Nei contratti a prestazione corrispettive è esclusa la fattispecie di concorso delle parti nell'inadempimento

In sede di accertamento tecnico preventivo il giudice può demandare al consulente indagini anche concernenti cause ed entità del danno lamentato purché dette indagini risultino compatibili con le finalità cautelari del provvedimento.

Nel contratto d'appalto i danni devono comprendere gli eventi degenerativi scaturenti dall'inadempimento non corretto abbandono del cantiere e lavori non correttamente eseguiti , mentre, spettano all'appaltatore le somme scaturenti dai residui lavori eseguiti a regola d'arte. Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27298/2013, depositata il 5 dicembre scorso. Il caso. Due parti stipulavano contratto di appalto finalizzato alla realizzazione di opere murarie destinare a ripristinare beni immobili di proprietà del committente. L'appaltante conveniva in giudizio l'appaltatore eccependo il mancato completamento delle opere, l'esecuzione degli interventi in modo approssimato, indi, chiedeva la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni. L'impresa esecutrice si costituiva in giudizio rilevando che i lavori erano stati eseguiti a regola d'arte, inoltre, a fronte del prezzo pattuito era stata versata soltanto una minima somma e per tale ragione erano stati sospesi i lavori, quindi, chiedeva la condanna della parte attrice al versamento della somma residua. Il tribunale accoglieva la tesi difensiva di parte convenuta, dichiarava i lavori eseguiti a regola d'arte, condannava parte attrice al versamento delle somme corrispondenti ai lavori eseguiti e non pagati. La Corte d'appello revocava la sentenza di primo grado, osservava che risultava prevalente l'inadempimento di parte convenuta che non aveva certificato lo stato di avanzamento dei lavori ed aveva sospeso arbitrariamente le opere, così determinando danni a carico dell'immobile. Detta decisione trovava conforto in una nuova consulenza tecnica eseguita in appello che, tra l'altro, attribuiva concorso di colpa a carico del committente per non aver provveduto alla messa in sicurezza dei luoghi. L'appaltatore ha proposto ricorso per cassazione. Risoluzione di contratti a prestazioni corrispettive. Nei contratti a prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto. Sul punto, ha osservato la S.C., non è ipotizzabile un inadempimento concorsuale delle parti atteso che l'eccezione di inadempimento è una forma di autotutela della parte che intende essere stata danneggiata e chiede all'altra di adoperarsi per adempiere a quanto si era impegnata. Sostengono ancora i giudici di legittimità che la bontà dell'opera o, viceversa, i relativi vizi, devono essere valutati al momento dell'ultimazione dei lavori e non in fase intermedia. In ogni caso, l'appaltatore, a fronte dell'inadempimento del committente, non è legittimato ad abbandonare il cantiere in modo da sottoporre il cespite al rischio delle intemperie. Impossibile l'inadempimento concorsuale. Esclusa la possibilità di inadempimento concorsuale, la Cassazione, ha chiarito che la pronuncia di concorso di responsabilità del giudice di merito doveva intendersi riferita alla condotta del committente che disinteressandosi per lungo tempo dei lavori aveva determinato l'acuirsi o, almeno, la non attenuazione dei danni. La S.C., sul punto, ha rilevato che il giudice territoriale ha omesso di verificare se la condotta tenuta da parte committente era effettivamente giustificata da impedimenti della controparte e se la committente avrebbe potuto o dovuto comunque mettere in sicurezza il cantiere anche a seguito dell'abbandono da parte dell'appaltatore. L'accertamento tecnico preventivo, statuisce la Cassazione, comprende ed include tutti gli elementi conoscitivi considerati necessari per le valutazioni che dovranno essere effettuate nel giudizio di merito deve, pertanto, ritenersi consentito al giudice, in sede di accertamento tecnico preventivo, demandare al consulente indagini anche concernenti cause ed entità del danno lamentato, purché dette indagini risultino compatibili con le finalità cautelari del provvedimento. Contratto di appalto e risarcimento del danno. In materia di appalto il risarcimento del