Il finanziamento non condiziona l’efficacia del contratto

La subordinazione dell’efficacia del contratto all’ottenimento di un finanziamento dà luogo ad una condizione sospensiva mista, con la conseguenza che l’obbligo di diligenza richiesto nella gestione della pratica di finanziamento non fa parte degli obblighi contrattualmente assunti, ma rappresenta il profilo meramente potestativo della condizione stessa.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8947/14, depositata il 17 aprile scorso. Il caso. Due società concludevano un contratto avente ad oggetto la fornitura e posa in opera di una serie di attrezzature da laboratorio e cucina, statuendo il corrispettivo nella somma di lire 600.000.000 da pagarsi mediante l’erogazione di un finanziamento da parte di un istituto creditizio. Parte del corrispettivo lire 20.000.000 veniva corrisposto, a titolo di caparra confirmatoria, all’atto della conclusione del contratto. La committente provvedeva, inoltre, successivamente a consegnare alla fornitrice titoli per complessive lire 100.000.000, quale deposito cauzionale, attivandosi per conseguire l’erogazione del finanziamento necessario ad onorare l’impegno economico assunto. La fornitrice, peraltro, pur senza procedere alla consegna delle attrezzature ordinate, negoziava indebitamente una parte dei titoli ricevuti in deposito cauzionale, per complessive lire 80.000.000. Convenuta in giudizio la società fornitrice, la Committente chiedeva dichiararsi risolto per inadempimento l’accordo e, per l’effetto, condannarsi essa convenuta alla ripetizione degli importi versati a titolo di caparra confirmatoria e di quelli relativi ai titoli indebitamente negoziati, in aggiunta al ristoro di tutti i danni subiti. Si costituiva la convenuta deducendo l’inadempimento della parte attrice e spiegando al contempo domanda riconvenzionale finalizzata ad ottenere la condanna di quest’ultima al pagamento della somma di lire 240.000.000, in base ad una clausola penale contenuta nel contratto. Ritenute infondate le argomentazioni di entrambe le parti circa gli inadempimenti reciprocamente addebitati e preso atto del disinteresse delle stesse all’esecuzione del contratto, il Tribunale adito, affermava l’intervenuto scioglimento del vincolo contrattuale, condannando la società fornitrice alla restituzione alla controparte della somma percepita in acconto pari a lire 80.000.000 . La decisione veniva integralmente confermata in grado di appello. Avverso detta statuizione la fornitrice proponeva ricorso per cassazione assumendo erronea la valutazione del giudice di appello circa la ritenuta irrilevanza del comportamento negligente con il quale la controparte aveva curato la pratica di concessione del finanziamento. In particolare la ricorrente deduceva che nel contratto erano state previste due modalità alternative di pagamento, ovvero a mezzo leasing finanziario o mezzo rimessa diretta e che la committente non avesse corrisposto quanto dovuto in nessuno dei due modi. Inoltre l’alternatività delle due modalità di pagamento previste nel contratto escludeva che la scelta di non ricorrere al finanziamento potesse imporre alla Committente l’obbligo di fornire garanzie considerato che l’alternatività, nella volontà delle parti, non poteva costituire una condizione mista cui subordinare l’efficacia del contratto, configurando, invece, un elemento di determinazione del tempo dell’adempimento. La Suprema Corte accoglie il ricorso. È rilevante il comportamento negligente nella cura della pratica di finanziamento? Gli Ermellini osservano come la Corte di appello fosse correttamente pervenuta alla conclusione di non considerare negligente il comportamento tenuto dalla Committente nel curare la pratica di concessione del finanziamento. In particolare la Suprema Corte condivide il convincimento, espresso da entrambi i giudici di merito, sul fatto che la subordinazione dell’efficacia del contratto all’ottenimento di un finanziamento aveva dato luogo ad una condizione sospensiva mista, con la conseguenza che l’obbligo di diligenza richiesto nella gestione della pratica di finanziamento non faceva parte degli obblighi contrattualmente assunti, ma rappresentava il profilo meramente potestativo della condizione stessa. Ciò nonostante – afferma la Corte - il fatto che sia stata esclusa una qualsiasi negligenza da parte della società Committente nello svolgimento delle incombenti collegate