Quando i legatari si affermano locatori ...

Non si diventa certo proprietari di varie unità immobiliari essendo soltanto legatari di un posto letto dell’immobile, che in origine era un ospedale.

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione affronta una complessa vicenda diretta ad accertare il soggetto legittimato a ricevere i canoni di locazione derivanti da un immobile, in origine ospedale, con la sentenza n. 21440 depositata il 19 settembre 2013. Il vecchio ospedale. In particolare, la fattispecie concreta si rende interessante per l’intervento nel corso del giudizio di merito di un istituto ritenuto dal ricorrente inesistente all’epoca. Si tratta dei locali Istituti Assistenziali Riuniti che, oltre a richiedere il rilascio degli immobili, in riconvenzionale chiedevano la dichiarazione della loro proprietà per averli ricevuti per legato a seguito di testamento. Questi ultimi ottenevano inoltre il sequestro di un altro immobile sito nella stessa via del precedente ma ad un civico diverso che risultava detenuto da altro soggetto cessionario di azienda avendolo ricevuto in locazione da altro soggetto erede, nei cui confronti veniva integrato il contraddittorio, con riunione delle due cause. Quest’ultimo - ricorrente di cui alla sentenza in commento – si era costituito in giudizio contestando ogni avversa pretesa. Proprietari, locatori e legatari. Fatto ordine nel calderone” dei soggetti coinvolti in giudizio, si deve osservare il Tribunale dichiarava la proprietà dei negozi – tali erano le destinazioni degli immobili – in capo agli Istituti riuniti, con il rigetto delle domande e delle eccezioni svolte dai soggetti presuntivamente locatori. Avverso tale sentenza proponeva appello uno dei due locatori lamentando particolarmente l’inammissibilità della domanda riconvenzionale avanzata dagli Istituti riuniti per difetto di identità , proponendo domanda riconvenzionale di usucapione. Si costituiva anche l’altro locatore rilevando la nullità della sentenza impugnata perché pronunciata nei confronti di un soggetto inesistente e proponendo anch’egli domanda di acquisto della proprietà dell’immobile per usucapione. La Corte di appello territoriale riformava parzialmente la sentenza di primo grado rigettando la domanda di restituzione dei canoni di locazione avanzata dagli Istituti Assistenziali Riuniti, ma riconfermandola nel resto. Da qui il ricorso con cui viene chiesta la cassazione della sentenza d’appello. L’inesistenza degli istituti riuniti. Tra i vari motivi di contestazione rileva la presunta omissione da parte della Corte di appello – secondo il ricorrente – di pronunciarsi in merito all’eccezione di inesistenza della sentenza del Tribunale, considerato che all’epoca dell’atto di citazione introduttivo del giudizio non esisteva alcun ente denominato Istituti Riuniti di Beneficenza di Penne . La Cassazione, tuttavia, non ritiene fondato tale motivo di contestazione in quanto la Corte di appello territoriale non ha tralasciato di affrontare l’eccezione relativa alla dedotta inesistenza della sentenza. Al contrario, gli Ermellini evidenziano il corretto iter logico-giuridico percorso dalla Corte di appello territoriale che aveva specificato, tra l’altro, che la denominazione Istituti Assistenziali Riuniti rappresentava la trasformazione nominalistica dell’originaria denominazione dell’Ente morale Istituti Riuniti di Beneficenza . Tale Istituto va ricollegato alla normativa del 3 agosto 1862, n. 753 che aveva istituito presso ogni comune una Congregazione di carità allo scopo di amministrare i beni destinati al beneficio dei poveri e le opere pie la cui gestione fosse stata affidata al consiglio comunale. Da qui l’esistenza di tali Istituti pur con denominazioni diverse. Le contestazioni sulla proprietà. Neppure le ulteriori contestazioni sulla proprietà del bene sono considerate fondate dal Palazzaccio, in quanto – si legge nella sentenza – l’interpretazione prospetta dalla Corte di appello, non solo è chiara ed esaustiva, ma è anche puntuale e convincente, soprattutto perché ha ritenuto che la sentenza di primo grado ha riconosciuto la proprietà dei beni in contestazione in capo agli Istituti Riuniti di Beneficenza, ripercorrendo l’intreccio tra domanda principale e le domande riconvenzionali svolte dai vari convenuti legatari. Questi ultimi non erano diventati certo proprietari delle varie unità immobiliari in contestazione, essendo soltanto legatari di un posto letto dell’originario ospedale. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 giugno - 19 settembre 2013, numero 21440 Presidente Triola– Relatore Scalisi Svolgimento del processo La società Savino Boutique di Massacesi e & amp snc., conduttrice dell'immobile sito in omissis in forza di un contratto di locazione stipulato con A.D. prima e A.A. dopo, avendo ricevuta richiesta di rilascio da parte degli Istituti Assistenziali Riuniti, conveniva in giudizio questi ultimi e A.A. al fine di fare accertare il soggetto legittimato a ricevere i canoni di locazione. Si costituivano gli Istituti Assistenziali Riuniti e chiedevano in riconvenzionale che venisse dichiarata la loro proprietà degli immobili di cui si dice, per averli ricevuti per legato a seguito del testamento del 18 settembre 1958, così come statuito dal Tribunale di Pescara con sentenza numero 186 del 1972. Si costituiva, altresì, A A. deducendo l'infondatezza della domanda di Savino Boutique per difetto di interesse e contestava la legittimazione degli Istituti ad agire e a stare in giudizio. Con ricorso, in data 21 marzo 1992, gli Istituti Assistenziali Riuniti chiedevano ed ottenevano sequestro dell'immobile sito in omissis detenuto da D.G.G. cessionario dell'azienda Pizzoferrato Luigi, che lo aveva ricevuto in locazione da C.V. cui era succeduto l'erede C.A. nei confronti del quale veniva integrato il contraddittorio. Si costituiva in giudizio C.A. e contestava ogni avversa pretesa. Le due cause venivano riunite. Il Tribunale di Pescara con sentenza numero 1873 del 2002 dichiarava la proprietà dei negozio siti al pianterreno in omissis in capo agli Istituti Riuniti, qualificandoli legittimi destinatari delle rendite relative agli stessi beni, rigettava le domande e le eccezioni svolte da A.A. e da C.A. . Avverso tale sentenza interponeva appello A.A. lamentando a l'inammissibilità della domanda riconvenzionale avanzata dagli Istituti Riuniti per difetto di identità, ovvero di comunanza di rapporto rispetto alla domanda principale. B del difetto del titolo di proprietà in merito all'acquisto della proprietà non potendo costituire titolo la sentenza del Tribunale di Pescara C la carenza di legittimazione degli istituti Riuniti in quanto non successori dell'Ospedale ., né della casa di Riposo di Penne destinatari effettivi del legato. Proponeva domanda riconvenzionale di usucapione. Si costituiva anche C.A. rilevando la nullità della sentenza impugnata perché pronunciata nei confronti di un soggetto inesistente, evidenziando altresì l'esatta portata del legato limitata ad una rendita per il mantenimento di un posto letto, risultando per converso esso appellante legittimo proprietario dei cinque ottavi dell'immobile di via omissis . Formulava domanda di acquisto della proprietà dell'immobile per usucapione, nonché domanda di risoluzione del legato per inadempimento. La Corte di Appello di L'Aquila,, con sentenza numero 386 del 2009, in parziale riforma della sentenza di primo grado rigettava la domanda di restituzione dei canoni di locazione avanzata dagli Istituti Assistenziali Riuniti. A sostegno di questa decisione la Corte aquilana osservava a l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità della domanda riconvenzionale svolta dagli Istituti Assistenziali Riuniti, avanzata dagli appellanti perché la domanda riconvenzionale è ammissibile non solo quando dipende dallo stesso titolo, ma, anche, quando si renda opportuno la celebrazione di un simultaneus processus b Infondata era la domanda di usucapione avanzata da C.A. e da A.A. perché, comunque, gli stessi non avevano posseduto il bene per vent'anni continuativi. C che la sentenza numero 186 del 1972 del Tribunale di Pescara, avendo statuito la consegna della piena e libera disponibilità dei beni da parte di chi di ragione, agli Istituti Assistenziali Riuniti, la stessa aveva come presupposto il riconoscimento della proprietà dei beni immobili in contestazione in capo ai convenuti legatari. D Quanto alla carenza di legittimazione ad causam osservava che dalla documentazione in atti mostrava che gli istituti Assistenziali Riuniti Casa di Riposo di Penne erano stati originariamente costituiti come Istituti Riuniti di Beneficenza con RD. XVIII del 6 marzo 1939 che riconosceva la qualifica