L'interruzione senza motivo delle trattative non determina automaticamente la responsabilità del soggetto interruttore

La fase precontrattuale si svolge in contradditorio e serve per valutare opportunità, convenienza e rispondenza del negozio alle proprie esigenze ed interessi. L'interruzione delle trattative, anche in fase avanzata, non determina automaticamente responsabilità del soggetto interruttore, purché egli non abbia palesato la volontà di sottoscrivere l'accordo e si sia comportato secondo buona fede.

Il caso. Un ente pubblico diffondeva avviso di ricerca di immobile da acquisire in proprietà. Alla richiesta rispondeva soltanto una società immobiliare sicché, in contraddittorio, venivano svolte stime del cespite e valutazioni tecniche volte ad accertare l'idoneità dell'immobile agli scopi cui doveva essere destinato. Apparentemente, le verifiche producevano esito negativo, dunque, le trattative venivano interrotte e l'affare non si concludeva. Successivamente, il medesimo ente pubblico emanava nuovo avviso di ricerca cui rispondevano la società precedentemente menzionata ed una nuova compagine immobiliare che, nella prima fase, oltre il termine assegnato, aveva già formulato un'offerta. Veniva attivata una nuova valutazione di congruità dei cespiti offerti, rilevata l'idoneità dell'immobile proposto dalla seconda società immobiliare, quindi, stipulato contratto di compravendita. La società esclusa, ritenendo la seconda fase di trattativa una farsa utile solo a favorire l'altra concorrente, conveniva in giudizio l'ente pubblico affinché fosse condannato a risarcire i danni da immotivata interruzione delle trattative. Tribunale e Corte d'Appello rigettavano il gravame asserendo che l'abbandono delle trattative scaturiva dall'inidoneità dei cespiti rilevata attraverso perizie tecniche, conseguentemente, l'abbandono delle trattative era legittimo. Scissione della fattispecie. La corte territoriale, poneva a fondamento della sua decisione la scissione in due fasi della fattispecie primo e secondo avviso di ricerca immobile. A seguito del primo avviso si procedeva con valutazione tecnica del cespite, raffigurazione delle possibili condizioni contrattuali, pronuncia di inidoneità e conseguente interruzione delle trattative. Il secondo avviso ricercava un immobile con identiche qualità e, in fatto, osserva la Cassazione, aveva consentito l'ammissione di un offerta già pervenuta - fuori termine - nella prima fase. La scelta di distinguere la trattativa in due fasi è contestata dalla prima società. Sotto questo profilo la S.C. ha ritenuto non corretta la distinzione della fattispecie in due fasi autonome e separate, inoltre, ha osservato che la seconda fase appare scollegata dalla ricerca di cespiti con caratteristiche differenti. Interruzione delle trattative e responsabilità precontrattuale. La fase precontrattuale è fase che si svolge in contradditorio e serve alle parti per valutare opportunità, convenienza e rispondenza del negozio alle proprie esigenze ed interessi. Sicché, esse potranno chiedere reciprocamente - senza obbligo di conclusione - tutto quanto necessario a valutare compiutamente la convenienza a sottoscrivere l'affare. Dunque, l'interruzione delle trattative, anche in fase avanzata, non determina automaticamente responsabilità del soggetto interruttore, purché egli non abbia palesato la volontà di sottoscrivere l'accordo e, in ogni caso, sia nella fase valutativa che in quella interruttiva, si sia comportato secondo buona fede, Cassazione n. 5297/1998. Nella fase antecedente alla conclusione di un contratto, le parti hanno, in ogni tempo, piena facoltà di verificare la propria convenienza alla stipulazione e di richiedere tutto quanto ritengano opportuno in relazione al contenuto delle reciproche, future obbligazioni, con conseguente libertà, per ciascuna di esse, di recedere dalle trattative indipendentemente dalla esistenza di un giustificato motivo , con il solo limite del rispetto del principio di buona fede e correttezza, da intendersi, tra l'altro, come dovere di informazione della controparte circa la reale possibilità di conclusione del contratto, senza omettere circostanze significative rispetto all'economia del contratto medesimo . Buona fede è principio generale. L'art 1337 c.c., chiarisce la S.C., fissa un principio generale, non pone alcun vincolo di