Applicabilità ratione temporis della legge? Attenzione alla data di scadenza del contratto

L’art. 2, comma 6 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 va interpretato nel senso che, tra i contratti stipulati prima della sua entrata in vigore, sono soggetti alla nuova disciplina, anche con riferimento alla doppia durata quadriennale, solo quelli che vedono realizzato il presupposto della rinnovazione nel vigore della nuova legge e, quindi, solo quelli per i quali il termine utile per la comunicazione della disdetta da parte del locatore è venuto a scadenza in epoca successiva al 30 dicembre 1998 e tale disdetta non è stata data, sicché la rinnovazione si è verificata nella vigenza della nuova legge.

Pertanto solo se il locatore, dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, si trova nella possibilità di comunicare la disdetta e non lo fa, il rapporto resta assoggettato alla nuova disciplina integralmente e, quindi, anche con riferimento alla doppia durata quadriennale. A ribadirlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 20376 del 5 settembre 2013. Il caso. La fattispecie trae origine da un contratto di locazione ad uso abitativo stipulato nel 1997, prima dell’entrata in vigore della legge 431/1998, ma con scadenza successiva, cioè al 31 dicembre 2004. La questione riguarda in particolare la possibilità per il locatore di dare libera disdetta del contratto alla prima scadenza, impedendo così il rinnovo dell’accordo. Al riguardo il locatore invoca la legittimità della disdetta da lui comunicata al conduttore asserendo che al contratto de quo non trovano applicazione le disposizioni della legge 431 essendo il contratto ante 1998. Il conduttore si oppone affermando invece che la comunicazione del locatore deve comunque avere i crismi, i requisiti e le tempistiche di cui all’art. 3 della legge 431 e che pertanto non può ritenersi valida. La questione giunge così al cospetto della Suprema Corte. Locazione tra disdetta e rinnovazione. La sentenza n. 20376/2013 della Corte si contraddistingue per l’estrema sinteticità e chiarezza della motivazione. In ordine al regime applicabile al contratto del 1997, gli Ermellini, ribaltando la decisione della Corte d’Appello di Napoli, affermano che secondo orientamento costante l’art. 2, comma 6, legge 431/1998 si applica anche ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge, ma per i quali il presupposto della rinnovazione cade” nel vigore della legge stessa. Proprio questo è il caso in esame. Il contratto prevedeva infatti una durata dall’1.1.1997 al 31.12.2004, pertanto, essendo la prima” scadenza verificatasi a fine anno 2004, cioè già nel vigore della legge 431, il locatore avrebbe dovuto rispettare i requisiti di cui all’art. 3 della legge stessa per comunicare la disdetta. Egli avrebbe quindi potuto negare il rinnovo del contratto solo con comunicazione al conduttore – in forma scritta – almeno 6 mesi prima della scadenza specificandone i motivi. Avrebbe quindi dovuto chiarire se intendeva destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio o dei propri famigliari stretti, oppure se intendeva utilizzare l’immobile per finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, assistenziali o culturali, oppure se il conduttore aveva già un alloggio libero e idoneo nello stesso comune, oppure ancora se era necessario realizzare interventi di ricostruzione o ristrutturazione o demolizione sull’immobile oggetto del contratto. La specificazione dei motivi doveva poi consistere nell’analitica indicazione delle ragioni concrete della disdetta, non essendo sufficiente il mero richiamo alle ipotesi della legge. La mancata o inidonea specificazione del motivo, come la tardività della comunicazione, comportano la nullità assoluta della comunicazione - rilevabile peraltro d’ufficio ex art. 1421 c.c. - con conseguente automatica rinnovazione del contratto Così evidentemente è avvenuto nel caso di specie Il locatore non aveva fornito una disdetta tempestiva nelle modalità e nei limiti imposti dall’art. 3, legge 431/1998 e pertanto il conduttore ha avuto ragione ad impugnare il diniego ottenendo la prosecuzione del contratto di locazione per altri 4 anni come prescritto dalla legge 431. Come formulare il ricorso in Cassazione. La sentenza della Suprema Corte è apprezzabile anche per la parte in cui analizza dal punto di vista processuale le modalità con cui formulare il ricorso in Cassazione. Al giudizio de quo era applicabile ratione temporis il d.lgs. 15.2.2006, n. 40 che prevedeva la formulazione di appositi quesiti da sottoporre all’esame degli Ermellini, pena l’inammissibilità dell’intero procedimento. In particolare per i casi di cui ai numeri 1, 2, 3, e 4 dell’art. 360 c.p.c. ciascun motivo di impugnazione doveva concludersi con un quesito di diritto, mentre nell’ipotesi di cui al numero 5 ciascun motivo doveva contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione della sentenza impugnata era ritenuto omessa o contraddittoria o insufficiente. Con riferimento al quesito di diritto – quale era appunto il caso sottoposto all’attenzione dei giudici – la funzione è quella di far comprendere subito alla Corte, dalla semplice lettura della domanda” intesa come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il giudice di merito e quale debba essere, invece, la norma corretta” da applicare. Il conduttore-ricorrente aveva formulato correttamente il quesito nel proprio ricorso e pertanto i giudici hanno potuto affrontare direttamente la questione della disdetta del contratto di locazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 giugno - 5 settembre 2013, n. 20376 Presidente Trifone – Relatore Vivaldi Svolgimento del processo A.P. intimò sfratto per finita locazione alla data del 31.12.2004 - convenendo la conduttrice davanti al tribunale di Torre Annunziata - sezione distaccata di Sorrento per la convalida - nei confronti di V.A. con riferimento a contratto di locazione ad uso abitativo dell'appartamento sito in omissis . La convenuta, costituitasi, contestò la domanda eccependo la nullità della disdetta e formulò domanda riconvenzionale per la restituzione delle somme versate indebitamente a titolo di canone locatizio. Il tribunale, con sentenza non definitiva, rigettò la domanda principale disponendo, con separata ordinanza, la prosecuzione del giudizio con riferimento alla domanda riconvenzionale. Avverso la sentenza propose appello l'A. . La Corte d'Appello, con sentenza del 12.10.2007, lo accolse ed In riforma dell'impugnata sentenza, in accoglimento della domanda proposta dalla A. , dichiara cessato alla data del 31 dicembre 04 il contratto di locazione inter partes , condannando la V. al rilascio dell'immobile. Quest'ultima ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo. Resiste con controricorso A.P. . Le parti hanno anche presentato memoria. Motivi della decisione Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D. Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione con l'applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1. Secondo l'articolo 366-bis c.p.c. - introdotto dall'articolo 6 del decreto - i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall'articolo 360, n. 1 , 2 , 3 e 4, l'illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall'articolo 360, primo comma, n. 5 , l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Segnatamente, nel caso previsto dall'articolo 360 n. 5 c.p.c, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto , che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità S.U. 1.10.2007 n. 20603 Cass. 18.7.2007 n. 16002 . Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l'enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta v. S.U. 11.3.2008 n. 6420 che ha statuito l'inammissibilità - a norma dell'articolo 366 bis c.p.c. - del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un'enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo . La funzione propria del quesito di diritto - quindi - è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare da ultimo Cass.7.4.2009 n. 8463 v, anche S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433 . Inoltre, l'articolo 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta -ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso -, una diversa valutazione, da parte del giudice di legittimità, a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 360, primo comma, c.p.c., ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura - come già detto - deve, all'esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione e formalità espressiva va funzionalizzata, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., all'enunciazione del principio di diritto, ovvero a dieta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza. Nell'ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell'articolo 360 c.p.c. il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata , è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso c.d. momento di sintesi - in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione v. da ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556 v. anche Cass. 18.11.2011 n. 24255 . Con un motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dei commi 6 e 1 dell'articolo 2 L. 431/98, in relazione all'articolo 360, co. 1, n. 3 c.p.c. . Il quesito posto al termine dell'illustrazione del motivo è il seguente se, in caso di contratto di locazione d'immobile per uso abitativo stipulato prima dell'entrata in vigore della L. 431/1998 e tacitamente rinnovatosi con decorrenza successiva alla data di entrata in vigore di detta legge, il rinvio al 1 comma dell'articolo 2, operato dall'ultimo comma della medesima norma non può che essere inteso come rinvio all’integralità dei contenuti precettivi del comma richiamato con la conseguenza che, in mancanza di tempestiva disdetta di una delle parti per la prima scadenza contrattuale successiva all'entrata in vigore della L. 431/98, il contratto si rinnova, a far tempo da tale scadenza, non già per quattro anni, ma per quattro anni più ulteriori quattro anni, salva, alla scadenza del primo quadriennio, la facoltà del locatore di denegare la rinnovazione con le modalità, nei termini e per i motivi indicati nell'articolo 3 L. 431/98 . Il motivo è fondato. Invero, in tema di locazione di immobili ad uso abitativo, è orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità che l'articolo 2, comma 6, della legge 9 dicembre 1998 n. 431 vada interpretato nel senso che, tra i contratti stipulati prima della sua entrata in vigore, sono soggetti alla nuova disciplina, anche con riferimento alla doppia durata quadriennale, solo quelli che vedono realizzato il presupposto della rinnovazione nel vigore della nuova legge e, quindi, solo quelli per i quali il termine utile per la comunicazione della disdetta da parte del locatore è venuto a scadenza in epoca successiva al 30 dicembre 1998 e tale disdetta non è stata data, sicché la rinnovazione si é verificata nella vigenza della nuova legge. Pertanto, - si ribadisce - solo se il locatore, dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina, si trova nella possibilità di comunicare la disdetta e non lo fa, il rapporto resta assoggettato alla nuova disciplina integralmente e, quindi, anche con riferimento alla doppia durata quadriennale. Anche in tale ipotesi, infatti, il locatore conserva in pieno la facoltà di scegliere se dare o meno la disdetta in relazione alla legislazione vigente al momento della scelta, con tutti i presupposti e tutte le conseguenze giuridiche dettate da tale legislazione Cass. 13.6. 2013 n. 14866 Cass. 1.4.2010 n. 7985 Cass. 6.6.2008 n. 15005 Cass. 24.8.2007 n. 17995 . Nel caso in esame, il contratto, con decorrenza dal 1.1.1997, per effetto del tacito rinnovo avvenuto il 31.12.2000, - in epoca, quindi, successiva all'entrata in vigore della nuova legge -, era confluito, per effetto dell'articolo 2, comma 6 L. n. 431 del 1998, nella disciplina prevista dal comma 1 di tale norma. Su tale base, il contratto, della iniziale durata di quattro anni 31.12.2004 , in difetto di una valida disdetta, effettuata in osservanza dell'articolo 3 della medesima legge, si era rinnovato ex lege per un ulteriore quadriennio 31.12.2008 . Conclusivamente, il ricorso è accolto, la sentenza cassata, e la causa rinviata alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione. Le spese sono rimesse al giudice del rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione.