Disciplina processuale ante riforma 1990: possibile proporre nuove domande sino alla precisazione delle conclusioni

Il conduttore che rifiuti la restituzione dell'immobile in attesa che il locatore versi, in suo favore, l'indennità per avviamento, è tenuto al pagamento del corrispettivo dovuto per la locazione.

In materia di locazione, ove sia applicabile la disciplina processuale precedente alla riforma operata dalla L. n. 353/1990, è ammissibile e correttamente proposta la nuova domanda che sia introdotta entro la precisazione delle conclusioni, se la parte avversa non ne contesta tempestivamente la tardività, ovvero, si oppone nella stessa udienza in cui viene proposta la nuova domanda e comunque non oltre l'udienza di precisazione delle conclusioni. Il caso. Due immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, venivano ceduti in locazione. Parte locatrice conveniva in giudizio il conduttore affinché, accertato l'illecito cambio di destinazione d'uso, fosse dichiarata la risoluzione del contratto, condannato alla restituzione dei locali ed al versamento in suo favore delle somme dovute per occupazione senza titolo. Inoltre, parte locatrice chiedeva che il conduttore fosse condannato anche al pagamento delle spese necessarie al ripristino dei cespiti. Parte convenuta si difendeva chiedendo che fosse riconosciuta in suo favore l'indennità dovuta in ragione delle addizioni apportate all'immobile. Il Tribunale accoglieva la domanda proposta da parte attrice, mentre, la Corte territoriale riformava parzialmente la decisione del primo giudice, estendendo il periodo e, conseguentemente, aumentando l'importo dovuto al locatore per illecita occupazione da parte del conduttore. Inoltre, la contesa interessava anche l'indennità per avviamento, versata dal locatore in favore del conduttore. In primo grado, il conduttore, veniva condannato alla restituzione della somma percepita, mentre, la Corte d'appello riformava la decisione del Tribunale e riconosceva il diritto del conduttore. Dunque, dal punto di vista della ricostruzione fattuale, pur non facendosene espressa menzione, è plausibile ritenere che, medio tempore, il locatore avesse riacquistato la disponibilità dei locali. Le parti proponevano ricorso per cassazione. Proposizione di una nuova domanda, prima della riforma L. 353/1990. Parte ricorrente rilevava che le domande di risarcimento del danno per illegittima occupazione e restituzione dell'indennità di avviamento, erano inammissibili perché formulate soltanto al momento della precisazione delle conclusioni. La S.C. ha rilevato che la disciplina processuale applicabile ratione temporis al presente giudizio, è quella precedente alla riforma operata dalla L. n. 353/1990. La norma applicabile per tempo, chiarisce che è ammissibile e correttamente proposta la domanda introdotta entro la precisazione delle conclusioni, se la parte avversa non ne contesta tempestivamente la tardività. Sotto questo profilo, la Cassazione ha chiarito che tempestivamente vuol dire che la controparte deve formulare l'eccezione alla stessa udienza di precisazione delle conclusioni e nel medesimo contesto , altrimenti, deve intendersi accettato il contraddittorio. In tal senso Cass. Civ. n. 15185/2001 , la domanda proposta all'udienza di precisazione delle conclusioni deve ritenersi ritualmente introdotta in giudizio, per accettazione implicita del contraddittorio, qualora la parte nei cui confronti essa è rivolta non ne abbia eccepito nella stessa udienza la preclusione, non essendo utile allo scopo l'opposizione fatta in comparsa conclusionale. La S.C., ha rilevato che, parte attrice, aveva proposto le nuove domande entro la precisazione delle conclusioni, mentre, parte convenuta aveva eccepito la tardività soltanto nel successivo appello per l'effetto, per implicita accettazione, il contraddittorio, si era correttamente instaurato ed il motivo di impugnazione era infondato. Come deve essere calcolata la somma dovuta per illegittima occupazione. Parte ricorrente