorso del termine minimo previsto dalla legge dal primo acquisto non determinasse il venir meno degli altri vincoli relativi alla determinazione del prezzo e che la soluzione così data alla questione fosse applicabile alla situazione di autorizzazione alla vendita prima del decorso del termine minimo di custodia, perché lo specifico regime giuridico che riguarda gli immobili costruiti usufruendo delle agevolazioni pubbliche non determinano vincoli di disponibilità in merito al prezzo di eventuale rivendita ed alla determinazione del canone di futura locazione anche in capo a terzi aventi causa dell'originario acquirente. Formando pertanto i seguenti quesiti Dica la Suprema Corte se il venir meno del divieto di alienazione per effetto del decorso del termine minimo quinquennio previsto dalla legge dal primo acquisto determina il permanere, anche, degli altri vincoli relativo alla determinazione del prezzo. Dica la Suprema Corte se tale disciplina si applica anche nel caso di autorizzazione alla vendita da parte dell'organo competente prima del decorso del termine minimo di cinque anni. ab Con il secondo motivo detta ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto contenute negli artt. 112, 113, 115 e 116 cpc, negli artt. 1453, 1454, 1455 ccomma e nell’art. 35 della legge 865 del 1971, la nullità della sentenza e del procedimento, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio. Secondo la ricorrente, l’art. 3 della legge n. 85 del 1994 a modifica dell’art. 20 della legge n. 179 del 1992 in sostituzione del capoverso d dodicesimo comma della legge n. 865 del 1971 il tutto in riferimento alla legge n. 167 del 1962 ha liberato i beni realizzati in aree 167 da ogni vincolo in presenza di esplicita autorizzazione della Pubblica Amministrazione competente, sicché in esito a tale autorizzazione il bene andava considerato immesso nel libero mercato senza limiti. Valutate in successione le leggi che interessano i beni in regime di edilizia agevolata emergerebbe la progressiva liberalizzazione della materia operata nel tempo dal Legislatore per ottenere che norme straordinarie varate per affrontare in favore dei meno abbienti il problema casa dopo aver prodotto il risultato voluto, non rimanessero in vigore per sempre. D'altra parte, tutte le statuizioni reperibili in giurisprudenza riguardano fattispecie concrete insorte sotto l'egida della legge n. 865 del 1971 ma le medesime decisioni della Suprema Corte statuiscono con chiarezza il principio della libera commerciabilità dei beni una volta scaduto il termine. In definitiva, chiarisce la ricorrente, le leggi in vigore legittimavano pienamente la contrattazione preliminare intercorsa tra le parti perché anche i vincoli richiamati nell'originaria convenzione obbligatoli tra Comune concedente e costruttore all'epoca della concessione erano stati superati e resi inesistenti da successive leggi per quel che attiene ai rapporti tra primo acquirente e suo avente causa. Da ciò, avrebbe dovuto conseguire, secondo la ricorrente incidentale, il diritto della sig.ra Ru. alla risoluzione del contratto ed al risarcimento del danno per grave inadempimento della signora R. Pertanto, conclude la ricorrente incidentale a Dica la Suprema Corte se il presupposto dell'invalidità del contratto preliminare di alloggio di edilizia residenziale pubblica in relazione alla libera determinazione del prezzo sia limitato al periodo di inalienabilità. ac Con il terzo motivo del ricorso incidentale, la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto contenute negli artt. 112, 113, 115 e 116 cpc, negli artt. 1339, 1418, 1419, 1489, e 2932 cc, la nullità della sentenza e del procedimento, l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio. Secondo la ricorrente incidentale, la Corte distrettuale non avrebbe dovuto applicare al caso in esame la norma di cui all'art. 1339 cc, sostituzione automatica del prezzo previsto dalla legge al prezzo concordato dalle parti, ma l'eventuale violazione di norme imperative avrebbe dovuto determinare la nullità del contratto preliminare e non la riduzione del prezzo ex art. 1339 cc, per altro, mai chiesta dalla ricorrente. Piuttosto, perché il contratto restasse valido ma si avesse diritto alla riduzione del prezzo, come richiesto dalla controparte, sarebbe stato necessario ricorrere alla fattispecie di cui agli artt. 1480, 1482, 1489 cc tutti inapplicabili al caso in esame. L'applicazione della norma di cui all'art. 1339 cc, mai evocata e mai posta a base del proprio impianto difensivo, avendo la ricorrente chiesto la riduzione del prezzo integrerebbe, secondo la ricorrente incidentale, la violazione delle norme di cui agli artt. 112, 113, 115, 116 cpc, non essendovi, inoltre, corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Pertanto, conclude la ricorrente incidentale Dica la Suprema Corte se l'art. 35 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 esclude la sostituzione delle clausole ad esse contrarie ad una specifica norma imperativa Dica la Suprema Corte se la nullità della clausola relativa alla determinazione del prezzo nel contratto preliminare di vendita di un alloggio di edilizia residenziale pubblica stipulato con l'autorizzazione a vendere dell'Ente competente importa la nullità dell'intero contratto ex art. 1419 primo comma ccomma ad Con il quarto motivo del ricorso incidentale, la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto contenute negli artt. 112, 113, 115 e 116 cpc, negli artt. 1385 e 1386 ccomma Secondo la ricorrente incidentale, avrebbe errato la Corte di Appello nel non aver accolto l'appello incidentale dispiegato dalla sig.ra Ru. relativo al risarcimento del danno. In particolare, la ricorrente incidentale lamenta che il Tribunale in primo grado aveva ingiustamente limitato il diritto al risarcimento del danno subito dalla stessa al solo ammontare della caparra penitenziale di lire due milioni corrisposta dalla sig.ra R., dato che nel caso specifico la caparra di cui si dice non era stata definita come penitenziale, ma, con l'art. 7 del contratto, veniva qualificata come liquidazione dovuta per il caso di rescissione del contratto. Pertanto, conclude la ricorrente incidentale Dica la Suprema Corte se in caso di grave inadempimento contrattuale compete alla parte adempiente, oltre al diritto alla risoluzione, il diritto al risarcimento del danno subito per l'effetto di tale inadempimento, anche nel caso in cui sia stata prevista una caparra penitenziale, ove la parte inadempiente non abbia esercitato il diritto di recesso. 3.- Per ragioni di pregiudizialità va esaminato prima il ricorso incidentale ed, in particolare, vanno esaminati i primi due motivi, congiuntamente, considerata l'innegabile connessione che esiste tra gli stessi, atteso che prospettano, sia pure sotto un diverso profilo, la stessa questione e, cioè, se il vincolo del prezzo massimo di cessione dell'immobile costruito in regime di edilizia agevolata, sia limitato solo al tempo del vincolo di inalienabilità del bene e/o valga solo per il concessionario ma non anche per i successivi acquirenti. Ora, su tale questione si registra un primo orientamento, già, espresso da questa Corte con sent. n. 13006 del 02/10/2000 e ribadito, da ultimo, da questa stessa Sezione della Corte di Cassazione, sent. n. 7630 del 2011 secondo il quale l'obbligo di contenere i prezzi di cessione di immobili, costruiti sulla base di concessione edilizia rilasciata a contributo ridotto, nei limiti della convenzione - tipo approvata dalla Regione ai sensi dell'art. 7 legge 28 gennaio 1977 n. 10, grava soltanto sul costruttore, titolare della concessione, o su colui che è, in questa, subentrato, ma non sull'acquirente dell'immobile che intenda, a sua volta, rivenderlo . È questa, una conclusione che viene fondata sul rilievo che la lettera della L. n. 10 del 1977, art. 7 per gli interventi di edilizia abitativa, ivi compresi quelli sugli edifici esistenti, il contributo di cui al precedente art. 3 e ridotto alla sola quota di cui all'art. 5 qualora il concessionario si impegni, a mezzo di una convenzione con il Comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione - tipo prevista dal successivo art. 3 si presenta chiara nell'individuare nel soggetto che abbia ottenuto la concessione edilizia a contributo ridotto che quindi abbia concluso con il Comune la convenzione necessaria, ovvero l'atto d'obbligo equivalente , il destinatario degli obblighi assunti di contenere i prezzi di cessione ed i canoni di locazione degli alloggi, nei limiti indicati nella stessa convenzione e per la prevista durata della sua validità. L'estensione di questi obblighi ad altri che non sia il mero subentrante nella posizione di concessionario , e, in particolare, l'estensione a chi sia acquirente dell'alloggio dal concessionario costruttore, non trova giustificazione nella esplicita norma di legge, che non esprime alcun riferimento soggettivo ulteriore rispetto a quello del concessionario costruttore, del comune e della regione, e ricollega all'accordo o atto d'obbligo equivalente l'impegno di alienare o locare a prezzi limitati gli alloggi costruiti con concessione rilasciata a contributo ridotto di