Prestazioni mal eseguite e ritardi nel pagamento, giustificazioni e responsabilità: una vicenda intricata tra due società

Interpretazione di una clausola contrattuale di riduzione del prezzo penale illecita o sconto commerciale? Difformità dell’opera appaltata eliminazione dei vizi o equivalente economico?

Con la sentenza n. 23193, depositata il 17 dicembre 2012, la Corte di Cassazione si è dovuta esprimere su tali questioni, concludendo una vicenda ricca di domande e controdomande. Un iter processuale ricco di richieste. Una società fornitrice e una committente. Vari rapporti. La vicenda nasce dal rifiuto della seconda di pagare una fornitura eseguita dalla prima. Il rifiuto sarebbe giustificato da inadempimenti della fornitrice in altre prestazioni. Un decreto ingiuntivo la obbliga però a pagare. Si oppone, il Tribunale e la Corte di Appello si esprimono su ricorsi, domande, domande riconvenzionali e incidentali. In conclusione la committente deve pagare tutte le forniture, senza eccezioni. Clausola penale o reale sconto? Una clausola del contratto stabiliva che nel caso di pagamento senza ritardi, il prezzo sarebbe stato dimezzato. La committente ritiene giustificato il proprio ritardato pagamento dalle inadempienze dell’altra parte in altre prestazioni. I giudici di merito ritengono che la committente non può addurre a giustificazione di un proprio inadempimento, inadempimenti dell’altra parte in altri rapporti. Non c’è collegamento. In Cassazione la ricorrente lamenta il fatto che tale clausola, predisposta dall’altra parte, sia una penale mascherata. Le formule di sconto del 50%, su prezzi artificiosamente raddoppiati, avrebbero lo scopo di eludere la norma imperativa posta a tutela dei soggetti contrattualmente più deboli. Tale clausola, sostiene il ricorrente, è da considerarsi nulla. La risposta è nel dato testuale. Il motivo di ricorso è inammissibile. La S.C. rileva infatti che viene solo proposta una diversa interpretazione di una clausola contrattuale senza fornire concreti elementi atti a suffragare il proprio assunto . La corte di merito si è giustamente attenuta al dato testuale che qualifica in termini di bonus la riduzione del prezzo condizionata alla puntualità dei pagamenti, applicando il principio per cui in claris non fit intepretatio. Se l’opera appaltata è difforme dai requisiti contrattuali richiesti, il danno economico è evidente. La Corte ritiene invece fondato l’ultimo motivo di ricorso, sull’applicazione dell’art. 1668 c.c Infatti tale norma, in caso di accertato inesatto adempimento dell’appaltatore, accorda al committente, sempre e comunque, il diritto all’eliminazione dei vizi o delle difformità, oppure all’equivalente economico, mediante riduzione del corrispettivo . Il pregiudizio economico è in re ipsa nei casi di vizi o difformità, non deve essere dimostrato. Solo il quantum deve essere provato. Il prezzo doveva essere ridotto. Nel caso particolare, poiché i vizi della fornitura erano dimostrati da una consulenza tecnica, la corte di merito avrebbe dovuto accogliere la domanda di riduzione del prezzo, in ragione del costo occorrente ad esigere una prestazione conforme a quella pattuita . La sentenza di secondo grado è in tutto confermata tranne che per questo punto, che dovrà essere ritrattato dalla Corte di Appello. Al merito è rimessa anche la decisione circa il regolamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 novembre – 17 dicembre 2012, numero 23193 Presidente Goldoni – Relatore Piccialli Svolgimento del processo Su ricorso della società Patentverwag Italia s.r.l. veniva emesso dal Presidente del Tribunale di Milano decreto ingiuntivo del 27.10.98 a carico della società Tecnospazio s.r.l., per il pagamento della somma di £ 86.967.840, oltre interessi al tasso convenzionale, a fronte di alcune fatturate forniture eseguite quell'anno in Si oppose l'intimata deducendo di nulla dovere e giustificando il mancato pagamento con l’inadempimento, da parte