conclusione ma prescrive le regole di ingaggio della trattativa, ovvero, condotta leale priva di comportamenti reticenti o maliziosi orientata a fornire alla controparte ogni informazione conosciuta o conoscibile, utile a valutare opportunità e convenienza dell'affare. Dalla violazione di questa prescrizione scaturisce la responsabilità del soggetto. Per estratto, Cass. n. 6526/2012 l'obbligo di lealtà reciproca si concretizza nella necessità, in capo al proponente, di osservare il dovere di completezza informativa, senza che alcun mutamento delle circostanze possa risultare idoneo a legittimare la reticenza o la maliziosa omissione di informazioni rilevanti il bene tutelato dal citato art. 1337 c.c. è la legittima aspettativa che le trattative si svolgano lealmente e correttamente su un piano di parità, senza che la controparte, per riserva mentale o senza serietà di intenti o addirittura con malizia, tenga impegnata l'altra parte, precludendole altre possibilità . Buona fede della Pubblica Amministrazione. I doveri di lealtà, diligenza e correttezza, diretta espressione del principio del neminem laedere, devono, senza dubbio alcuno, ispirare e permeare la condotta della P.A., la cui valutazione spetta al giudice di merito. Sotto questo profilo, la Cassazione ha ritenuto insufficiente la motivazione prodotta dalla Corte d'Appello a sostegno della sentenza che aveva assolto l'ente pubblico da responsabilità di sorta. In dettaglio, la S.C., ha ritenuto non congruamente motivata la decisione di scindere la fattispecie concreta in due momenti temporali distinti, la mancata acquisizione - richiesta dalla parte ricorrente - di documenti peritali utili a valutare consistenza delle esigenze e caratteristica dei due cespiti, nonché, del parere rilasciato dall'Avvocatura dello Stato a favore dell'ente che, presumibilmente, sconsigliava l'interruzione della trattativa. Illegittima interruzione delle trattative. La Cassazione, motivando ancora l'accoglimento del ricorso, ha osservato che la Corte d'Appello, aggiungendo qualcosa in più a quanto affermato dal Tribunale, ha rilevato lo stato avanzatissimo delle trattative, sino ad affermare che, in fase avanzata di valutazione tecnica del cespite, venditore e compratore avevano discusso anche di prezzo, termini e condizioni dell'affare. Ciò, sembrerebbe, per un verso, sufficiente ad ingenerare legittime aspettative circa l'effettiva conclusione dell'affare e, per altro verso, idonea a qualificare l'interruzione della trattativa come immotivata e sleale. Per tutte queste ragioni, la S.C. ha accolto il motivi di ricorso e rinviato la causa ad altra Corte d'Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 31 maggio 2012 – 10 gennaio 2013, numero 477 Presidente Triola – Relatore Petitti Svolgimento del processo Con citazione notificata il 7 novembre 2001, Faber s.r.l. conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Trento, la Regione autonoma Trentino - Alto Adige, esponendo che quest'ultima, avendo esigenza di un immobile destinato ad ospitare gli uffici del Catasto e del Libro Fondiario, aveva pubblicato su diversi giornali un avviso di ricerca , al quale aveva risposto solo essa attrice che la Giunta Regionale, con deliberazione numero 1537 del 1998, aveva dichiarato idonea la sua offerta e aveva dato incarico agli uffici competenti, previa valutazione estimativa dell'immobile, di addivenire alla formulazione di un accordo contrattuale che era seguita quindi la fase iniziale delle trattative, caratterizzata da incontri tra le parti e richieste di integrazione della proposta, cui la società aveva ottemperato che nelle more della fase delle trattative, perveniva alla Regione, in via informale, un'offerta tardiva da parte della società Habitat s.p.a. che la Giunta Regionale, con deliberazione numero 298 del 1999, aveva quindi incaricato lo studio del geom. Leiter di eseguire una perizia di stima relativa all'offerta Faber, la quale si era conclusa con la formulazione di un giudizio di non idoneità i dell'immobile in parola che di conseguenza, con la delibera numero 609 del 1999, la Giunta aveva deliberato la revoca della deliberazione numero 1537 del 1998 e aveva autorizzato il Vicepresidente - Assessore al patrimonio Atz ad effettuare una nuova ricerca di mercato al fine di individuare un immobile atto a soddisfare le esigenze della Regione che, contrariamente a quanto avvenuto con la delibera di approvazione della proposta Faber, non era stata data comunicazione ad essa attrice né dell'esito della perizia di stima, né tantomeno della revoca della precedente approvazione della delibera che la Regione aveva poi pubblicato un nuovo avviso di ricerca, rispetto al quale erano pervenute offerte sia da Faber, sia da Habitat s.p.a. che, al fine di individuare la soluzione immobiliare maggiormente idonea a diventare la nuova sede degli Uffici del Catasto e del Libro Fondiario, la Regione con provvedimento numero 907 del 1999, aveva incaricato l'ing. B. per la redazione della apposita perizia di stima che, a seguito della valuta-zione definitiva degli immobili da parte del Direttore dell'Ufficio tecnico e della perizia collegiale esterna, collegio nominato con delibera numero 379 del 2000, era emerso che l'offerta di Habitat s.p.a. risultava maggiormente favorevole rispetto alla soluzione offerta da Faber che, pertanto, la Giunta Regionale, con provvedimento numero 445 del 2000, aveva deliberato di individuare nella proposta Habitat l'immobile idoneo a diventare nuova sede degli uffici del Catasto e del Libro Fondiario, autorizzando contestualmente il Vicepresidente - Assessore al patrimonio Atz a concordare con la medesima società l'acquisto dei locali ad uso ufficio alle condizioni contenute nell'offerta. Tanto premesso la società Faber chiedeva che la Regione Trentino - Alto Adige venisse condannata al risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale, ammontante, alla data del 16 gennaio 2001, a lire 13.740.217.212, o alla somma da accertare, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. Si costituiva la Regione chiedendo di essere autorizzata a chiamare in causa Fondiaria Assicurazioni s.p.a. e, nel merito, il rigetto della domanda ovvero, in via subordinata, la condanna di Fondiaria s.p.a. a tenerla indenne, in forza della polizza assicurativa di copertura della responsabilità civile. La compagnia chiamata in causa si costituiva chiedendo il rigetto delle domande formulate nei suoi confronti. Assunta la prova testimoniale, con sentenza resa in data 16 marzo 2004, il Tribunale di Trento rigettava le domande di Faber s.r.l., ritenendo insussistente la responsabilità precontrattuale, ex art. 1337 cod. civ., della Regione Trentino-Alto Adige in merito all'interruzione delle trattative. Avverso tale sentenza la Società Alpenhaus s.p.a. già Faber s.p.a. proponeva appello, cui resistevano la Regione Trentino-Alto Adige, nonché Fondiaria S.A.I. s.p.a. incorporante Fondiaria Assicurazione s.p.a. . Con sentenza depositata il 23 luglio 2005, la Corte di appello di Trento rigettava il gravame. Preliminarmente la Corte operava una divisione della vicenda in due fasi, caratterizzate dai due diversi avvisi di ricerca dell'immobile da parte della Regione Trentino-Alto Adige. Durante la prima fase, osservava la Corte, si era sicuramente creato un legittimo affidamento della Faber in merito alla conclusione del contratto, poiché le parti non solo si erano rappresentate gli elementi essenziali del contratto di compravendita, sia in termini di oggetto che in termini di prezzo, ma avevano anche manifestato reciprocamente comportamenti univoci diretti alla conclusione del contratto di compravendita, ingenerando l'una nei confronti dell'altra la legittima aspettativa al perfezionamento del negozio. L'esistenza di un legittimo affidamento in capo alla Faber alla conclusione del contratto non veniva ritenuto, però, dalla Corte di merito, sufficiente a far sorgere responsabilità precontrattuale, poiché l'interruzione delle trattative e l'inizio di una ed, seconda fase , conclusa con la delibera che individuava nella proposta di Habitat s.p.a. quella che maggiormente si confaceva alle necessità dell'Amministrazione, erano in realtà giustificate, in quanto frutto razionale di un progressivo approfondimento dei bisogni regionali. Non essendo state le trattative interrotte senza giustificato motivo, non poteva quindi esservi responsabilità precontrattuale. Quanto alla c.d. seconda fase , poi, la Corte d'appello riteneva che la stessa fosse stata improntata al rispetto dei principi di buona fede e correttezza di cui all'art. 1337 cod. civ., sicché risultavano infondate le deduzione della appellante, secondo cui l'intera seconda fase sarebbe stata una