Se l’entità del vizio è ridotta, non può esserci responsabilità dell’appaltatore

I vizi alla pavimentazione sono da considerarsi di lieve entità se riscontrati su una superficie che va dal 3 al 9% di quella complessiva.

Con la sentenza n. 1253, depositata il 18 gennaio 2013, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello nella valutazione della ridotta entità di un vizio intervenuto a seguito della costruzione di un immobile. Pavimenti viziati. Quattro persone comprano casa dallo stesso costruttore. Alcuni anni dopo riscontrano il verificarsi di gravi vizi alla pavimentazione di alcune stanze. La ditta costruttrice, che dopo la denuncia dei vizi provvede ad effettuare un sopralluogo, si impegna a risolvere il problema. Non provvede. I quattro proprietari chiedono al Tribunale che vengano eseguiti i lavori necessari, o che la ditta paghi la cifra necessaria per ovviare a tali inconvenienti 47mln di lire. La domanda trova accoglimento condanna al pagamento di 11mila euro. Il vizio è troppo lieve per la sussistenza di una responsabilità. La ditta impugna la decisione. La Corte d’Appello ribalta l’esito del primo grado. Il difetto è limitato, non sussiste grave menomazione o compromissione nel godimento, funzionalità ed abitabilità degli immobili . I proprietari portano il caso in Cassazione. L’art. 1669 c.c. – rovina e difetti di cose immobili – sarebbe stato erroneamente applicato. Inoltre la corte territoriale avrebbe erroneamente esclusa la sussistenza del formale riconoscimento del vizio da parte del costruttore. Le piastrelle difettose sono davvero poche solo il 9% del totale. La S.C. rileva che correttamente non è stata considerata la CTU che sosteneva l’esistenza di deficienze costruttive tali da compromettere la funzionalità globale dell’opera . Allo stato dei luoghi risulta infatti che nella varie unità immobiliari sono stati riscontrati difetti su 19, 15, 21 e 57 piastrelle. Superficie che va dal 3 al 9% di quella complessiva di ogni singola abitazione. La valutazione di ridotta entità del vizio in relazione ai singoli vani corrisponde a fattori obiettivi e costituisce ostacolo all’applicazione dell’art. 1669 c.c Per quanto riguarda il formale riconoscimento del vizio come inficiante la globalità dell’opera, la corte di merito ha correttamente valutato che tale riconoscimento non può essere dedotto dalla sola dichiarazione di disponibilità alla sostituzione delle piastrelle. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 settembre 2012 – 18 gennaio 2013, n. 1253 Presidente Felicetti – Relatore Goldoni Svolgimento del processo Con citazione del 1996, i nominati P., T., C. e D.F., nella loro qualità di proprietari di altrettanti appartamenti siti in Pordenone, convenivano di fronte al tribunale di quella città la Flli Cancian srl, la quale aveva provveduto alla costruzione dell'immobile, assumendo che alcuni anni dopo l'acquisto si erano verificati gravi vizi alla pavimentazione di alcune stanze e che, a seguito di denuncia dei vizi stessi, si era provveduto ad un sopralluogo e che la ditta si era impegnata a risolvere la questione, ma a tanto non si era provveduto in ragione di tanto, chiedevano la condanna della convenuta all'esecuzione dei lavori necessari per l'eliminazione dei detti inconvenienti, ovvero al pagamento di lire 47.000.000, somma necessaria per ovviare agli inconvenienti suddetti. Si costituiva la Cancian srl, la quale contestava la ricostruzione dei fatti quale descritta nella citazione e chiedeva il rigetto della domanda. Con sentenza del 2002, l'adito Tribunale accoglieva la domanda attorea e condannava la convenuta al pagamento di €. 11.155, 47, oltre accessori e regolava le spese. Avverso tale sentenza proponeva appello la Cancian srl cui resistevano gli originari attori oltre a F.B., consorte di D.F., del quale era stato dichiarato il difetto di legittimazione attiva, chiedendo il rigetto dell'impugnazione e, con appello incidentale la rivalutazione delle somme liquidate. Con sentenza in data 6.7/2.8.2005, la Corte di appello di Trieste accoglieva l'impugnazione principale e rigettava la domanda attorea, regolando le spese. Riteneva la Corte giuliana che nella specie, attese le caratteristiche del danno, non poteva trovare applicazione l'art. 1661 cc, rilevando che il difetto aveva riguardato in tutto una superficie che incideva dal 3% al 9% del totale, mentre l'eventuale superficie totale interessata al rifacimento ammontava a complessivi mq. 135 nei quattro appartamenti. Tanto comportava che non sussistesse grave menomazione o compromissione nel godimento, funzionalità ed abitabilità degli immobili. Non sussistevano neppure gli estremi per l 'applicazione dei rimedi di cui agli artt. 1495 e 1667 cc, atteso che solo dopo alcuni anni si erano verificati i vizi lamentati, da ritenersi non gravi, mentre l'addotto riconoscimento dei vizi stessi non vi era stato, in base agli elementi probatori raccolti. L'appello doveva dunque essere respinto con conseguente condanna nelle spese, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio, fermo il già dichiarato difetto di legittimazione attiva del D.F Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, sulla base di due motivi, T., C. e B. resiste con controricorso l’Impresa edile Fili Cancian srl. Motivi della decisione Con il primo motivo, si lamenta violazione dell'art. 1669 cc e vizio di motivazione nella parte in cui è stata esclusa l’applicabilità di tale norma alla fattispecie in esame la Corte giuliana, sulla base del numero delle piastrelle incrinate e della superficie complessivamente interessata ha ritenuto che l'ipotesi in esame non rientrasse nel caso regolato dal succitato articolo. Si oppone a tali argomentazioni che la CTU aveva rilevato che sussistevano vere e proprie deficienze costruttive, tali da compromettere la funzionalità globale dell'opera. Il motivo non ha pregio, in ragione della congruità degli elementi che nella sentenza impugnata sono stati posti a base della decisione assunta se infatti, come non è contestato, nelle singole unità immobiliari sono stati riscontrati difetti rispettivamente su 19, 15, 21 e 57 piastrelle, per una superficie che nel complesso incideva dal 3 al 9% rispetto a quella dei singoli locali interessati, a fronte di una superficie di 135 mq. da computarsi in ordine ai vani interessati, deve concludersi nel senso che la valutazione di ridotta entità del vizio in relazione ai singoli vani corrisponde a fattori obiettivi e costituisce ostacolo ali 'applicazione della norma invocata sia quindi sotto il profilo della insussistente violazione di legge, che sotto quello della congruità della motivazione, il motivo non può trovare accoglimento. Con il secondo motivo, si lamenta violazione dell’art. 2946 cc e vizio di motivazione in relazione ali'addotto formale riconoscimento della sussistenza del vizio. Con una valutazione completa e congrua degli elementi di prova raccolti ed esaminati, la Corte distrettuale h a ritenuto che la ditta edile, preso atto dell’inconveniente lamentato, si sarebbe limitata a dichiararsi disponibile a sostituire le piastrelle lesionate, senza peraltro provvedervi a causa della indisponibilità di piastrelle di riserva di uguale colore e dimensioni. Su questa base, non può assolutamente concludersi nel senso , voluto dai ricorrenti, secondo cui tanto costituirebbe formale riconoscimento del vizio lamentato che, come prospettato, attingeva alla funzionalità globale dell'opera. In ragione di tanto e ricordato come la scelta degli elementi probatori ritenuti utili alla decisione della controversia compete istituzionalmente al giudice del merito, che nella specie di tale facoltà si è avvalso con argomentazione congrua e del tutto condivisibile, anche tale motivo essere respinto e, con esso, il ricorso. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in sol ido al pagamento delle spese, che liquida in € 2.200,00, di cui € 200,00, per esborsi, oltre agli accessori di legge.