dell' intimante, di due precedenti forniture, una in e l'altra in , in relazione alle quali chiese, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni, in subordine chiedendo dichiararsi giustificato il proprio ritardo e non dovuta la somma corrispondente al c.d. bonus , integrando la relativa clausola contrattuale una penale, che comunque avrebbe dovuto essere ridotta secondo equità. Costituitasi l'opposta, oltre a chiedere il rigetto dell'opposizione per l'infondatezza dei motivi addotti, formulò domanda riconvenzionale per il pagamento delle proprie spettanze relative alle precedenti citate forniture. All'esito di istruttoria documentale ed orale e della disposta consulenza tecnica, con sentenza numero 13001/2003 l'adito tribunale, accolta per quanto di ritenuta ragione l'opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava l'opponente al pagamento della minor somma di Euro 23.901 oltre interessi legali, mentre, in accoglimento della nuova domanda della Patentverwag, condannava la Tecnospazio al pagamento dell'ulteriore somma di Euro 22.795,93, oltre agli interessi legali, ed, in parziale accoglimento di quella risarcitoria di quest'ultima, condannava la predetta al pagamento di Euro 3.210,30, oltre agli interessi legali, compensando le spese per metà e condannando l'opponente al rimborso di quella restante. Ma a seguito dell'appello della Patentverwag, cui aveva resistito proponendo appello incidentale la Tecnospazio, la Corte di Milano, con sentenza dei 24/1-24/5/2006, accogliendo parzialmente il primo gravame e dichiarato inammissibile il secondo, in riforma della sentenza impugnata, rigettava sia l'opposizione al decreto ingiuntivo, che confermava, sia la domanda riconvenzionale, limitatamente alla fornitura di , confermando nel resto la sentenza impugnata e condannando la Tecnospazio al pagamento delle spese del doppio grado. Tali le essenziali ragioni della sentenza di appello a indebitamente l'opponente si era avvalsa dell'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. in relazione al pagamento dell'obbligazione relativa alla fornitura eseguita in oggetto del decreto ingiuntivo, in ordine alla cui esattezza non erano sorte contestazioni, non potendo l'eccezionale forma di autotutela accordata dalla norma citata operare al di fuori del rapporto contrattuale in questione, stante l'autonomia dello stesso rispetto a quelli relativi alle due precedenti forniture, con le quali non sussisteva alcun elemento di collegamento b in relazione all'ultima fornitura il tenore letterale della clausola controversa, prevedente un bonus , vale a dire uno sconto del 50% per l'ipotesi di puntualità nei pagamenti e non una penale, non ne consentiva la riduzione, sicché legittimamente era stato preteso, in assenza di pagamento, quello integrale del prezzo convenuto c con riguardo alla fornitura di , era del tutto mancata la prova di inadempimenti o danni di sorta, essendo per converso risultato provato che la Tecnospazio era stata pagata dalla terza committente, poi fallita, senza aver sollevato alcuna contestazione in ordine all'impiego dei materiali forniti alla suddetta appaltatrice dalla Patentverwag d quanto alla fornitura di , meritava conferma il capo della decisione di primo grado, che aveva negato alla fornitrice gli interessi nella misura convenzionale del 18%, essendo il ritardo nel pagamento risultato giustificato dalla presenza di difetti nelle poltroncine inizialmente fornite e successivamente sostituite e inammissibile, tuttavia, in quanto nuova, era la domanda proposta dalla Tecnospazio con l'appello incidentale, diretta alla restituzione della somma di Euro 133.577,52, quale parte del prezzo della fornitura di cui sopra, in relazione all'accertato inadempimento per mancanza del certificato di omologazione. Contro tale sentenza la Tecnospazio ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Ha resistito con rituale controricorso la Patentverwag. La ricorrente ha depositato una memoria illustrativa. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1344, 1418 co.2, 1362 co.1 e 1370 cod. civ, nonché mancanza o insufficienza di motivazione, in relazione alla non ritenuta nullità della clausola, in narrativa menzionata sub b , ribadendo la tesi secondo cui, al di là del letterale significato delle parole e tenuto conto del canone ermeneutico privilegiante l’interpretazione favorevole alla parte diversa da quella predisponente il modulo contrattuale, l'intenzione dei contraenti sarebbe stata quella di prevedere una clausola penale e la formula adottata, menzionante Io sconto del 50% su prezzi artificiosamente raddoppiati, come nella specie manifesto, sarebbe stata quella di eludere la norma imperativa conferente al giudice la facoltà di riduzione ad equità della penale. Con il secondo motivo, con riferimento alla fornitura di XXXXXX, si censura il mancato accoglimento della domanda, formulata con l'appello incidentale, di pagamento di una somma pari al costo di sostituzione delle poltroncine prive del necessario certificato di omologazione, censurando la relativa dichiarazione di inammissibilità per novità e sostenendo che la stessa in realtà sarebbe stata formulata fin dal primo grado, quale domanda di risarcimento dei danni a fronte dei vizi riscontrati nelle poltroncine oggetto della fornitura , venendo poi in appello soltanto quantificata e specificata in termini di riduzione del prezzo questa avrebbe dovuto disporsi, poiché anche dopo la sostituzione, avvenuta prima del giudiziosa fornitrice non avrebbe provveduto all'omologazione e, solo in corso di causa, avrebbe ottenuto e prodotto un certificato, tuttavia riferentesi a manufatto diverso da quello effettivamente fornito. Con il terzo motivo, con riferimento alla fornitura di , si deduce violazione e falsa applicazione delle norme in materia di garanzia nell'appalto art. 1668 cod. civ. , censurando l'argomentazione riportata sub c in narrativa, che, non tenendo conto dell'accertamento dei difetti da parte del c.t.u. e della quantificazione della relativa spesa per eliminarli, sarebbe stata frutto di una falsa rappresentazione dei fatti, non essendo fallito il committente finale degli impianti, il Consorzio per gli impianti polisportivi di bensì la società cui lo stesso ne aveva affidato la gestione, mentre nei confronti di detto committente ed a garanzia della rispondenza del materiale fornito, la deducente aveva rilasciato una polizza fideiussoria decennale. Tanto premessola anzitutto sgomberato il campo dalle questioni, inutilmente trattate nella memoria illustrativa, concernenti l’assunta unitarietà del rapporto relativo alle tre forniture e la ritenuta natura usuraria degli interessi convenzionali, considerato che la prima attiene ad una ratio decidendi della sentenza impugnata v. sub a in narrativa che non ha formato oggetto di motivi di ricorsoci quali le memorie ex art. 378 c.p.c., rispondenti alla sola finalità di illustrare le censure formulate nell'impugnazione, non possono aggiungerne altre nuove, mentre la seconda riguarda un capo della decisione v. sub d favorevole nel negare la spettanza di tali interessi all'odierna ricorrente, non impugnato dalla controparte e passato in giudicato. Passando all'esame dei motivi di ricorsola respinto il primo, non solo perché si risolve nell'inammissibile tentativo di accreditare una diversa interpretazione di una clausola contrattuale, rispetto a quella compiuta dalla corte di merito sulla scorta del chiaro dato testuale qualificante in termini di bonus sinonimo di sconto nella pratica commerciale la riduzione del prezzo condizionata alla puntualità dei pagamenti, così attenendosi al primario e dirimente principio in claris non fit interpretatio tra le tante v.Cass.nnumero 3552/12, 16298/10, 9786/10p852/10, 11392/95 , senza incorrere in vizi logici di sorta, ma anche – e soprattutto - perché la proposta tesi, secondo cui la pattuizione celerebbe una clausola penale e risponderebbe a finalità elusive