Società di scommesse in difficoltà: no al recesso dal contratto di locazione se lo stato di crisi è frutto di una previsione errata

La situazione deficitaria non si è determinata per cause sopravvenute, ma per effetto di una previsione errata ab origine.

Per questo la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11772/2013 depositata il 15 maggio, ha rigettato il ricorso della società di scommesse colpita da uno stato di crisi. Il caso. Una società si rivolgeva all’autorità giudiziaria chiedendo di ingiungere al pagamento della somma dovuta il debitore una società di giochi e scommesse a cui era stato concesso in locazione un fondo commerciale e che, avendo deciso di recedere anticipatamente dal contratto, si era resa morosa nel pagamento dei canoni per un totale di oltre 53mila euro. Recesso comunicato tramite raccomandata. La società convenuta, dal canto suo, esponeva di aver comunicato il formale recesso dal contratto tramite raccomandata, motivando la decisione con il sopravvenuto stato di crisi dei concessionari, a causa del quale la società si era trovata a dover recedere dalla concessione, interrompere l’attività e recedere dal contratto di locazione. La società di scommesse, risultata soccombente all’esito dei giudizi di merito, si è rivolta così ai giudici di Cassazione. Le cause del recesso devono essere determinate da avvenimenti imprevedibili, gravosi ed estranei. La Cassazione, tuttavia, sottolinea che lo stato di crisi faceva comunque riferimento ad una situazione, erroneamente valutata, che era preesistente alla stipulazione del contratto di locazione, anche perché le previsioni di raccolta delle scommesse, poi rivelatesi errate, facevano parte del bando di concorso per la gara di appalto pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data antecedente la conclusione del contratto di locazione. Ma lo stato di crisi è frutto di una previsione errata. E poi – precisano gli Ermellini ribadendo un consolidato orientamento giurisprudenziale – le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti estranei alla sua volontà, che siano non solo imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, ma anche tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione della locazione . Nel caso di specie, invece, la situazione deficitaria non si è determinata per cause sopravvenute, ma per effetto di una previsione errata ab origine . Pertanto, il ricorso della società di scommesse viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 aprile – 15 maggio 2013, numero 11772 Presidente Berruti – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Prato ai sensi degli artt. 633 ss. c.p.c. la s.r.l. Bravo, premesso di avere concesso in locazione alla s.numero c. Giochi e Scommesse un fondo commerciale con contratto del 4.6.1999 e assumendo che la conduttrice, pretendendo di recedere anticipatamente dal contratto per asseriti ma infondati gravi motivi, si era resa morosa nel pagamento dei canoni relativi a parte del trimestre aprile-giugno 2003 nonché di quelli relativi al terzo e quarto trimestre dello stesso anno, per complessivi Euro 53.263,66, chiedeva che fosse ingiunto al debitore il pagamento di tale somma, oltre interessi e spese. La s.numero c. Giochi e Scommesse proponeva opposizione affermando che con raccomandata del 30.12.2002 aveva comunicato alla Bravo s.r.l. formale recesso dal contratto ai sensi dell'articolo 27, ultimo comma, legge numero 392/78. Esponeva che, a seguito di partecipazione alle gare indette per l'assegnazione di concessioni per la raccolta di scommesse sportive di competenza del CONI e di quelle sulle corse ippiche di competenza dell'UNIRE, essa si era aggiudicata nell'anno 1999 la sola concessione CONI ed aveva sottoscritto con tale ente una convenzione che prevedeva, fra le condizioni economiche, il versamento al concessionario di una determinata somma a prescindere dall'effettivo volume delle raccolte introitate e. d. minimo garantito , sulla base di stime effettuate da parte della stessa amministrazione. Tali stime si erano rivelate erronee, essendosi riscontrato, nel primo trimestre dell'anno 2001, un notevole scostamento fra il volume di raccolta globale stimato 9.000 miliardi di lire e quello effettivamente realizzatosi nel periodo circa 5.000 miliardi di lire . In considerazione di tale situazione si era pervenuti alla dichiarazione dello stato di crisi dei concessionari, con attribuzione ai medesimi della facoltà di recedere dalla concessione, per cui, a ragione della grave situazione deficitaria, essa si era determinata a recedere dalla concessione, ad interrompere l'attività ed a recedere dal contratto di locazione. Chiedeva la revoca del decreto ed, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto di locazione per la data del 15.7.2003 in conseguenza del recesso. In esito al giudizio in cui si costituiva l'opposta, il Tribunale adito rigettava l'opposizione della snc Giochi e Scommesse, che condannava alla rifusione delle spese. Avverso tale decisione proponeva appello la soccombente ed in esito al giudizio, in