Promette di acquistare l’immobile soltanto per adibirlo all’attività di odontoiatra: cosa accade se tale destinazione non è consentita dal regolamento condominiale?

Accertato il mancato avveramento della condizione e la conseguente inefficacia del contratto, i promittenti venditori devono restituire la caparra, divenuta ormai priva di giustificazione.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 27941, depositata il 13 dicembre 2013. Il caso. Un odontoiatra aveva stipulato un contratto preliminare per l’acquisto di un appartamento. L’efficacia del contratto era subordinata al fatto che l’appartamento in questione potesse essere adibito sulla scorta del regolamento di condominio vigente, a studio professionale . Dato il mancato avveramento della condizione, il professionista aveva convenuto i promittenti venditori affinché fossero condannati alla restituzione della caparra versata. La Corte d’Appello aveva condannato i convenuti alla restituzione della caparra. Infatti, secondo i giudici, il contratto de quo era divenuto inefficace, in quanto non si era realizzata la condizione sospensiva della modifica del regolamento condominiale - ovvero che fosse consentito l’uso dell’appartamento a esclusivo studio professionale -, dal momento che la richiesta di modifica formulata dai convenuti era stata respinta dall’assemblea condominiale. Per la Corte territoriale, dunque, non poteva assumere rilievo quanto ritenuto in primo grado a proposito della nullità della clausola del regolamento condominiale, posto che la suddetta nullità non era stata accertata nelle forme di legge con il contraddittorio necessario di tutti i condomini e non poteva essere riconosciuta. Contro tale statuizione, i promittenti venditori hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo che le domande proposte in appello dall’odontoiatra, aventi a oggetto l’inefficacia del preliminare per avveramento della condizione risolutiva e la condanna alla restituzione della caparra erano diverse da quella formulata in primo grado in cui era stata chiesta la declaratoria di nullità del contratto per essere stata apposta una condizione sospensiva impossibile. A loro avviso, quindi, l’impugnazione era da dichiarare inammissibile, essendo stati introdotti una causa petendi e un petitum del tutto nuovi rispetto a quelli di primo grado. La Suprema Corte ha considerato la censura infondata. La qualificazione giuridica dell’istante non è vincolante per il giudice. Gli Ermellini, a riguardo, hanno affermato che è di tutta evidenza che, seppure aveva fatto riferimento all’impossibilità della condizione e alla nullità prevista dall’art. 1354 c.c. condizioni illecite o impossibili , l’attore aveva fatto valere il mancato avveramento della condizione per effetto della delibera condominiale che aveva respinto la richiesta di modifica formulata dai convenuti successivamente e in attuazione del contratto. Di conseguenza, come evidenziato da Piazza Cavour, la qualificazione giuridica data dall’attore era da ritenersi erronea perché intanto può configurarsi l’impossibilità della condizione prevista dall’art. 1354 c.c. in quanto sia dedotto in condizione un evento ex ante assolutamente irrealizzabile tale non era evidentemente l’evento dedotto in condizione la modifica del regolamento condominiale da parte dei condomini . La conseguenza derivante dal mancato avveramento della condizione sospensiva, è l’inefficacia del contratto, così come quando si avveri la condizione risolutiva, pertanto, i giudici di legittimità hanno escluso la novità della domanda proposta nei due gradi di giudizio. La sentenza, per il Collegio, ha correttamente ritenuto l’inefficacia del contratto, avendo in concreto accertato il mancato avveramento della condizione essendo venute meno le obbligazioni contratte, ha condannato i convenuti alla restituzione della caparra, divenuta ormai priva di giustificazione. Infine, il S.C. ha ricordato che è riservata al giudice la qualificazione giuridica – come condizione sospensiva risolutiva degli effetti del negozio – della pattuizione con cui le parti hanno inteso subordinare l’efficacia del contratto all’evento dedotto in condizione. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 novembre – 13 dicembre 2013, n. 27941 Presidente Triola – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1.