di Ente Morale comprendente l'Ospedale civile omissis l’orfanatrofio omissis e la Casa di riposo, che successivamente con DPR del 26 agosto 1961 veniva approvato il nuovo statuto dell'Ospedale civile attribuendo al Consiglio di Amministrazione dello stesso la funzione di amministrazione anche dell'Orfanatrofio e della Casa di Riposo Con DPR 24 luglio 1977 l'amministrazione degli Istituti Assistenziali riuniti è stata assunta temporaneamente dal Comune di Penne fino alla costituzione del Consiglio di Amministrazione in data 24 giugno 1989 con provvedimento del Prefetto di Pescara e assunzione dell’attuale nome Istituti Assistenziali Riuniti a seguito della separazione dell'Ospedale e dagli altri Enti di Beneficenza. La cassazione della sentenza della Corte di Appello de L'Aquila è stata chiesta da C.A. con atto di ricorso affidato a dieci motivi, illustrati con memoria. Gli Istituti Assistenziali Riuniti hanno resistito con controricorso. All'udienza del 3 aprile 2012 questa Corte Suprema disponeva l'integrazione del contraddittorio nei confronti di A.A.M. , parte del giudizio di appello e rinviava la causa a nuovo ruolo. L'Arch. A C. in data 25 maggio 2012 provvedeva a notificare il ricorso de quo ad A.A.M. la quale in questa fase non ha svolto alcuna attività processuale. In prossimità dell'udienza odierna, C. ha depositato una seconda memoria illustrativa dei motivi di ricorso. Motivi della decisione 1.- A C. lamenta a con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cpc. con riferimento all'art. 360 numero 4 cpc b con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 cod. civ. nonché 110, 161, 163, comma 3, numero 2, 164 e 299 cpc. Insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. a Avrebbe omesso la Corte aquilana, secondo il ricorrente, di pronunciarsi in merito all'eccezione di inesistenza della sentenza numero 186 del 1972 del Tribunale di Pescara, considerato che all'epoca dell'atto di citazione introduttivo del giudizio conclusosi con la sentenza indicata non esisteva alcun ente denominato Istituti Riuniti di Beneficenza di Penne . Specifica il ricorrente a che il giudizio davanti al Tribunale di Pescara conclusosi con la sentenza numero 186/72, era iniziato con atto di citazione del 15 gennaio 1964 b che quantomeno all'epoca dell'atto di citazione, non esisteva alcun ente denominato Istituti Riuniti di Beneficenza di Penne , c di qui la conseguenza dell'inesistenza della sentenza del Tribunale di Pescara numero 186/72. b Avrebbe errato la Corte aquilana - sempre secondo il ricorrente - nel non aver considerato che a partire dal DPR del 26 agosto 1961 in poi gli Istituti Riuniti di Beneficenza con sede in . semplicemente non esistevano più come mero organo di amministrazione e rappresentanza unitaria delle I.P.A.B. Istituto pubblico di assistenza e beneficenza in particolare dell'Ospedale e della Casa di Riposo, per l'evidente motivo che non avevano alcuna IPAB da amministrare e rappresentare. c Con il terzo motivo, l'insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio. Avrebbe errato la Corte di appello Aquilana, secondo il ricorrente nell'aver ritenuto che gli Istituti Riuniti di Beneficenza di Penne a favore dei quali è stata pronunciata sentenza del Tribunale di Pescara numero 186 del 1972 e gli Istituti Assistenziali Riuniti casa di Riposo di Penne fossero lo stesso soggetto ovvero che il primo fosse in qualche modo succeduto al primo, perché gli Istituti Riuniti di Beneficenza di Penne non esistevano come Ente a se stante ma come organo d amministrazione e di rappresentanza di alcune IPAB. 1.1.- Questi tre motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente per l'innegabile connessione che esiste tra gli stessi, tale che l'uno appare una specificazione dell'altro e tutti e tre sono infondati e non possono essere accolti perché la Corte aquilana non ha tralasciato di esaminare l'eccezione relativa alla dedotta inesistenza della sentenza numero 186 del 1972 del Tribunale di Pescara ed ha compiutamente motivato la decisione del rigetto della stessa, specificando che la denominazione Istituti Assistenziali Riuniti . - rappresentava la trasformazione nominalistica dell'originaria denominazione dell'Ente morale Istituti Riuniti di Beneficenza , costituito con Regio decreto del 6 marzo 1939 numero XVIII, riportato dal ricorrente tra gli allegati del ricorso . 1.1.a A ben vedere, il Regio decreto del 6 marzo 1939 numero XVIII, in applicazione dell'art. 8 della legge numero 847 del 1937 il quale disponeva che nel termine di un anno dall'entrata in vigore della stessa legge le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, già amministrate dalle Congregazioni di carità e che avevano fini diversi dalla assistenza generica, immediata e temporanea, come ospedali, ricoveri di vecchi ed inabili, orfanotrofi, ecc. potevano essere separate dall'Ente Comunale di assistenza avendo decretato il decentramento, dell'Ospedale civile omissis , della Casa di ricovero, dell'Orfanatrofio omissis , del Dispensario di igiene sociale, dall'Ente Comunale di Assistenza, affidando gli stessi ad una amministrazione unica, aveva elevato o trasformato i singoli Istituti di cui si dice ad o in un unico Ente meglio denominato Istituti Riuniti d Beneficenza art. 1 Regio decreto numero XVIII del 1939 , così come veniva definitivamente chiarito con il Regio decreto del 23 aprile 1942. 1.1.b .- Va qui precisato che la legge numero 847 del 1937 va ricollegata alla legge del 3 agosto 1862, numero 753. Quest'ultima legge aveva istituito presso ogni comune del Regno una Congregazione di carità allo scopo di amministrare i beni destinati a beneficio dei poveri e le opere pie la cui gestione fosse stata affidata dal consiglio comunale. In particolare l'art. 1, designava con i termini di opera pia o istituzione di assistenza e beneficenza un ente morale che aveva come fine quello di soccorrere le classi meno agiate, . di prestare loro assistenza, educarle, istruirle ed avviarle a qualche professione . Si trattava di Enti o persone giuridiche le cui attività erano regolate in parte dal diritto comune e in parte dal diritto pubblico Ora l^legge del 3 giugno 1937, numero 847 nel sopprimere le congregazioni di carità, e affidando le loro competenze ai nuovi enti comunali di assistenza, o ai nuovi Istituti di beneficenza, sorti con il decentramento dagli Enti comunali di assistenza, trasformava le Congregazioni di carità o in nuovi Enti comunali di assistenza o in nuovi Istituti di beneficienza i quali mantenevano giuridicamente la veste di Enti, cioè di persone giuridiche. 1.1.c .- A sua volta, come evidenzia la sentenza impugnata, con provvedimento del Prefetto di Pescara del 24 giugno 1989 in seguito alla separazione dell'Ospedale dagli altri enti di beneficenza, l'originario Ente Istituti Riuniti di beneficenza assumeva il nome di Istituti assistenziali Riuniti . Pertanto, nel 1972, nel tempo in cui veniva instaurato il giudizio, conclusosi con la sentenza numero 186 del 1972 del Tribunale di Pescara, era esistente l'Ente cui si riferiva quella sentenza denominato Istituti Riuniti di beneficenza. Né è pensabile che il DPR del 16 agosto 1961, il quale approvava il nuovo Statuto dell'Ospedale civile San Massimo affidando ad un stesso consiglio di amministrazione, non solo l'Ospedale OMISSIS ma anche la Casa di ricovero e l'Orfanatrofio de Sanctis, determinava la soppressione dell'Ente Istituti Riuniti di Beneficenza , perché il mutamento del consiglio di amministrazione, o il conferimento dell'amministrazione dell'ente ad un Consiglio esterno allo stesso, non incideva sulla giuridica esistenza dell'Ente stesso. 2.- Il ricorrente lamenta, ancora a con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cpc con riferimento all'art. 360 numero 4 cpc. b Con il quinto motivo la violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 cod. civ. e 324 cpc. nonché insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio c con il sesto motivo l'insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento all'art. 360 numero 5 cpc. a La Corte aquilana avrebbe omesso, secondo il ricorrente, di pronunciarsi in merito all'eccezione di cui al terzo motivo di appello secondo il quale oggetto del legato, richiamato nella sentenza numero 186 del 1972 del Tribunale di Pescara, in favore degli Istituti Riuniti di beneficenza di Penne, sarebbe, non la proprietà di beni immobili, bensì di soli mobili e cioè 1 il letto oggetto di legato 2 quanto necessario al suo godimento materasso, coperte, biancheria ecc. e onerati alla consegna dei suddetti beni mobili erano gli eredi del de cuius. b Avrebbe errato la Corte territoriale, secondo il ricorrente, nell'aver ritenuto che la sentenza numero 186 del 