Rata non pagata: no agli interessi moratori sul credito scaduto per interessi corrispettivi

Nei mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario, aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento, che sono ontologicamente distinte e rispondono a diverse finalità di conseguenza, il fatto che nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di adempiervi in via differita nel tempo, non è dunque sufficiente a mutare la natura né ad eliminarne l’autonomia. In forza delle limitazioni previste, quindi, dall’art. 1283 c.c., la banca mutuataria non può pretendere il pagamento degli interessi moratori sul credito scaduto per interessi corrispettivi.

Con la pronuncia del 22 maggio 2014 n. 11400, la Corte di Cassazione statuisce che non possono applicarsi gli interessi moratori sulla parte di rata scaduta di mutuo fondiario corrispondente agli interessi corrispettivi, in forza del divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c. Il caso. All’origine della vicenda decisa dalla Corte di Cassazione con la sentenza in commento, vi sono una serie di finanziamenti concessi, a titolo di mutuo, da una banca ad una società poi posta in liquidazione coatta amministrativa. La banca ha, quindi, proposto domanda di ammissione allo stato passivo per i crediti nascenti dai contratti in questione domande solo parzialmente accolte in quanto furono ammessi i crediti corrispondenti alle rate semestrali già scadute ed a quelle a scadere, mentre vennero esclusi quelli pretesi a titolo di interessi moratori. L’opposizione è stata rigettata dai Giudici di merito e confermata dalla Suprema Corte, sul rilievo che non maturano interessi moratori sulla parte di rata scaduta corrispondente agli interessi corrispettivi, in forza del divieto di cui all’art. 1283 c.c. Mutuo fondiario ed anatocismo prima del testo unico bancario del 1993. Il generale principio del divieto dell'anatocismo, stabilito dall'art. 1283 c.c., non è applicabile ai contratti di mutuo fondiario conclusi, in epoca antecedente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 385/1993 TUB , essendo gli stessi regolamentati, stante l'espressa previsione dell'art. 161, comma 6, di tale corpus normativo, dall'art. 38, l. n. 646/1905, a mente del quale il mancato pagamento alla scadenza di una rata di mutuo, comprensiva della quota capitale e degli interessi convenzionali, comporta l'obbligo per il debitore di corrispondere gli interessi moratori sull'intero importo di detta rata e, di conseguenza, anche sulla parte di essa che costituisce l'interesse pattuito. Interessi moratori sugli interessi corrispettivi come e perché. Come visto in precedenza, nel regime previgente al TUB del 1993, il mancato pagamento di una rata di mutuo comporta, ai sensi dell’art. 38, r.d. 16 luglio 1905 n. 646, l’obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento. Secondo la giurisprudenza, il regime privilegiato poc’anzi illustrato rinveniva la sua giustificazione nel carattere pubblicistico dell’attività svolta dai soggetti finanziatori, previamente individuati dalla legge tra istituti di diritto pubblico, nella stretta connessione tra operazioni di impiego ed operazioni di provvista e nella necessità di assicurare ai risparmiatori, che fornivano quest’ultima acquistando le cartelle fondiarie, sicurezza e tempestività nei rimborsi attraverso la sicurezza e la tempestività della restituzione delle somme mutuate. Tale meccanismo, peraltro, secondo gli Ermellini, non viola il principio costituzionale di eguaglianza, pur introducendo una deroga al divieto di anatocismo. Dopo il TUB la ratio del divieto di anatocismo. Secondo il Supremo Collegio, l’evoluzione normativa che si è registrata in materia ha comportato il venir meno delle giustificazioni alla deroga dal divieto di anatocismo. In particolare, nel sistema disciplinato dal d.lgs. 385/1993, in cui qualsiasi ente bancario può esercitare operazioni di credito fondiario ed in cui la provvista non è più fornita attraverso il sistema delle cartelle, il contratto di mutuo fondiario si caratterizza unicamente quale finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili di conseguenza, la struttura del credito fondiario ha perso quelle peculiarità nelle quali risiedevano le ragione della sua sottrazione al divieto di cui all’art. 1283 c.c. Rata di mutuo e termine di prescrizione applicabile. La rateizzazione in più versamenti periodici dell'unico debito nascente da un mutuo bancario non ne determina, tra l’altro, il frazionamento in distinti rapporti obbligatori, neanche con riferimento agli interessi previsti nel piano di ammortamento, che del finanziamento costituiscono il corrispettivo, od a quelli moratori, fondati sul presupposto dell'inadempimento e privi di cadenza periodica imperativa, sicché deve escludersi, per tali tipologie di interessi, l'applicabilità