Chi è il conduttore? Data l’incertezza, il rifiuto del locatore di ricevere i canoni non ha significato di rinunzia

L’estinzione del diritto di credito si verifica solo se e in quanto voluta dal creditore con la conseguenza che la volontà di rinunzia presuppone anche, e in primo luogo, la consapevolezza, nel creditore, dell’esistenza del debito.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 27753, depositata l’11 dicembre 2013. Il caso. La Corte d’Appello aveva confermato la decisione di primo grado di accoglimento della domanda, proposta da un locatore, di risoluzione del contratto di locazione commerciale per morosità. Il conduttore, condannato al pagamento dei canoni di locazione non pagati, ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto che le due lettere con cui il locatore aveva respinto i canoni di locazione, contenenti l’avvertimento al conduttore di non corrisponderne più in futuro, non costituissero rinunzia irrevocabile estintiva del diritto di credito. Inoltre, ad avviso del ricorrente, il rifiuto a ricevere i canoni, giustificato dalla negazione del rapporto di locazione, non sarebbe idoneo a sospendere la decorrenza del termine di prescrizione. Per la Suprema Corte la doglianza è infondata. Secondo gli Ermellini, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione delle norme in materia di rinunzia al credito e rinunzia alla prescrizione. Consapevolezza, nel creditore, dell’esistenza del debito. Infatti, essi hanno affermato che la volontà di rinunzia presuppone anche, e in primo luogo, la consapevolezza, nel creditore, dell’esistenza del debito, non potendo certo configurarsi la remissione di un debito che lo stesso remittente reputi, a torto o a ragione, inesistente . Inoltre, Piazza Cavour ha precisato che la rinunzia può ricavarsi da una manifestazione tacita di volontà, quando questa risulti da una serie di circostanze concludenti e non equivoche. Nel caso in esame, come giustamente rilevato dai giudici di merito , vi era una oggettiva situazione di incertezza su chi fosse il reale conduttore dell’immobile di cui l’attore originario era divenuto proprietario a un’asta giudiziale, tanto che lo stesso conduttore-ricorrente era stato costretto ad adire l’autorità giudiziaria per accertare l’esistenza del contratto di locazione in suo favore. Di conseguenza, i giudici di legittimità hanno affermato che al rifiuto del locatore di incassare i canoni di locazione inviati dal ricorrente - prima della sentenza di accertamento del contratto di locazione esistente tra quest’ultimo e l’esecutata nella cui posizione è succeduto l’attore originario - non può attribuirsi il significato di rinunzia ai canoni. A proposito dell’eccezione di prescrizione Ugualmente, per il S.C., la situazione di incertezza sulla individuazione della persona del conduttore non consentiva neanche il decorso della prescrizione. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 ottobre - 11 dicembre 2013, n. 27753 Presidente Russo – Relatore Armano Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 6-11-2007 la Corte di Appello di l'Aquila ha confermato la decisione di primo grado di accoglimento della domanda proposta da C.R. nei confronti di D.S. di risoluzione del contratto di locazione commerciale per morosità, condannandolo al pagamento dei canoni di locazione non pagati nella misura di Euro 11.155,54, detratto dall'importo inizialmente richiesto dal locatore la somma di Euro 6.507,29, pagata dal conduttore banco iudicis. Propone ricorso D.S. con tre motivi. Resiste con controricorso C.R. . Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si denunzia violazione degli artt. 1175, 1324, 1362, 1218, 1209, 1220, 1453 e 2697 c.c. ex art. 360 n. 3 e vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c Il ricorrente censura la decisione di giudici di merito che hanno ritenuto che le due lettere con cui il locatore C. aveva respinto i canoni di locazione, contenenti l'avvertimento al conduttore di non corrisponderne più in futuro, non costituissero rinunzia irrevocabile estintiva del diritto di credito. La Corte di merito avrebbe dovuto superare la presunzione di colpevolezza dell'inadempimento, poiché l'inadempimento non era imputabile al conduttore a causa del rifiuto del locatore a ricevere i canoni. 2. Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione. Il ricorrente ravvisa la contraddittorietà della motivazione fra l'affermazione dei giudici di merito secondo cui prima della sentenza del 2002 il C. non avrebbe potuto pretendere il pagamento dei canoni di locazione, stante l'obiettiva situazione di incertezza, e la contestuale affermazione che il conduttore avrebbe potuto liberasi dell'obbligo di pagamento con l'offerta reale dei canoni. 3. Con il terzo motivo si denunzia violazione degli artt. 2935 e 2948 n. 3 c.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c Sostiene il ricorrente che il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui vi è la possibilità legale di azionare il diritto di credito e che il rifiuto a ricevere i canoni,giustificato dalla negazione del rapporto di locazione, non è idoneo a sospendere la decorrenza del termine di prescrizione. 4. I motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logica giuridica che li lega e sono infondati. La Corte di merito ha ritenuto infondate le eccezioni di rinunzia e di prescrizione al pagamento dei canoni di locazione, sul rilievo che solo con la sentenza del Tribunale di Chieti del 2002 si era dichiarata l'opponibilità al C. , aggiudicatario dell'immobile ad un'asta giudiziale in danno di Co.Ri. , del contratto di locazione vantato dal D. prima di tale decisione, stante l'obiettiva situazione di incertezza, il locatore, coerentemente alla contestazione del rapporto locatizio inter partes , non poteva pretendere né ricevere il pagamento dei canoni da parte del conduttore. Quindi, concludono i giudici di merito, indipendentemente da ogni discorso circa l'intervenuta prescrizione - precedentemente all'emanazione della suddetta sentenza, il rifiuto del C. non ha significato una reale rinunzia alla percezione dei canoni di locazione. 5.Successivamente alla sentenza di accertamento - che sanciva, in modo definitivo, la perdurante validità ed efficacia del contratto di locazione stipulato originariamente tra la Sas Das Alimentari di D'Alessandro Sergio & amp C. e l'esecutata Co.Ri. - non si rivela più giustificabile,ai fini della risoluzione di cui agli artt. 1453 e 1455 c.c., l'inadempimento del D. rispetto al pagamento del corrispettivo della locazione. 6. I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione delle norme in materia di rinunzia al credito e di rinunzia alla preserzione. Infatti la volontà di rinunzia presuppone anche, e in primo luogo, la consapevolezza, nel creditore, dell'esistenza del debito, non potendo certo configurarsi la remissione di un debito che lo stesso remittente reputasse, a torto o a ragione, inesistente. Infatti la natura negoziale della rinunzia, quale atto abdicativo, esige e postula che il diritto di credito si estingua conformemente alla volontà remissoria e nei limiti da questa fissati, ossia che l'estinzione si verifichi solo se e in quanto voluta dal creditore con la conseguenza che la volontà di rinunzia presuppone anche, e in primo luogo, la consapevolezza, nel creditore, dell'esistenza del debito. 7. È vero che la rinunzia può ricavarsi anche da una manifestazione tacita di volontà, ma in tal caso è indispensabile che la volontà abdicativa risulti da una serie di circostanze concludenti e non equivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito Cass. n. 16125 del 14/07/2006 Cass. 21 dicembre 1998 n. 12765 Cass. 27 giugno 1991 n. 7215, Cass. 18 giugno 1990 n. 6116 Cass. 12 giugno 1987 n. 5148. 8. Come giustamente rilevato dai giudici di merito vi era una oggettiva situazione di incertezza su chi fosse il reale conduttore dell'immobile di cui il C. era divenuto proprietario ad un'asta giudiziale, tanto che lo stesso D. fu costretto ad adire l'autorità giudiziaria per accertare l'esistenza del contratto di locazione in suo favore. Di conseguenza al rifiuto del C. di incassare i canoni di locazione inviati dal D. prima della sentenza del 2002, non può attribuirsi il significato di rinunzia ai detti canoni, tenendo anche conto della circostanza non contestata che il C. contemporaneamente percepiva i canoni di locazione dalla società Picenogest. 9. Ugualmente la situazione di incertezza sulla individuazione della persona del conduttore non consentiva neanche il decorso della prescrizione. 10. È parimenti infondata la censura relativa alla ritenuta sussistenza dell'inadempimento che ha dato luogo alla risoluzione del contratto di locazione. Per il periodo precedente all'emanazione della sentenza del 2002, il D. , che riteneva di essere l'effettivo conduttore, dopo il rifiuto del C. , avrebbe potuto procedere all'offerta reale dei canoni. Ma, come evidenziato dalla Corte di merito, anche dopo la sentenza del 2002, che ha accertato l'esistenza del contratto di locazione fra il D. e l'esecutata Co.Ri. , nella cui posizione è succeduto il C. , il conduttore ha continuato a non corrispondere i canoni di locazione, pur essendosi chiarito che egli era l'effettivo conduttore dell'immobile acquistato dal C. . 11. L'inadempimento non può pertanto ritenersi incolpevole, come pretende il ricorrente, né vi è alcuna contraddittorietà di motivazione nel rilievo dato dai giudici di merito alla possibilità del D. di procedere all'offerta reale dei canoni per il periodo precedente alla sentenza,in quanto egli originario conduttore, era certo di dover corrispondere i canoni di locazione, sicurezza che non poteva avere il C. , aggiudicatario di un immobile di cui non conosceva l'effettivo conduttore e per il quale aveva ricevuto i canoni di locazione da due soggetti diversi. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori come per legge.