- Il 27.4.1993 L.D. e L.M. stipulavano con B.V.R. , odontoiatra, un contratto preliminare al quale in data 30.6.1993 sarebbe seguito il definitivo relativo alla vendita di un appartamento posto al primo piano dello stabile edificato a omissis di loro proprietà l’efficacia del contratto era subordinata al fatto che il suddetto appartamento potesse essere adibito sulla scorta del regolamento di condominio vigente a studio professionale esclusivamente per il proprietario . Premesso il mancato avveramento della condizione in questione, il B. conveniva innanzi al tribunale di Bari i predetti promittenti venditori per sentirli condannare alla restituzione della caparra versata. Costituitisi in giudizio, i L. contestavano la pretesa e spiegavano domanda riconvenzionale al fine di fare riconoscere, sul presupposto dell'intervenuta inadempienza della controparte, il loro diritto a recedere dal contratto e a trattenere la caparra loro versata alla stipula del contratto. Con sentenza del 18 gennaio 2002 il tribunale rigettava la domanda dell'attore, accogliendo la riconvenzionale. Con sentenza dep. il 27 giugno 2008 la Corte di appello di Bari, in riforma della decisione impugnata dall'attore, condannava i convenuti alla restituzione della caparra. Secondo i Giudici, il contratto de quo era divenuto inefficace, in quanto non si era realizzata la condizione sospensiva della modifica del regolamento condominiale ovvero che fosse consentito l'uso dell'appartamento a esclusivo studio professionale, avendo l'attore promesso di acquistare l'immobile per adibirlo soltanto all'attività di odontoiatra la richiesta di modifica formulata dai convenuti era stata respinta dall'assemblea condominiale. Non poteva assumere rilievo quanto invece ritenuto dal primo Giudice a proposito della nullità della clausola del regolamento condominiale, posto che la suddetta nullità non era stata accertata nelle forme di legge con il contraddittorio necessario di tutti i condomini e non poteva essere riconosciuta. L'eccezione formulata dagli appellati sui diversi riferimenti compiuti dall'attore, talora alla nullità tra l'altra alla inefficacia del negozio, quali conseguenze della mancata realizzazione della condizione, non incidevano né sul petitum restituzione della caparra né sulla causa petendi mancata realizzazione della condizione . 2. - Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione L.D. e L.M. sulla base di nove motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso l'intimato. Motivi della decisione 1.- Il primo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1421 cod. civ. e 102 cod. proc. civ Dopo avere evidenziato che erroneamente la sentenza impugnata aveva qualificato come condizione tipica quella che in realtà faceva riferimento a una condizione giuridica e attuale, deduce l'errore di diritto laddove non aveva considerato che la nullità relativa alla clausola contrattuale era opponibile dai convenuti che vi avevano interesse anche quali condomini la sentenza meramente dichiarativa non avrebbe richiesto la partecipazione al giudizio di tutti i condomini. 2. Il secondo motivo lamenta nullità della sentenza e del procedimento in relazione agli artt. 102 e 345 cod. proc. civ., denunciando che, ove fosse stato ritenuto il difetto di integrità del contraddittorio, la Corte avrebbe dovuto dichiarare la nullità della sentenza di primo grado. 3. I motivi, che per la stretta connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati. Come meglio si dirà infra, la domanda proposta dall'attore aveva oggetto la declaratoria di inefficacia del contratto preliminare di vendita intercorso fra le parti a seguito del mancato avveramento della condizione che, nell'ambito della autonomia privata, le parti avevano stabilito in considerazione dell'interesse legittimamente perseguito dal promissario acquirente. Orbene, correttamente la sentenza ha escluso che nel presente giudizio potesse assumere rilevanza la nullità della clausola del regolamento condominiale che vietava la esclusiva destinazione a studio professionale dell'appartamento promesso in vendita qui appare necessario sottolineare che - in relazione al ricordato oggetto del presente giudizio - una eventuale declaratoria di nullità della clausola del regolamento condominiale avrebbe avuto a oggetto un accertamento meramente incidentale art. 34 cod. proc. civ. e, come tale, non avrebbe potuto avere efficacia di giudicato nei confronti degli altri condomini che, peraltro, non avevano alcuna veste per partecipare al presente giudizio, di guisa che appare fuori luogo il riferimento al difetto di integrità del contraddittorio. Pertanto, l'acquirente sarebbe andato incontro al rischio di vedersi coinvolto in controversie con gli altri condomini per eventuali contestazioni formulate in base al contenuto della predetta clausola del regolamento condominiale. 4.