danno non può corrispondere al risarcimento in forma specifica ovvero al ripristino della situazione esistente prima della stipula del contratto perché così facendo il risarcimento comprenderebbe anche le opere eseguite correttamente. Pertanto, chiarisce la S.C., nel caso di specie i danni devono comprendere gli eventi degenerativi scaturenti dal non corretto abbandono del cantiere ed i lavori che il perito ha indicato come non corretti. Applicando lo stesso ragionamento logico spettano all'appaltatore le somme scaturenti dai lavori eseguiti a regola d'arte. Detta analisi non è stata eseguita dalla corte territoriale. In definitiva, la Cassazione ha, pur parzialmente, accolto i motivi di ricorso e rinviato ad altro giudice territoriale affinché decida applicando i criteri sopra richiamati.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 30 ottobre – 5 dicembre 2013, n. 27298 Presidente Bursese – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1.- C.L P. , G P. , P.D. e A P. convenivano in giudizio davanti al tribunale di Messina D B. , esponendo che erano proprietari di quattro appartamenti e di una quota di terrazza di copertura ricadenti in un ampio fabbricato sito in omissis con scrittura del primo settembre 1995 avevano stipulato con il convenuto contratto di appalto avente a oggetto lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria del predetto immobile il B. si era reso inadempiente, sospendendo senza plausibile motivo l'esecuzione dei lavori, parzialmente eseguiti e realizzati non a regola d'arte bensì con estrema incuria. Pertanto, chiedevano che fosse pronunciata la risoluzione del contratto per inadempimento del convenuto con la conseguente condanna del medesimo al risarcimento dei danni. Il convenuto chiedeva il rigetto della domanda, deducendo che i lavori realizzati erano stati eseguiti a regola d'arte e che i committenti erano la parte da considerare inadempiente, atteso che a fronte dei lavori eseguiti dal medesimo per un ammontare di L. 43.299.676, i predetti avevano corrisposto solo un modesto acconto di L. 10.000.000, per cui aveva sospeso l'esecuzione dei lavori. In via riconvenzionale, chiedeva la condanna degli attori al pagamento dei lavori eseguiti. Con sentenza del 9 febbraio 2004 il tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale, rigettando quella proposta dagli attori sul rilevo che legittima era stata la sospensione dei lavori, peraltro eseguiti a regola di arte, da parte dell'appaltatore, tenuto conto della mancata corresponsione dei pattuiti acconti in relazione ai lavori realizzati. Con sentenza dep. il 27 agosto 2009 la Corte di appello di Messina, in riforma della decisione impugnata da P.C.L. , pronunciava la risoluzione del contratto di appalto per colpa dell'appaltatore condannava il predetto al risarcimento dei danni che erano quantificati in Euro 45.000,00 nonché alla restituzione di metà della somma a lui corrisposta dai committenti. Nel pronunciare la risoluzione del contratto, i Giudici ritenevano prevalente la colpa dell'appaltatore rispetto a quella dei committenti. Se questi ultimi avevano ingiustificatamente rifiutato di versare nel corso dei lavori gli acconti chiesti dal B. - non richiedendo il contratto le certificazioni degli stati di avanzamento - peraltro l'appaltatore aveva abbandonato colposamente il cantiere, cosi lasciando all'azione degli agenti atmosferici il lastrico solare, dovendo essere consapevole per la sua qualità professionale delle conseguenze e dei danni derivanti alle strutture sottostanti dalla mancata collocazione delle mattonelle sulla guaina impermeabilizzante e dalla omessa esecuzione delle opere di convogliamento delle acque meteoriche. La sentenza sottolineava che, contrariamente a quanto ritenuto dal consulente nominato in primo grado, gli elaborati redatti dal consulente ing. R. , nominato in sede di gravame, avevano evidenziato i gravi danni costruttivi e di realizzazione delle opere realizzate dal convenuto. Peraltro, era riconosciuto il concorso di colpa, nella misura del 25%, a carico dei committenti i quali, pur avendo incaricato - dopo l'abbandono del cantiere da parte del convenuto - un tecnico per la quantificazione dei lavori offrendo la somma