farsa , atta a sollevare la Regione da responsabilità precontrattuale, avendo quest'ultima già individuato nella proposta di Habitat s.p.a. quella destinata all'aggiudicazione finale. In particolare, ad avviso della Corte territoriale, la tesi dell'appellante era null'altro che una mera ipotesi ricostruttiva, non suffragata da adeguate allegazioni e prove. Per la cassazione di questa sentenza la Alpenhaus S.p.A. ha proposto ricorso, sulla base di sei motivi, illustrati da memoria hanno resistito, con distinti controricorsi, la Regione Trentino-Alto Adige e Fondiaria S.A.I. s.p.a Motivi della decisione 1. Con i motivi dal primo al quarto la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1337 cod. civ., e comunque il difetto di motivazione. 1.1. Più in particolare, con il primo motivo la ricorrente lamenta che la Corte d'Appello non abbia valutato il comportamento della Regione come unitario, senza distinzione tra le due fasi, e preordinato a preferire l'offerta di Habitat s.p.a. in ogni caso, la Corte territoriale non avrebbe considerato che la Regione, da un lato, aveva annullato la propria precedente delibera di affidamento adottata nel 1998, senza peraltro comunicare tale nuovo provvedimento, e aveva poi deliberato di procedere ad un nuovo avviso di ricerca formulato con chiaro riferimento ai contenuti della tardiva proposta di Habitat s.p.a. dall'altro, aveva tuttavia continuato a sollecitare ad essa ricorrente modifiche e chiarimenti progettuali come se la prima trattativa fosse ancora in corso. 1.2. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente si duole del fatto che la Corte d'Appello, pur avendo riconosciuto che nella prima fase le trattative potessero essere considerate affidanti in quanto idonee a vincolare le parti ai doveri di correttezza e buona fede, abbia poi escluso l'esistenza della responsabilità precontrattuale in capo alla Regione in quanto le medesime trattative sarebbero state interrotte per giustificato motivo. 1.3. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene comunque che le trattative in parola venivano interrotte senza giustificato motivo ma solamente al fine di far prevalere la proposta della Habitat s.p.a 1.4 Con il quarto motivo di ricorso, la società ricorrente sostiene nuovamente l'unicità del comportamento della Regione, senza necessità della distinzione in due fasi. Ribadisce che a suo dire la seconda fase era stata preordinata unicamente a giustificare la preferenza accordata alla proposta di Habitat s.p.a. e che comunque, anche durante una eventuale seconda fase delle trattative, la Regione si sarebbe comportata in j violazione dell'art. 1337 cod. civ 1.5. Con il quinto motivo di ricorso, la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 210 e 213 cod. proc. civ. e comunque il difetto di motivazione. A dire della ricorrente, la Corte territoriale avrebbe ignorato l'istanza con la quale veniva richiesta l'acquisizione agli atti delle note dell'Avvocatura in merito alla sussistenza della responsabilità precontrattuale della Regione nonché il relativo atto dell'amministrazione regionale con il quale veniva formulato il suddetto quesito. La Regione, inoltre, non avrebbe dato seguito alla richiesta formulata dalla ricorrente, ex art. 213 cod. proc. civ., di fornire, in quanto Pubblica Amministrazione, tutti i documenti in suo possesso relativi alla vicenda in oggetto, istanza ugualmente ignorata dalla Corte di merito. 1.6. Con il sesto motivo di ricorso, la ricorrente si duole infine della violazione e falsa applicazione degli artt. 90 e ss. cod. proc. civ., e comunque del difetto di motivazione della sentenza impugnata, per aver i giudici di appello condannato la Società ricorrente al pagamento delle spese, comprese quelle relative alla società assicuratrice chiamata in giudizio dalla Regione. 2. I primi cinque motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati. 2.1. Con le censure complessivamente formulate la ricorrente denuncia l'erroneità della sentenza di appello nella parte in cui ha escluso la sussistenza della responsabilità precontrattuale della Regione in particolare, è oggetto di specifica censura il fatto che la Corte territoriale, pur riconoscendo che nella c.d. prima fase le trattative tra le parti potevano già considerarsi affidanti, anche se si era ancora fuori dal processo formativo del contratto, ha tuttavia ritenuto non sussistente la responsabilità ex art. 1337 cod. civ. in capo alla Regione Trentino Alto Adige poiché doveva ritenersi che l'interruzione delle trattative medesime fosse giustificata. 