Nullo il contratto verbale anche se l’inquilino denuncia il proprietario al fisco

La registrazione del rapporto di locazione verbale effettuata all’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 3, d.lgs. 14 marzo 2011 n. 23 cedolare secca non basta a soddisfare il requisito della forma scritta imposto dalla legge n. 431/98.

Il Tribunale di Roma, VI Sezione, con la sentenza n. 21287 depositata il 24 ottobre 2013, ha sancito la nullità, per difetto di forma, dei contratti di locazione non stipulati in forma scritta, come imposto dall’art. 1, comma 4, legge n. 431/98. Stop alle denunce dei contratti di locazione stipulati” verbalmente. La pronuncia del Tribunale capitolino mette un freno alla prassi della denuncia verbale dei rapporti locatizi, incentivata dalla norma sulla cedolare secca. Il requisito della forma scritta resta elemento fondamentale per la validità di qualsiasi locazione abitativa. Nonostante l’interpretazione utilitaristica data dal Ministero delle Finanze alla norma del 2011, sono da considerarsi privi di validità i rapporti di locazione abitativa concordati verbalmente, nonostante l’intervenuta registrazione e il relativo pagamento dell’imposta di registro eventualmente evasa. L’assenza di un valido vincolo contrattuale comporta quindi l’obbligo di rilasciare l’immobile detenuto sine titulo e di risarcire i danni al proprietario. Irrinunciabile la forma scritta nei contratti di locazione. Come è noto, l’obbligo di rispettare la forma scritta nei contratti di locazione risale alla legge n. 431/98, fondamentale e controversa normativa sulle locazioni abitative. In tale legge, per la prima volta, il legislatore impone la forma scritta per tutti i contratti di locazione, pena l’invalidità degli stessi. La norma aveva, fra le altre, la finalità di limitare i contenziosi relativi ai rapporti locatizi non registrati e al difficile onere della prova che ne conseguiva. L’interregno della registrazione obbligatoria a fini esecutivi. L’obbligo di rispettare la forma scritta andava posto in diretta relazione con altra previsione della stessa norma all’art. 7 che imponeva quale condizione, per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile locato, la dimostrazione che il contratto di locazione fosse stato registrato, nonché denunciato ai fini dell’applicazione dell’ICI e infine che sul reddito derivante dalla locazione fossero state pagate le imposte. Tale previsione di legge è stata, pochi anni dopo nel 2001 , dichiarata incostituzionale dal giudice delle leggi, in quanto in quel periodo era molto forte, in giurisprudenza e in dottrina, l’idea che non si potesse in nessun caso subordinare la tutela giurisdizionale di un diritto, anche in sede esecutiva, al rispetto di una norma di carattere fiscale. Nello stesso senso, pochi anni prima, la Corte Costituzionale aveva di fatto abrogato l’obbligo preventivo di registrazione dei titoli giudiziali per poter ottenerne copia esecutiva. L’obbligo di registrazione e la previsione della nullità dei contratti non registrati introdotto dalla Finanziaria 2005. In effetti l’obbligo di registrare i contratti di locazione era già contenuto nel D.P.R. 131/86 Testo Unico sull’Imposta di Registro , ma tale norma aveva rilievi esclusivamente di natura fiscale. Con la legge finanziaria 2005 le preminenti esigenze di riempire le casse dell’erario inducono il legislatore a riproporre con maggior convinzione l’obbligo di registrazione dei contratti di locazione, sanzionando l’omessa imposizione fiscale con la nullità. La giurisprudenza di merito, dopo un primo periodo di impasse , ha poi ammesso, con un’interpretazione costituzionalmente orientata, la facoltà di registrare tardivamente il contratto con effetto ex tunc . La norma introdotta dal decreto legislativo sulla cedolare secca. La norma sulla cedolare secca art. 3, commi 8 e 9 , con criterio informatore più finanziario che giuridico, ha tentato, concedendo un termine massimo, di far emergere tutti i rapporti di locazione in nero”, invitando poi alla delazione i conduttori, attirati dalla conveniente prospettiva di un canone annuo pari al triplo della rendita catastale. La locuzione comunque stipulati”, però, non è bastata a includervi i rapporti di locazione conclusi verbalmente, non potendosi, secondo la sentenza in commento, prescindere in nessun caso dal requisito della forma scritta. La prassi delle Agenzie delle Entrate. L’Agenzia delle Entrate aveva accolto con grande entusiasmo la norma, precisando con la circolare n. 26/E/2011 che avrebbe accettato anche le denunce verbali, dal momento che la denuncia era ed è preceduta dal pagamento di tutta l’imposta di registro evasa, con interessi e sanzioni. Alla luce dell’interpretazione fornita dal Tribunale di Roma, tuttavia, la regolarizzazione” di un contratto verbale non è sufficiente ad integrare il requisito della forma scritta, con la conseguenza che il conduttore non si garantisce un contratto di quattro anni rinnovabile per altri quattro ad un canone irrisorio, ma anzi, deve rilasciare l’immobile e risarcire i danni al proprietario.