alla pratica di concessione del finanziamento non poteva far venir meno la necessità di valutazione giuridica della relativa previsione negoziale, onde accertare se l’erogazione del finanziamento fosse stata delineata dalle parti come una condizione sospensiva, ovvero configurasse solo il tempo dell’adempimento dell’obbligo di pagamento del residuo prezzo. Nel caso di specie la Corte ha ritenuto che la concessione del finanziamento costituisse solo una delle due modalità di pagamento del corrispettivo in alternativa alla rimessa diretta. Tale ragione è sufficiente a far ritenere erroneo il mancato apprezzamento dell’importanza di tale inadempimento da parte della Corte territoriale ai fini della delibazione sulla domanda di risoluzione del contratto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 febbraio - 17 aprile 2014, n. 8947 Presidente Piccialli – Relatore Mazzacane Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 4-2-1999 la s.r.l. Aurora 97 conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la D.F. esponendo che con contratto del 10-8-1998 quest'ultima si era obbligata nei confronti dell'attrice alla fornitura ed alla posa in opera presso l'azienda di pasticceria, gelateria e pizzeria dell'esponente sita in Roma, via della Magliana 245, di una serie di attrezzature da laboratorio e cucina dietro il corrispettivo di lire 600.000.000 da pagarsi mediante l'erogazione di un finanziamento da parte di un istituto creditizio aggiungeva di aver versato alla convenuta lire 20.000.000 quale caparra confirmatoria e titoli per complessive lire 100.000.000 quale deposito cauzionale e di essersi attivata per conseguire l'erogazione del finanziamento necessario per corrispondere il prezzo pattuito, mentre la convenuta, pur senza fornire alcuna delle attrezzature ordinate, aveva negoziato indebitamente una parte dei titoli ricevuti in deposito cauzionale per complessive lire 80.000.000. L'attrice chiedeva quindi dichiararsi risolto il suddetto contratto per inadempimento della società D.F. e condannarsi quest'ultima alla ripetizione dell'importo della caparra versata e dei titoli indebitamente negoziati oltre al risarcimento dei danni. Si costituiva in giudizio la convenuta contestando il fondamento delle domande attrici di cui chiedeva il rigetto, e chiedendo in via riconvenzionale dichiararsi la risoluzione del suddetto contratto per inadempimento della Aurora 97 e condannarsi la controparte, oltre che alla perdita delle somme versate in acconto, al pagamento della somma di lire 240.000.000 in base alla clausola penale prevista al punto 5 del contratto. Il Tribunale adito con sentenza del 5-9-2002, dopo aver ritenuto non provati gli inadempimenti reciprocamente addebitati, rilevato tuttavia il disinteresse delle parti all'esecuzione del contratto, prendeva atto dello scioglimento del vincolo contrattuale per la comune volontà delle parti stesse, e condannava la D.F. alla restituzione alla controparte della somma percepita in acconto di lire 80.000.000. Proposta impugnazione da parte della D.F. cui resisteva la Aurora 97 la Corte di Appello di Roma con sentenza del 25-10-2007 ha respinto il gravame. Avverso tale sentenza la s.r.l. D.F. ha proposto un ricorso affidato a due motivi cui la s.r.l. Aurora 97 ha resistito con controricorso le parti hanno successivamente depositato delle memorie. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente, denunciando insufficiente e contraddittoria motivazione, sostiene che la Corte territoriale, pur avendo accertato che la società Aurora 97 non aveva accettato i disegni ed i progetti sottoposti al suo esame necessari per dar corso ai lavori, ha peraltro contraddittoriamente ritenuto di scarsa entità detto inadempimento, non sufficiente quindi a giustificare la risoluzione. del contratto per inadempimento della controparte in tal modo non è stato tenuto conto che proprio tali continui rifiuti dei suddetti progetti avevano determinato una innegabile frattura nel rapporto fiduciario corrente tra le parti e nel sinallagma contrattuale. La D.F. poi assume che il giudice di appello ha erroneamente valutato un ulteriore profilo di grave inadempimento contrattuale in cui era incorsa la controparte, attinente alla ritenuta irrilevanza della negligenza con la quale costei aveva curato la pratica di concessione del finanziamento, avendo condiviso il convincimento del giudice di primo grado sul fatto che la