dal medesimo determinata e non accettata dal B. , avevano mostrato una colposa inerzia per non avere eseguito i lavori, nonostante che il consulente nominato in primo grado avesse indicato come irrisori i danni e l'importo dei lavori superiore agli acconti versati, quando soltanto nel 2006 ebbero a chiedere la esecuzione delle opere idonee a eliminare in via definitiva le infiltrazioni, mentre il ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. presentato nel 2001 era stato correttamente respinto per avere a oggetto un facere - l'esecuzione dei lavori - diverso dal petitum azionato con la causa di merito. Era precisato che i danni da liquidare non riguardavano l'appartamento di A P. , rimasto contumace in appello, atteso che la relativa domanda era stata formulata soltanto in sede di precisazione delle conclusioni di tale giudizio. Era escluso il rimborso delle spese di locazione sostenute dalla P. , perché non provate e comunque non dovute a stregua delle pattuizioni di cui al contratto di appalto. Per quanto riguardava la rimozione di attrezzature e materiali, lasciati dal B. e che sarebbero stati rimossi soltanto nel successivo corso del giudizio di appello secondo quanto riferito dall'appellante, la domanda di risarcimento dei danni era respinta sul rilievo che l'appaltatore aveva il diritto di ritenzione fino alla definizione del giudizio, che nessuna prova era stata offerta del danno arrecato dai materiali ivi depositati e circa la diversa utilizzazione del lastrico solare che i proprietari avrebbero fatto in corso di causa. 2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il B. sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso C.L P. , P.G. , D P. proponendo ricorso incidentale affidato a sei motivi. Il contraddittorio è stato integrato nei confronti di P.A. . Motivi della decisione RICORSO PRINCIPALE. 1.- Il primo motivo, lamentando violazione ex art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 696 e 345 cod. proc. civ., deduce l'inammissibilità dell'accertamento tecnico preventivo volto alla verifica dello stato attuale dell'immobile, che non poteva essere imputabile al ricorrente quanto piuttosto alla incuria dei committenti nonostante che la stessa sentenza impugnata avesse fatto riferimento al rigetto da parte del tribunale del ricorso di urgenza che avrebbe avuto un oggetto diverso e non strumentale rispetto alla domanda, si era consentito alle istanti di procedere ai lavori di sistemazione e completamento nonché di protezione dell'immobile da infiltrazioni, e cosi si era consentito di introdurre domande nuove rispetto a quelle originarie, posto che la richiesta di ripristino postulava una domanda di adempimento che non era stata mai formulata dalle istanti che avevano agito per la risoluzione del contratto. 2.- Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. art. 360 n. 3 cod. proc. civ., 1460 cod.civ. in relazione all'art. 1455 cod.civ., censura la sentenza laddove aveva ritenuto prevalente l'inadempimento di esso ricorrente e nella misura soltanto del 25% quello imputabile ai committenti, quando questi ultimi, pur abitando in loco e potendo notare i danni, non avevano provveduto alla ultimazione dei lavori. Osserva che la Corte di appello, pur avendo affermato che secondo la consulenza di primo grado i lavori erano stati eseguiti a regola di arte, poi se ne era discostata. Richiama i principi in materia di adempimento delle obbligazioni, facendo rilevare come il B. fosse da considerare la parte adempiente. 3.- Il terzo motivo, lamentando difetto di esame e di carenza logica nella motivazione, censura la sentenza impugnata che, dopo avere rilevato il comportamento fatalista e inerte dei committenti, aveva poi motivato in modo diverso in base a tre accertamenti che avevano concluso in modo diverso dal consulente nominato in primo grado, l'ing. P. , quando poi si trattava sempre dello stesso accertamento eseguito dall'ing. R. , attraverso il quale erano state introdotte domande nuove. Evidenzia la contraddizione in cui era incorsa la sentenza la quale, dopo avere rilevato la esecuzione a regola di arte dei lavori verificata dall’ing. P. , aveva poi ritenuto di maggiore gravità l'inadempimento dell'appaltatore sulla scorta di quanto esposto dall’ing. R. , quando la sospensione dei lavori era stata determinata dal mancato pagamento degli acconti da parte dei committenti. 