Tribunale di Roma, sez. VI Civile, sentenza 24 ottobre 2013, n. 21287 Presidente Emilio Norelli Fatto e diritto Con ricorso depositato il 4-12-2012, Camilletti Mirella ha esposto ella, proprietaria di un appartamento in Roma, via N. n. 175, scala C, int. 4, ha concesso in locazione a D.C.A. una stanza di detto appartamento, con uso di servizi comuni, nel novembre 2011 il conduttore, pur avendo da subito occupato la stanza, si è sottratto alla formalizzazione per iscritto ed alla sottoscrizione del contratto e, poi, ha comunicato alla locatrice, con lettera in data 19-3-2012, di aver registrato in data 8-3-2012 un contratto di locazione verbale, invocando l'applicazione dell'art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2011. Tanto premesso, la ricorrente ha chiesto accertare la nullità del contratto di locazione e della denuncia del contratto verbale accertare che D.C.A. occupa senza titolo l'immobile condannare il medesimo occupante a rilasciare immediatamente l'immobile e a pagare un'indennità di occupazione abusiva in misura pari al canone pattuito di euro 400,00 al mese, da dicembre 2011 al rilascio, previa detrazione delle somme già versate dall'occupante. Il convenuto, ritualmente costituitosi con memoria difensiva depositata il 16-4-2013, ha resistito alla domanda attorea, deducendo ed eccependo che effettivamente nel novembre 2011, avendo urgente necessità di reperire un alloggio, ha preso in locazione dalla Camilletti Mirella una stanza ammobiliata, con decorrenza dal 1° dicembre 2011, accettando le condizioni imposte dalla locatrice canone di euro 400,00 al mese e deposito cauzionale di euro 200,00, subito versati come da ricevuta, non firmata occupata subito la stanza, egli ha pagato anche per i successivi mesi di gennaio e febbraio 2012 il corrispettivo pattuito di euro 400,00 la locatrice non gli ha mai rilasciato ricevute in data 8-3-2012 egli ha registrato il contratto di locazione verbale e con lettera del 19-3-2012 ha comunicato alla locatrice che, in base alla normativa del d.lgs. n. 23 del 2011, il canone legale sarebbe stato di euro 72,15 al mese. Il convenuto, perciò, ha chiesto rigettarsi la domanda attorea e ha proposto domanda riconvenzionale, chiedendo accertare l'esistenza di un contratto di locazione ad uso abitativo della durata di anni quattro più quattro, con decorrenza dal 1-12-2011 determinare il canone mensile in euro 72,15 condannare la ricorrente alla restituzione delle somme percepite in più sul dovuto. La ricorrente ha replicato con memoria depositata il 14-10-2013. All'odierna udienza, i difensori delle parti hanno concluso come da verbale, riportandosi ai rispettivi scritti, e discusso oralmente la causa. La domanda attorea è fondata e va accolta per quanto di ragione. Dalle allegazioni delle parti emerge che esse nel novembre 2011 hanno stipulato verbalmente un contratto di locazione avente ad oggetto una sola stanza di un immobile urbano ad uso abitativo e che il convenuto effettivamente occupa tale stanza dal 1° dicembre 2011. Non essendo stata dedotta da alcuna delle parti la prestazione di servizi aggiuntivi all'uso della stanza, deve escludersi che si sia in presenza di un contratto di affittacamere” cfr. Cass. 8 agosto 1985, n. 4403 . A norma dell'art. 1, comma 4, legge n. 431 del 1998, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta”. Tale norma, per la sua ampia formulazione, ingloba ogni contratto di locazione immobiliare ad uso abitativo e va, dunque, applicata anche ai contratti di locazione di porzioni una o più stanze di unità immobiliari abitative. Il contratto intercorso fra le parti, pertanto, è nullo per difetto di forma ad substantiam artt. 1350, 1418 c.c. . Nella specie, non può ritenersi applicabile l'art. 13, comma 5, della legge n. 431 del 1998, non risultando esservi appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative” art. 2, comma 3, legge cit. , che abbiano ad oggetto non già autonome unità abitative nella loro interezza, bensì solo porzioni ossia singole stanze di esse, accordi ai quali andrebbe parametrato il canone di locazione da determinarsi dal giudice nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione”, nei casi in cui il locatore abbia preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto” art. 13, comma 5 . Del resto è evidentemente incompatibile con la locazione di una sola stanza la disciplina del rinnovo del contratto di cui all'art. 2 legge cit., essendo riferibili solo alla locazione di autonome unità abitative e non anche a quella di