Attività alberghiera: il locatore può risolvere il contratto se non è garantita la sicurezza dei clienti

A norma dell’art. 1587 n. 1, c.c., il conduttore ha l’obbligo di usare la cosa, secondo la sua destinazione, con la diligenza del buon padre di famiglia, col conseguente divieto di eseguire innovazioni che ne mutino la natura e la destinazione con riferimento, in particolare, all’attività alberghiera, tale disposizione si concretizza nel tenere una condotta che valorizzi la sicurezza delle persone e che, contestualmente, garantisca il rispetto delle norme edilizie, urbanistiche ed igienico sanitarie, anche per quanto riguarda le innovazioni ed innovazioni dell’immobile locato.

Con la sentenza n. 14850 del 13 giugno 2013, la Corte di Cassazione illustra, con riferimento alla specifica attività alberghiera, la natura dei doveri e delle obbligazioni che fanno capo al conduttore e la cui violazione può giustificare la risoluzione del contratto da parte del locatore. Il caso . La vicenda prende le mosse da un contratto di locazione avente ad oggetto un complesso immobiliare che il locatario si impegna a ristrutturare al fine di poterlo utilizzare come struttura alberghiera. Le modifiche apportate, però, risultano di significativa rilevanza tale da compromettere la sicurezza degli ospiti della struttura. Le innovazione apportate, infatti, hanno provocato, nella struttura locata, una situazione di precarietà e di rischio che i giudici di merito, su domanda del locatore, hanno ritenuto di gravità tale da comportare la risoluzione del contratto. Tali decisioni sono confermate dalla Cassazione con la sentenza in commento affermando che, seppur autorizzate, le innovazioni non possono consistere in modifiche della struttura tali da compromettere, sotto molteplici profili, la sicurezza e l’incolumità alle persone che la frequentano. Le obbligazioni del conduttore come e perché . L’art. 1587, n. 1, c.c. sancisce l’obbligo del conduttore di servirsi della cosa locata per l’uso determinato in contratto, implicando che il diritto di godimento non è illimitato, ma va esercitato entro l’ambito delle singole e specifiche facoltà che risultano in modo espresso dalle condizioni pattizie o che, comunque, si desumono, anche in modo indiretto, dalle circostanze esistenti al momento della stipula della convenzione contrattuale. L’obbligo del conduttore sul divieto di innovazioni come interpretare la norma? A norma dell’art. 1587 testè menzionato, quindi, il conduttore ha l’obbligo di usare la cosa, secondo la sua destinazione, con la diligenza del buon padre di famiglia, col conseguente divieto di eseguire innovazioni che ne mutino la natura e la destinazione tale divieto, peraltro, non va inteso in senso assoluto, dovendo il giudice di merito accertare se le modifiche apportate dal conduttore alla cosa locata comportino un’alterazione dell’equilibrio giuridico - economico del contratto in pregiudizio del locatore. Sulla scorta dell’identificazione del suddetto obbligo si evince che la violazione dello stesso, ovvero l’abuso del conduttore nel godimento del bene locato, non postula necessariamente il concreto verificarsi di danni materiali, con conseguente alterazione degli elementi strutturali del bene in modo da renderlo diverso da quello originario, potendo l’abuso in questione sostanziarsi in innovazioni e modifiche strutturali che non incidano direttamente sulla cosa locata in sé, ma si traducano, in ogni caso, in condotte abusive e lesive di concreti interessi del locatore, idonee ad alterare l’equilibrio economico-giuridico del contratto in danno del locatore stesso, con conseguente configurabilità di una gravità dell’inadempimento del conduttore in ordine al predetto obbligo e la correlata legittimità della declaratoria di risoluzione giudiziale del contratto locatizio. In un caso, in particolare, il S.C. ha confermato la sentenza di merito dichiarativa della risoluzione di un contratto di locazione avente ad oggetto una malga di proprietà della locatrice, che aveva rilevato la sussistenza dell’importanza dell’inadempimento della conduttrice nella condotta della stessa, che aveva proceduto all’installazione di una base di cemento con erezione di un’antenna alta venticinque metri e con interramento del cavo necessario allo zoccolo di nuova costruzione, determinando la rovina del manto erboso circostante, così procedendo ad un’utilizzazione del terreno assolutamente preclusa e realizzando, perciò, un fatto abusivo in grado di alterare il descritto equilibrio a svantaggio della locatrice. Inadempimenti del conduttore e tolleranza del locatore. Per aversi una manifestazione di volontà, sia pure tacita, del locatore, diretta a convalidare l’illegittima situazione posta in essere dal conduttore con il mutamento della destinazione dell’immobile locato, è necessario che sussistano elementi concreti ed atti inequivoci tali che, nel comportamento delle parti, possa individuarsi la volontà derogatrice della clausola circa l’uso contrattuale convenuto a tal fine, la semplice tolleranza, ed anche la stessa scienza ed inerzia, del locatore non costituisce acquiescenza del medesimo in ordine al mutamento di fatto nella destinazione dell’immobile, posto arbitrariamente in essere dal conduttore, in contrasto con i patti contrattuali. Risoluzione del contratto di locazione? Sì, in caso di grave inadempimento In caso di abuso nel godimento della cosa locata - che non si verifica in tutte le ipotesi di modificazione nello stato di fatto, ma solo di innovazioni che immutino la natura e la destinazione della cosa locata - spetta al giudice di merito apprezzare l’importanza dell’inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, avuto riguardo, più che alla entità obiettiva dell’inadempimento, alla sua rilevanza in rapporto all’interesse del locatore alla conservazione dell’immobile nello stato originario, che si sia o meno manifestato attraverso una clausola diretta a vietare qualsiasi modifica, anche migliorativa, senza il consenso dello stesso locatore. A mo’ di esempio, e per riprendere un precedente di legittimità, in un caso i Giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto corretta la decisione della corte di merito che, in riforma di quella pretorile, aveva ravvisato inadempimento idoneo ai fini risolutori nel comportamento del conduttore il quale aveva abbattuto il muro divisorio tra l’immobile locato e quello confinante, considerando, tra l’altro, che, a termini del contratto, le innovazioni dovevano essere autorizzate per iscritto. da valutarsi complessivamente in base alle circostanze concrete. In tema di risoluzione contrattuale per inadempimento, la valutazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1455 c.c., della non scarsa importanza dell’inadempimento - riservata al giudice di merito - deve ritenersi implicita ove l’inadempimento stesso si sia verificato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto, quale, in materia di locazione, quella di pagamento dei canoni dovuti. Eccezione di inadempimento e sospensione del pagamento del canone solo in certi casi. In linea di principio, al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore la sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti inoltre, secondo il principio inadimplenti non est adimplendum , la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede. In particolare, ed in applicazione del riportato principio, la Suprema Corte ha confermato la sentenza con cui il giudice di appello aveva limitato il periodo di inutilizzabilità dell’immobile locato - con conseguente esonero del conduttore dal pagamento dei canoni della locazione e degli accessori - a quello di effettiva inagibilità dei locali, danneggiati dall’acqua utilizzata per spegnere un incendio sviluppatosi nel condominio e considerando, quindi, solo per tale periodo, il mancato pagamento dei canoni di locazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 marzo - 13 giugno 2013, numero 14850 Presidente Finocchiaro – Relatore Petti Dvolgimento del processo 1.La Corte di Appello di Roma con sentenza del 25 maggio 2005 ha confermato la sentenza del tribunale di Roma rigettando l'appello principale proposto dalla società Lier nei confronti della società Giano, nonché lo appello incidentale da questa ultima spiegato contro la Lier compensando le spese del grado tra le parti. Per quanto qui ora interessa ai fini del ricorso per cassazione e delle censure rivolte alla sentenza, la Corte romana precisava a. che la Lier locatrice del complesso alberghiero aveva violato gli obblighi di custodia dei beni in relazione alla diligenza del buon padre di famiglia di cui allo articolo 1587 numero 1 del codice civile, con riferimento alle innovazioni e ristrutturazioni apportate ai vari locali dell'immobile, secondo gli accertamenti compiuti dai vigili del fuoco, che hanno rilevato la grave irregolarità in tema di sicurezza per essere lo immobile inadeguato e non conforme alle prescrizioni di sicurezza e di prevenzione degli incendi b. che la valutazione concreta della entità, permanenza e reiteratezza delle inadempienza giustificava la risoluzione dei rapporti c. dichiarava quindi inammissibile l'appello incidentale per la incongruità delle censure poste a sostegno della decisione. La reciprocità della soccombenza giustificava poi la compensazione delle spese del grado. 2. Contro la decisione ricorre la società Lier deducendo quattro motivi di censura illustrati da memoria, resiste la controparte con controricorso e memoria. 3. In data 20 ottobre 2012 risulta depositato nella cancelleria della III sezione una denuncia esposto a firma dello ing. A.L. che segnala fatti delittuosi già denunciati alla Procura della Repubblica di Roma. La denuncia è agli atti e se ne valuterà la irritualità processuale. Motivi della decisione 4. Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai dedotti motivi, peraltro contrastati dal controricorrente. Per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi descrittiva ed a seguire la confutazione in diritto. 4.1. SINTESI DEI MOTIVI. Nel primo motivo si deduce la nullità della sentenza della Corte di appello per la violazione dell'articolo 51 c.p.c. per avere preso parte quale relatore nel collegio giudicante di dr. D.M.M. , il quale aveva già conosciuto le stesse vicende controverse relative alla risoluzione dei contratti di locazione tra le parti, in vari giudizi dinanzi al tribunale di Roma di cui vengono indicati a ff 9 i numeri di ruolo si deduce la mancanza di terzietà del giudice relatore. Nel secondo motivo si deduce l'error in iudicando per la violazione dello articolo 1587 c.c. in tema di obbligazioni in capo al conduttore. In particolare si contesta la valutazione degli addebiti considerati dalla Corte di appello, in relazione alla violazione degli obblighi di conservazione e custodia dell'immobile da parte del conduttore, che aveva apportato innovazioni tali da mutare la natura e la destinazione alberghiera del bene, così provocando evidenti danni non suscettibili di eliminazione, e si contesta il rilievo dato alla alterazione dello equilibrio economico del rapporto in pregiudizio del locatore, da ritenersi di tale gravità da giustificare la risoluzione per inadempimento. Si deduce in particolare che all'epoca della stipula della scrittura privata del 8 novembre 1999, tra la Giano srl e la Pyramis internazionale srl. Le unità immobiliare erano tutte destinate ad uso abitativo e che la conduttrice assumeva l'obbligo di procedere al cambio della destinazione di uso ed ai lavori di ristrutturazione necessari per l'adeguamento dello immobile alla struttura alberghiera. La Lier, titolare della licenza per lo esercizio della attività alberghiera si era resa parte diligente nello effettuare le varie ristrutturazioni necessarie per lo adeguamento della struttura, attivandosi per ottenere le rispettive autorizzazioni ed il rilascio dei certificati di prevenzione incendi. Si contesta in particolare che le irregolarità segnalate dai vigili del fuoco nell'accesso allo immobile a seguito di esposto della locatrice, non erano tali da determinare la violazione degli obblighi di cui allo articolo 1587 del cod.civile, e che le stesse erano state rimosse conseguendo successivamente il certificato di prevenzione incensi relativo alla autorimessa in data 27 giugno 2008 in anticipo rispetto al termine ultimo di adeguamento. Nel terzo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 3 comma quarto del DL 28 dicembre 2006 numero 300, convertito dalla legge 26 febbraio 2007 numero 17 e del D.L.31 dicembre 2007 numero 248 in relazione allo articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile, sul rilievo che la Corte di appello avrebbe disatteso la applicazione di tali norme che prorogavano nel tempo la messa in sicurezza dello stabile con termine ultimo al 31 dicembre 2010, allorché la società conduttrice aveva finalmente conseguito, in data 19 maggio 2010, i certificati di prevenzione incendi. Nel quarto motivo, erroneamente contrassegnato come III, si deduce ancora la omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia, sul rilievo che il mancato adeguamento alla normativa antincendio non avrebbe danneggiato la proprietaria determinando una ordinanza temporanea di chiusura per non avere rispettato la normativa di prevenzione antiincendi. 