Indennizzabile il servizio di gestione e manutenzione dell’impianto fognario non contrattualizzato reso nell’interesse pubblico?

In tema di servizi pubblici forniti da società privata in regime di rapporti quasi-contrattuali e quindi di obbligazioni tra privato ed ente pubblico, l’utilità della prestazione si riscontra nella costante utilizzazione, da parte della P.A., dei servizi resi dal privato e genera un credito ad hoc di natura negoziale e quindi indennitaria, anche in assenza di una fonte contrattuale che rechi un apposito dovere di adempimento.

E’, così, illegittima la sentenza di merito con cui, accertata l’utile gestione da parte del privato nell’interesse generale, l’uso continuativo dei servizi nonché la illogicità tra premesse presupposti di applicabilità della fattispecie normativa e conclusioni richieste al ricorrente del provvedimento giurisdizionale e quindi l’insufficienza e l’inadeguatezza della relativa motivazione, venga negato il diritto all’indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento per le prestazioni rese alla P.A. consapevole” e rimasta inerte. Il principio si argomenta dalla sentenza n. 27760 depositata l’11 dicembre 2013. Il caso. Un Comune affidava ad una s.p.a., per un anno e mediante apposita convenzione, la gestione e la manutenzione dell’impianto comunale di depurazione di un quartiere, delle stazioni di sollevamento ed adduzione dei liquami delle fognature comunali e di trattamento dei reflui fognari. Scaduta la convenzione e non rinnovata dal Comune che però non si faceva carico della gestione delle medesime attività, la s.p.a. non interrompeva i servizi, per motivi di igiene e sanità pubblica e pericolo di inquinamento dell’intera città. Alla s.p.a. subentrava un’altra s.p.a. ed, infine, un’altra s.p.a. che informava il Comune dell’impossibilità di interrompere i servizi per i medesimi motivi e ne sollecitava il rimborso al medesimo ente che, peraltro, mai aveva manifestato volontà contraria e che riscuoteva i relativi canoni dai cittadini. Infine, una nuova società subentrata, mediante atto pubblico di conferimento di ramo d’azienda, impugnava, in appello, il rigetto della richiesta, formulata dalla precedente società, di condanna del Comune a titolo di ingiustificato arricchimento. L’arricchimento senza causa tra convenzione pubblicistica ed obbligazioni privatistiche presupposti e caratteristiche. In primis , vanno richiamati gli artt. 1173, 1218, 1366, 1375 e 2041 c.c. All’uopo, vanno valutati, secondo i canoni interpretativi civilistici, i comportamenti negoziali di entrambe le contro-parti, anche quando una di queste sia rappresentata da un ente pubblico, comparandone i relativi interessi economici, onde stabilire diritti e doveri in relazione all’adempimento delle rispettive prestazioni. Segnatamente, nell’esecuzione dei rapporti negoziali o quasi-negoziali, anche l’ente pubblico deve comportarsi secondo buona fede e correttezza e non può, quindi, danneggiare ingiustamente gli interessi dell’altra parte ed, in primis , è obbligato ad adempiere spontaneamente, anche ex post , alla propria contro-prestazione ed, in mancanza, a titolo di ingiustificato arricchimento. E’ da sottolineare che l’utilità della prestazione resa dal privato in favore dell’ente pubblico non deve necessariamente risultare da un atto formale ad hoc successivo alla prestazione del servizio medesimo da cui è derivato l’arricchimento e non è, altresì, necessaria la prova della richiesta, da parte del sindaco, di tale servizio Cass. n. 10922/2008, n. 16820/2013, n. 9141/2011 ed, essendo il Comune titolare dei crediti anche se da altrui adempimento , persino in mancanza di prova del pagamento, da parte degli utenti, dei relativi canoni. In altri termini, il privato subentrato al precedente contraente di apposita convenzione poi scaduta conserva la stessa posizione, attiva e passiva, e, così, l’arricchimento senza causa si configura quando nella prestazione fornita e ricevuta è ravvisabile, anche implicitamente, il consenso e l’accettazione da parte del beneficiario nella fattispecie, il Comune . Basta la manifestazione inequivoca dell’implicito riconoscimento dell’utilità dell’opera per esperire, con successo, l’azione a titolo di ingiustificato arricchimento. In ambito di esecuzione di un servizio utile alla collettività da parte del privato alla P.A., secondo l’ordinamento giuridico interno vigente rileva, contrariamente a quanto sostenuto da App. Caltanissetta n. 40/2009, il comportamento di fatto di entrambe le parti, anche in assenza di una convenzione ad hoc , e, quindi, genera, anche a carico della P.A. avvantaggiata, un vero e proprio obbligo di diritto in termini di rimborso e di indennizzo ultra limina ex lege ciò anche a in caso di insussistenza di alcun rapporto contrattuale o in caso di convenzione non rinnovata b a favore della società privata subentrata nell’unica convenzione precedentemente stipulata da altra società c riscontrati i motivi di igiene e salute pubblica nell’esecuzione del servizio pubblico, anche se non dovuto per mancanza di contratto, e quindi considerata la natura del medesimo servizio e senza prova certa esplicita del riconoscimento, da parte dell’ente pubblico, dell’utilità delle prestazioni ricevute f per l’incontestata utilizzazione dei servizi, da parte del Comune, appositamente informato e sollecitato nel rimborso dei costi e senza avere manifestato uno specifico divieto. Sotto il profilo formale, peraltro, anche l’ulteriore soggetto privato subentrato dopo il rigetto della domanda formulata dal precedente privato può legittimamente agire, con successo, in sede di gravame. Ergo , il ricorso va accolto e la sentenza va cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 ottobre - 11 dicembre 2013, n. 27760 Presidente Russo – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 22 luglio 1996 la s.p.a. Agip Petroli ha convenuto in giudizio il Comune di Gela, chiedendone la condanna al pagamento di L. 4.622.848.400 Euro 2.387.501,97 , a titolo di ingiustificato arricchimento, per avere essa reso al Comune stesso i servizi di gestione e manutenzione dell'impianto di depurazione del quartiere omissis , delle stazioni di sollevamento e di adduzione dei liquami della fognatura comunale e di trattamento dei reflui fognari presso il depuratore consortile di Gela, negli anni 1994 e 1995. A sostegno della domanda ha dedotto che, con apposite convenzioni sottoscritte negli anni 1987-88, il Comune aveva affidato all'Enichem Anic s.p.a. - a cui sono successivamente subentrate la Praoil s.p.a. ed essa Agip Petroli - la gestione dei suddetti impianti per la durata di un anno. Scaduto il termine, il Comune non ha rinnovato le convenzioni, senza peraltro farsi carico della gestione delle suddette attività, che Enichem non ha potuto interrompere, per motivi di igiene e di sanità pubblica l'interruzione avrebbe infatti provocato l'inquinamento dell'intero abitato di Gela. Il Comune ha resistito alla domanda, eccependo l'insussistenza di alcun rapporto contrattuale e l'unilaterale e arbitraria quantificazione del valore dei servizi resi. Esperita l'istruttoria anche tramite CTU, il Tribunale di Gela ha respinto la domanda attrice, ritenendo non raggiunta la prova certa che il Comune avesse riconosciuto l'utilità delle prestazioni ricevute. La s.p.a. Raffineria di Gela - subentrata all'Agip a seguito di atto pubblico di conferimento di ramo di azienda - ha proposto appello, a cui ha resistito il Comune. Con sentenza depositata il 20 febbraio 2009 n. 40 la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo anch'essa non provata l'accettazione da parte del Comune delle prestazioni rese dalla società appellante. La Raffineria propone tre motivi di ricorso per cassazione. Resiste il Comune con controricorso. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo, denunciando omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, la ricorrente rileva che la Corte di appello - dopo avere premesso che l'azione di ingiustificato arricchimento promossa contro un ente pubblico può essere accolta solo quando sia dimostrato che l'ente ha riconosciuto, esplicitamente o implicitamente, l'utilità della prestazione resa - ha contraddittoriamente respinto la sua domanda di indennizzo per la mancanza di accettazione esplicita, trascurando di rilevare che la stessa natura dei servizi resi e la loro incontestata utilizzazione da parte del Comune manifesta implicitamente, ma inequivocabilmente, il riconoscimento della loro utilità. Richiama la documentazione prodotta in giudizio, da cui risulta che l'Agip ha informato il Comune che, scadute le originarie convenzioni, essa continuava a prestare i servizi che ne costituivano oggetto, data l'impossibilità di interromperli senza grave danno ambientale, ed ha sollecitato il rimborso dei relativi costi, senza che il Comune abbia mai manifestato volontà contraria che anzi, avendo essa esercitato la sua attività tramite la mera gestione del depuratore e degli impianti di sollevamento dei liquami - impianti di proprietà del Comune - quest'ultimo non poteva ritenersi all'oscuro della sua attività svolta, ma anzi ha implicitamente manifestato di acconsentirvi. Afferma che il Comune si è così avvantaggiato sia dei servizi resi, sia dei relativi costi, sopportati dall'Agip sia dei canoni di fognatura e di depurazione delle acque, che ha nel frattempo riscosso dai cittadini. 2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 2041 cod. civ., nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto che l'utilità della prestazione debba risultare da un atto formale successivo alla prestazione del servizio da cui è derivato l'arricchimento, disattendendo ancora il principio per cui il riconoscimento dell'utilità può risultare anche per implicito. 3.- Con il terzo motivo lamenta violazione dell'art. 345 cod. proc. civ. e vizi di motivazione, nel capo in cui la Corte di appello non ha ammesso la produzione in giudizio dei documenti comprovanti l'avvenuto pagamento al Comune da parte degli utenti dei canoni per il servizio di depurazione. Rileva che - pur in mancanza di prova del pagamento dei canoni - il Comune è comunque titolare dei relativi crediti, e che in ogni caso l'utilità della prestazione risulta da altri e più pregnanti fattori, quali la costante utilizzazione dei servizi resi dalla ricorrente. 