- Il terzo motivo, lamentando nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'art. 345 cod.proc. civ., deduce che le domande proposte in appello aventi a oggetto l'inefficacia del preliminare per avveramento della condizione risolutiva e la condanna in primo grado in cui era stata chiesta la declaratoria di nullità del contratto per essere stata apposta una condizione sospensiva impossibile la impugnazione era da dichiarare inammissibile, essendo state introdotte una causa petendi e un petitum del tutto nuovi rispetto a quelli di primo grado. 5.- Il quarto motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi della controversia, denuncia i vizi dell'iter logico giuridico con il quale la sentenza aveva escluso la denunciata inammissibilità dell'appello e la novità delle domande con esso proposte. 6.- Il quinto motivo denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., osservando che la nullità o l'inefficacia del contratto per avveramento della condizione risolutiva sono elementi costitutivi della domanda, soprattutto quando, come nella specie, la parte individua gli elementi a loro volta costitutivi della nullità prima e della inefficacia dopo, introducendole non solo quali causa petendi della domanda di restituzione della caparra ma anche come petitum inteso a stabilire la sorte del preliminare, su cui la Corte aveva omesso di pronunciarsi. 7. - Il terzo, il quarto e il quinto motivo - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati. Occorre premettere che la domanda va interpretata in base al complessivo contenuto dell'atto e alle allegazioni dei fatti in modo da verificare, al di li là delle espressioni letterali adoperate e della qualificazione giuridica dell'istante - che evidentemente non è vincolante per il giudice - quale sia stata l'effettiva intenzione della parte. Orbene, con l'atto di citazione l'attore a aveva dedotto che l’efficacia del contratto, intercorso fra le parti, era stata subordinata alla condizione che l'appartamento promesso in vendita potesse essere dall'attore destinato a uso esclusivo di studio professionale che la richiesta di modifica del regolamento condominiale - il quale invece prevedeva il divieto di tale destinazione - era stata respinta dall'assemblea condominiale b aveva, quindi, chiesto la declaratoria di nullità del contratto per impossibilità della condizione e la restituzione della caparra versata. Pertanto, è di tutta evidenza che, seppure aveva fatto riferimento all'impossibilità della condizione e alla nullità prevista dall'art. 1354 cod. civ., sulla scorta delle stesse allegazioni dei fatti posti a base della domanda - peraltro rimasti del tutto invariati nel giudizio di appello - l'attore aveva fatto valere il mancato avveramento della condizione per effetto della delibera condominiale che aveva respinto la richiesta di modifica formulata dai convenuti successivamente e in attuazione del contratto. Ne consegue che la qualificazione giuridica data dall'attore era da ritenersi erronea perché intanto può configurarsi la impossibilità della condizione prevista dall'art. 1354 cod. civ. in quanto sia dedotto in condizione un evento ex ante assolutamente irrealizzabile - tale non era evidentemente l'evento dedotto in condizione la modifica del regolamento condominiale da parte dei condomini . La conseguenza derivante dal mancato avveramento della condizione sospensiva, era la inefficacia del contratto, così come quando si avveri la condizione risolutiva, a seconda della natura della condizione. Per5tanto, deve escludersi la novità delle domanda proposta nei due gradi di giudizio. La sentenza ha correttamente ritenuto l'inefficacia del contratto, avendo in concreto accertato il mancato avveramento della condizione essendo venute meno le obbligazioni contratte, ha condannato quindi i convenuti alla restituzione della caparra, divenuta ormai priva di giustificazione. 8. - Il sesto motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 2909 cod. civ., avendo la decisione impugnata violato il giudicato formatosi con la sentenza di primo grado la quale aveva rigettato la domanda, che era stata di nullità del preliminare e non di accertamento del mancato avveramento della condizione tale statuizione non era stata oggetto di impugnazione. 9.- Il motivo è infondato. Premesso che anche la sentenza di rigetto può essere oggetto di giudicato ma che questo si forma con riferimento a quelle che sono state le premesse logico-giuridiche della decisione, appare del tutto fuori luogo il riferimento alla formazione della cosa giudicata nel senso preteso dall'attore, posto che il tribunale si limitò a ritenere la nullità inoperatività della previsione del regolamento condominiale di guisa che cosi escluse qualsiasi rilevanza alla questione relativa alla clausola di inefficacia del preliminare di vendita del 27-4-1993 invocata dall'attore . Tale decisione era censurata dagli appellanti, i quali denunciavano che non si era verificata la modifica del regolamento del condominio alla quale si erano impegnati i venditori e che si era pertanto verificata la condizione risolutiva alla quale era stata subordinata l'efficacia del contratto. Evidentemente nessuna statuizione il Giudice di primo grado emise a proposito della nullità o inefficacia del contratto preliminare, perché superata ovvero assorbita dalla richiamata ratio decidendi. 