L’eccezione di prescrizione presuntiva non implica il riconoscimento del credito, se è stato contestato dall’opponente

L’affermazione giurisprudenziale secondo cui l’eccezione di prescrizione presuntiva implica il riconoscimento della esistenza del credito nella stessa misura richiesta dal creditore va intesa non nel senso della esistenza del credito e del titolo posto a fondamento di essa, ma in quello della infondatezza dell’eccezione in presenza di una contestuale contestazione del credito.

La Seconda sezione Civile di Cassazione, con la sentenza n. 15407 del 19 giugno 2013, in applicazione del disposto di cui all’art. 2959 c.c., ha, così, rigettato un motivo di ricorso, attinente a una pretesa ammissione del credito in contestazione causa – secondo la ricostruzione fornita dal ricorrente – l’eccezione di prescrizione presuntiva avanzata dall’opponente. Il caso. L’odierno ricorrente, già attore in primo grado, conveniva in giudizio i committenti di un incarico commissionatogli per alcune unità immobiliari all’interno di uno stabile, per sentirli condannare al pagamento di una somma, quale corrispettivo per l’esecuzione dei lavori di idraulico, elettricista e opere murarie suddetta commissione era avvenuta nel corso dei lavori di costruzione dello stabile stesso, che stava eseguendo per conto di una ditta di costruzioni. I convenuti eccepivano, preliminarmente, la prescrizione del diritto e il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo che tali lavori erano stati ordinati dalla richiamata ditta e dalla medesima regolarmente pagati all’uopo, offrivano in produzione un lodo arbitrale intervenuto tra l’attore e Società. Espletate le prove del caso segnatamente interrogatorio formale, prova testimoniale, consulenza tecnica d’ufficio , il giudice di prime cure rigettava il ricorso. L’attore-appellante impugnava la sentenza di primo grado per i seguenti motivi violazione dell’art. 2956 c.c., per il mancato riconoscimento del debito conseguente all’eccepita prescrizione presuntiva violazione dell’onere della prova a carico degli appellati, essendo loro onere dimostrare il fatto impeditivo del diritto allegato l’incapacità a deporre del sentito teste, ex art. 246 c.p.c., in quanto, al contempo, amministratore e socio della ditta di costruzioni e, comunque, la di lui inattendibilità l’erronea valutazione delle prove testimoniali, del loro arbitrale, oltre che l’inopponibilità, l’inefficacia e l’irrilevanza di quest’ultimo e degli accertamenti del c.t.u. Soccombente anche in sede di gravame, il ricorrente impugnava, così, la sentenza d’appello. Ammissioni di colui che oppone la prescrizione . Tanto premesso, merita – come accennato – di essere analizzato, in questa sede, uno fra i tanti motivi di ricorso proposti e rigettati quello, cioè, relativo a una pretesa ammissione del credito in presenza di un’intervenuta eccezione di prescrizione presuntiva. Secondo la ricostruzione fornita dal ricorrente, il fatto che venga proposta un’eccezione di prescrizione presuntiva da parte del soggetto al quale viene chiesto il soddisfacimento comporta, ai sensi dell’art. 2956 c.c., il riconoscimento automatico della sua stessa esistenza e nella misura richiesta dal creditore-attore. I giudici di Piazza Cavour contestano, però, in toto questo motivo. Partono, infatti, dal dettato di cui all’art. 2959 c.c., che recita come segue L’eccezione è rigettata, se chi oppone la prescrizione nei casi indicati dagli artt. 2954, 2955 e 2956 ha comunque ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta . Prese le mosse dalla norma testé richiamata, gli ermellini ribaltano, correggendola, la lettura prospettatagli, così pronunciandosi l’affermazione giurisprudenziale secondo cui l’eccezione di prescrizione presuntiva implica il riconoscimento della esistenza del credito nella stessa misura richiesta dal creditore ” va intesa non nel senso della esistenza del credito e del titolo posto a fondamento di essa, ma in quello della infondatezza dell’eccezione in presenza di una contestuale contestazione del credito . In pratica, vale proprio l’esatto contrario se il debitore, di fronte alla richiesta del creditore di adempiere, eccepisce, oltre alla prescrizione del diritto, anche che il rapporto non è mai sorto, che è invalido o che altri siano tenuti all’adempimento, l’eccezione di prescrizione deve essere rigettata perché l’opponente non può, allo stesso tempo, affermare – ricorrendo, diversamente, una contraddizione in termini – che il diritto de quo si è estinto per non esercizio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 marzo - 19 giugno 2013, n. 15407 Presidente Oddo – Relatore Parziale Svolgimento del processo 1. La sentenza impugnata così riassume la vicenda processuale. 1.1 Il 28 settembre 1999 R.C. conveniva D.S.G. , G.N. e T.R. dinanzi al Tribunale di Firenze per sentirli condannare al pagamento della somma di lire 104.960.000, oltre I.V.A., interessi legali e rivalutazione monetaria, quale corrispettivo per l'esecuzione di lavori di idraulico, elettricista ed opere murarie eseguiti in alcune unità immobiliari dell'edificio in omissis , che gli erano stati da loro commissionati nel corso dei lavori di costruzione dello stabile che stava eseguendo per conto della s.r.l. Costruzioni Ercoli. Esponeva che i lavori commissionati risultavano da sei disegni e piante datati 1 luglio 1993, 19 agosto 1993 e 14 ottobre 1994, tutti sottoscritti dall'architetto D.S.G. , erano stati ultimati nell'anno 1994 ed erano stati riportati nella contabilità trasmessa ai committenti con la lettera raccomandata del 16 aprile 1999, che era rimasta senza esito. 1.2 I convenuti resistevano alla domanda, eccependo preliminarmente la prescrizione del diritto e il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo che i lavori edili erano stati ordinati dalla s.r.l. Costruzioni Ercoli e da questa erano stati anche regolarmente pagati, come era risultato anche da un lodo arbitrale intervenuto tra il R. , quale titolare dell'impresa individuale Edilrossi, e la stessa s.r.l. Costruzioni Ercoli. 1.3 La causa veniva istruita con l'interrogatorio formale del convenuto, con l'assunzione di una prova testimoniale, con l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio e con la produzione di documenti e il Tribunale, con la sentenza n. 1533 del 24 maggio 2003, rigettava la domanda proposta dal R. . 1.4 Il 25 novembre 2003 il R. proponeva appello avverso tale decisione, eccependo, per quanto interessa in questa sede, la violazione dell'articolo 2956 del codice civile per il mancato riconoscimento di debito conseguente all'eccepita prescrizione presuntiva la violazione dell'onere della prova, per essere a carico dei coniugi G. e D.S. dimostrare il fatto impeditivo del diritto allegato l'incapacità del teste E.R. a deporre, ai sensi dell'articolo 246 del codice di procedura civile, sia come amministratore che come socio della s.r.l. Costruzioni Ercoli, e comunque la sua inattendibilità l'erronea valutazione delle prove testimoniali l'inopponibilità, l'invalidità, l'inefficacia e l'irrilevanza in questo processo del lodo arbitrale emesso il 29 febbraio 1996 tra il R. , quale titolare dell'impresa individuale Edilrossi, e la s.r.l. Costruzioni Ercoli, nonché la motivazione insufficiente e contraddittoria nella valutazione della pronuncia arbitrale l'erroneità e l'inattendibilità degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico d'ufficio e la conseguente nullità della sentenza per motivazione insufficiente e contraddittoria e per vizio di omessa pronuncia in ordine al corrispettivo dovuto all'impresa appaltatrice per l'esecuzione dei lavori la errata condanna integrale al rimborso delle spese processuali, per non essere stato egli totalmente soccombente. 2. La Corte territoriale con sentenza n. 374 del 2006 rigettava l'appello, confermando la sentenza impugnata. In particolare la Corte territoriale rileva che 1 l'eccezione di prescrizione presuntiva non equivale al riconoscimento del debito 2 tutte le opere di cui era richiesto il pagamento ai convenuti, salvo i manufatti indicati sub 4.5 e 4.6 della CTU, erano comprese negli allegati A e B al lodo arbitrale annullato tra la committente dell'edificio Costruzione Ercoli e l'appaltatore R. quali opere extracapitolato commissionate al R. dalla Costruzioni Ercoli, in quanto possibili varianti dell'opera da quantificare economicamente oltre alla cifra a forfait pattuita 3 i manufatti sub 4.5 e 4.6 erano stati acquistati direttamente dai convenuti dalla s.r.l. GAM 4 il teste E. , che aveva affermato che tutte le opere per il quale il R. aveva agito erano stati commissionate dalla società Costruzioni Ercoli, non era incapace a testimoniare in ragione della sua qualità di legale e socio della committente 5 tutte le opere erano state pagate dalla Costruzioni Ercoli. 3. Impugna tale decisione il ricorrente che formula 7 motivi di ricorso. Resistono con distinti controricorsi i signori G. - D.S. e T.R. . Il ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. Il ricorso va accolto quanto al primo fondato motivo, dovendosi rigettare gli altri perché infondati, per quanto di seguito si chiarisce. Va rilevato che nessuna efficacia può dispiegare, nell'ambito del giudizio di cassazione caratterizzato da uno svolgimento per impulso d'ufficio , la sopravvenuta rinuncia che il difensore del ricorrente avv. Lepoldo Mazzetti, ha comunicato alla Corte prima dell'udienza di discussione già fissata Cass. n. 16121 del 2009, Rv. 608961 . 2. Col primo motivo di ricorso si deduce Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione degli arti. 57, 58 e 60 RDL 1933 n. 1578 articolo 24 Legge 1942 1794 arti. 1, 4 e 5 DM 2004 n. 127 nonché DM 1994 n. 585 ”. Parte ricorrente lamenta la violazione della legge professionale e della normativa di riferimento sulla liquidazione delle spese giudiziali, avendo la Corte di Appello di Firenze confermato la liquidazione operata in primo grado, effettuata al sopra dei limiti massimi previsti per lo scaglione pur correttamente individuato oltre Euro 50.000,00 . E ciò prendendo come riferimento la nota spese giudiziale depositata dal difensore recante l'indicazione erronea di un valore della causa da Euro 103.291,39 a Euro 258.228,45. Viene formulato il seguente quesito di diritto Dica la Suprema Corte 1 se il giudice, nella liquidazione delle spese processuali, possa o meno oltrepassare i limiti massimi fissati dalle tariffe professionali in materia di onorari di avvocato per le prestazioni giudiziali in materia civile senza far alcun riferimento alle circostanze di fatto del processo comprovanti l'eccezionale importanza della controversia in relazione alla sua specialità ex articolo 60 R.D.L. 1933 n. 1578 e/o per le questioni giuridiche trattate ex articolo 5 comma 2 DM 8.4.2004 n. 127, e 2 se il giudice possa o meno oltrepassare i limiti fissati dalle tariffe professionali in materia di diritti di avvocato per le prestazioni giudiziali in materia civile ”. Al riguardo, gli intimati sostengono che il motivo di censura in questione è inammissibile, posto che si trattava di errore materiale riconosciuto con fax dai professionisti e dalle parti dichiarando essere intendimento dei propri clienti di rinunziare ad una parte delle somme liquidate, in loro favore, dalla Corte di Appello a titolo di refusione delle spese di lite e precisando che, pertanto, gli stessi si sarebbero attivati al fine di ottenere il rimborso delle sole somme ridotte rispetto a quelle liquidate in sentenza spettanti in misura media rispetto allo scaglione applicabile. Di qui la carenza di interesse alla impugnazione. 2.1 - Il motivo è fondato. Per quanto risulta dagli atti, e del resto nemmeno contestato dai resistenti, la liquidazione delle spese legali in primo grado è stata effettuata oltre i massimi tariffali, sicché era fondato il relativo motivo d'appello. Non è fondata l'eccezione di carenza di interesse prospettata, non essendo intervenuto tra le parti alcun accordo utile per sostituire il dictum della sentenza impugnata. 3. Col secondo motivo di ricorso si deduce Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione articolo 2956 cod. civ. ”. Secondo parte ricorrente, la proposizione di un'eccezione di prescrizione presuntiva da parte del soggetto al quale viene richiesto il soddisfacimento di un credito comporta il riconoscimento della sua esistenza. Secondo parte ricorrente l'eccezione di prescrizione presuntiva implica riconoscimento dell'esistenza del credito nella misura richiesta dal creditore dal momento che chi eccepisce di aver estinto il debito, ammette tacitamente ma inequivocabilmente che il debito è sorto e che è sorto a suo carico non si può presumere estinto per pagamento un debito che non è mai sorto oppure che è sorto in capo ad altri . Viene formulato il seguente quesito di diritto Dica la Suprema Corte se la proposizione dell'eccezione di prescrizione presuntiva da parte del convenuto implichi o meno il riconoscimento automatico dell'esistenza del credito fatto valere e nella misura richiesta dal creditore attore ”. 3.1 Il motivo è infondato. Occorre rilevare, in primo luogo, l’inconferente denuncia di violazione dell'articolo 2956 cod. civ E applicabile alla fattispecie l'articolo 2959 cod. civ., che dispone che l'eccezione di prescrizione presuntiva è rigettata, se chi oppone la prescrizione ha comunque ammesso in giudizio che l'obbligazione non è stata estinta, e, in relazione a tale diposizione, l'affermazione giurisprudenziale secondo cui l'eccezione di prescrizione presuntiva implica il riconoscimento della esistenza del credito nella stessa misura richiesta dal creditore va intesa non nel senso che l'eccezione costituisca una ammissione dell'esistenza del credito e del titolo posto a fondamento di essa, ma in quello della infondatezza dell'eccezione in presenza di una contestuale contestazione del credito. 4. Col terzo motivo di ricorso si deduce Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ” relativo all'essere stati i lavori commissionati e pagati dalla Costruzioni Ercoli srl. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe contraddittoriamente motivato quanto all'accertamento che i lavori, di cui era stato richiesto il pagamento, erano stati commissionati e pagati dalla Costruzioni Ercoli, avendo posto a fondamento del suo convincimento la pronuncia arbitrale richiamandone gli allegati A e B , pronuncia che pure lo stesso giudice aveva considerato inutilizzabile , perché dichiarata nulla. In particolare, la Corte di merito aveva precisato che il collegio arbitrale aveva disposto una consulenza tecnica d'ufficio , che aveva individuato nei suoi allegati A e B i lavori, originariamente non previsti nel capitolato di appalto, commissionati dalla Costruzioni Ercoli alla Edilrossi. La Corte territoriale si era fermata a tali emergenze documentali e aveva mostrato l'omesso o non sufficiente esame del lodo arbitrale, avendo fatto riferimento ad una consulenza tecnica mai svoltasi in sede arbitrale e essendo invece gli allegati in questione non altro che una sezione dello stesso lodo dichiarato nullo . In definitiva, il ricorrente assume la contraddittorietà tra il rilievo che non poteva tenersi conto della pronuncia arbitrale annullata e l'adesione alle conclusioni del c.tu., che aveva ritenuto che tutte le opere controverse erano ricomprese negli allegati A e B del lodo e l'omesso esame della sentenza di annullamento del lodo e del lodo stesso. Da questi ultimi emergeva che nel procedimento arbitrale non era stata disposta alcuna CTU, che avesse elaborato gli allegati A e 13, ma che gli stessi erano invece frutto degli accertamenti diretti degli arbitri approfonditi esami sia per confronto sulle contabilità di parte, che per accertamento diretto in loco . Inoltre, il ricorrente aggiunge che la sentenza aveva trascurato l'esame delle deposizioni dei testi C. e Ca. , dalle quali emergeva il conferimento dell'incarico da parte dei convenuti. 4.1 Il motivo è infondato. La circostanza secondo la quale gli allegati A e B del lodo non erano stati elaborati da un CTU nominato nel procedimento arbitrale, ma erano stati redatti dagli stessi arbitri in seguito a approfonditi esami sia per confronto sulle contabilità di parte, che per accertamento diretto in loco nulla toglie alla libera valutazione degli stessi nel diverso giudizio tra altre parti, non potendosi attribuire di per sé alle risultanze delle indagini di fatto direttamente compiute dagli arbitri una efficacia probatoria diversa da quella riconosciuta alle risultanze delle indagini commesse dal giudice ad un consulente tecnico. Inoltre, del tutto irrilevante rispetto a tale efficacia è la circostanza che la decisione arbitrale fosse stata annullata per essere stato il loto pronunciato tardivamente. Del resto, la Corte territoriale ha ampiamente motivato proprio sui limiti dell'utilizzabilità, o meno, del materiale risultante dal lodo arbitrale dichiarato nullo. Ha chiarito tra l'altro che l'utilizzazione riguardava non già le conclusioni assunte, ma soltanto i fatti sui quali non vi era controversia, richiamando in particolare l'allegato A, che contiene l'elenco dei lavori, considerati extra contratto e sul pagamento dei quali vi era controversia tra le due imprese, ma che risultavano commissionati dalla Costruzioni Ercoli alla Edilrossi. Anche la censura relativa alla valutazione delle testimonianze è infondata, risolvendosi nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare il risultato dell'attività svolta dal giudice del merito nell'esercizio dei compiti allo stesso affidati e del suo potere discrezionale di apprezzamento dei fatti e delle risultanze istruttorie. L'interpretazione e la valutazione delle risultanze processuali sono affidate al giudice del merito e costituiscono insindacabile accertamento di fatto. Nella specie la sentenza impugnata è corretta e si sottrae alle critiche di cui è stata oggetto e che presuppongono, come detto, una ricostruzione dei fatti diversa da quella insindacabilmente effettuata dal giudice del merito. Il giudice di merito ha proceduto ad un attento esame delle risultanze istruttorie e delle prove acquisite, specificamente indicate nella sentenza impugnata. All'esito di tale esame è pervenuto alle sopra riportate conclusioni attraverso argomentazioni complete ed appaganti, sia pur sintetiche, improntate a retti criteri logici e giuridici, nonché frutto di un'indagine accurata e puntuale delle risultanze istruttorie. In particolare, la Corte territoriale ha ampiamente motivato sulle ragioni che l'hanno indotta a ritenere più attendibile la testimonianza di E.R. . 5. Col quarto motivo di ricorso si deduce Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 246 cod. proc. civ. ”. Il ricorrente censura la ritenuta capacità del teste E. , benché amministratore e socio della società committente dell'appalto per la costruzione dell'edificio assume che la società era legittimata ad intervenire nel giudizio volontariamente o su istanza di parte. Viene formulato il seguente quesito di diritto dica la suprema Corte 1 se la persona fisica che abbia la rappresentanza legale di società di capitali sia o meno capace di testimoniare nei giudici nei quali la società abbia un interesse che potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio mediante uno qualsiasi degli interventi previsti dagli articoli 105, 106 e 107 c.p.c. 2 se abbia o meno interesse in causa, e quindi se sia o meno incapace di testimoniare il soggetto, persona giuridica o persona fisica, che avrebbe potuto essere convenuto in giudizio dall'attore in linea alternativa o solidale con il convenuto, quale soggetto passivo della stessa pretesa fatta valere contro il convenuto originario 3 se sia o meno incapace di testimoniare il soggetto, persona giuridica o persona fisica, che sia legittimato a intervenire in giudizio per sostenere le ragioni proprie della parte contro e a sfavore della quale è chiamato a rendere testimonianza ”. 5.1 Il motivo è infondato. L'interesse potenzialmente idoneo a legittimare la partecipazione del teste al giudizio, previsto come causa d'incapacità a testimoniare dall'articolo 246 cod. civ., - costituente una norma eccezionale, insuscettibile di applicazione analogica - si identifica con l'interesse giuridico personale, concreto ed attuale a proporre una domanda o a contraddirvi, sia sotto l'aspetto di una legittimazione primaria, sia sotto quello di una legittimazione secondaria, attuabile con l'interesse adesivo dipendente, senza che possa distinguersi fra legittimazione attiva e passiva e fra intervento volontario o a istanza di parte. Nella specie, era stato fatto valere un inadempimento contrattuale esclusivamente dei convenuti, rispetto al quale non era ipotizzabile alcun interesse della committente dell'edificio, di cui l'E. era amministratore, a partecipare al giudizio vedi anche Cass. n. 14987 del 2012, Rv. 623802, che affronta anche il problema della eventuale responsabilità dell'amministratore nei confronti della società . 6. Col quinto motivo di ricorso si deduce Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudico ”, relativo al pagamento dei lavori riportati ai punti 3 e 4 della c.t.u. espletata in primo grado. Sostiene il ricorrente che i lavori indicati al punto 3 non facevano parte dell'allegato A ed erano stati certamente eseguiti. Quanto invece ai lavori di cui al punto 4, rileva il ricorrente l'omesso esame di risultanze probatorie incontrovertibili , facendo richiamo al documento 12 maggio 1995, che contrariamente a quanto affermato dalla corte d'appello, esplicitamente escludeva i lavori in questione da quelli riportati nell'elenco A. Il R. aveva ritenuto tali lavori riferibili ai signori G. e D.S. e non aveva richiesto alcun inserimento di tali lavori nella lista di cui all'allegato A, ma anzi ne aveva chiesto lo stralcio. La Corte era incorsa nel vizio motivazionale indicato, posto che a fondamento della sua decisione aveva considerato i lavori riportati nell'allegato A, ritenendoli questi certamente riferibili alla Edilcostruzioni e di conseguenza non riferibili agli odierni intimati. Ciò posto a fronte di lavori che certamente erano esclusi dalla lista riportata nell'allegato A, la Corte non poteva che giungere alla opposta conclusione e cioè che tali lavori erano stati commissionati dagli odierni resistenti, proprio perché si trattava di lavori non contabilizzati nell'allegato A. 6.1 Anche tale motivo è infondato. Si tratta di denuncia di vizio motivazionale, rispetto al quale appare utile premettere quanto segue in via generale. 6.2 La denuncia di un vizio di motivazione, nella sentenza impugnata con ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5 , non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva l'accertamento dei fatti, all'esito della insindacabile selezione e valutazione della fonti del proprio convincimento. Di conseguenza il vizio di motivazione deve emergere - secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte v., per tutte. Cass. S.U. n. 13045/97 e successive conformi - dall'esame del ragionamento svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, mentre non rileva la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice di merito agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti. In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto - consentito al giudice di legittimità dall'articolo 360 c.p.c., n. 5 - non equivale alla revisione del ragionamento decisorio , ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata. Tale revisione si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e risulterebbe estranea alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità. Né, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le è demandato, ma inevitabilmente compirebbe un non consentito giudizio di merito, se - confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie - prendesse d'ufficio in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso sub specie di omesso esame di un punto decisivo. Del resto, il citato articolo 360, comma primo, n. 5 , cod. proc. civ. non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione operata dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. Cass. n. 4766 del 06/03/2006 - Rv. 587349 . In definitiva, le censure concernenti vizi di motivazione devono indicare quali siano i vizi logici del ragionamento decisorio e non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito Cass. n. 12467 del 25/08/2003 - Rv. 566240 . Ne deriva, pertanto, che alla cassazione della sentenza, per vizi della motivazione, si può giungere solo quando tale vizio emerga dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, che si rilevi incompleto, incoerente o illogico, e non già quando il giudice del merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore ed un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte Cass. n. 20322 del 20/10/2005 - Rv. 584541 . 6.3 - Tanto premesso, occorre rilevare l'insussistenza nel caso in questione del vizio denunciato. Infatti, vi è motivazione insindacabile perché sufficiente e logica 1 quanto al progressivo 3 la sentenza ha affermato che i relativi modesti lavori, non inclusi nell'allegato A e certamente eseguiti, risultavano sostanzialmente previsti nel progetto di variante e non potevano non essere stati conteggiati dagli arbitri tra le opere pertinenti all'appalto - a riprova che le opere sono state analizzate vi sono i saggi effettuati nel massetto per la verifica dello spessore 2 quanto al progressivo 4 relativo ai garage, la sentenza ha accertato che erano tutti elencati nella distinta lavori di cui alla nota del 12.5.1995 esaminata ed erano stati quindi espressamente inseriti nell'allegato A per espressa sollecitazione dell'impresa Rossi 3 quanto alle opere che il c.t.u. ha accertato non essere state oggetto di incarico da parte della società Ercoli - acquisto e posa in opera di n. 2 finestre complete e acquisto e posa in opera di davanzali e soglie - la sentenza ha affermato che neanche rispetto ad esse l'attore aveva provato di avere ricevuto l'incarico da parte del G. o D.S. , avendo il teste E. asserito che tutte le opere il cui pagamento era stato richiesto ai convenuti erano state commissionate dalla società e da questa pagate. 7. Col sesto motivo di ricorso si deduce Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per giudico , circa il fatto controverso dell'avvenuto pagamento delle opere da parte della committente. 7.1 - Il motivo è inammissibile. La sentenza è fondata su due ratio la prima relativa all'assenza di un contratto tra le parti per la realizzazione delle opere di cui era stato chiesto il pagamento la seconda dall'avvenuto pagamento di tali opere da parte della società Ercoli e della conseguente estinzione del credito fatto valere in giudizio. La pronuncia di infondatezza delle censure avverso la prima ratio esclude l'interesse all'esame della seconda. 8. Col settimo motivo di ricorso si deduce Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 332 cod. proc. civ. ”. Lamenta il ricorrente l'erronea condanna dell'appellante alle spese del grado con riguardo alla signora T.R. , posto che egli non aveva svolto alcuna domanda nei suoi confronti, avendole notificato l'atto d'impugnazione solo ai fini della denuncia della lite, insufficiente a far acquisire a quest'ultima la qualità di parte del giudizio, vertendosi in cause inscindibili. 8.1 Il motivo è infondato. Occorre rilevare, in primo luogo, che l'omessa impugnazione nei suoi confronti era stata condivisa dalla signora T. , che aveva chiesto in appello di dichiarare l'acquiescenza del R. al rigetto della domanda nei suoi confronti ovvero l’inammissibilità per difetto di interesse. Occorre osservare, altresì, che nel caso in cui siano convenuti nel medesimo giudizio più condebitori di un'obbligazione solidale, poiché quest'ultima determina la costituzione di tanti rapporti obbligatoli quanti sono i condebitori, si realizza la coesistenza nel medesimo giudizio di più cause scindibili, rispetto alle quali, in sede d'impugnazione, i motivi di gravame non si comunicano dall'uno all'altro dei coobbligati. Nel caso concreto, va escluso che l'appellante avesse un onere di denuncia della lite, ma in ogni caso egli aveva chiesto la riforma del capo della sentenza di primo grado relativo alla condanna delle spese del giudizio e tale richiesta avrebbe comportato una riforma della sentenza di primo grado anche nei confronti della signora T. . 9. In conclusione, il ricorso va accolto quanto al primo motivo, dovendosi rigettare gli altri. Il provvedimento impugnato va cassato quanto al motivo accolto e la causa va rimessa per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, cui è anche demandato, ex articolo 385 c.p.c., di pronunziare sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta gli altri cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Firenze che deciderà anche sulle spese.