contestava la decisione assunta dalla Corte territoriale nella misura in cui aveva quantificato l'indennità per illegittima occupazione riferendosi al canone legale. La S.C., applicando la legge n. 392/1978, ha chiarito che il conduttore che rifiuti la restituzione dell'immobile sino al versamento in suo favore dell'indennità per avviamento è tenuto, nei confronti del locatore, al pagamento del solo canone di locazione pattuito e non anche di altre somme a qualsiasi titolo dovute. La legittimità del rifiuto presuppone che il conduttore abbia formulato, in favore del locatore, una offerta, anche informale purché seria, concreta e tempestiva di restituzione del cespite - Cass. n. 1337/2011. In tema di riconsegna dell'immobile locato, mentre l'adozione della complessa procedura di cui agli art. 1216 e 1209, comma 2, c.c., costituita dall'intimazione al creditore di ricevere la cosa nelle forme stabilite per gli atti giudiziari, rappresenta l'unico mezzo per la costituzione in mora del creditore per provocarne i relativi effetti art. 1207 c.c. , l'adozione da parte del conduttore di altre modalità aventi valore di offerta reale non formale art. 1220 c.c. purché serie, concrete e tempestive e sempreché non sussista un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore pur non essendo sufficiente a costituire in mora il locatore, è tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore nell'obbligo di adempiere la prestazione costituita, nel caso esaminato, dal pagamento di un'indennità per occupazione dell'immobile ex art. 1591 c.c. . Inoltre, parte conduttrice, pur contestando la quantificazione dell'indennità secondo il criterio del canone legale, ha omesso l'indicazione di altra misura, quindi, la corte ha correttamente quantificato l'indennità applicando il canone legale. Indennità per avviamento e giudicato esterno. Parte locatrice, ha proposto controricorso avverso la decisione della Corte territoriale di riconoscere il diritto della parte conduttrice a percepire l'indennità di avviamento. La contro ricorrente, sul punto, articola le proprie difese richiamando una sentenza emessa in altro processo. La S.C. ha chiarito che, per poter valutare la correttezza del giudicato esterno, la parte avrebbe dovuto depositare in giudizio la sentenza cui si riferiva, di contro, non avendovi provveduto, la questione è inammissibile Cass. n. 21560/2011 . Poiché la sentenza prodotta in un giudizio per dimostrare l'esistenza di un giudicato esterno rilevante ai fini della decisione assume rispetto ad esso in ragione della sua oggettiva intrinseca natura di documento la natura di una produzione documentale, il requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione indicato dall'art. 366, n. 6, c.p.c. concerne in tutte le sue implicazioni anche una sentenza prodotta nel giudizio di merito, riguardo alla quale il motivo di ricorso per cassazione argomenti la censura della sentenza di merito quanto all'esistenza, alla negazione o all'interpretazione del suo valore di giudicato esterno. In definitiva la Cassazione ha rigettato tanto il ricorso quanto il controricorso, così confermando la decisione della corte territoriale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 novembre – 13 dicembre 2012, n. 22924 Presidente Trifone – Relatore De Stefano Svolgimento del processo 1.1 Concesse in locazione, con contratti del 4.5.73 e del 28.3.74, dalla I.C.A.C. - Impresa Costruzioni Attrezzature Generali srl alla MAC spa oggi srl due distinte unità immobiliari in omissis , la locatrice convenne controparte, con citazione notificata il 2.4.88, dinanzi al tribunale di Roma, lamentando l'inadempimento di controparte consistente nel mutamento di destinazione d'uso e chiedendo dichiararsi la risoluzione dei contratti, condannarsi la conduttrice al rilascio degli immobili ed al risarcimento di tutti i danni, oltre che al rimborso della tassa di occupazione di suolo pubblico la MAC spa, dal. canto suo, chiese in via riconvenzionale condannarsi l'attrice a pagarle l'indennità ai sensi dell'art. 1593 cod. civ. e, all'esito dell'attività istruttoria e dell'intercorso rilascio dei locali, la locatrice chiese la condanna di controparte al risarcimento dei danni per occupazione senza titolo dal 2.4.88 al 31.7.95, alla restituzione dell'indennità di avviamento già corrisposta, al rimborso della tassa di occupazione suolo pubblico ed al pagamento, in luogo del ripristino dei locali, della somma necessaria a quest'ultimo. 