Si attivano per ottenere un mutuo dopo l’accordo di vendita: se manca la stipula finale, vanno risarcite le spese sostenute

Il Tribunale ha ridotto il risarcimento, riconosciuto dal Giudice di Pace, perché ha ritenuto provata l’erogazione di un mutuo di minore importo. In tal modo non viene introdotta una causa petendi nuova la provvigione alla finanziaria era comunque da pagare, anche se diminuita.

Così ha deciso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3284, depositata il 12 febbraio 2013. Non si arriva al definitivo. Fanno un accordo precontrattuale, ma non si giunge alla stipula definitiva l’immobile rimane alla proprietaria. Ma intanto, dall’altra parte, si erano attivati per ottenere un mutuo, tramite una società finanziaria. Chiedono quindi il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale. Giudice di Pace e Tribunale accolgono la domanda, il primo riconosce un risarcimento di 1200 euro, il secondo lo dimezza. Responsabilità precontrattuale. L’art. 1337 c.c. dispone che le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede . Ma aveva partecipato alla trattativa? E per quale casa è stato fatto il mutuo? Con ricorso per cassazione la proprietaria sostiene, con motivi ritenuti dalla Corte inammissibili, perché ripropositivi di questioni di fatto, che non ci fosse legittimazione processuale di nessuna delle parti, non avendo mai assunto alcun ruolo nella trattativa, tenutasi tra i suoi figli, comproprietari con lei dell’immobile, ed il padre degli altri due, né che ci fosse alcun danno per gli attori iniziali, visto che il mutuo era stato erogato per comprare un’altra casa. Nei giudizi di merito era emersa una sua partecipazione alla trattativa e non era riuscita a dimostrare la carenza di interesse ad agire degli attori. Queste questioni non possono essere riproposte in Cassazione. Diminuzione del risarcimento causa petendi nuova? Infondato è poi il motivo di ricorso circa la riforma della sentenza di primo grado. Secondo la ricorrente, con la diminuzione del risarcimento dovuto, essendo stato accertato che il mutuo erogato era inferiore a quanto riconosciuto in precedenza e che quindi la provvigione spettante alla società finanziaria doveva essere minore, è stata illegittimamente introdotta una causa petendi nuova. Peraltro, con la riforma, sarebbe stata riconosciuta parzialmente vittoriosa sbagliata quindi la condanna al pagamento di tutte le spese processuali. La S.C. rileva che il Tribunale si è limitato a ridurre il risarcimento perché ha ritenuto provato che gli appellati hanno usufruito di un mutuo di minore importo per tale importo avrebbero comunque dovuto pagare la provvigione alla società. Spese processuali. Per quanto riguarda le spese, la Corte sottolinea che la riforma, anche parziale, della sentenza di primo grado determina la caducazione ex lege della statuizione sulle spese e il correlativo dovere, per il giudice d’appello, di provvedere d’ufficio ad un nuovo regolamento . Il Tribunale non avrebbe mai potuto condannare alle spese la parte vittoriosa.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 dicembre 2012 – 12 febbraio 2013, n. 3284 Presidente Finocchiaro – Relatore D’Amico Svolgimento del processo D T. e G B. convennero in giudizio dinanzi al Giudico di Pace di Roma, A A. chiedendo che fosse dichiarata la sua responsabilità precontrattuale per la mancata stipulazione, in loro favore, di un contratto preliminare di compravendita immobiliare. Il Giudice adito dichiarò la responsabilità precontrattuale della convenuta ex art. 1337 c.c., con conseguente condanna al pagamento, in favore degli, appellati, di Euro 1.602,31 a titolo di risarcimento del danno. Propose appello A A. chiedendo l'annullamento della sentenza del Giudice di Pace di Roma. Assumeva l'appellante 1 che con riferimento alle trattative instaurate per la compravendita dell'immobile, del quale era comproprietaria unitamente ai figli G.P. e F. , non aveva mai avuto alcun rapporto diretto con gli appellati e con L B. padre di G B. , essendo intervenuti tutti i contatti con i suddetti figli 2 che la trattativa non si era perfezionata sul prezzo di acquisto, avendo L B. proposto una somma inferiore rispetto a quella richiesta 3 che l'appellante non aveva indotto in alcun modo gli appellati a richiedere un finanziamento di L. 300.000.000 tramite l'agenzia Pegasofin per l'acquisto dell'immobile de quo e che pertanto l'esborso di L. 3.000.000 effettuato dai medesimi per il conseguimento dell'erogazione del mutuo era avvenuto in assenza di qualsiasi pregresso accordo 4 che in realtà gli appellati avevano utilizzato il suddetto esborso per l'ottenimento del mutuo finalizzato all'acquisto di un diverso appartamento. L'appellante A A. chiedeva pertanto, in via preliminare, dichiararsi suo difetto di legittimazione e, nel merito, l'infondatezza della pretesa risarcitoria. Il Tribunale ha ritenuto destituito di fondamento l'assunto dell'appellante circa la sua carenza di legittimazione passiva e attiva, essendo emersa dall'istruzione probatoria espletata che l'A. aveva preso parte alla trattativa. Nel merito, in parziale accoglimento dell'appello, ha accertato in Euro 645,47 l'importo dovuto da A A. a titolo di risarcimento danni. Propone ricorso per cassazione A A. con sei motivi. Parte intimata non svolge attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo parte ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 100 in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.”. Assume la ricorrente che il Tribunale ha erroneamente riconosciuto la sua legittimazione passiva, non avendo valutato nella giusta misura l'assoluta mancanza di attendibilità dei testimoni di controparte, essendo rispettivamente padre, nonno e madre di B.G. ed avendo tutti interesse a coinvolgere processualmente un soggetto estraneo alla trattativa, quale era stata essa ricorrente. Inoltre il Tribunale non poteva riconoscere la legittimazione attiva di D T. e G B. , visto che i testimoni hanno confermato che la trattativa si è svolta tra B.L. , padre di G. , ed i figli della ricorrente, G.P. e F. . Con il secondo motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione degli artt. 1388, 1393 e 1398 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.”. Sostiene parte ricorrente che il Tribunale ha errato nel ritenere che la A. , quale apparente rappresentata, presenziando ad alcuni degli incontri tra i quali quello relativo alla valutazione dell'immobile, volti all'ottenimento del mutuo, abbia tenuto un comportamento colposo. Con il terzo motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione degli artt. 1337 e 2043 c.c. in relazione all'art. 3 60, comma 1 n. 3 c.p.c.”. Assume la ricorrente di aver dimostrato con documenti e testi che il T. e la B. non avevano maturato alcun diritto al risarcimento del danno, in quanto l'importo pagato di L. 3.102.500 per provvigioni ad una finanziaria per istruire una pratica di mutuo, in vista dell'acquisto dell'appartamento dell'A. , era in realtà il costo delle provvigioni pagate per l'ottenimento di un mutuo bancario per l'acquisto di un altro appartamento nella stessa strada. Sia il Giudice di Pace che il Tribunale, con l'impugnata sentenza, non avrebbero poi valutato le risultanze istruttorie. Nessuno dei riferiti motivi può trovare accoglimento. In conformità a una consolidata giurisprudenza si osserva che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata. Il riferito principio comporta - in particolare - tra l'altro - che è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, non essendo al riguardo sufficiente un'affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi tra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la sentenza impugnata Cass. 12 luglio 2007, n. 15604 Cass. 15 giugno 2007, n. 13066 Cass. 2 febbraio 2006, n. 2270, tra le tantissime . Quindi, quando nel ricorso per cassazione, pur denunciandosi violazione e falsa applicazione della legge, con richiamo di specifiche disposizioni normative, non siano indicate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate - o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina - il motivo è inammissibile, poiché non consente alla Corte di cassazione di adempiere il compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione Cass. 20 gennaio 2006, n. 1108 Cass. 29 novembre 2005, n. 26048 Cass. 8 novembre 2005, n. 21659 Cass. 18 ottobre 2005, n. 20145 Cass. 2 agosto 2005, n. 16132 . Nella specie con i proposti motivi parte ricorrente pur invocando che i giudici del merito, in tesi, hanno malamente interpretato le molteplici disposizioni di legge indicate nella intestazione dei vari motivi artt. 81 e 100 c.p.c. - quanto al primo motivo -, artt. 1388, 1393, 1398 c.c. - quanto al secondo motivo -, artt. 1337 e 2043 c.c. - quanto al terzo motivo , in realtà, si limita a censurare la interpretazione data, dai giudici del merito, delle risultanze di causa, interpretazione a parere del ricorrente inadeguata, sollecitando, così, contra legem e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di cassazione, un nuovo giudizio di merito su quelle stesse risultanze. Con il quarto motivo parte ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c.”. Secondo A A. il Tribunale ha proceduto ad una riduzione di quanto spettante agli appellanti ritenendo, in mancanza di prove e senza darne adeguata motivazione, che a fronte di un mutuo di minore importo di L. 185.000.000, i resistenti avevano corrisposto alla Pegasofin una provvigione del 10% della somma oggetto di mutuo, riconoscendo con la sentenza impugnata che l'interesse negativo suscettibile di risarcimento fosse pari ad Euro 686,86 L. 3.100.000 - L. 1.850.000 , in tal modo violando il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, fissato dall'art. 112 c.p.c Il motivo è infondato. Nel caso in esame il Tribunale non ha infatti introdotto nel processo una nuova e diversa causa petendi, ma si è limitato a ridurre il risarcimento perché ha ritenuto provato che gli appellanti hanno usufruito di un mutuo di minore importo per tale importo avrebbero comunque dovuto pagare la provvigione alla Pegasofin. Con il quinto motivo parte ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c.”. Lamenta la ricorrente di essere stata condannata al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, mentre con la sentenza di riforma del primo grado il Tribunale riconosceva le spese di lite del solo grado di appello assumendo che le spese di lite del primo grado appaiono congrue. Tutto ciò in violazione dell'art. 92 c.p.c. in quanto la ricorrente è stata riconosciuta parzialmente vittoriosa. Il motivo è infondato. Infatti, in base al principio fissato dall'art. 336, comma primo, cod. proc. civ., secondo il quale la riforma della sentenza ha effetto anche sulle parti dipendenti dalla parte riformata cosiddetto effetto espansivo interno , la riforma, anche parziale,della sentenza di primo grado determina la caducazione ex lego della statuizione sulle spese e il correlativo dovere, per il giudice d'appello, di provvedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle stesse Cass., 5 giugno 2007, n. 13059 . Nel caso di specie il Tribunale ha reputato l'accoglimento parziale inidoneo a modificare la condanna alle spese formulata dal Giudice di primo grado, in quanto ritenute congrue. L'unica decisione che il Tribunale non avrebbe potuto prendere, pena la violazione dell'art. 91 c.p.c., è la condanna alle spese della parte vittoriosa. Con il sesto motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione dell'art. 96 per non avere accolto la condanna dei resistenti per lite temeraria, pur ricorrendo i presupposti dell'elemento soggettivo costituito dalla malafede nell'aver celato di aver comunque utilizzato e goduto dei servizi derivanti dal pagamento delle provvigioni”. Il motivo deve considerarsi assorbito essendo la ricorrente parte soccombente e non potendo quindi invocare, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., la responsabilità processuale aggravata a carico della parte vittoriosa. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere rigettato, con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 1.300,00 per compensi, oltre accessori di legge.