4.- Il quarto motivo, denunciando contraddittoria motivazione ed errore essenziale, censura la sentenza impugnata laddove nella determinazione del danno erano stati quantificati i lavori relativi all'appartamento di A P. , pur avendo la sentenza impugnata ritenuto che non era stata formulata domanda per i danni subiti dall'appartamento di quest'ultimo. RICORSO INCIDENTALE. 1. Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1460, 1455, 1227, 1375, 1219, 2697 cod. civ. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi, censura la sentenza laddove aveva ritenuto la incidenza dell'inadempimento ascrivibile al B. nella misura del 75% e il residuo a carico dei committenti. a Dopo avere richiamato quanto emerso e accertato dalla Corte circa l'inadempimento dell'appaltatore all’obbligazione principale posta a suo carico e, quanto alle obbligazioni collaterali, alla illegittima sospensione dei lavori, si censura la sentenza laddove aveva ritenuto legittima l'eccezione di inadempimento sollevata dal convenuto in relazione alla mancata corresponsione degli acconti richiesti senza che l’obbligazione inadempiuta fosse certa e determinata - in assenza di stati di avanzamento o di comunicazione di avvenuta esecuzione dell'opera e che il medesimo avesse messo in mora le committenti le quali avevano comunque offerto la prestazione dovuta nonostante i gravi difetti costruttivi delle opere che rendevano l'appaltatore inadempiente. B Censura la sentenza laddove aveva ravvisato il concorso di colpa nella misura del 25% dei committenti senza tenere conto che i medesimi non avrebbero potuto effettuare alcuna opera, in quanto avrebbero alterato lo stato dei luoghi pregiudicando l'esito della causa dopo l'espletamento dell'accertamento tecnico preventivo ebbero a effettuare i lavori. La Corte non aveva tenuto conto che, a causa delle ingombranti attrezzature e dei pesanti macchinari lasciati volutamente dal B. , i committenti si erano trovati nell'impossibilità di effettuare i lavori, secondo quanto risultato dalla fotografie della consulenza R. , tant'è vero che per oltre un decennio avevano tentato giudizialmente e stragiudizialmente di ottenere la liberazione dell'immobile al fine di eseguire opere di salvaguardia. Richiama i principi in tema del concorso di colpa e della diligenza esigibile dal creditore danneggiato ai sensi dell'art. 1227 cod. civ 2.- Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 1460 cod. civ. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi, censura la sentenza per avere condannato il B. alla restituzione soltanto della somma di L. 10.000,00 nonostante i danni arrecati all'intero edificio dalle opere viziate e male eseguite. La condanna era erronea perché teneva conto della decurtazione del 25% ed era in contrasto con quanto affermato in motivazione a proposito dell'obbligo di restituzione da parte dei committenti della ulteriore somma versata in esecuzione della sentenza di primo grado. 3.- Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1152, 2043 e 832 cod. civ., 42 e 44 Cost. nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione, censura la sentenza laddove aveva respinto la domanda di danni derivanti dall'illegittima occupazione che aveva riguardato non soltanto il lastrico solare - come erroneamente ritenuto dalla Corte - ma anche gli appartamenti nei quali erano ubicati attrezzature e macchinari, denunciando l'erroneità e la contraddittorietà della sentenza laddove aveva fatto riferimento a un inesistente diritto di ritenzione da parte dell'appaltatore, diritto che comunque avrebbe impedito l'esecuzione dei lavori da parte dei committenti. Tale condotta era lesiva del diritto di proprietà. 4.- Il quarto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2043 cod. civ. e 112 cod. proc. civ. nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione, lamenta il mancato rimborso delle spese di locazione sostenute da essa ricorrente incidentale, comprovate dal deposito del contratto allegato all'atto di appello e di quanto accertato e provato attraverso la consulenza redatta dall'ing. R. , mentre il richiamo alle pattuizioni contrattuali era da considerare inconferente. 