L’immobile gli piace, vuole rimanere. Chiede la nullità della clausola risolutiva espressa

La legge che disciplina la locazione di immobili urbani, prevede per gli immobili adibiti ad uso industriale, commerciale e artigianale un rinnovo automatico del contratto, consentendo soltanto clausole che permettano al conduttore di poter recedere in qualsiasi momento.

Con le sentenza n. 22372, depositata il 10 dicembre 2012, la Corte di Cassazione ha riscontrato un errore nel ragionamento dei giudici di merito. Una locazione commerciale. Un cambiavalute sottoscrivendo un contratto di locazione, approva anche una clausola risolutiva espressa di non rinnovo automatico del contratto. Al suo scadere, si rifiuta di lasciare l’immobile. La proprietaria chiede allora il rilascio prima al Tribunale, che rigetta la richiesta, poi alla Corte di Appello, che ordina il rilascio dell’immobile. Si oppone il cambiavalute, che propone ricorso per cassazione. La normativa. La legge n. 392/1978, sulla locazione degli immobili urbani, prevede una disciplina particolare per quelli ad uso non abitativo. La disciplina degli artt. 27, 28 e 29 stabilisce che per gli immobili adibiti ad uso industriale, commerciale e artigianale di interesse turistico, il contratto di locazione non può essere inferiore a 6 anni. Il rinnovo del contratto è automatico. Il locatore può recedere soltanto alla scadenza e solo se vuole andare ad abitare nell’immobile o iniziare una della attività previste dalla norma stessa. Il contratto ammette solo clausole che consentano al conduttore di recedere durante il corso del contratto. Nullità della clausola o simulazione del contratto? Il ricorrente aveva eccepito, in via incidentale, la nullità della clausola, che consentiva al locatore di non rinnovare il contratto fuori dai motivi previsti dalla legge. Il giudice di appello ha erroneamente ritenuto che da tale richiesta andasse dedotta una simulazione del contratto, per cui l’attività svolta non rientrava tra quelle previste dall’art. 27, legge n. 392/1978. La Cassazione rileva che, poiché entrambe le parti erano a conoscenza dell’attività svolta dal conduttore, che rientra tra i tipi dalla legge, il giudice di merito doveva decidere sulla nullità della clausola, come richiesto in via incidentale, non dedurne una presunta simulazione. A fronte di un contratto ad uso non abitativo per l’esercizio della attività di cambiavalute la questione della simulazione ritenuta dal giudice dell’appello non trova logica corrispondenza con quanto richiesto dal convenuto nella sua comparsa di costituzione e di risposta, perché la sua deduzione non riguardava la discrepanza tra volontà reale e negozio simulato . La locatrice era a conoscenza dell’attività svolta dal conduttore. La clausola andava ritenuta nulla, essendo irrilevante che fosse stata sottoscritta dal conduttore, poiché la locatrice era a conoscenza dell’attività da lui svolta. Per questo motivo la Corte cassa la sentenza e rinvia alla Corte di Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 ottobre – 10 dicembre 2012, n. 22372 Presidente Trifone – Relatore Uccella Svolgimento del processo Il 28 gennaio 2005 il Tribunale di Messina - sezione distaccata di Taormina - rigettava la domanda proposta da M S. nei confronti di R F. , con la quale la S. intimava sfratto per finita locazione di un immobile da lei locato per uso non abitativo al F. che, contestualmente, citava per il rilascio. Su gravame principale della S. ed incidentale del F. la Corte di appello di Catania il 29 marzo 2007 riformava la sentenza di primo grado e, per l’effetto, dichiarava cessato per scadenza contrattuale il contratto del 29 giugno 1997 intercorso tra le parti, ordinando il rilascio dell'immobile. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il F. , affidandosi a 4 motivi. Non risulta avere svolto attività difensiva la intimata S. . Motivi della decisione Osserva il Collegio che il primo motivo del ricorso violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 27, 28, 29 della legge n. 392/78 va accolto. Infatti, con tale censura il ricorrente lamenta che erroneamente il giudice dell'appello avrebbe considerato che il F. , eccependo la nullità della clausola contrattuale, con la quale le parti avevano escluso la possibilità di rinnovare il contratto del 29 giugno 1997, avrebbe di fatto dedotto la simulazione del contratto di locazione apparente con la previsione di una destinazione elusiva dell'articolo 27, diversa da quella reale, oggetto del contratto dissimulato v.p. 4 - 5 sentenza impugnata e che le parti avessero ritenuto, implicitamente, che l’attività del F. non fosse industriale, commerciale e artigianale o da interesse turistico o da lavoro autonomo esercitato in forma abituale e professionale v.p. 11 sentenza impugnata . La censura è fondata nei termini di seguito indicati. Risulta pacifico tra le parti che il F. nell'immobile locato per la sua attività ben nota di cambiavalute continuasse a svolgere detta attività, ben presente alla locatrice, quando fu stipulato il contratto, anche perché quella clausola fu sottoscritta ed espressamente approvata dal conduttore. Quel contratto prevedeva una clausola risolutiva espressa che comportava la risoluzione automatica del contratto di locazione. Nello stesso contratto fu inserita una dichiarazione scritta dallo stesso conduttore. Altrettanto incontroverso - e ne da atto la sentenza impugnata p. 8 sentenza impugnata - che il F. in primo grado, con la comparsa di risposta aveva dedotto la nullità della clausola, perché l’attività esercitata nell'immobile da lui locato si inquadrava comunque in una attività turistica e commerciale, cosi come disposto dall'articolo 27. Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo non si controverteva in una ipotesi di simulazione relativa in frode alla legge, ma, più semplicemente, in un riconoscimento, ai fini della prevista disdetta automatica, della natura dell'attività svolta e per cui fu locato l'immobile. Come ha statuito questa Corte, con una interpretazione che va condivisa e ribadita l’attività di cambiavalute, allorché si svolge in un immobile ove si svolge la negoziazione di divise, come è tipica del cambiavalute, configura l’immobile come negozio Cass. n. 4837/91 Cass. n. 1699/85, anche se in tema di benefici fiscali , e come tale pienamente rientrante nel disposto di cui all'articolo 27 della legge n. 392/78. Di vero, detta attività comporta l’espletamento di un servizio a diretto contatto con il pubblico, e, quindi, il locale è da considerarsi un negozio e non come ufficio. In altri termini, a fronte di un contratto ad uso non abitativo per l’esercizio della attività di cambiavalute la questione della simulazione ritenuta dal giudice dell'appello non trova logica corrispondenza con quanto richiesto dal convenuto nella sua comparsa di costituzione e di risposta, perché la sua deduzione non riguardava la discrepanza tra volontà reale e negozio simulato. Pertanto, quella clausola andava dichiarata nulla a nulla rilevando che essa fosse stata approvata e sottoscritta dal conduttore perché la locatrice era a conoscenza dell'attività del F. che, a sua volta, nulla doveva provare in quanto – ed è pacifico - quella clausola era ed è nulla. Né si può parlare di qualificazione della domanda, perché si trattava soltanto di stabilire se la clausola fosse o meno nulla. Ciò considerato, va accolto il primo motivo del ricorso, assorbiti tutti gli altri e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Messina in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Messina in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.