subordinazione dell'efficacia del contratto all'ottenimento di un finanziamento aveva dato luogo ad una condizione sospensiva mista, con la conseguenza che l'obbligo di diligenza nel gestire la richiesta di finanziamento non faceva parte degli obblighi contrattuali assunti, ma rappresentava il profilo potestativo della condizione stessa in realtà, poiché nel contratto erano previste due modalità alternative di pagamento, ovvero a mezzo leasing finanziario ovvero a mezzo rimessa diretta , la sentenza impugnata, pur avendo accennato a tale pattuizione, non ha evidenziato che la Aurora 97 si era resa inadempiente, non avendo corrisposto quanto dovuto in nessuno dei modi previsti nel contratto, rendendo così una motivazione insufficiente la ricorrente evidenzia altresì la contraddittorietà della motivazione espressa dalla Corte territoriale laddove ha ritenuto che proprio l'alternatività delle due modalità di pagamento previste nel contratto escludeva che la scelta di non ricorrere al finanziamento potesse imporre alla controparte l'obbligo di fornire garanzie, posto che detta alternatività, nella volontà delle parti, non poteva costituire una condizione mista cui subordinare l'efficacia del contratto, configurando invece un elemento di determinazione del tempo dell'adempimento in entrambe le ipotesi, infatti, la Aurora 97 avrebbe dovuto corrispondere il prezzo pattuito, essendo inequivocabile la volontà delle parti in tal senso. Il motivo è fondato. Il giudice di appello ha premesso che dal modulo d'ordine del 10-8-1998 risultava che la Aurora 97 aveva incaricato la D.F. della fornitura dell'arredamento del proprio esercizio di bar pasticceria come da capitolati e disegni di massima , e che sarebbero stati eseguiti disegni definitivi e capitolati che dovranno essere concordati ed accettati il prezzo era stato pattuito in lire 600 milioni, di cui 20 milioni versati mediante titolo scadente il 20-9-1998, con la previsione che il pagamento del residuo sarebbe avvenuto a mezzo legge Sabatini o altro finanziamento da concordare o rimessa diretta dalle concordi dichiarazioni delle parti era poi emerso che la Aurora 97 aveva versato alla D.F. una caparra confirmatoria mediante un titolo scadente nel settembre 1998, ed aveva consegnato ulteriori titoli per l'importo complessivo di lire 100 milioni, ed era inoltre pacifico che del predetto importo di 120 milioni soltanto 80 erano stati effettivamente percepiti dalla D La Corte territoriale, nell'esaminare a tal punto il motivo di appello con il quale la D.F. aveva riproposto la domanda di risoluzione del contratto stipulato tra le parti per grave inadempimento della controparte, ha anzitutto rilevato che sulla doglianza dell'appellante in ordine alla asserita negligenza della Aurora 97 nel curare la pratica di concessione del finanziamento si era già correttamente pronunciato il Tribunale ha poi evidenziato che la D.F. non aveva addebitato alla controparte il mancato pagamento del corrispettivo a mezzo rimessa diretta e del resto non era stato neppure allegato che le somme già pagate dalla Aurora 97 non coprissero il valore dei lavori parziali eseguiti , essendosi limitata a lamentare che, venuta meno l'occasione per ottenere il finanziamento, non fossero state fornite garanzie per il pagamento era poi vero che il pagamento a mezzo di leasing finanziario sarebbe stato più conveniente per l'appellante, ma l'alternatività delle due modalità di pagamento previste dal contratto escludeva che la scelta in difetto di diverse indicazioni affidata alla debitrice di non ricorrere al finanziamento potesse imporre alla Aurora 97 di fornire garanzie. Infine, con riferimento all'altro comportamento inadempiente addebitato dalla D.F. alla controparte, consistente nella mancata accettazione dei progetti sottoposti al suo esame e necessari per dar corso ai lavori, la sentenza impugnata ha affermato che dalla documentazione prodotta era emerso che soltanto nel novembre 1998, quando i rapporti tra le parti si erano già incrinati, erano stati posti a disposizione della Aurora 97 i disegni esecutivi, cosicché, anche volendo configurare sotto tale profilo un difetto di collaborazione da parte di quest'ultima, si sarebbe trattato di un inadempimento di scarsa entità, come tale non sufficiente a giustificare la risoluzione del contratto. Il Collegio ritiene sia insufficienti sia contraddittorie le argomentazioni espresse dalla Corte