5.- Il quinto motivo lamenta omessa pronuncia o difetto di motivazione - nel caso si intendesse il rigetto implicito - in merito alle altre domande con le quali con l'appello erano stati chiesti i danni derivanti dalla immotivata sospensione dei lavori, dalla violazione delle condizioni contrattuali, i danni irreversibili all'immobile quantificati in Euro 200.000,00, la penale di Euro 50.000,00 e la restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado il danno non patrimoniale. 6.- Il sesto motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. denuncia la erronea compensazione delle spese processuali. Vanno esaminati congiuntamente i motivi del ricorso principale e di quello incidentale con riferimento alle questioni oggetto comune delle rispettive censure di segno opposto . A RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI APPALTO PER INADEMPIMENTO DELL'APPALTATORE E CONCORSO DI COLPA ADDEBITATO AI COMMITTENTI NELLA MISURA DEL 25%. A.1 Il secondo e il terzo motivo del ricorso principale sono infondati, mentre va accolto il primo motivo del ricorso incidentale, peraltro nei limiti di cui si dirà. a Occorre premettere, che nei contratti con prestazioni corrispettive il giudice del merito, in caso di inadempienze reciproche, deve pronunciare la risoluzione, ai sensi dell'art. 1453 cod. civ., addebitandola - attraverso una valutazione unitaria delle rispettive condotte -, esclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento prevalente, abbia alterato il nesso di interdipendenza che lega le obbligazioni assunte mediante il contratto e perciò dato causa al giustificato inadempimento dell'altra parte. Pertanto non è possibile imputare a entrambe le parti la risoluzione e tanto meno quindi stabilire una concorrente responsabilità con un diverso contributo causale. In realtà, il concorso di colpa al quale ha fatto riferimento la sentenza impugnata, deve intendersi riferito all'aggravamento dei danni che, ai sensi dell’art. 1227 secondo comma cod. civ., la condotta del creditore aveva provocato, secondo quanto risulta dalla motivazione dalla sentenza laddove ha descritto il comportamento imputato agli attori si rinvia l'esame al par. c . b Nell'addebitare la risoluzione del contratto di appalto alla condotta del convenuto, la sentenza impugnata ha ritenuto il grave inadempimento dell'appaltatore, il quale non soltanto ebbe a eseguire opere affette da gravi difetti ma - lamentando la mancata corresponsione degli acconti pattuiti - lasciò il cantiere senza adottare quelle misure tecniche elementari che, in considerazione della qualità professionale del convenuto, i principi di buona fede e correttezza avrebbero imposto a salvaguardia dell'interesse della controparte, che evidentemente sarebbe stata pregiudicato dall'abbandono del cantiere, le cui conseguenze erano ragionevolmente prevedibili. Orbene, nei contratti a prestazioni corrispettive l'eccezione di inadempimento che è una forma di autotutela, con cui la parte non inadempiente intende stimolare l'adempimento di controparte, deve essere conforme ai principi di buona fede la sospensione della prestazione deve, da un canto, essere circoscritta alla sua finalità e dall'altro non deve essere esercitata in danno della controparte. Se non è necessaria la preventiva messa in mora o la diffida ad adempiere nei confronti del debitore nella specie i committenti per fare valere l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., la stessa - la quale, in via generale, presuppone che le reciproche prestazioni siano contemporaneamente dovute - è opponibile anche alla parte che debba adempiere entro un termine diverso e successivo, a fronte di un evidente pericolo di perdere la controprestazione, avendo essa già dimostrato di non essere in grado di provvedere ai propri obblighi nella specie, pur essendo previsti termini diversi per le relative prestazioni il compimento a regola di arte dell'opera da parte l'appaltatore presuppone la sua ultimazione, momento rispetto al quale soltanto può verificarsi l'inadempimento o meno dell'appaltatore - la gravità dei vizi delle opere eseguite non a regola di arte dei lavori rendeva legittima da parte dei committenti la sospensione del pagamento degli acconti. Peraltro, il mancato adempimento dell'obbligazione di pagare gli acconti da parte dei committenti è stata ritenuta comunque circostanza non decisiva nel senso che, pur procedendo alla comparazione delle rispettive condotte, la sentenza, con valutazione riservata al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione da cui la sentenza è immune, ha comunque addebitato la risoluzione del contratto alla ritenuta prevalente responsabilità dell'appaltatore, il quale sospese le opere - di cui peraltro era accertata l'esecuzione non a regola di arte - lasciando il cantiere con attrezzature e materiali ivi depositate, come si è detto, senza l'adozione di quelle misure tecniche elementari che avrebbero impedito il verificarsi dei danni determinati dagli agenti atmosferici. Deve escludersi la denunciata dal ricorrente principale contraddittorietà della sentenza impugnata in merito alla esecuzione dei lavori i Giudici hanno ritenuto che le conclusioni alle quali era pervenuta la consulenza tecnica disposta in primo grado, in aderenza alle quali il tribunale aveva respinto la domanda degli attori, erano contraddette e, quindi, superate dalle diverse risultanze di quella svolte in secondo grado, che erano condivise dai Giudici di appello eventualmente, la censura avrebbe dovuto avere a oggetto e dimostrare l'erroneità degli elaborati redatti dall'ing. R. , sui quali la Corte aveva fondato il proprio convincimento. c Per quel che concerne il concorso di colpa, posto a carico dei committenti nella misura del 25% che, per quel che si è detto, si riferisce all'aggravamento dei danni la cui trattazione si anticipa qui per completare l'esame dei motivi in oggetto che formulano censure congiunte sulla risoluzione e sulla misura del suddetto concorso, salvo poi quanto si dirà più estesamente infra sub B , è stata ritenuta l'inerzia colposa dei committenti che avrebbero lasciato trascorrere un decennio prima di eseguire i lavori, avendo chiesto soltanto nel 2006 l’accertamento tecnico preventivo. Orbene, va innanzitutto chiarito che il dovere di correttezza e di normale diligenza imposto al danneggiato dall'art. 1227, secondo comma, cod. civ. non lo obbliga a svolgere attività che, pur nel fine lecito di contenere l'iter evolutivo dei danni, incidano sulla situazione dei luoghi in senso modificativo o sostitutivo di opere e cose comunque connesse geneticamente alla precedente azione od omissione dell'autore dello illecito. La Corte di appello non sembra avere sufficientemente considerato alcune circostanze, che invece dovevano assumere valore decisivo nella valutazione della condotta tenuta dalla parte committente, ovvero 1 se la effettuazione dei lavori avrebbe alterato lo stato dei luoghi, cosi precludendo l'accertamento dei vizi e dei danni che poi sono stati verificati soltanto con le indagini svolte in secondo grado che ribaltarono quelle effettuate in prime cure e rivelatesi erronee 2 la presenza o meno di materiali e/o attrezzature lasciati dall'appaltatore tali da impedire comunque l'effettuazione dei lavori, tanto più che nella sentenza - in cui pure si fa riferimento a tale presenza e all'avvenuta liberazione soltanto nel successivo corso del giudizio di appello nel 2004 - si afferma un diritto di ritenzione a favore dell'appaltatore, che certamente doveva considerarsi insussistente ai sensi dell'art. 1152 cod. civ., posto il diritto sancito da tale norma a favore del possessore di buona fede, essendo un mezzo di autotutela di natura eccezionale, non è applicabile in via di analogia a casi che non siano contemplati dalla legge, e non può quindi essere esercitato dall'appaltatore rispetto alle opere da lui costruite su suolo del committente 3 la complessiva condotta tenuta dai committenti ovvero le iniziative intraprese dai medesimi i quali, dopo avere incaricato in via stragiudiziale un tecnico per l'accertamento dei lavori offrendo la somma dal medesimo quantificata e rifiutata dall’appaltatore, avevano iniziato il presente giudizio, nel quale era espletata consulenza tecnica nel giudizio di primo grado rivelatasi come detto erronea, mentre ebbero a chiedere ripetutamente la liberazione dell'immobile ancora detenuto dall'appaltatore. B RISARCIMENTO DEI DANNI POSTI A CARICO DELL'APPALTATORE E CONDANNA DEI COMMITTENTI AL PAGAMENTO DI PARTE DEL CORRISPETTIVO DOVUTO. B.1 Deve ritenersi fondato il primo motivo del ricorso principale nei limiti di cui si dirà e il secondo motivo di quello incidentale per quanto sarà infra precisato. 