1.2. Il tribunale capitolino, con sentenza n. 33351 del 3.9.02, dichiarò cessata la materia dei contendere m ordine alle domande di risoluzione per inadempimento e di condanna al rilascio, ma condannò la conduttrice MAC ai. pagamento di un'indennità di occupazione per Euro 491.838,33 per il periodo dal 12.2.90 al 31.7.95 oltre rivalutazione e interessi dal 12.2.90 , alla restituzione di e 93.651,71 per rimborso indennità di avviamento relativa al solo locale di omissis ed al pagamento di Euro 1.291,14 oltre IVA per il ripristino dei locali. 1.3- Interpose appello la conduttrice MAC, lamentando ultrapetizione in ordine al risarcimento da detenzione senza titolo, mutatio libelli sulla restituzione dell'indennità di avviamento, violazione di giudicato esterne sulla spettanza di tale indennità per tutti i locali, errata quantificazione dei risarcimento da detenzione senza titolo, nonché contraddittorietà tra esclusione della risoluzione e riconoscimento del danno da inadempimento la locatrice ICAG, dal canto suo, chiese anticiparsi la decorrenza del risarcimento da occupazione illegittima alla data della domanda, correggersi i criteri di determinazione del relativo danno, condannarsi alla restituzione integrale della già corrisposta indennità per avviamento, dolendosi della mancata disamina della domanda di condanna al rimborso della tassa di occupazione di suolo pubblico. 1.4. La corte capitolina, con sentenza n. 4340 del 26.10.10, riformò in parte la gravata pronuncia di. primo grado, da un lato annullando la condanna della locatari alla restituzione dell'indennità di avviamento, ma d'altro lato condannandola anche al risarcimento del danno da detenzione senza titolo pure per il periodo dal 2.4.88 al di 11.11.90 per altri C 166.874,45 , nonché al rimborso della tassa di occupazione del suolo pubblico in Euro 2.052,68 e condannò la MAC ai pagamento dei due terzi delle spese di lite di entrambi i gradi, confermando nel resto la prima sentenza. 1.5. Per la cassazione di tale sentenza di secondo grado ricorre ora, affidandosi, a quattro motivi, la MAC srl, già spa resiste, con controricorso contenente ricorso incidentale articolato su di un motivo, la I.C.A.G. Impresa Costruzioni Attrezzature Generali srl e la prima notifica e deposita controricorso per resistere al ricorso incidentale, nonché memoria ai sensi dell'art. 378 cod. procomma civ. per la pubblica udienza dei 15.11.12. Motivi della decisione 2. La ricorrente principale sviluppa quattro motivi e 2.1. con il primo - rubricato nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. procomma civ. a tenore dell'art. 360, comma 1, n. 4 cod. procomma civ. - essa si duole - di ultrapetizione, non avendo - a suo dire - la controparte mai invocato alcunché, prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni m primo grado, a titolo di risarcimento del danno da pretesa occupazione senza titolo ed avendo la corte di appello male applicato il regime della mutatio libelli in primo grado dinanzi alla carenza di qualsiasi originaria domanda ed alla diversità di causa petendi 2.2. con il secondo - rubricato violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1591 cod. civ. e 69 legge 27 luglio 1978, n. 392, in relazione all'art. 360, e. 1, n. 3 cod. procomma civ. - essa lamenta il riconoscimento a suo carico del debito per occupazione senza titolo in misura cari al canone legalmente dovuto, quando invece, spettando ad essa conduttrice l'indennità di avviamento commerciale, il relativo diritto di ritenzione dell'immobile fino alla corresponsione di