1972 del Tribunale di Pescara contenesse l'indicazione dell'oggetto del legato in favore degli Istituti Riuniti di beneficenza , considerato che quella sentenza si era limitata ad accertare la validità e l'efficacia di svariati legati e a disporre, in particolare, l'immissione dei legatari, tra questi anche gli istituti Riuniti di Beneficenza nel possesso dei legati medesimi come indicati per ciascuno di essi nel testamento del 19 settembre 1958. c . Avrebbe errato la Corte aquilana per non aver tenuto conto che qualora fosse esistito un giudicato, anche implicito concernente la proprietà e la rendita degli immobili in questione . gli istituti non avrebbero certamente iniziato il primo grado di codesto giudizio con atto di citazione nelle cui conclusioni si legge testualmente Piaccia all'Onumero Tribunale convalidare il sequestro giudizio concesso dal Presidente di codesto Tribunale con ordinanza del 26-29/6/1992 in favore degli Istituti Assistenziali Riuniti sull'immobile sito in omissis nonché accertare e dichiarare il diritto di proprietà degli attori sullo stesso immobile con godimento libero e pieno. 2.1.- Anche questi motivi quattro, cinque e sei del ricorso possono essere esaminati congiuntamente per l'innegabile connessione che esiste tra gli stessi, tale che l'uno appare una specificazione dell'altro e tutti e tre sono infondati e non possono essere accolti non solo perché, sostanzialmente, si risolvono in una richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati processuali, inibita al Giudice di legittimità se come nel caso in esame il ragionamento del Giudice di merito, è privo di vizi logici, ma, soprattutto, perché la Corte aquilana ha compiutamente chiarito che la sentenza numero 186 del 1972 del Tribunale di Pescara, passata in giudicato, aveva riconosciuto in favore degli Istituti Riuniti di beneficienza la proprietà dei beni immobili in contestazione. 2.1.a .- L'interpretazione della sentenza del Tribunale di Pescara numero 186 del 1972, prospettata dalla Corte aquilana, non solo è chiara ed esaustiva, ma è anche puntuale e convincente, soprattutto perché ha ritenuto che quella sentenza ha riconosciuto la proprietà dei beni in contestazione in capo agli Istituti Riuniti di Beneficenza, ripercorrendo l'intreccio tra domanda principale e le domande riconvenzionali svolte dai vari convenuti legatali tra questi anche gli Istituti Riuniti di Beneficenza e considerando che laddove la fai sentenza qui richiamata ha disposto la consegna della piena e libera disponibilità dei beni da parte di chi di ragione, presupponeva necessariamente il riconoscimento della proprietà dei beni immobili in contestazione . E di più, la Corte aquilana ha chiarito che allo stesso risultato, ovvero, che oggetto del legato disposto dalla de cuius V C. , fossero i beni immobili in contestazione, si perveniva anche ripercorrendo la scheda testamentaria considerato che i locali commerciali in contestazione siti in omissis figuravano sotto la lettera G denominata attribuzione immobili , mentre la elencazione e la ripartizione dei beni mobili era stata effettuata dalla de cuius in modo esaustivo e a vantaggio di soggetti diversi dagli Istituti Assistenziali Riuniti. E di più, la sentenza impugnata ha riconosciuto che sebbene la sentenza numero 186/1972 né nella motivazione, né nella parte dispositiva faccia esplicito riferimento al contenuto del legato in favore degli istituti Assistenziali Riuniti, vi è da dire che la stessa pronuncia ha per oggetto la domanda, svolta in via principale degli attori, di nullità del testamento olografo della defunta V C. , nonché la nullità dei legati relativi ai beni immobili in esso contenuti oltre che di reintegrazione della quota di legittima in favore del marito . . 2.1.b .- Sotto altro aspetto non sembra che l'atto di citazione, richiamato dal ricorrente, con il quale gli Istituti Assistenziali Riuniti chiedevano, tra l'altro, che venisse accertato e dichiarato il loro diritto di proprietà sugli immobili oggetto della controversia, fosse la dimostrazione che gli stessi Istituti assistenziali riuniti non ritenessero che la sentenza numero 186 del 1972 del Tribunale di Pescara avesse già riconosciuto il loro diritto di proprietà controverso, perché dalla lettura dell'atto di citazione, di cui si dice, possibile perché inserito nell'atto di ricorso emerge con evidenza che gli Istituti assistenziali riuniti miravano ad ottenere una sentenza di accertamento della proprietà dei beni immobili controversi. E, comunque, l'atto di citazione di cui si dice non solo conteneva un richiamo esplicito del testamento di C.V. , quale fonte del loro diritto di proprietà, ma precisava che la sentenza del Tribunale di Pescara, numero 186 del 1972. divenuta cosa giudicata, aveva riconosciuto che il diritto di proprietà degli attori Gli Istituti Assistenziali Riuniti era pieno ed incondizionato. Per altro, il nuovo giudizio era giustificato dalla incertezza in ordine alla consegna dei beni e mirava alla riconsegna degli stessi, considerato che gli Istituti Riuniti hanno iniziato questo giudizio in forma cautelare per ottenere il godimento e l'uso degli immobili ancora non ottenuto nonostante la sentenza del Tribunale di Pescara. 3.- Con il settimo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 606 cpc nonché omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Avrebbe errato la Corte aquilana, secondo il ricorrente, nell'aver ritenuto che la sentenza del Tribunale di Pescara non avrebbe potuto disporre alcuna immissione in possesso con riferimento alla mera costituzione di una rendita per il mantenimento di un posto letto presso l'Ospedale di ., tra l'altro prevista nel testamento come futura destinazione delle somme ricavate dalla locazione degli immobili considerato che l'immissione in possesso sarebbe stata possibile riguardo a quei beni mobili necessari all'individuazione del posto letto. 3.1.- Anche questo motivo è infondato e non può essere accolto sia per le ragioni di cui si è già detto esaminando i motivi precedenti ma, soprattutto, perché l'affermazione della Corte territoriale censurata dal ricorrente rappresenta un argomento ad abundantiam a sostegno della decisione di rigetto dei motivi di appello del C. e dell'A. , in ordine all'oggetto del legato, la cui mancanza non modificherebbe l'iter del ragionamento della Corte aquilana, ovvero, la correttezza della decisione. 4.- Con l'ottavo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 457, comma 2, cc. nonché omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Avrebbe errato la Corte aquilana, sempre secondo il ricorrente per non aver riconosciuto alcun diritto di proprietà all'odierno ricorrente come avente causa dagli eredi legittimi ai quali sarebbero spettanti la proprietà e la rendita di tre negozi. Ribadisce il ricorrente che la Arch. C. aveva dedotto con il terzo motivo di appello che la testatrice non indicava né gli Istituti Di Beneficenza Riuniti di Penne, né l'Ospedale civile di ., né il Ricovero per vecchi di Penne quali legatari della proprietà dei negozi in questione e/o dei relativi canoni ma si limitava a stabilire che presso l'Ospedale civile o presso il Ricovero per anziani dovrà essere istituito e mantenuto un letto a lei intestato. E di più con il quarto motivo di appello, l'attuale ricorrente, aveva dedotto che rientrava nella successione legittima della Dott.ssa C.V. la proprietà di numero tre negozi di cu l'appellato pretendeva di essere il proprietario. 4.1.- Questo motivo rimane assorbito dai motivi precedenti e soprattutto dal quinto e sesto motivo, considerato che il ricorrente censura la sentenza impugnata per non avergli riconosciuto la proprietà dei negozi oggetto della controversia, dando per scontato che oggetto del legato fossero beni mobili e non i negozi in contestazione. Epperò, come si è detto in precedenza la Corte aquilana ha esaminato quest'aspetto ed ha concluso che la sentenza del Tribunale di Pescara la numero 186 del 1972, passata in giudicato, aveva riconosciuto che oggetto del legato a vantaggio degli Istituti assistenziali Riuniti, fossero i beni immobili controversi. In particolare, la Corte aquilana ha avuto modo di affermare che Tenuto conto che la sentenza del Tribunale di Pescar a la numero 186 del 1972 - giusta o errata, condivisibile o meno che sia, comunque, passata in cosa giudicata, ha disposto l'immissione degli Istituti Riuniti nel possesso dei legati come indicati nel testamento . con la consegna della piena e libera disponibilità dei beni da parte di chi di ragione, è incontrovertibile, la stessa ha come presupposto il riconoscimento della proprietà dei beni immobili in contestazione e in capo ai convenuti legatari, sia sotto il profilo della validità del legato e quindi della idoneità del testamento a trasferire il diritto sia sotto il profilo dell'efficacia e quindi della necessità del rilascio dei beni immobili sudditi in favore dei legatari . . 5.- Con il nono motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1371 cod. civ. con riferimento all'art. 360 numero 3 cpc. Secondo il ricorrente, stante l'ambiguità della disposizione testamentaria con la quale la C.V. disponeva dei negozi in contestazione avrebbe dovuto rilevare che nel caso di specie per obbligati dovevano intendersi i fratelli e le sorelle della de cuius, ovvero i rispettivi aventi causa e che in base al criterio della minore gravosità per gli obbligati, la proprietà dei tre negozi e la loro rendita spettavano agli eredi legittimi, mentre al legatario veniva trasmesso solo il letto da intestare alla de cuius e quanto necessario al suo mantenimento. 5.1.- Questa censura, ancorché infondata è inammissibile perché si risolve in una richiesta di una nuova e diversa interpretazione del contenuto del testamento con conseguente valutazione di merito, non proponibile con il ricorso per cassazione, ma, soprattutto, perché la censura riguarda un aspetto definito con sentenza passata in giudicato ci si riferisce alla sentenza più volte richiamata, la numero 186 del 1972 del Tribunale di Pescare . Al riguardo, la stessa Corte aquilana ha avuto modo di specificare che la sentenza numero 186 del 1972, passata in giudicato, avendo disposto la immissione degli Istituti Riuniti nel possesso dei beni immobili in contestazione, come indicato nel testamento lasciava intendere che la disposizione testamentaria, di cui si dice, non presentava alcuna ambiguità. 6.- Con il decimo ed ultimo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 648 cod. civ. nonché omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Avrebbe errato la Corte aquilana, secondo il ricorrente, per non aver disposto la risoluzione del legato ex art. 648 cod. civ. per inadempimento degli Istituti Assistenziali Riuniti, considerato che gli stessi non avrebbero mai istituito un letto intestato alla testatice, né avrebbe mai provveduto a redigerne lo Statuto. Secondo il ricorrente il Custode giudiziario avrebbe consegnato agli Istituti Riuniti ed in forza del richiamato legato la somma di lire 13.362.000 e anche versato canoni di locazione nella misura di lire 14.690.680, epperò gli Istituti Riuniti sempre a dire del ricorrente non avrebbe adempiuto all'onere sugli stessi gravante. 6.1.- Anche questa censura non ha ragion d'essere perché muove dal presupposto escluso dalla Corre aquilana che oggetto del legato fossero le somme necessarie per acquistare un letto ed i relativi accessori, quando la Corte aquilana, e già prima il Tribunale di Pescara, ha accertato che oggetto del legato in favore degli Istituti Assistenziali Riuniti era la piena proprietà dei tre negozi di Pescara. Come ha affermato la Corte aquilana . pur ritenendo modale il legato di cui gli Istituti si sono resi beneficiari . detto legato va interpretato come espressa volontà della testatice di trasferire i tre negozi affittati al fine di creare presso l'Ospedale civile di . un letto a me intestato, nel senso che il capitale dovrà rimanere in perpetuo inalienabile ed il reddito dovrà servire per rendere più confortevole gli ultimi anni a qualche vecchia donnetta . Sicché, ha aggiunto la Corte di merito, . avrebbe potuto esigersi l'adempimento del modo e cioè la destinazione dei canoni di locazione al pagamento della retta per il mantenimento di un posto letto solo alla condizione, non verificatesi, che detti canoni di locazione fossero stati percepiti dagli Istituti legatari . Né la Corte di merito avrebbe dovuto considerare ai fini dell'adempimento del modus la circostanza che erano state versate agli Istituti Riuniti delle somme eventualmente sufficienti ad acquistare un letto e i relativi accessori perché il modus conseguiva ad un legato il cui oggetto non erano le somme di denaro di cui si dice, ma la piena proprietà e il pieno possesso degli immobili che gli Istituti Riuniti non avevano ancora ottenuto. In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio della soccombenza ex art. 91 cpc, condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, così come verranno liquidate con il dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.