1 Va innanzitutto disattesa la censura sollevata con il primo motivo del ricorso principale nella parte in cui denuncia la inammissibilità dell'accertamento disposto ai sensi dell'art. 696 cod. proc. civ., che è un mezzo di istruzione preventiva che può essere ammesso anche nel corso del giudizio di appello la valutazione del requisito dell'urgenza e della rilevanza è riservata al giudice del merito, il cui apprezzamento, concretandosi in una indagine di fatto, non è censurabile in sede di legittimità. Alla luce dei principi costituzionali che garantiscono la tutela in giudizio del proprio diritto e la ragionevole durata del processo, l'ambito dell'accertamento tecnico preventivo comprende ed include tutti gli elementi conoscitivi considerati necessari per le valutazioni che dovranno essere effettuate nel giudizio di merito deve, pertanto, ritenersi consentito al giudice, in sede di accertamento tecnico preventivo, demandare al consulente indagini anche concernenti cause ed entità del danno lamentato, purché dette indagini risultino compatibili con le finalità cautelari del provvedimento Cass. 19563/2009 . 2 Peraltro, a prescindere dal riferimento all'accertamento tecnico preventivo e all'inammissibile introduzione di domande nuove in appello, il complessivo esame del suddetto motivo evidenzia come il ricorrente principale abbia comunque inteso denunciare che la sentenza aveva accolto una domanda di adempimento ovvero di esecuzione del contratto, pur avendo gli attori chiesto i danni derivanti da inadempimento contrattuale conseguente a risoluzione del contratto di appalto. La formulazione del motivo è dunque idonea a fare comprendere la portata e l'oggetto della denuncia ovvero del vizio da cui la sentenza è risultata affetta. Ciò premesso, i Giudici hanno pronunciato la risoluzione del contratto per colpa dell'appaltatore e poi liquidato a favore dei committenti i danni, peraltro, quantificandoli negli importi necessari evidentemente per la ultimazione ed esecuzione a regola di arte dei lavori che avevano formato oggetto dell'appalto secondo quanto determinato dal supplemento di consulenza depositato il 6-12-2006 a seguito di istanza con cui l'appellante aveva chiesto la quantificazione del costo complessivo quantificato in Euro 39-267,89 per le opere di ripristino dell'immobile pagg. 9 e 11 del controricorso , del resto corrispondenti a quelle descritte nel quarto motivo del ricorso principale ha condannato i committenti a restituire soltanto parte della somma corrisposta all’appaltatore. Tale statuizione è erronea. In tema di appalto, il risarcimento del danno che consegue alla risoluzione del contratto pronunciata ai sensi dell'art. 1453, primo comma, cod. civ., non può avere natura di reintegrazione in forma specifica, nel senso che non può essere disposto il ripristino della situazione esistente anteriormente all'esecuzione del contratto derivante dalla risoluzione art. 1458 cod. civ. e, contemporaneamente, anche la realizzazione di quella che sarebbe conseguita all'esatto adempimento del medesimo, determinandosi altrimenti un illegittimo duplice beneficio conseguente dalla restituzione di ciò che si è dato e dal conseguimento dell'utilità che l'adempimento avrebbe determinato Cass. 8889/2011 . Nella specie, in cui l'appaltatore aveva sospeso i lavori non eseguiti a regola di arte, lasciandoli incompleti e ed esposti agli agenti atmosferici senza l'adozione delle necessarie precauzioni, il danno risarcibile a favore dei committenti derivava dalle conseguenze pregiudizievoli determinate dalla situazione in cui era stato abbandonato il cantiere e nel maggior costo che l'esecuzione dell'appalto avrebbe comportato - rispetto a quello a suo tempo pattuito - per il rifacimento dei lavori male eseguiti e la eliminazione dei danni nel frattempo provocati peraltro, il danno non avrebbe potuto concretarsi nel costo necessario per l'esecuzione della prestazione dovuta in base al contratto risolto. 