dell'art. 2948, n. 4, c.c. sulla prescrizione quinquennale degli adempimenti periodici di singole obbligazioni autonome ed indipendenti Riqualificazione della pattuizione sugli interessi è clausola penale. La previsione di interessi moratori, ad un tasso superiore a quello previsto per gli interessi convenzionali, integra una pattuizione qualificabile come clausola penale, e quindi l'ammontare dell'importo dovuto a tale titolo può essere ridotto ad equità dal giudice, anche d'ufficio, ove esso sia manifestamente eccessivo, sia in caso di iniquità originaria, sia in caso di eccessività sopravvenuta e, in tale ultimo caso, anche a prescindere dalla straordinarietà e dalla imprevedibilità degli eventi che la hanno causata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 gennaio – 22 maggio 2014, n. 11400 Presidente Rordorf – Relatore Cristiano Svolgimento del processo Il 15.1.97 la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. in seguito, per brevità, MPS stipulò con Feronia, soc. coop. a r.l., due distinti contratti di mutuo fondiario, con i quali si obbligò ad erogare alla mutuataria, in via frazionata, finanziamenti per L. 2.400.000.000 e per L. 720.000.000. Con decreto del 1.3.99 Feronia fu posta in liquidazione coatta amministrativa. Le domande avanzate da MPS, di ammissione in via ipotecaria allo stato passivo della procedura dei crediti nascenti dai contratti stipulati, furono accolte solo parzialmente furono ammessi i crediti corrispondenti alle rate semestrali già scadute ed a quelle a scadere, mentre vennero esclusi quelli pretesi a titolo di interessi moratori. L'opposizione ex art. 98 L. fall., proposta da MPS contro il provvedimento di parziale esclusione, dichiarata inammissibile dal Tribunale di Lucca, è stata respinta nel merito dalla Corte d'Appello di Firenze con sentenza del 16.5.06. La corte territoriale ha innanzitutto affermato che la banca non aveva richiesto l'ammissione dei crediti per interessi maturati in data successiva a quella della messa in LCA di Feronia, per cui non si poneva questione di applicazione del disposto del III comma dell'art. 2855 c.c. ha quindi escluso che potesse riconoscersi un credito a titolo di interessi moratori sulle rate già scadute, il cui importo era costituito in massima parte da interessi corrispettivi, atteso il divieto di anatocismo di cui all'art. 1283 c.c. ha infine rilevato che non poteva essere ammesso neppure il credito per ulteriori interessi di mora maturati sino al 1.3.99 su tutto il capitale residuo , posto che a tale data il debito sulle rate residue non era ancora venuto a scadenza e che, anche a voler ritenere la debitrice decaduta dal beneficio del termine, non v'era prova che gli interessi corrispettivi conglobati all'interno delle rate già scadute non superassero l'ammontare degli interessi che il capitale avrebbe potuto produrre nel breve periodo intercorso fra il sorgere dell'insolvenza e la data di apertura della procedura. La sentenza è stata impugnata da MPS Gestione Crediti Banca s.p.a., nella sua qualità di mandataria alle liti di MPS s.p.a., con ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Commissario liquidatore di Feronia non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo di ricorso MPS, denunciando violazione degli artt. 99, 112 e 359 c.p.c. nonché vizio di motivazione sull'interpretazione degli atti, deduce di aver puntualmente richiesto, sia nel giudizio di primo grado che in appello, l'ammissione del credito relativo agli interessi legali di mora di cui al III comma dell'art. 2855 c.c. e lamenta che la corte territoriale non si sia pronunciata sulla domanda. Il motivo va dichiarato inammissibile. La corte del merito, puntualizzando in sentenza che non si fa questione d'interessi successivi alla data di ammissione alla procedura di liquidazione coatta , ha espressamente affermato che la domanda non era stata proposta non si versa, pertanto, in un'ipotesi di omessa pronuncia, né di errata qualificazione od interpretazione del petitum , ma in fattispecie integrante un vizio revocatorio, denunciabile solo ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c., per aver il giudice compiuto un errore di carattere materiale, obiettivamente ed immediatamente riconoscibile, che lo ha portato ad escludere ciò che emergeva incontestabilmente dalla lettura degli atti introduttivi di entrambi i gradi del giudizio e delle conclusioni precisate da MPS. 2 Resta assorbito il terzo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente lamenta il rigetto della domanda di ammissione del credito per interessi sulle rate non ancora scadute alla data di messa in LCA di Feronia, trattandosi di interessi che, in mancanza di prova di una precedente intimazione di pagamento implicante decadenza dal beneficio del termine, non potrebbero essere riconosciuti con decorrenza anteriore alla predetta data art. 55 II comma L. fall. 3 Col secondo motivo MPS, denunciando violazione degli artt. 117 4 comma del d. lg.vo n. 385/93 t.u.b , 1283, 2855 c.c., 54 e 201 L. fall., si duole del mancato riconoscimento degli interessi moratori sulle rate del finanziamento già scadute. Sostiene che il divieto di anatocismo non è applicabile ai mutui fondiari stipulati nella vigenza del t.u.b. e prima dell'entrata in vigore della delibera C.I.C.R. del 9.2.2000, che ha riconosciuto, per tale categoria di contratti, la legittimità di clausole volte a consentire il decorso degli interessi di mora sull'intero importo delle rate insolute , per tre ordini di ragioni in primo luogo perché gli interessi corrispettivi del mutuo, una volta divenuti esigibili, vengono conglobati nel capitale da restituire, con la conseguenza che la maturazione sugli stessi degli interessi di mora non integra una fattispecie riconducibile all'art. 1283 c.c. perché, inoltre, in materia di mutuo fondiario gli interessi sugli interessi vanno riconosciuti in deroga al divieto di anatocismo infine perché, nei contratti di mutuo fondiario, l'anatocismo sarebbe consentito in virtù di un uso normativo. Il motivo è infondato e deve essere respinto. 4 Il primo degli argomenti prospettati dalla banca, che appare genericamente riferito a tutti i contratti di mutuo bancario a medio ed a lungo termine, poggia su di un'affermazione assiomatica, che non trova conforto in specifiche disposizioni normative né nella giurisprudenza maggioritaria di questa Corte cfr. Cass. nn. 3479/71, 1724/77, seguite da Cass. n. 2593/03 e da ulteriori pronunce conformi, fra cui, da ultimo, si segnalano, in motivazione Cass. nn. 28663/013 e 603/013, nonché Cass. n. 2072/013 . Appare perciò sufficiente ribadire, in conformità dell'orientamento espresso nelle indicate pronunce, che nei c.d. mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario - aventi ad oggetto l'una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l'altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento - che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse. Il fatto che nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all'obbligato di adempiervi in via differita nel tempo, non è dunque sufficiente a mutarne la natura né ad eliminarne l'autonomia. In questa sede va solo opportunamente aggiunto che in tutti i precedenti citati, in cui si discuteva se fossero o meno dovuti gli interessi moratori anche sulla quota parte degli interessi corrispettivi delle rate scadute di un mutuo bancario ordinario, la questione è stata risolta in senso negativo, previo accertamento dell'inesistenza, in materia, di usi normativi che derogassero al divieto di anatocismo può ben dirsi, pertanto, che sia ormai consolidato il principio che ai contratti di mutuo bancario ordinario sono applicabili le limitazioni previste dall'art. 1283 c.c., con la conseguenza che la banca mutuataria non può pretendere il pagamento degli interessi moratori sul credito scaduto per interessi corrispettivi. 5 La capitalizzazione del credito per interessi corrispettivi era però espressamente prevista dalla speciale normativa che ha, nel tempo, disciplinato i contratti di mutuo fondiario stipulati in data anteriore all'entrata in vigore del t.u.b. artt. 38 R.d. n. 646/05, 14 d.P.R. n. 7/76, 16 L. n. 175/91 . Non si è mai dubitato, pertanto, che, il mancato pagamento di una rata di mutuo fondiario comportasse l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull'intero suo ammontare, inclusa la parte che rappresentava gli interessi di ammortamento cfr., da ultimo, fra molte, Cass. nn. 21885/013, 3656/013, 9695/011 . Le leggi speciali sono state tuttavia abrogate dall'art. 161 1 comma del t.u.b, e continuano a regolare, ai sensi del 6 comma del medesimo articolo, i soli contratti già conclusi nel loro vigore. Il t.u.b. fornisce ora, all'art. 38 incluso nella sezione I del capo VI della legge, rubricata Norme relative a particolari operazioni di credito la nozione di credito fondiario, ma non detta alcuna disposizione che preveda, come per il passato, che le somme dovute a titolo di rimborso delle rate di ammortamento dei mutui fondiari, comprensive di capitali e interessi, producono, di pieno di diritto, interessi dal giorno della scadenza. L'assunto della ricorrente, secondo cui, pur in difetto di un'espressa previsione di legge, la regola dell'anatocismo, anteriormente vigente in materia di mutuo fondiario in deroga all'art. 1283 c.c., continuerebbe a trovare applicazione anche nei contratti aventi ad oggetto tale tipo di mutuo stipulati - come quelli per cui è causa - in data posteriore all'entrata in vigore del t.u.b., non può essere condiviso. Il regime privilegiato di cui in origine godeva il credito fondiario rinveniva infatti la sua giustificazione nel carattere pubblicistico dell'attività svolta dai soggetti finanziatori, previamente individuati dalla legge fra istituti di diritto pubblico, nella stretta connessione tra operazioni di impiego ed operazioni di provvista e nella necessità di assicurare ai risparmiatori, che fornivano quest'ultima acquistando le cartelle fondiarie, sicurezza e tempestività nei rimborsi attraverso la sicurezza e la tempestività della restituzione delle somme mutuate. In particolare, avuto riguardo allo specifico tema dell'anatocismo, questa Corte aveva chiarito che gli interessi corrisposti dai terzi mutuatari non costituivano il corrispettivo del godimento di un capitale fornito dalla banca, ma il mezzo per consentire alla stessa di far fronte all'eguale importo di interessi passivi dovuto ai portatori delle cartelle con la conseguenza che, poiché tali interessi dovevano essere comunque pagati ai risparmiatori anche nel caso di mancato pagamento delle rate del mutuo, era perfettamente logica e coerente la previsione dell'obbligo del mutuatario di corresponsione degli interessi moratori sull'intero importo della rata scaduta, cfr. Cass. n. 4451/86 . Analogamente, Cass. n. 6153/90 aveva rilevato come il pagamento degli interessi moratori anche sugli interessi compresi nelle rate scadute rimaste insolute trovasse il suo fondamento nella funzione assolta dagli istituti di credito fondiario, di intermediazione fra i portatori delle cartelle ed i mutuatari, e nell'obbligo delle banche mutuanti di rimborsare i primi anche nel caso in cui i secondi non avessero pagato la rata di mutuo. L'evoluzione normativa che, a partire dal d.P.R. n. 7/76 si è registrata in materia di mutui fondiari, ha comportato il venir meno di tali giustificazioni. In particolare, nel sistema disciplinato dal d.lgs. n. 385/93, in cui qualsiasi ente bancario può esercitare operazioni di credito fondiario ed in cui la provvista non è più fornita attraverso il sistema delle cartelle, il contratto di mutuo fondiario si caratterizza unicamente quale finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili art. 38 1 comma cit. . Deve dunque concludersi che, con l'entrata in vigore del t.u.b., la struttura del credito fondiario ha perso quelle peculiarità nelle quali risiedevano le ragioni della sua sottrazione al divieto di cui all'art. 1283 c.c Va pure esclusa la vigenza in materia di un uso normativo, preesistente all'entrata in vigore del codice civile, che deroghi alla citata disposizione. Come si è in precedenza accennato, questa Corte è ormai ferma nel ritenere che al mutuo bancario ordinario, con riferimento al calcolo degli interessi, sono senz'altro applicabili le limitazioni previste dall'art. 1283 cod. civ., non rilevando, in senso opposto, l'esistenza di un uso bancario contrario a quanto disposto dalla norma predetta gli usi normativi contrari, cui espressamente fa riferimento l’art. 1283 c.c., sono, difatti, soltanto quelli formatisi anteriormente all'entrata in vigore del codice civile e, nello specifico campo del mutuo bancario ordinario, non è dato rinvenire, in epoca anteriore al 1942, alcun uso che consentisse l'anatocismo oltre i limiti poi previsti dalla richiamata disposizione codicistica. Deve allora, a maggior ragione, escludersi che tale uso possa essersi formato per i contratti di mutuo fondiario, in cui la regola dell'anatocismo è stata applicata, persino dopo l'entrata in vigore del codice, in quanto espressamente prevista da leggi speciali. La conclusione secondo cui, a partire dall'entrata in vigore del t.u.b., nei contratti di mutuo fondiario, al pari di quanto previsto per ogni altro contratto di mutuo bancario, non è più ammessa l'automatica capitalizzazione degli interessi trova, infine, ulteriore conforto nell'art. 3 della delibera 9.2.2000 del CICR emessa in attuazione del disposto del II comma dell'art. 120 del t.u.b. medesimo, introdotto dall'art. 25 del d.lgs. n. 342/99 , il quale prevede che nelle operazioni di finanziamento in cui il rimborso del premio avviene mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l'importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento. Nel nuovo panorama normativo, pertanto, la deroga al disposto dell'art. 1283 c.c. è consentita in relazione a tutti i contratti di mutuo bancario, ma solo in base ad apposita pattuizione anteriore al sorgere del credito per interessi. Non pare superfluo rilevare, peraltro, che, secondo l'indirizzo consolidato di questa Corte cfr., da ultimo, Cass. S.U. n. 775/013 in tema di mutuo ipotecario, gli interessi moratori sulle rate scadute ivi compresi, quindi, gli eventuali interessi anatocistici trovano collocazione chirografaria, ai sensi dell'art. 2855 II comma c.c Non v'è luogo alla liquidazione delle spese in favore della parte intimata, che non ha svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.