5. CONFUTAZIONE IN PUNTO DI DIRITTO. Il regime del ricorso, in relazione alla data di pubblicazione della sentenza di appello, si sottrae al regime dei quesiti previgente, ma non ai principi generali di specificità, completezza, documentazione e deposito dei documenti rilevanti al fine del giudizio. In relazione al primo motivo è sufficiente rilevarne la infondatezza alla luce di un consolidato orientamento di questa Corte, da ultimo ribadito nello arresto del 15 dicembre 2011 numero 26976, ove si precisa che il motivo di astensione di cui alla norma processuale dello articolo 51 c.p.c., che la parte non abbia fatto valere come motivo di ricusazione del giudice ai sensi dello articolo 52 c.p.c. non può essere invocato in seguito come ragione di gravame. Ma la infondatezza è ribadita anche sotto il profilo della assoluta genericità delle censure che esprimono soltanto un mero sospetto di mancanza di terzietà, dimenticando che la decisione collegiale avviene a maggioranza o alla unanimità del collegio giudicante. In relazione ai restanti motivi, che possono venire in esame congiunto, in quanto tutti concorrono a ridimensionare la gravità degli addebiti di inadempimento, si osserva che la tesi non contrasta la chiarissima ratio decidendi espressa dalla Corte di appello a ff 7 e seguenti della analitica e congrua motivazione, ma tende a limitare il dimensionamento della gravità alla possibile sanatoria di un illecito amministrativo, prevista da una serie di leggi permissive che recano termini di proroga per favorire la vita delle imprese alberghiere anche a rischio di incendio. La Corte di appello, nel correggere la motivazione del primo giudice in relazione alla normativa di cui allo articolo 1587 numero 1 del codice civile, osserva come la norma stessa racchiuda due precetti che vincolano la parte conduttrice quello di osservare la diligenza media nell'uso della cosa e quello di servirsi della cosa per lo uso pattuito. Tale uso nel caso di esercizio della attività alberghiera pone in prima linea il bene della sicurezza delle persone, impiegati, frequentatori e clienti, che utilizzano il complesso alberghiero, e contestualmente il rispetto delle norme edilizie, urbanistiche, igienico sanitarie, per quanto attiene alle modificazioni, innovazioni ed il rilascio di autorizzazioni e concessioni, tra cui quella infine rilasciata dopo lunghi anni di attesa. La Corte, a ff 8 e 9,della motivazione motiva congruamente,con corretti riferimenti giurisprudenziali, sugli obblighi del conduttore in relazione alla particolare destinazione del complesso immobiliare, e constata che dal verbale dei vigili del fuoco sia emersa una situazione di precarietà e di rischio a. per il restringimento dei corridoi dei piani di accesso alle camere b. per la inidoneità della apertura delle porte resistenti al fuoco c. per il sovraffollamento del sesto piano, in relazione alla sala ristorante e colazione a 90 posti rispetto a quelli consentiti d. per la presenza di materiali di rivestimento privi di certificazione ai fini della reazione al fuoco d. per la lunghezza superiore ai limiti di legge dei corridoi ciechi ubicati al primo e secondo piano. Da tali accertamenti, che non vengono in contestazione specifica, la Corte trae la valutazione della gravità dello inadempimento che comporta una grave alterazione dello equilibrio contrattuale, esponendo la società locatrice al rischio che lo immobile non adeguatamente protetto potesse subire danni per tale ragione e che potendo tali danni estendersi alle persone che occupano l'immobile, la proprietaria potesse esserne chiamata a rispondere, anche sul piano penale e di responsabilità civile. Correttamente la Corte ha ritenuto irrilevante la legislazione di proroga delle misure di messa in sicurezza, che ben potevano essere tempestive, anche in relazione al protrarsi dello inadempimento nel corso della lite, quando l'attività alberghiera proseguiva con utili consistenti per lo albergatore. I tre motivi risultano infondati in quanto non sono idonei ad inficiare il giudizio di rilevanza della gravità dell'inadempimento considerato in relazione ad un ampio contesto di obblighi di garanzia in favore del personale, dei clienti e dei frequentatori di un albergo per lungo tempo insicuro, e non sussiste alcuna violazione nella applicazione delle norme che regolano l'adempimento contrattuale anche in relazione ad una disciplina speciale che attiene ad una politica legislativa di proroga, che non incide sul rispetto del sinallagma dello equilibrio contrattuale e sul rispetto che il custode albergatore deve nutrire per la sicurezza ed incolumità dei beni della vita, tra cui la salute. Al rigetto del ricorso segue la condanna della società ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, in favore della società resistente, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente LIER srl a rifondere alla Giano srl le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 10.200,00 di cui Euro 200,00 per spese.