3 Per quel che concerne il secondo motivo del ricorso incidentale, la risoluzione del contratto e gli effetti restitutori conseguenti avrebbero comportato, a stregua di quanto detto sopra, che il corrispettivo dovuto all'appaltatore non fosse dovuto, salvo il compenso per quelle opere che siano state ritenute comunque utilizzabili dai committenti in quanto ne avessero tratto vantaggio ma tale indagine non è stata in alcun modo compiuta dai Giudici, i quali si sono limitati a condannare l'appaltatore a restituire parte soltanto della somma corrisposta dai committenti. Il motivo, pertanto, merita accoglimento relativamente alla censura di tale statuizione che si è rivelata erronea. In relazione alla restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della sentenza impugnata, il motivo è invece assorbito, in quanto l'eventuale provvedimento dovrà essere preso dal giudice di rinvio all'esito di quel giudizio. B.2 Va accolto il quarto motivo del ricorso principale, che ha censurato la liquidazione dei danni relativi all'appartamento di A P. e che effettivamente risultano compresi nella somma determinata in sentenza. Con l'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado effettivamente la domanda era stata proposta anche da P.A. , il quale aveva agito per ottenere pure i danni relativi al suo appartamento ma la domanda degli attori fu rigettata in primo grado con sentenza che non venne impugnata dal predetto che rimase contumace in appello. In assenza dell'appello da parte del soggetto che era in via esclusiva legittimato, la domanda in virtù del principio devolutivo non poteva essere esaminata dai Giudici di appello che non ne erano stati investiti, non essendo - in mancanza di uno specifico mandato - la sorella legittimata a proporla per il fratello. Né, d'altra parte, potrebbe invocarsi l'effetto espansivo che opera nel caso di domande e di statuizioni fra loro dipendenti, atteso che nella specie si tratta di domanda autonoma. B.3 Il terzo e il quinto motivo del ricorso incidentale sono assorbiti, in quanto le questioni ivi prospettate - danni subiti dalla ricorrente conseguenti alla condotta tenuta dall'appaltatore per quanto riguarda la posizione di A P. si richiama quanto si è detto a proposito del quarto motivo del ricorso principale - dipendono dagli accertamenti che il giudice di rinvio dovrà compiere e di cui si è detto sopra sub A - lett. b. B.4 Il quarto motivo del ricorso incidentale è fondato, essendosi rivelate erronee le motivazioni con le quali i Giudici hanno disatteso la richiesta di rimborso delle spese sostenute dalla P. per la locazione di un appartamento. Ed invero, la sentenza non ha esaminato la produzione del contratto di locazione allegato all'atto di appello e preso in esame dal c.t.u. nominato in secondo grado, senza peraltro formulare alcun rilievo sull'ammissibilità o meno di tale documento, mentre del tutto erroneo appare il riferimento alle previsioni contrattuali quando il credito azionato trovava fondamento nella pretesa risarcitoria determinata dalla condotta inadempiente tenuta dall'appaltatore che non aveva rispettato i termini di consegna pattuiti. C Il sesto motivo del ricorso incidentale è assorbito, essendo la regolamentazione delle spese processuali rimessa all'esito del giudizio di rinvio infatti, la cassazione anche parziale della sentenza impugnata comporta la caducazione delle consequenziali statuizioni sulle spese processuali. Pertanto, vanno accolti il primo motivo del ricorso principale per quanto in motivazione nonché il quarto mentre vanno respinti il secondo e il terzo vanno accolti il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale per quanto in motivazione nonché il quarto, mentre sono assorbiti gli altri. La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Messina. P.Q.M. Accoglie il primo motivo del ricorso principale per quanto in motivazione nonché il quarto, rigetta il secondo e il terzo accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale per quanto in motivazione nonché il quarto, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Messina.