2.2. Nella giurisprudenza di questa Corte si è chiarito che perché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che tra le parti siano in corso trattative che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo che, infine, pur nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. La verifica della ricorrenza di tutti i suddetti elementi, risolvendosi in un accertamento di fatto, è demandato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato” Cass. numero 7768 del 2007 Cass. numero 11438 del 2004 . Si è quindi affermato che se è pur vero che nella fase antecedente alla conclusione di un contratto, le parti hanno, in ogni tempo, piena facoltà di verificare la propria convenienza alla stipulazione e di richiedere tutto quanto ritengano opportuno in relazione al contenuto delle reciproche, future ob-bligazioni, con conseguente libertà, per ciascuna di esse, di recedere dalle trattative indipendentemente dalla esistenza di un giustificato motivo, è altrettanto vero Cass. 29 maggio 1998, numero 5297 che l'operatività di tale principio è assoggettato al limite del rispetto del principio di buona fede e correttezza, da intendersi, tra l'altro, come dovere di informazione della controparte circa la reale possibilità di conclusione del contratto, senza omettere circostanze significative rispetto all'economia del contratto medesimo. La giurisprudenza più recente di questa Corte v., in particolare, Cass. numero 6526 del 2012 Cass. 5 agosto 2004, numero 15040 e, più recentemente, Cass. 8 ottobre 2008, numero 24795, sulla scorta dell'impostazione riconducibile a Cass., S.U., 19 dicembre 2007, numero 26725 ha ulteriormente precisato che la regola posta dall'art. 1337 cod. civ. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso ed implica il dovere, per le parti, di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto. La violazione di questa aggiuntiva regola di condotta alla quale devono conformarsi le parti di una trattativa negoziale è, quindi, idonea a determinare se accertata adeguatamente in fatto in virtù di un congruo e logico percorso argomentativo spettante al giudice del merito la configurazione di una responsabilità precontrattuale indipendente rispetto a quella riconducibile ai canoni fissati dalla pregressa giurisprudenza di legittimità in materia di recesso dalle trattative, avuto riguardo al loro stadio evolutivo. Con particolare riferimento all'attività negoziale della P.A., si è poi chiarito che la responsabilità precontrattuale della P.A. è configurabile in tutti i casi in cui l'ente pubblico, nelle trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buonafede, alla cui puntuale osservanza anch'esso è tenuto, nell'ambito del rispetto dei doveri primari garantiti dall'art. 2043 cod. civ. in particolare, se non è configurabile una responsabilità precontrattuale, per violazione del dovere di correttezza di cui all'art. 1337 cod. civ. rispetto al procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, essa è configurabile con riguardo alla fase successiva alla scelta, in cui il recesso dalle trattative dell'ente è sindacabile sotto il profilo della violazione del dovere del neminem laedere, ove sia venuto meno ai doveri di buona fede, correttezza, lealtà e diligenza, in rapporto anche all'affidamento ingenerato nel privato circa il perfezionamento del contratto. Spetta al giudice di merito accertare se il comportamento della P.A. abbia ingenerato nei terzi, anche per mera colpa, un ragionevole affidamento in ordine alla conclusione del contratto Cass. numero 12313 del 2005 . 2.3. Orbene, nel caso di specie, la Corte d'appello di Trento ha ricostruito la vicenda sottoposta al suo esame configurando al suo interno due segmenti di attività negoziale il primo, originato dall'avviso pubblico di ricerca di immobile da destinare a sede dell'Ufficio del Libro fondiario e del Catasto, pubblicato alla fine di luglio del 1998 22-24 luglio il secondo, concernente l'avviso pubblico di ricerca pubblicato ai primi del mese di agosto del 1999. Andando in contrario avviso rispetto a quanto affermato dal Tribunale, la Corte d'appello ha ritenuto che le trattative intercorse tra le parti in relazione al primo avviso pubblico di ricerca fossero state idonee ad ingenerare nella società Faber s.p.a., dante causa della odierna ricorrente, un ragionevole affidamento circa la conclusione del contratto. Osserva in proposito la Corte territoriale che le parti non solo si erano rappresentate, sia pure in linea di massima, gli elementi essenziali del contratto di compravendita, sia in termini di oggetto sia in termini di prezzo, ma anche reciprocamente avevano manifestato comportamenti univoci diretti alla conclusione del contratto di compravendita, ingenerando l'una nei confronti dell'altra la legittima aspettativa del perfezionamento di detto negozio”. La Corte d'appello ha tuttavia ritenuto che il recesso della Regione dalle trattative fosse sorretto da un giustificato motivo. E in proposito ha evidenziato come dopo una iniziale accelerazione in ordine alla individuazione dell'immobile da acquistare per destinarlo a sede degli indicati uffici regionali che era culminata con la delibera di accertamento della idoneità dell'offerta del 24 settembre 1998 , si era avuto un rallentamento, determinato dalla presentazione di una successiva proposta da parte di Habitat s.p.a., che aveva indotto a un generale ripensamento sulla idoneità dell'immobile offerto da Faber s.p.a. allo scopo e tale seconda fase era culminata con l'approvazione della delibera numero 609 del 1999, di revoca della dichiarazione di idoneità dell'immobile Faber s.p.a In questo contesto, la Corte d'appello ha concluso affermando che il recesso della Regione dalla trattativa con Faber s.p.a. appariva assistito da un giustificato motivo la progressiva individuazione di un immobile maggiormente rispondente alle esigenze di una idonea collocazione degli uffici regionali, secondo le specifiche dislocazioni dei locali indicate nel secondo avviso di ricerca. 2.4. Il Collegio ritiene che l'iter - argomentativo sulla base del quale la Corte territoriale è pervenuta a rigettare il gravame della odierna ricorrente e conseguentemente a confermare la statuizione di rigetto della domanda ex art. 1337 cod. civ. presentata dalla dante causa della medesima ricorrente non si sottragga alle puntuali e pertinenti censure svolte nei primi cinque motivi di ricorso. Innanzitutto, appare evidente che la necessità di procedere alla revoca della delibera che aveva dichiarato la idoneità dell'immobile Faber s.p.a. - e che nello stesso apprezzamento della Corte territoriale costituiva elemento idoneo ad ingenerare affidamento nella contraente circa la positiva evoluzione e conclusione delle trattative in corso - ha per presupposto non elementi sopravvenuti, che avrebbero potuto indurre ad un diverso e giustificato apprezzamento della proposta iniziale di Faber s.p.a., ma la rilevanza della distribuzione interna dei locali da destinare ad uffici del Catasto e del Libro fondiario, ferma la indicazione della superficie complessiva ritenuta dalla stessa Regione necessaria alle dette esigenze. Dalla stessa descrizione della sequenza temporale degli eventi esplicitata nella sentenza impugnata emerge infatti che sia il primo che il secondo avviso pubblico di ricerca di immobile avevano ad oggetto la richiesta di una superficie coincidente. In tale contesto, la possibilità di una distribuzione interna dei locali e la loro articolazione su diversi piani appare frutto piuttosto della presentazione, al di fuori di ogni termine rispetto al primo avviso, della proposta di Habitat s.p.a., sulla base della quale sembrano essersi poi orientate le esigenze della Regione, con particolare riferimento alla questione della distribuzione degli spazi, che non di un pure sollecitato adeguamento della offerta Faber s.p.a. alle specifiche esigenze via via evidenziate. Dalla stessa sentenza impugnata emerge poi che l'esigenza di una determinata distribuzione dei locali destinati agli uffici regionali all'interno del fabbricato offerto da Faber s.p.a. era stata evidenziata dal direttore tecnico nella relazione del 23 settembre 1998 ciò, tuttavia, non aveva impedito alla Giunta regionale di adottare la dichiarazione di idoneità dell'offerta nella seduta del 24 settembre 1998. E ciò vale ad attribuire rilevanza alla deduzione della ricorrente, non adeguatamente valutata ed apprezzata dalla Corte d'appello, che successivamente alla deliberazione del 24 settembre 1998 tra le parti erano intercorsi contatti e incontri al fine di pervenire, nell'ambito dell'offerta ritenuta idonea, ad una soluzione maggiormente rispondente alle indicazioni del tecnico. La Corte d'appello, in questo contesto, avrebbe quindi dovuto innanzitutto interrogarsi, ai fini dell'apprezzamento della posizione delle parti, e segnatamente della denunciata responsabilità precontrattuale della Regione, sulle ragioni per le quali si è ritenuto possibile prendere in considerazione una proposta formulata al di fuori di ogni termine rispetto al primo avviso di ricerca e a prescindere dalla pubblicazione del secondo. Avrebbe altresì dovuto spiegare, al di là del generico riferimento alla necessità che l'azione della pubblica amministrazione sia orientata al principio del buon andamento, perché sia stato possibile pervenire alla dichiarazione di idoneità del fabbricato offerto da Faber s.p.a. nel settembre 1998, con ciò ingenerando l'affidamento di quest'ultima nella conclusione del contratto, e poi scoprire che già, ab initio, l'immobile progettato, dall'elevato costo, non era risultato adeguato ad essere sede dei predetti uffici regionali” pag. 31 della sentenza impugnata e ciò, giova ribadire, non sulla base di elementi sopravvenuti, dei quali in sede di dichiarazione di idoneità la Regione non aveva potuto tenere conto, ma sulla base di elementi intrinseci alla stessa richiesta formulata con l'avviso pubblico di ricerca, e cioè la idoneità di un certo immobile, per superficie e caratteristiche interne, a soddisfare le esigenze degli uffici regionali che in detto immobile avrebbero dovuto trovare la propria sede. Del resto, la stessa Corte d'appello riferisce di circostanze relative allo svolgimento complessivo della procedura di individuazione dell'immobile da acquistare e destinare a sede degli uffici regionali che evidenziano una violazione della posizione della Faber s.p.a., quali la mancata comunicazione dell'esito della perizia Leitner e della delibera di revoca della dichiarazione di idoneità. Trattasi di circostanze rilevanti, atteso che attengono alla regolarità formale della procedura che ha portato alla revoca della delibera che, secondo quanto affermato dalla stessa Corte d'appello, costituiva sicuro elemento di valutazione nel senso della idoneità delle trattative sino ad allora intercorse a fondare l'affidamento della società nella conclusione di un contratto. Né la rilevanza del vizio procedimentale potrebbe ritenersi sanata dalla affermazione della Corte d'appello, secondo cui la Faber s.p.a. avrebbe avuto comunque conoscenza sia della perizia che della delibera di revoca della dichiarazione di idoneità, atteso che il procedimento a trattativa privata, pur se caratterizzato da semplificazione di forme, essendo volto alla scelta del contraente della P.A., non può prescindere dalla osservanza delle regole che disciplinano lo svolgimento di qualsivoglia procedimento amministrativo e che si sostanziano nei doveri di informazione da parte della P.A., quale sintomo della osservanza dei principi di correttezza e buona fede nello svolgimento della procedura stessa. Del resto, la mancata comunicazione dei detti atti tanto più appare rilevante nel caso di specie, atteso che la Regione in precedenza aveva continuato a sollecitare miglioramenti della prima offerta di Faber s.p.a., che peraltro quest'ultima si era espressamente impegnata ad apportare per assecondare le esigenze della Regione. Carente risulta la motivazione della sentenza impugnata anche con riferimento alla questione relativa alla posizione assunta dall'Avvocatura dello Stato, quale organo di consulenza della amministrazione, nel senso che, secondo quanto riportato in ricorso, la pubblicazione del secondo avviso di ricerca a-vrebbe potuto dare luogo a profili di responsabilità precontrattuale per l’interruzione delle trattative intercorse con Faber s.p.a. a seguito del primo avviso pubblico di ricerca. 3. In conclusione, i primi cinque motivi del ricorso vanno accolti, con conseguente assorbimento del sesto, concernente le spese del giudizio di appello. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Brescia, la quale procederà a nuovo esame del gravame. Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i primi cinque motivi di ricorso, assorbito il sesto cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Brescia.