3.- I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, sono fondati sotto il profilo dell'illogicità della motivazione. Effettivamente la Corte di appello - dopo avere premesso che l'opera o il servizio reso ad un ente pubblico è indennizzabile ai sensi dell'art. 2041 cod. civ. solo a condizione che l'ente ne abbia riconosciuto, anche solo implicitamente, l'utilità – ha respinto la domanda della Raffineria ritenendo non dimostrato che la prestazione dei servizi sia stata richiesta dal Sindaco e che tale organo abbia, con atto successivo, esplicitamente o implicitamente riconosciuto l’esistenza di un'utilitas per l'ente locale da lui rappresentato, così ammettendo la ricorrenza di un arricchimento indennizzabile ai sensi dell'art. 2041 c.c. . Ha soggiunto che la documentazione relativa alle ricevute emesse dall'Ente Acquedotti Siciliani in relazione ai canoni fognari e di depurazione pagati dalla cittadinanza, pur se ne fosse ammissibile la produzione in appello - cosa che ha escluso - non varrebbero a dimostrare che l'Ente Acquedotti abbia riversato al Comune i relativi importi. Trattasi di motivazione intrinsecamente contraddittoria in ogni sua parte. Nell'esigere un atto del Sindaco di riconoscimento dell'utilità dei servizi resi dall'Agip la Corte di merito mostra di avere ritenuto indispensabile il riconoscimento esplicito dell'utilità dell'opera, contrariamente alle premesse da essa stessa formulate, ed ai principi che regolano la materia, per cui è sufficiente il riconoscimento implicito, in particolare quando esso risulti dal fatto che l'ente pubblico ha di fatto utilizzato i servizi resi circostanza che la consolidata giurisprudenza considera manifestazione inequivoca dell'implicito riconoscimento dell'utilità dell'opera cfr., fra le tante, Cass. civ. Sez. 1, 30 aprile 2008 n. 10922 Cass. civ. Sez. 3, 21 aprile 2011 n. 9141 Cass. civ. Sez. 1, 5 luglio 2013 n. 16820 . Va soggiunto che, nel caso in esame, i servizi sono stati prestati tramite la gestione di impianti di proprietà del Comune che detta gestione si è protratta per anni, con piena consapevolezza dell'ente proprietario, che non solo ha ricevuto e lasciato inevase molteplici richieste di rimborso delle spese, ma non risulta avere inoltrato alcuna diffida o comunicazione al gestore, quanto meno per informarlo che intendeva denegare l'utilità dei servizi di cui questi stava sopportando i costi. Se il primo aspetto costituisce ulteriore manifestazione del riconoscimento implicito dell'utilità della gestione dell'Agip e della sua accettazione, l’inerzia del comportamento successivo offre ulteriore elemento di interpretazione della volontà dell'ente pubblico nel senso voluto dalla ricorrente. L'ente pubblico ha bensì il diritto ad un trattamento di particolare cautela, quanto all'individuazione dei presupposti in presenza dei quali è tenuto a rispondere per ingiustificato arricchimento, ma non è esonerato dall'obbligo di comportarsi secondo buona fede nell'esecuzione del rapporto arg. art. 1375 cod. civ. , né può esimersi dal fatto che - nella valutazione del suo comportamento - si faccia uso dei conseguenti canoni interpretativi art. 1366 cod. civ. . In applicazione del principio per cui, nei rapporti contrattuali o quasi contrattuali, qual è quello di specie , il comportamento delle parti deve essere interpretato secondo buona fede - cioè nel senso che ad esso deve essere attribuito il significato che avrebbe se la parte si fosse comportata secondo le regole della correttezza ed in modo da non danneggiare ingiustamente gli interessi della controparte - il silenzio del Comune di Gela, protrattosi per tutti gli anni durante i quali esso ha di fatto utilizzato i servizi di fognatura resi dall'Agip, senza comunicare di non volerne approfittare e senza rimborsarne i costi, non può che essere interpretato come riconoscimento dell'utilità dell'opera. Va soggiunto che nella specie l'utilità dell'opera era implicita nella stessa natura delle prestazioni rese, la cui sospensione avrebbe provocato grave danno ambientale. La fattispecie presenta, pertanto, anche aspetti dell'utile gestione, da cui derivano a carico del soggetto avvantaggiato obblighi di rimborso e di indennizzo non soggetti ai limiti a cui è sottoposta l'azione di ingiustificato arricchimento cfr. art. 2031 cod. civ. . Sotto ogni profilo, pertanto, i criteri interpretativi adottati dalla Corte di appello nel valutare il comportamento del Comune manifestano l'insufficienza, l'inadeguatezza e l'illogicità della motivazione, nonché la sua incompatibilità con i principi di legge a cui si ispira la disciplina giuridica delle obbligazioni ex lege e l’interpretazione dei comportamenti negoziali. 4.- Ogni ulteriore censura risulta assorbita. 5.- In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata è cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Caltanissetta, in diversa composizione, affinché decida la controversia con congrua e logica motivazione, uniformandosi ai principi sopra esposti contrassegnati in grassetto . 6.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Caltanissetta, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.