Devono essere restituite al cliente le somme ricavate dalle operazioni a lui non imputabili?

Esclusa l’imputabilità al cliente delle operazioni finanziarie poste in essere dalla banca, va rigettata la domanda di restituzione delle somme ricavate dalla vendita coattiva dei titoli acquistati con le operazioni per cui è causa.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 27119, depositata il 4 dicembre 2013. Il caso. La Corte d’Appello aveva condannato una Banca - in relazione ad alcune operazioni di investimento da questa effettuate in assenza di ordini del cliente - al rimborso in favore del cliente. Con la stessa sentenza, i giudici territoriali avevano condannato la banca alla restituzione della somma ricavata dalla vendita coattiva, dopo la sentenza di primo grado, dei titoli dell’attore in deposito. Contro tale sentenza, l’Istituto di credito ha proposto ricorso per cassazione. Infatti, il ricorrente aveva dedotto il vizio di motivazione della sentenza impugnata laddove, pur avendo tenuto esente il cliente dalle conseguenze delle operazioni eseguite dalla banca, aveva condannato quest’ultima al pagamento di una somma che rappresentava il ricavato della vendita di titoli acquisiti con tali operazioni. Per la Suprema Corte il motivo è fondato. Titoli acquistati in occasione delle operazioni finanziarie poste in essere dalla banca. A tal proposito, gli Ermellini hanno affermato che una volta esclusa l’imputabilità al cliente delle operazioni finanziarie poste in essere dalla banca, si deve anche escludere che allo stesso appartengano i titoli acquistati in occasione di tali operazioni . Pertanto, il Collegio ha cassato sul punto la sentenza impugnata e decidendo nel merito – poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto -, ha rigettato la domanda di restituzione delle somme ricavate dalla vendita coattiva dei titoli acquistati con le operazioni per cui è causa.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 ottobre - 4 dicembre 2013, n. 27119 Presidente Ceccherini – Relatore Di Amato Svolgimento del processo Con sentenza del 30 novembre 2006 la Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale di Cuneo in data 6 ottobre 2004, condannava la Sella Holding Banca già Banca Sella s.p.a., in relazione ad operazioni di investimento effettuate dalla banca in assenza di ordini del cliente, al rimborso in favore di D.G. ed a titolo risarcitorio della somma di Euro 95.370,14 pari a lire 184.662.345 , oltre rivalutazione dalla data dei singoli versamenti che erano andati a comporre la somma utilizzata dalla banca ed interessi sulle somme annualmente rivalutate con la stessa sentenza la Corte di appello condannava la convenuta alla restituzione della somma ricavata dalla vendita coattiva, dopo la sentenza di primo grado, dei titoli dell'attore in deposito e rigettava la domanda riconvenzionale della banca intesa ad ottenere il pagamento della somma di Euro 25.227,78 che rappresentava il saldo passivo del conto corrente all'esito delle operazioni finanziarie. In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte di appello osservava che 1 era inammissibile la querela di falso proposta dall'attore per il preteso abusivo riempimento, da parte della banca, sia della scheda informativa di propensione al rischio sia della scheda relativa alle condizioni e norme regolanti gli ordini su strumenti finanziari ed il deposito di titoli in amministrazione l'attore, infatti, aveva prodotto tali documenti e su di essi aveva fondato l'affermazione della responsabilità della banca con specifico riferimento alla quantificazione nella misura del 10% del rischio accettato di perdita del capitale, al dovere della banca di astenersi da operazioni non adeguate, all'obbligo della banca di una informazione tempestiva ed al comportamento arbitrario della banca in violazione del contratto quadro 2 il rapporto intercorso tra la banca ed il D. era da qualificare come mandato per il compimento di singole operazioni di investimento e non come gestione patrimoniale in questo senso deponeva sia la modulistica contrattuale adottata, sia il concreto atteggiarsi del rapporto, comunque soggetto alle disposizioni dettate dagli artt. 21, 23 e 24 del d.lgs. n. 58/1998 e dagli artt. 26, 28 e 29 del regolamento CONSOB n. 11522/1998 3 la banca aveva rispettato nella fase genetica del rapporto gli obblighi informativi e di redazione dei contratti nel contesto informativo, privo di una efficacia negoziale vincolante, si inseriva il limite del 10% riferito alla perdita del capitale, atteso che all'investimento in strumenti finanziari derivati è connaturata, in considerazione dell'effetto leva, una imprevedibilità del rischio di perdita che può eccedere il capitale investito 4 nella fase di esecuzione del rapporto la banca non aveva assolto gli obblighi di diligenza e di trasparenza nell'informazione e nella gestione delle operazioni, risultando inadempiente per non avere agito sulla base di ordini né scritti, né orali o telefonici debitamente registrati essendo anzi risultata la falsità della firma apposta su alcuni ordini tale inadempimento non poteva ritenersi superato, come invece aveva deciso il Tribunale, in virtù di una tacita approvazione da parte del D. , ai sensi dell'art. 1712 c.c. applicabile nella specie in luogo dell'art. 1399 c.c., considerato che la banca non aveva ecceduto i limiti dell'ampia procura rilasciatale, ma i limiti del mandato , non essendo stata acquisita la prova della effettiva informazione del cliente in proposito, non potevano trarsi elementi presuntivi sufficienti né dalla deposizione dei testi, funzionari della banca, che avevano deposto in generale sulla prassi informativa seguita e non sulla specifica informazione del D. , né dai versamenti effettuati da quest'ultimo, che non presupponevano necessariamente la conoscenza della sua reale situazione finanziaria a seguito delle operazioni finanziarie eseguite senza ordine dalla banca 5 nessuna altra voce di danno, oltre alla rivalutazione con gli interessi sulle somme annualmente rivalutate poteva riconoscersi al D. , in assenza di specifica allegazione, prima ancora che di prova ne conseguiva l'inammissibilità della richiesta di una consulenza tecnica a fini esplorativi per la determinazione del danno. Sella Holding Banca s.p.a. propone ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi. G D. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato affidato a sette motivi. Non ha svolto attività difensiva R R. , che era stata chiamata in causa dalla banca nel giudizio di primo grado per essere tenuta indenne dall'eventuale condanna in quanto responsabile della dipendenza presso la quale si era svolto il rapporto con il D. , ma sulla cui posizione la Corte di appello non si era pronunziata in assenza di conclusioni della banca convenuta. Motivi della decisione Con il primo ed il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, la ricorrente Sella Holding Banca s.p.a. deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata laddove ha ritenuto la mancata conoscenza, da parte del D. , delle operazioni in derivati effettuate per suo conto. In particolare, la ricorrente lamenta che la Corte di appello aveva omesso di considerare fatti emergenti dall'istruttoria, del tutto incompatibili con tale mancata conoscenza, essendosi limitata ad affermare la non decisività dei versamenti effettuati dal cliente sul conto corrente di operatività degli investimenti e, con specifico riferimento alla posizione dell'attore, la non decisività delle prassi informative seguite dalla banca. In tal modo la Corte di appello aveva trascurato di considerare sia gli elementi di prova diretta desumibili dalla ammissione, da parte del D. in sede di interrogatorio formale, della ricezione degli estratti conto che riportavano gli esiti negativi delle operazioni in derivati e che consentivano di verificare come i versamenti sul conto fossero determinati dall'intento di mantenere un saldo attivo, sia gli altri elementi presuntivi ricavabili dal fatto che il D. era un imprenditore, dall'assetto negoziale tra questi e la banca, dalla confessata ricezione degli estratti conto, dalle modalità centralizzate con cui la banca informava i clienti sulle operazioni in derivati e sulle eventuali perdite e, infine, dalla durata del rapporto, dal giugno 2000 al settembre 2001, che rendeva inverosimile che un imprenditore, soggetto professionalmente dedito ai propri affari, non si fosse informato dell'andamento degli investimenti finanziari pur avendo continuato a reiterali. I motivi sono inammissibili per difetto di autosufficienza. Invero, non solo non vengono riportate se non con riferimento al solo saldo al 31 dicembre 2000 almeno le risultanze essenziali degli estratti conto, ma neppure vengono indicati gli atti con i quali tali elementi sarebbero stati portati all'attenzione della Corte di appello. Significativa in proposito è la trascrizione in ricorso soltanto di alcune deduzioni contenute nella comparsa conclusionale di primo grado. Lo stesso deve dirsi per gli altri elementi presuntivi, peraltro privi di decisività sul piano logico, per cui la loro deduzione innanzi a questa Corte si traduce anche in una non consentita censura di merito. Con il terzo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata laddove, pur avendo tenuto esente l'attore dalle conseguenze delle operazioni eseguite dalla banca, aveva condannato quest'ultima al pagamento della somma di Euro 25.227,78, che rappresentava il ricavato della vendita di titoli acquisiti con tali operazioni. Il motivo, come riconosce lo stesso controricorrente, è fondato. Invero, una volta esclusa l'imputabilità al cliente delle operazioni finanziarie poste in essere dalla banca, si deve anche escludere che allo stesso appartengano i titoli acquistati in occasione di tali operazioni. Cassata sul punto la sentenza impugnata, questa Corte, decidendo nel merito, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve rigettare la domanda di restituzione delle somme ricavate dalla vendita coattiva dei titoli acquistati con le operazioni per cui è causa. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 1227 c.c. ed il vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva statuito sul risarcimento del danno senza considerare il concorso di colpa del danneggiato, rilevabile d'ufficio, che era rimasto inspiegabilmente inerte e, malgrado l'esito degli investimenti, aveva reiterato i suoi versamenti. Il motivo è inammissibile in quanto introduce un thema decidendum che non risulta essere stato sottoposto alla Corte di appello e che, pur essendo rilevabile d'ufficio e plurimis e da ultimo Cass. sez. u. 3 giugno 2013, n. 13902 , non può essere sollevato per la prima volta in sede di legittimità in quanto postula un accertamento di fatto non consentito in tale sede e plurimis Cass. 15 luglio 2009, n. 16541 . Al riguardo, come osservato nell'esame dei primi due motivi, rileva il fatto che è mancato qualsiasi accertamento in sede di gravame sulla ricezione degli estratti conto da parte del D. e che il tema non risulta essere stato riproposto al giudice del merito. Dal rigetto del primo, del secondo e del quarto motivo consegue l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato alla cassazione della sentenza impugnata nella parte in cui condannava la ricorrente al risarcimento dei danni. Le spese dei giudizi di primo e secondo grado, liquidate come in dispositivo, devono essere poste a carico della soccombente. Soccorrono giusti motivi, in considerazione del parziale accoglimento del ricorso, per compensare per intero le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. rigetta il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso accoglie il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di restituzione delle somme ricavate dalla vendita dei titoli condanna la ricorrente al rimborso, in favore di G D. , delle spese di entrambi i gradi di merito che liquida per il primo in Euro 12.764,21, di cui 479,97 per esborsi e 3.784, 24 per diritti e per il secondo in Euro 5.045,18, di cui 371,68 per esborsi e 1.244,00 per diritti oltre, per entrambi i gradi, spese generali, IVA e CP compensa per intero le spese del giudizio di cassazione.