quella avrebbe dovuto comportare l'obbligo della conduttrice ai corrispondere il solo - e ben minore - canone pattuito 2.3. con il terzo - rubricato violazione o falsa applicazione dell'art. 184 cod. procomma civ., nel testo applicabile alla presente controversia causa introdotta nel 1988, e quindi anteriore alla novella di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353 , a tenore dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. procomma civ. - essa censura l'accoglimento parziale della domanda ai restituzione dell'indennità ai avviamento in difetto di rituale domanda in primo grado, formulata solo all'udienza di precisazione delle conclusioni e senza alcun collegamento con la causa petendi originaria 2.4. con il quarto - rubricato violazione o falsa applicazione dell'art. 1453 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. procomma civ. - essa contesta l'accoglimento della domanda d i risarcimento, nonostante la cessazione della materia del contendere su quella di risoluzione per inadempimento. 3. Dal canto suo, la controricorrente ribatte in rito e nel merito alle censure di controparte e dispiega ricorso incidentale, su di un motivo nullità del capo della sentenza d'appello relativo alla decenza dell'indennità per perdita di avviamento, ai sensi dell'art. 360, 1 comma, n. 5 c.p.c. , con cui censura l'interpretazione data dalla corte di appello al giudicato esterno, costituito dalla sentenza del pretore di Roma n. 326/94, sul riconoscimento anche dell'an debeatur in punto di indennità di avviamento ed a questa doglianza ribatte, con apposito controricorso, la ricorrente principale, condividendo gli argomenti della gravata sentenza in ordine all'estensione del giudicato recato da quella pronuncia. 4. Tutto ciò posto, deve esaminarsi dapprima il ricorso principale. Quanto ad esso 4.1. sono infondati il primo ed il terzo motivo, tutti incentrati sull'inammissibilità di domande nuove nel rito anteriore alla riforma di cui alla legge 353 del 1990 4.1.1. può prescindersi dall'esame della questione della possibilità di ricondurre una domanda per diverso titolo di risarcimento per mancato pagamento del corrispettivo dopo la cessazione del contratto ad una domanda di risarcimento danni formulata in un alto di citazione pacificamente basata su di una specifica diversa causa petendi di risoluzione cioè sull'inadempimento per mutamento d'uso 4.1.2. infatti, nel rito anteriore alla riforma di cui alla legge 353 del 1990 la novità della domanda - la sanzione della cui inammissibilità era pacificamente ritenuta sancita nel solo o comunque preminente interesse delle parti, a differenza del rito successivo alla detta riforma soltanto nel quale è imposto il rilievo ufficioso della novità, per il sostanziale carattere di ordine pubblico processuale del sistema delle preclusioni anche assertive per tutte, in senso analogo, v. Cass. 30 novembre 2011, n. 25598, oppure Cass. 12 giugno 2012, n. 9522 - risulta sanata se alla sua proposizione, avvenuta al momento della precisazione delle conclusioni, non abbia immediatamente - e cioè alla stessa udienza o nel medesimo contesto - reagito la controparte, perché, in tal caso, quest'ultima deve intendersi avere accettato sul punto il contraddittorio risultando tardiva la reazione perfino ove essa si sia avuta già nella comparsa conclusionale Cass. 10 giugno 1988, n. 3956 Cass. 29 novembre 2001, n. 15185 Cass. 11 ottobre 2006, n. 21816 4.1.3. nel caso di specie, dalla lettura dei motivi primo e terzo si evince che, alla formulazione delle domande di risarcimento del danno da mancate pagamento dei corrispettivo e di restituzione dell'indennità di avviamento non dovuta, formulazione avvenuta pacificamente se non altro all'udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado in data 3.7.95, la reazione dell'odierna ricorrente si sarebbe avuta non prima dell'atto di appello e sarebbe poi stata sviluppata nel grado di gravame, ma non pure che ai dispiegamento di quelle essa si sia validamente opposta