territoriale in ordine alla questione fondamentale sollevata con il motivo in esame, relativa alla incidenza, nell'ambito del rapporto contrattuale instaurato tra le parti, della clausola avente ad oggetto l'erogazione di un finanziamento in favore della Aurora 97 con la quale quest'ultima avrebbe fatto fronte al pagamento di gran parte del prezzo da corrispondere alla D.F. invero il fatto che sia stata esclusa una qualsiasi negligenza da parte della Aurora 97 nello svolgimento della pratica necessaria alla concessione di tale finanziamento non faceva venir meno la necessità di valutazione giuridica di tale clausola per accertare se l'erogazione del finanziamento fosse stata delineata dalle parti come un evento futuro cui correlare l'efficacia del vincolo negoziale, ovvero configurasse soltanto il tempo dell'adempimento dell'obbligo di pagamento del residuo prezzo, con la conseguenza, in questa seconda ipotesi, dell'applicabilità della disciplina di cui agli artt. 1183 e seguenti c.c., e del fatto che il termine per l'adempimento medesimo deve ritenersi maturato sia con il verificarsi dell'evento, sia con la definitiva impossibilità del suo verificarsi, ove la volontà delle parti, alla stregua del loro atteggiamento, vada intesa nel senso dell'equiparazione dell'una e dell'altra situazione Cass. 9-8-2011 n. 17125 . Orbene nella fattispecie, pur dovendosi rilevare che il giudice di appello non ha svolto tale indagine in ordine alla volontà dei contraenti in termini sufficientemente approfonditi e specifici, si ritiene tuttavia che dai richiamati rilievi da esso svolti si può affermare che, nell'ambito del convincimento maturato dalla sentenza impugnata, la concessione del finanziamento fosse una delle due modalità di pagamento del corrispettivo da parte della Aurora 97 in alternativa alla rimessa diretta pertanto sulla base di tale premessa la Corte territoriale avrebbe dovuto apprezzare l'importanza di tale inadempimento ai fini di una puntuale delibazione sulla domanda di risoluzione del contratto stipulato tra le parti proposta dalla D.F. unitamente agli altri inadempimenti da quest'ultima denunciati in proposito non può attribuirsi fondamento all'assunto del giudice di appello secondo cui l'attuale ricorrente non avrebbe lamentato il mancato pagamento del corrispettivo a mezzo rimessa diretta, ma solo la mancata prestazione di garanzie per il pagamento, una volta che la D.F., nel costituirsi nel giudizio di primo grado, aveva dedotto, come riferito dalla stessa sentenza impugnata, che il pagamento di gran parte del prezzo pattuito sarebbe avvenuto a mezzo finanziamento o rimessa diretta, e che il finanziamento non era stato ottenuto, ed aveva appunto formulato la richiamata domanda riconvenzionale di risoluzione contrattuale per inadempimento della controparte inoltre non è comprensibile come la mancata prestazione di garanzie in ordine al pagamento del corrispettivo pattuito si inserisse nell'ambito delle intese contrattuali, non risultando che queste ultime contemplassero alcun obbligo di garanzia in proposito al riguardo non risulta comprensibile sotto il profilo logico l'affermazione della Corte territoriale secondo cui, in presenza delle due enunciate modalità di pagamento del corrispettivo, doveva escludersi che la scelta dell'Aurora di non ricorrere al finanziamento potesse imporle l'obbligo di fornire garanzie, posto che logicamente da tale ipotetica scelta sarebbe scaturito l'obbligo alternativo di pagamento del corrispettivo a mezzo rimessa diretta. Pertanto gli evidenziati vizi motivazionali comportano la necessità di un nuovo esame di tale punto decisivo della controversia dinanzi al giudice di rinvio restando assorbito l'ulteriore profilo di censura dedotto nel motivo in esame . Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione dell'art. 112 c.p.c., rileva una omessa pronuncia in riferimento alla domanda dell'esponente di condanna della Aurora 97 al pagamento della somma di lire 240.000.000 in conformità dell'art. 5 delle condizioni generali di vendita, secondo cui la società acquirente in caso di inadempimento, oltre a perdere la somma anticipata, avrebbe dovuto corrispondere alla società venditrice a titolo di indennità ai sensi dell'art. 1382 c.c. una somma pari al 40% del prezzo pattuito. Tale motivo resta assorbito all'esito dell'accoglimento del primo motivo di ricorso. In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.