tale accordo è parte specifica il concessionario costruttore, e, quindi, solo su quest'ultimo ricade l'obbligo assunto. Del resto le modalità di determinazione del prezzo di cessione sono coerenti con la limitazione alla sola persona del concessionario costruttore dell'impegno assunto di contenere il prezzo di cessione od il canone di locazione degli alloggi costruiti, a fronte del connesso ed a lui soltanto riconosciuto beneficio di riduzione del contributo per il rilascio della concessione edilizia. Epperò, l'odierno Collegio, ritiene che l'orientamento richiamato non sia del tutto convincente se non altro perché non offre una visione completa e complessiva dell'intera normativa in tema di edilizia agevolata e, soprattutto, non ha colto l'essenziale ratio della normativa di cui si dice. In estrema sintesi, l'orientamento richiamato, se ha valorizzato l'autonomia contrattuale, quale valore costituzionalmente garantito, non ha tenuto conto dell'altro valore, non meno costituzionalmente garantito, dal quale è attratta la normativa relativa all'edilizia agevolata, quello, cioè, del diritto all'abitazione. Piuttosto, come ha avuto modo di evidenziare la Corte di Roma, richiamando un orientamento di questa Corte Cass. N. 9266 del 1995 , la previsione di cui all'art. 35, commi quindicesimo e diciannovesimo, della legge 22 ottobre 1971 n. 865, relativa al divieto temporaneo, a pena di nullità, di alienazione di alloggi costruiti su aree comprese nei piani Peep e cedute in proprietà ai comuni, costituisce una prescrizione di ordine pubblico generale, dettata dal legislatore, per prevenire l'eventualità che le agevolazioni concesse nel quadro di una politica abitativa di interesse sociale possano trasformarsi in un inammissibile strumento di speculazione. E, ad un tempo, la Corte romana ha avuto modo di osservare che mentre, sotto il vigore della legge 167 del 1962, il vincolo perpetuo di alienazione poteva dirsi efficace ostacolo alla realizzazione degli scopi speculativi degli immobili costruiti con contributo pubblico, la sopravvenuta temporaneità del divieto ha impedito di conferire allo stesso, analoga efficacia, imponendo, quindi, al fine di assicurare la finalità cui sarebbe preordinata la normativa in materia di edilizia pubblica e agevolata, di ritenere sussistenti i vincoli attinenti al prezzo di vendita, anche per i successivi acquirenti. Ora, è, questa, un'interpretazione che risulterebbe confermata anche dalla legislazione successiva. a È affermazione pacifica presso gli studiosi della materia, che l'art. 3 della legge 85/1994, laddove ha introdotto una deroga al vincolo di inalienabilità quinquennale, ha confermato l'esistenza del vincolo del prezzo massimo di cessione non avendone disposta l'abrogazione. 2 Non solo, ma, mentre il vincolo di inalienabilità è previsto sia per gli alloggi costruiti su aree cedute in proprietà sia su aree concesse in diritto di superficie, alla cui tipologia appartiene la fattispecie in esame, il vincolo di prezzo imposta dalla legge 865 del 1971 e rilento solo alle aree concesse in diritto di superficie, settore che non è stato oggetto della riforma operata dalla legge n. 179/1992 o dalla legge 85/1994. 3 E, di più, va evidenzialo che l’art. 5, comma 3-bis, D.L. 13 maggio 2011 n. 70 cd. decreto sullo sviluppo 2011 , in sede di conversione con Legge 12 luglio 2011 n. 106, ha inserito nel suddetto art. 31 della L. 23 dicembre 1998 n. 448,dopo il comma 49, i seguenti nuovi commi 49-bis”. I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze, nonché, del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà, stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, ovvero per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48 del presente articolo. La percentuale di cui al presente comma è stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281”. Sicché, anche la successiva e più recente normativa in materia di edilizia pubblica agevolata e convenzionata evidenzia la necessita della persistenza del vincolo attinente al prezzo di vendita, almeno fin quando esso non sia stato eliminato con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale determinato, anche per le unità di diritto di superficie. Il carattere di questione di particolare importanza fa ravvisare al collegio l'opportunità della trasmissione degli atti al Primo Presidente affinché valuti l'eventualità di rimettere la causa alle Sezioni Unite ove condivida l'esigenza di una risposta nomofilattica al più alto livello sulla questione. P.Q.M. La Corte, rimette gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.