nello stesso contesto e comunque prima della comparsa conclusionale in primo grado 4.1.4. la circostanza della carenza di immediata replica a tali formulazioni è sfata comunque colta anche dallo corte territoriale pag. 8, quattordicesima riga pag. 10, dodici righe dalla fine 4.1.5. pertanto, a prescindere dalla novità delle due domande, su di esse, in ossequio alla costante giurisprudenza di questa Corte, è sfato accettato di fatto il contraddittorio e legittimamente, quand'anche potesse sussistere la lamentata novità, il tribunale - che non poteva, nel rito applicabile ratione temporis , neppure rilevarla di ufficio - le ha esaminate 4.1.6. diviene irrilevante l'esame delle argomentazioni svolte dalla corte territoriale per ritenere ammissibili le domande, essendo la prima ratio decidendi la non immediatezza di reazioni ai dispiegamento di per sé sola idonea a sorreggere la decisione di valutarne il merito 4.2. il secondo motivo è del pari infondato 4.2.1. può tralasciarsi la singolare carenza, nel ricorso per cassazione, di elementi sull'entità del canone pattuito od originariamente convenuto in luogo di altro, evidentemente maggiore, in concreto applicato , qua] e parametro dell'obbligazione risarcitoria di cui all'art. 1591 cod. civ., come pure dell'indicazione della sede processuale in cui essi sarebbero stati - sottoposti al vaglio dei giudici di merito nonché delle ragioni della discrasia tra il canone pattuito e quello preso a base della determinazione del risarcimento ai sensi della prima parte dell'art. 1591 cod. civ. 4.2.2. è ben vero che, nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali disciplinate dagli artt. 27 e 34 della legge 27 luglio 1978, n. 392 e, in regime transitorio, dagli artt. 68, 71 e 73 della stessa legge , il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzione dell'immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità d avviamento, è obbligato al solo pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione e non anche ai risarcimento del maggior danno per tutto e da ultimo, v. Cass. 25 marzo 2010, n. 7179 Cass. 9 marzo 2010, n. 5661 4.2.3. nella ricostruzione della persistenza della duplice inadempienza, quella del locatore nella corresponsione dell'indennità e quella del conduttore nella restituzione dell'immobile, la giurisprudenza di questa Corte v., per ogni opportuno approfondimento, Cass. Sez. Un., 15 novembre 2000, n. 1177 ha però con tutta evidenza inteso escludere solo la spettanza del danno maggiore rispetto a quello corrispondente all'entità del canone sicché il richiamo, da parte della conduttrice, a de tra giurisprudenza non può dirsi pertinente, restandone da essa esclusa soltanto la spettanza del maggior danno, consistente, com'è noto, in altri potenziali detrimenti, del patrimonio del locatore dovuti alla non disponibilità del bene locato, in termini soprattutto di lucro cessante 4.2.4. del resto, soggiace il conduttore, che voglia liberarsi dell'obbligazione di un tale pagamento, a specifici oneri, tra cui quello di offerta, anche non formale, di restituzione del bene per tutte, con principio affermato ai sensi dell'art. 360-bis, n. 1, cod. procomma civ., v. Cass., ord. 20 gennaio 2011, n. 1337 ed appare conforme a diritto che, in virtù della volontaria protrazione del godimento del bene volontaria in quanto dipendente anche dalla deliberata mancata attivazione delle dette procedure di offerta in restituzione , chi ne fruisca continui a versare alla controparte quanto meno una somma pari a quello che sarebbe stato il corrispettivo in caso di fisiologica persistenza del contratto 4.2.5. pertanto, l'accezione di corrispettivo convenuto rilevante anche ai fini della determinazione della somma dovuta dal conduttore che permanga nel godimento dell'immobile in attesa della corresponsione dell'indennità di avviamento ma senza attivare le procedure di offerta di riconsegna del bene locato, va ben rapportata al canone legalmente dovuto Cass. 20 aprile 2 007, n. 9488 Cass. 19 luglio 