10.- Il settimo motivo, lamentando nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., lamenta che la sentenza impugnata si era pronunciata su una soltanto delle domande proposte dall'attore ovvero sulla condanna alla restituzione della caparra, avendo omesso di decidere in merito alla declaratoria di inefficacia del contratto e alla eccezione di inammissibilità della stessa, pur costituendo il presupposto necessario della seconda domanda, che veniva accolta. 11.- Il motivo è infondato. Occorre ricordare che al fine di stabilire la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale, occorre considerare non soltanto le statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma anche le enunciazioni contenute nella motivazione, che costituiscono le necessarie premesse logiche e giuridiche della decisione Cass. 160/2006 . Nella specie, la sentenza ha ritenuto, con motivazione chiara e puntuale, che il contratto de quo era divenuto inefficace, in quanto non si era realizzata la condizione sospensiva della modifica del regolamento condominiale, alla quale era stato condizionato in considerazione del già ricordato interesse di parte acquirente di adibire l'immobile a uso esclusivo di studio professionale. 12.- L'ottavo motivo deduce che nella sentenza impugnata non erano state riportate le conclusioni delle parti e da tale omissione era derivato l'errore che era stato denunciato con i motivi 4 ,7 e 9 . 13.- Il motivo è infondato. Occorre qui chiarire che la mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una mera irregolarità formale irrilevante ai fini della sua validità, occorrendo, perché siffatta omissione od incompletezza possa tradursi in vizio tale da determinare un effetto invalidante della sentenza stessa, che l'omissione abbia in concreto inciso sull'attività del giudice, nel senso di averne comportato o un'omissione di pronuncia sulle domande o sulle eccezioni delle parti, oppure un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi prospettati dalle parti medesime. Il che, nella specie, non si è verificato essendosi rivelata erronea la premessa da cui parte il ragionamento dei ricorrenti ovvero che la Corte di appello sia incorsa nei vizi in precedenza denunciati, quando si è visto che i Giudici - proprio tenendo conto di quelli che erano stati i fatti allegati e posti a base della domanda dell'attore - hanno ritenuto l'inefficacia del contratto per mancato avveramento della condizione sospensiva al cui verificarsi era stata subordinata la produzione degli effetti del negozio. 14.- Il nono motivo nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. denuncia che, mentre la domanda di restituzione della caparra era stata in appello fondata sulla inefficacia del contratto per avveramento della condizione risolutiva causa petendi , la sentenza aveva poi accolto la domanda ritenendo la inefficacia per mancato avveramento della condizione sospensiva ovvero ponendo a base della decisione una causa petendi diversa. Ove poi si fosse ritenuto implicitamente dichiarata l'inefficacia del contratto per il mancato avveramento della condizione sospensiva, la sentenza sarebbe incorsa nel vizio di extrapetizione, perché avrebbe posto a base della decisione una domanda nuova rispetto a quella proposta in appello in cui era stata chiesta la declaratoria di inefficacia sopravvenuta del contratto per il verificarsi della condizione risolutiva. 15.- Il motivo è infondato. Premesso quanto si è detto sopra sulla causa petendi e sulle circostanze dedotte a base della domanda, la sentenza impugnata - tenendo conto di quelle che erano state le allegazioni della parte - ha posto a base della decisione l'inefficacia del contratto che era stata invocata dall'attore, secondo cui il contratto era stato subordinato alla preventiva modifica della clausola del regolamento condominiale onde fosse consentito l'uso al quale l'acquirente avrebbe inteso destinare l'immobile. Ed è di tutta evidenza che è riservata al giudice la qualificazione giuridica - come condizione sospensiva o risolutiva degli effetti del negozio - della pattuizione con cui le parti hanno inteso subordinare l'efficacia del contratto all'evento dedotto in condizione. Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari di avvocato oltre accessori di legge.