cui si costituiva la società appellata, la Corte di Appello di Firenze con sentenza depositata in data 25 gennaio 2007 rigettava l'impugnazione e condannava l'appellante alla rifusione delle spese. Avverso la detta sentenza ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Resiste con controricorso la Bravo Spa. Motivi della decisione Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 27 co. 8 legge numero 392/78 nonché l'omessa motivazione, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello trascurato che, nel caso di specie, si erano realizzati tutti i presupposti necessari ai fini della ricorrenza dei gravi motivi legittimanti il recesso del conduttore ai sensi dell'articolo 27 citato, quali la dichiarazione dello stato di crisi del settore di appartenenza del conduttore, da parte dell'Amministrazione concedente, avvenuta con decreto del Ministero delle Finanze del 28 maggio 2001, la sopravvenienza di tale evento rispetto al contratto di locazione risalente al 4 giugno 1999, il riconoscimento della eccezionalità e della imprevedibilità dell'evento stesso, la gravosità delle conseguenze economiche riverberate sul conduttore, la funzionalità esclusiva del contratto di locazione rispetto all'esercizio della concessione. La Corte pertanto - così continua la ricorrente - avrebbe dovuto riconoscere la sussistenza dei gravi motivi di recesso ai sensi della norma citata. Inoltre - ed il rilievo sostanzia la seconda doglianza, articolata, anch'essa, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 27 co. 8 legge numero 392/78 - la Corte di appello avrebbe sbagliato per aver riferito la valutazione della sopravvenienza al momento della partecipazione alla gara bandita dal Coni invece che alla stipula del contratto di locazione. Entrambe le censure sono infondate. Ed invero, pur volendo prescindere dal profilo di inammissibilità della prima doglianza, derivante dal rilievo che, solo in sede di legittimità, la ricorrente ha accennato al riconoscimento, da parte della P.A., della grave crisi del settore a livello nazionale, mentre in sede di merito, per come risulta dalla sentenza impugnata, aveva invece indicato come causa delle sue difficoltà solo il calcolo di stima errato fatto dal CONI, che sulla base di tale errore, aveva stabilito un minimo garantito annuo eccessivo che essa era stata costretta a pagare, torna utile sottolineare che la declaratoria dello stato di crisi, da parte dell'Amministrazione, faceva riferimento, pur sempre, ad una situazione, erroneamente valutata, che era preesistente alla stipulazione del contratto di locazione,come risulta dal fatto che le previsioni di raccolta delle scommesse, poi rivelatesi errate, facevano parte del bando di concorso per la gara di appalto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'11.12.1998, precedente alla conclusione del contratto di locazione. Ne deriva che anche, con riferimento alla nuova circostanza inammissibilmente introdotta nel tema decisionale dalla ricorrente, deve comunque escludersi il presupposto della sopravvenienza del grave motivo legittimante il recesso a norma dell'articolo 27 legge numero 392/78 più volte citato. Ma v'è di più. Secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti estranei alla sua volontà, che siano non solo imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, ma anche tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione della locazione. I fatti in questione, tali da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione del contratto, devono presentare una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all'opportunità o meno di continuare a occupare l'immobile locato, poiché, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso ad nutum , contrario all'interpretazione letterale, oltre che allo spirito della suddetta norma, cfr. Cass. numero 5293/08, numero 5328/07 . Al contrario, nel caso di specie, come ha evidenziato la Corte di merito, la situazione deficitaria non fu determinata da cause sopravvenute ma si manifestò per effetto di una previsione ab origine errata del volume di raccolta delle scommesse realizzabili e tale previsione, che fu condivisa dalla società ricorrente, riflesse una valutazione inadeguata degli elementi di pianificazione ed organizzazione dell'attività medesima che attiene al cosiddetto rischio di impresa e non costituisce causa sopravvenuta ed imprevedibile della situazione determinatasi. Senza considerare che la gravosità della prosecuzione deve essere tale da eccedere l'ambito della normale alea contrattuale e consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie tale da incidere significativamente sull'andamento dell'azienda del conduttore mentre, nel caso di specie, la ricorrente non ha offerto il benché minimo elemento di riscontro sul punto. Ne deriva l'infondatezza delle doglianze in esame. Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al D.M. numero 140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 7.200,00 di cui Euro 7.000,00 per compensi, oltre accessori di legge, ed Euro 200,00 per esborsi.