2002, n. 10560 Cass. 19 giugno 2002, n. 8913 Cass. 26 settembre 1997, n. 9464 Cass. 1 dicembre 1994, n. 10270 Cass. 28 ottobre 1993, n. 10733 , sostituendosi anche in tale fase di sostanziale ultraattività del rapporto contrattuale di locazione, per principi generali in tema di nullità delle clausole contrattuali e di inserzione automatica delle disposizioni conformi a diritto, a quelle contrattuali in contrasto con la legge quelle derivanti dalla corretta applicazione di quest'ultima 4.3. anche il quarto motivo è, poi, infondato 4.3.1. la domanda di risarcimento del danno è del tutto diversa - strutturalmente e sostanzialmente - da quella di risoluzione tra le molle, v. Cass. 27 luglio 2006, n. 17144, oppure Cass. 23 gennaio 2012, n. 870 , per evidente diversità del petitum e solo parziale coincidenza della causa petendi cioè, il dedotto inadempimento 4.3.2. pertanto, già di per sé considerati l'abbandono o la cessazione della materia del contendere sulla domande di risoluzione del contratto per un dedotto inadempimento non precludono affatto l’ammissibilità della soia domanda di risarcimento dei danni arrecati da quel medesimo inadempimento ben potendo, nonostante la rinuncia del contraente adempiente a far valere quest'ultimo come causa di risoluzione ad esempio, in un contratto di locazione, per avere conseguito la riconsegna del bene , persistere un suo interesse a conseguire il ristoro dei danni che quella condotta di controparte gli abbia comunque cagionati 4.3.3. inoltre, nel caso di specie, è evidente che, esclusa per quanto detto sub 4.1 l'inammissibilità delle domande risarcitorie per titoli anche non coincidenti con quelli posti a base dell'originaria domanda di risoluzione fondata, nella medesima prospettazione della ricorrente, sul mutamento d'uso , le prime hanno causa petendi del tutto diversa dalla seconda, cori ulteriore insensibilità all'abbandono di quest'ultima. 5. Il ricorso incidentale è invece inammissibile 5.1. per consentire di valutare la correttezza dell'interpretazione del giudicato esterno ciò che normalmente integra un giudizio di fatto - per tutte Cass. 11 giugno 2007, n. 13618 - e va effettuato in primo luogo sulla base del tenore le letterale del titolo giudiziale, valutato alla stregua del dispositivo e della motivazione che lo sostiene, complessivamente considerati per tutte e solo tra le più recenti, v. Cass. 20 luglio 2011, n. 15902 , era però necessaria la trascrizione integrale nel ricorso di tutti gli atti al riguardo indispensabili e comunque dei loro passaggi salienti tra cui la sentenza stessa, nella parte in cui interpreta i petita e pronuncia su di essi, nonché gli atti da cui le parti vorrebbero ritrarre la delimitazione di causa petendi e petita 5.2. infatti, poiché il provvedimento giudiziale su cui si fonda la tesi dell'esistenza di un giudicato esterno rilevante ai fini della decisione assume rispetto ad esso - in ragione della sua oggettiva intrinseca natura di documento - la natura di una produzione documentale, il requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione indicato dall'art. 366 cod. procomma civ., n. 6, concerne in tutte le sue implicazioni anche una sentenza prodotta nel giudizio di merito, riguardo alla quale il motivo di ricorso per cassazione argomenti la censura de]la sentenza di merito quanto all'esistenza, alla negazione o all'interpretazione del suo valore di giudicato esterno giurisprudenza consolidata tra le ultime, v. Cass., ora. 18 ottobre 2011, n. 21560 Cass. 29 maggio 2012, n. 8565 5.3. tanto non essendo avvenuto, non è stata posta in grado questa corto di legittimità, per la vista carenza del ricorso incidentale, di. valutare la portata del giudicato e la contestata correttezza dell'interpretazione data dalla corte territoriale ed il relativo motivo è inammissibile. 6. Pertanto, il ricorso principale va rigettato e quello incidentale dichiarato inammissibile e la soccombenza reciproca rende di giustizia l'integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.