porzioni di esse i casi” ivi previsti in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3” . Peraltro, il convenuto non ha allegato specifiche circostanze di fatto, dalle quali si possa evincere inequivocabilmente che sia stata la locatrice a pretendere” la instaurazione di un rapporto di locazione di fatto”. Di tal che le prove proposte sono comunque ininfluenti. Quanto, poi, alla registrazione ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, deve dirsi che essa non vale a sanare la nullità del contratto per difetto di forma ad substantiam come non vale a sanare qualunque altra nullità da cui il contratto di locazione possa essere affetto ex art. 1418 c.c. gli effetti ex lege della registrazione, di cui alla norma citata, presuppongono l'esistenza di un contratto di locazione valido ed immune da vizi sotto ogni altro profilo diverso dalla mancata registrazione nel termine di legge. D'altro canto, non sono nella specie applicabili le disposizioni dell'art. 3, commi 8 e 9. del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, le quali si attagliano solo alle locazioni di autonome unità immobiliari” oggetto di godimento nella loro interezza, come risulta sia dal richiamo all'art. 2, comma 1, della legge n. 431 del 1998, circa il rinnovo del contratto di cui si è già vista l'inapplicabilità alla locazione di una singola stanza , sia dal riferimento alla rendita catastale” circa la misura del canone legale, giacché tale rendita è determinata per ciascuna unità immobiliare urbana”, nella sua interezza e non è suscettibile di essere frazionata artt. 3 ss. r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652 . Ne consegue che il convenuto, che non ha contestato di occupare la stanza invalidamente locatagli, va condannato al rilascio immediato della stessa. Quanto al risarcimento del danno per occupazione sine titulo, va richiamata la giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in caso di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il danno subito dal proprietario è in re ipsa. discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall'impossibilità di conseguire l'utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso la determinazione del risarcimento del danno ben può essere, in tal caso, operata dal giudice sulla base di elementi presuntivi semplici, con riferimento al ed. danno figurativo e, quindi, con riguardo al valore locativo del bene usurpato” Cass. 8-5-2006, n. 10498 Cass. 17-11-2011, n. 24100 . Orbene, nella specie, la ricorrente ha prodotto in copia altri due contratti di locazione scritti e registrati , da lei stipulati con terzi, aventi ad oggetto altre due stanze del medesimo appartamento, per le quali risulta pattuito un canone mensile di euro 250,00. In mancanza di altri elementi probatori, apparendo congrua, anche in via di valutazione equitativa artt. 1226, 2056 c.c. , detta somma mensile, il danno va liquidato in pari misura. Il convenuto, pertanto, va condannato al pagamento della somma di euro 3.107,00 a titolo di differenze fra il risarcimento dovuto per i mesi da dicembre 2011 a ottobre 2013 euro5.750,00 = euro 250,00 al mese x 23 mesi e quanto da lui corrisposto alla ricorrente nello stesso periodo euro 2.643,00 = euro 72,15 al mese x 20 mesi + euro 1.200,00 per i mesi di dicembre 2011, gennaio e febbraio 2012 , oltre agli interessi legali dalle singole scadenze mensili al saldo. E' consequenziale il rigetto della domanda riconvenzionale. Le spese del giudizio seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo ai sensi del DM 20 luglio 2012. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Camilletti Mirella nei confronti di D.C.A., con ricorso depositato in data 4-12-2012, nonché sulla domanda riconvenzionale proposta da D.C.A. con memoria difensiva depositata il 16-4-2013, così decide a dichiara la nullità del contratto di locazione verbale intercorso fra le parti e avente ad oggetto una stanza dell'appartamento sito in Roma, via N. n. 175, scala C, int. 4 b condanna D.C.A. a rilasciare immediatamente detta stanza alla ricorrente c condanna D.C.A. a pagare a Camilletti Mirella, a titolo di risarcimento, la somma di euro 3.107,00 per l'occupazione da dicembre 2011 a ottobre 2013, oltre agli interessi legali dalle singole scadenze d rigetta la domanda riconvenzionale e condanna D.C.A. a rimborsare alla ricorrente le spese processuali, che liquida d'ufficio in complessivi euro 1.390,00, di cui euro 450,00 per esborsi ed euro 940,00 per compensi, oltre a IVA e CPA nella misura di legge.