di una norma imperativa, presuppone un dato di fatto rimasto indimostrato, secondo cui i prezzi sarebbero stati artificiosamente raddoppiati o, comunque, notevolmente aumentati, onde consentire la sostanziale applicazione da parte della fornitrice di una penale non riducibile dal giudice ai sensi dell'art. 1384 co. 2 c.c. A tal proposito la Tecnospazio avrebbe dovuto fornire concreti elementi atti a suffragare il proprio assunto, con particolare riferimento ai prezzi correnti delle merci oggetto delle forniture, prova che non risulta - né viene dedotto - essere stata fornita ai giudici di merito, sicché la proposizione, posta a base del quesito dei diritto ex art. 366 bis c.p.c, secondo cui l'ammontare della prestazione sarebbe manifestamente eccessivo , si risolve in una mera ed indimostrata petizione di principio. Il secondo, non titolato, motivo di ricorso è inammissibile, non precisando, neppure nella sua parte espositiva, a quale tipologia di vizi di legittimità, nell'ambito di quelli elencati dall'art. 360 co. 1 c.p.c., si riferiscano le censure, che, quand'anche implicitamente riconducibili ai nnumero 3, 4, 5 art. cit., risultano promiscuamente illustrate, lasciando all'interprete il compito di collegarle agli ipotetici vizi. Per di più, i quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c, con i quali il mezzo d'impugnazione si conclude, risultano palesemente insufficienti ed astratti, difettando dei necessari riferimenti alla fattispecie concreta, alla ratio decidendi adottata dal giudice a quo ed alla eventuale discrasia tra la stessa ed il diverso principio giuridico che si ritiene appropriato. Fondato è invece il terzo motivo. Ai sensi dell'art. 1668 co 1 c.c. il committente può chiedere che le difformità o vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore . Tale norma, in caso di accertato inesatto adempimento dell'appaltatore, accorda dunque, al committente, sempre e comunque, il diritto all'eliminazione dei vizi o delle difformità, oppure all'equivalente economico, mediante riduzione del corrispettivo, nonché, nei casi di inadempimento colpevole, il risarcimento degli eventuali danni. Trattasi di due distinte modalità di reintegrazione patrimoniale che possono concorrere, la prima delle quali compete, per il solo fatto che l'opera sia risultata affetta da vizi e/o difformità, casi nei quali il pregiudizio economico è in re ipsa e non richiede ulteriore dimostrazione, salvo la prova del quantum nell'ipotesi in cui il committente abbia optato per la riduzione del prezzo, mentre li solo la seconda, nel caso di colpa dell'appaltatore, richiede la prova dell'eventuale ulteriore danno. Nel caso di specie, in cui erano risultati provati dalla consulenza tecnica i vizi della fornitura -come ne da atto la stessa sentenza - la corte di merito avrebbe dovuto senz'altro confermare l'accoglimento del capo di domanda sia pur impropriamente qualificato di risarcimento danni dal primo giudice dell'odierna ricorrente di riduzione del prezzo, in ragione del costo occorrente per la relativa eliminazione, posto che il committente aveva diritto ad esigere una prestazione conforme a quella pattuita, non essendo anche richieste ulteriori prove circa l'utilizzazione finale dei beni in questione e di eventuali contestazioni del destinatario, per conto del quale la Tecnospazio aveva provveduto alla fornitura, trattandosi di circostanze che avrebbero potuto rilevare ai soli fini degli eventuali ulteriori danni risarcibili ai sensi della seconda parte del primo comma dell'art. 1668 c.c Sussistendo pertanto, al di là del dedotto travisamento istruttorio in ordine ad una circostanza quella del fallimento del ritenuto destinatario finale della fornitura palesemente irrilevante, la dedotta violazione della sopra citata norma di diritto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio sul punto ad altra sezione della corte di provenienza, cui si demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano.