Solo un rendimento del conto completo può consentire una sua impugnativa specifica

In tema di rendimento dei conti, l’art. 264 c.p.c. secondo il quale la parte che impugna il conto deve specificare le partite che intende contestare, è applicabile solo nel caso in cui il conto sia reso nella forma e per gli effetti di cuiall’art. 263 c.p.c.e la relativa procedura sia stata prescelta dal giudice mediante l’adozione dei provvedimenti all’uopo occorrenti, poiché solo un rendimento del conto ordinato e completo può consentire una sua impugnativa specifica, laddove in ogni altra ipotesi il conto è soggetto agli apprezzamenti del giudice di merito come qualsiasi elemento indiziario di prova.

Il caso. Con atto di citazione un soggetto citava in giudizio il fratello esponendo che entrambi erano comproprietario di alcuni immobili e che il proprio germano si era obbligato a vendere con contratto preliminare la propria quota, pari ad un mezzo, dei suddetti beni, ma che successivamente lo stesso non aveva rispettato l’obbligo di concludere il contratto di compravendita. L’attore chiedeva pertanto il trasferimento della quota di comproprietà ai sensi dell’art. 2932 c.c. oltre al risarcimento del danno derivante da ritardo. Il convenuto costituitosi eccepiva il collegamento negoziale del preliminare di vendita con altra scrittura privata stipulata con il fratello per la divisione e l’assegnazione in proprietà esclusiva dei beni in essa indicati e con altra scrittura successiva di sfruttamento minerario di alcuni terreni. Eccepiva altresì l’inadempimento del fratello agli accordi in tali scritture previsti. Il convenuto domandava quindi il rigetto delle domande di parte attrice ed in via riconvenzionale chiedeva l’accertamento del collegamento negoziale fra le scritture private di cui sopra, la loro risoluzione per inadempimento dell’attore, con condanna al risarcimento dei danni, nonché a rendere il conto della gestione dei beni di proprietà comune. Il Tribunale con sentenza non definitiva trasferiva la proprietà dei beni oggetto del preliminare di compravendita e disponeva con separata ordinanza la prosecuzione del giudizio limitatamente alla domanda di rendiconto. Il Tribunale di Novara, con sentenza non definitiva, rigettava la domanda di rendiconto in quanto inammissibile perché coperta da giudicato interno. Il soccombente proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza e i giudici territoriali dichiaravano esecutivo il rendiconto presentato in assenza di specifiche contestazioni da parte dell’appellante. Quest’ultimo quindi ricorreva in cassazione. Il presupposto del procedimento di rendiconto. Il ricorrente eccepiva che erroneamente la Corte d’appello aveva dichiarato esecutivo il rendiconto stesso, in assenza di un provvedimento del giudice che ne avesse ordinato la presentazione ed assegnato il termine per il deposito. La Suprema Corte, però, ritiene infondata tale doglianza. Il procedimento di rendiconto, disciplinato dagli artt. 263-265 c.p.c. è fondato sul presupposto dell’obbligo di una parte di far conoscere il risultato della propria attività perché influente nella sfera di interessi patrimoniali altrui e nella propria. Pertanto, l’ordine del giudice di presentazione del conto deve essere preceduto dal positivo accertamento dell’esistenza di detta situazione o negozio, che ne costituiscono la base imprescindibile. Rendimento dei conti senza firma ciò che conta è che sia fornita la prova! Inoltre, secondo il ricorrente il rendiconto presentato dalla controparte processuale è composto da fogli che non recano alcuna firma. Anche questa doglianza è priva di pregio. E’ pur vero che la sottoscrizione di colui che renda il conto è un requisito essenziale, ma la mancanza della firma non può essere denunciata per la prima volta in cassazione. Ad ogni modo l’obbligo di rendiconto può dirsi adempiuto quando il mandatario abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, sia della somma incassata sia di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico. Nel caso di specie pertanto, l’obbligo è stato rispettato. La mancata contestazione del rendiconto equivale all’accettazione dello stesso. Ulteriore profilo di illegittimità di parte ricorrente si fonda su una doglianza avente natura processuale secondo la quale il procedimento di rendiconto non sarebbe mai stato esperito o comunque mai legittimamente svolto pertanto, il ricorrente non avrebbe mai potuto contestare alcuna partita. A dire degli ermellini però, l’art. 264 c.p.c. secondo cui la parte che impugna il conto deve specificare le partite che intende contestare, si applica solo nel caso in cui il conto sia reso nella forma e per gli effetti di cui all’art. 263 c.p.c. e la relativa procedura sia stata prescelta dal giudice mediante l’adozione dei provvedimenti all’uopo occorrenti. Infatti, solo un rendimento del conto ordinato e completo può consentire una sua impugnativa specifica, laddove in ogni altra ipotesi il conto è soggetto agli apprezzamenti del giudice di merito come qualsiasi elemento indiziario di prova. Nel caso de quo alcuna contestazione è stata formulata circa il rendiconto, né con la memoria né con gli atti successivi, dunque il rendiconto deve ritenersi esecutivo tra le parti. In altri termini la mancata contestazione del rendiconto, comporta l’accettazione del rendiconto stesso. C.T.U.? Rientra nei poteri del giudice ammetterla o no. Infine, il ricorrente riteneva che la Corte d’appello avesse errato nel respingere le contestazioni mosse al rendiconto, considerandole estranee, generiche e prive di riscontro ed avesse altresì errato nel ritenere inammissibile la consulenza tecnica richiesta. Anche questa censura non viene ritenuta degna di accoglimento dalla Suprema Corte. L’ammissione della consulenza tecnica rientra infatti, nei poteri discrezionali del giudice e il diniego della relativa richiesta può essere censurato nel giudizio di legittimità, solo se a differenza di quanto avvenuto nella fattispecie, non sia stato motivato. In via conclusiva la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 settembre - 14 novembre 2012, n. 19991 Presidente Finocchiaro – Relatore D’Amico Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 14 aprile 1997 F.A. esponeva a di essere comproprietario, con il fratello L. , di taluni immobili siti nel comune di omissis b che il fratello L. si era obbligato a vendere ed egli ad acquistare la quota di comproprietà di un mezzo dei suddetti terreni con contratto preliminare in data 9 luglio 1996 e con impegno alla stipulazione del rogito notarile entro il 31 dicembre 1997 c che il fratello L. non aveva rispettato l'obbligazione di concludere il contratto di compravendita. Tanto premesso A F. conveniva in giudizio il fratello L. chiedendo il trasferimento della quota di comproprietà ai sensi dell'art. 2932 c.c. e la condanna del convenuto al risarcimento dei danni arrecati con il ritardo. Costituitosi il contraddittorio L F. eccepiva il collegamento negoziale del preliminare di vendita con altra scrittura stipulata con il fratello, in pari data 9 luglio 1996, per la divisione e l'assegnazione in proprietà esclusiva dei beni in essa indicati e con la scrittura 12 luglio 1996 di sfruttamento minerario di taluni terreni. Eccepiva altresì l'inadempimento del fratello A. agli accordi in tali scritture previsti e chiedeva la chiamata in giudizio di M F. . Tanto eccepito L F. domandava quindi il rigetto delle domande dell'attore e, in via riconvenzionale, l'accertamento del collegamento negoziale fra le tre scritture private di cui sopra, la loro risoluzione per inadempimento dell'attore, con condanna al risarcimento dei danni, nonché a rendere il conto della gestione dei beni di proprietà comune dal 9 luglio 1996. Il Tribunale adito, con sentenza non definitiva n. 363 del 5 maggio 2003, trasferiva la proprietà dei beni oggetto del preliminare di compravendita ad A F. , ai sensi dell'art. 2932 c.c. e subordinatamente al versamento del saldo del prezzo accertava l'autenticità delle sottoscrizioni apposte dai fratelli F. all'atto divisionale in pari data, condizionando la trascrizione in conservatoria dei trasferimenti e delle assegnazioni suddetti all'adempimento degli accordi previsti nella scrittura del 12 luglio 1996 estrometteva dal giudizio il chiamato M F. . Infine disponeva, con separata ordinanza, la prosecuzione del giudizio limitatamente alla domanda di rendiconto. Il Tribunale di Novara, con sentenza definitiva, ritenuta l'inammissibilità della domanda di rendiconto in quanto coperta da giudicato interno ed in ogni caso infondata nel merito, rigettava le domande di rendiconto e risarcitoria proposte in via riconvenzionale da L F. nei confronti di A F. condannando il primo alla rifusione delle spese successive alla sentenza non definitiva. Proponeva appello L F. chiedendo la riforma della sentenza con l'accertamento dell'obbligo di A F. di rendere il conto della gestione degli immobili in oggetto, dal 9 luglio 1996. La Corte d'Appello di Torino riformava la sentenza del Tribunale dichiarando esecutivo il rendiconto presentato, in assenza di specifiche contestazioni, da parte di L F. . Quest'ultimo propone ricorso per cassazione con sette motivi. Resiste con controricorso A F. che presenta memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo parte ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione di legge artt. 24 e 111 Cost. e norme correlate . Violazione e falsa applicazione di legge artt. 1710, 1713 e 2030 cod. civ. e norme correlate . Violazione e falsa applicazione di legge artt. 263, 264, 265, 266 cod. proc. civ. e norme correlate . Omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia”. Assume il ricorrente che la Corte d'Appello ha errato nel ritenere legittimamente iniziato, svolto e concluso il procedimento per il rendiconto ai sensi degli artt. 263 ss. c.p.c., e quindi ritenuto adempiuto il relativo obbligo e dichiarato esecutivo il rendiconto stesso, in assenza di un provvedimento del giudice che ne abbia ordinato la presentazione, assegnato il termine per il deposito in cancelleria e fissato esplicitamente l'udienza di discussione. Il motivo è infondato. Il procedimento di rendiconto, disciplinato dagli artt. 263-265 cod. proc. civ., è fondato sul presupposto dell'obbligo di una parte, derivante dalla legge o dall'accordo delle parti ed accertato dal giudice, di rendere il conto all'altra parte, facendo conoscere il risultato della propria attività in quanto rifluente nella sfera di interessi patrimoniali altrui o, contemporaneamente, in quella altrui e nella propria pertanto, ove vi sia controversia in ordine alla situazione od al negozio da cui si fa discendere quell'obbligo, l'ordine del giudice di presentazione del conto deve essere preceduto dal positivo accertamento dell'esistenza di detta situazione o negozio, che ne costituiscono la base imprescindibile Cass., 28 febbraio 2007, n. 4765 . Emerge dall'impugnata sentenza che A F. , a seguito dell'ordinanza di rimessione in istruttoria per il giudizio di rendiconto, ha prodotto il rendiconto stesso, relativo al rapporto d'affitto dal 1996 al 2002, all'udienza del 2 ottobre 2003, fissata nella stessa ordinanza che tale rendiconto è sufficientemente specifico nel suo contenuto, è corredato dei documenti giustificativi, a norma dell'art. 263 c.p.c. e riguarda tutti i beni nella giuridica disponibilità di A F. . A fronte dell'adempimento a carico del predetto, F.L. non ha formulato alcuna specifica contestazione di partite né con la memoria controdeduttiva depositata il 22 novembre 2003, né con atti successivi, essendosi piuttosto limitato a generiche doglianze di degrado dei terreni con compromissione degli interventi di bonifica e di sfruttamento minerario, a suo tempo concordate. Con il secondo motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione di legge art. 24 e 111 Cost. e norme correlate. Violazione e falsa applicazione di legge artt. 1710, 1713 e 2030 cod. civ. e norme correlate . Violazione e falsa applicazione di legge artt. 263, 264, 265, 266 cod. proc. civ. e norme correlate . Omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia”. Sostiene il ricorrente che la Corte d'Appello ha errato nel ritenere legittimamente iniziato, svolto e concluso il procedimento per il rendiconto ai sensi degli artt. 263 e ss. c.p.c., nonostante il mancato rispetto, da parte di A F. , della disposizione che impone il deposito in cancelleria del rendiconto almeno cinque giorni prima dell'udienza. Il motivo è anzitutto inammissibile in quanto la relativa eccezione è sollevata per la prima volta in cassazione mentre avrebbe dovuto essere sollevata nella prima istanza o difesa successiva alla presentazione del rendiconto Cass., 18 gennaio 2002, n. 527 . Il motivo è altresì infondato in quanto con ordinanza del 23 ottobre 2003 il giudice dava termine a L F. sino al 22 novembre 2003 per il deposito di memorie e documenti inerenti alla sussistenza ed all'oggetto del proprio diritto ad avere il conto della gestione da parte di A F. dei terreni da questi detenuti. Il giudice ha quindi concesso un termine superiore a quello di cinque giorni previsto dall'art. 263 c.p.c Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione di legge artt. 1710, 1713 e 2030 cod. civ. e norme correlate . Violazione e falsa applicazione di legge artt. 115, 263, 264, 265, 266 cod. proc. civ. e norme correlate . Omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia”. Secondo parte ricorrente il rendiconto presentato da F.A. , prodotto con la memoria del 2 ottobre 2003, è composto da fogli che non recano la firma dello stesso A F. . Il motivo è infondato. È pur vero infatti che la sottoscrizione di colui che renda il conto, consistendo questo in una esposizione analitica di somme necessariamente racchiusa in un documento da depositare in tempo utile perché la controparte possa esaminarlo, deve considerarsi requisito essenziale del medesimo, con la conseguenza che il documento che ne risulti privo non può ritenersi idoneo a fondare il legittimo instaurarsi del procedimento di cui agli artt. 263 e successivi c.p.c. Cass., 6 agosto 1997, n. 7284 . Dall'impugnata sentenza non emerge tuttavia alcuna contestazione sulla firma, né la mancanza della firma stessa può essere denunciata per la prima volta in cassazione. E comunque, come nella fattispecie, l'obbligo di rendiconto può legittimamente dirsi adempiuto quando il mandatario abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto della somma incassata e dell'entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione Cass., 23 novembre 2006, n. 24866 . Con il quarto motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione di legge artt. 263, 264, 265, 266 cod. proc. civ. e norme correlate . Omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia”. Secondo parte ricorrente il procedimento di rendiconto non è mai stato esperito o comunque non si è mai legittimamente svolto in assenza di un procedimento di rendiconto il ricorrente stesso non avrebbe potuto contestare nessuna partita. Il motivo è infondato. In tema di rendimento dei conti, la disposizione dell'art. 264 cod. proc. civ., secondo la quale la parte che impugna il conto deve specificare le partite che intende contestare, è applicabile solo nel caso in cui il conto sia reso nella forma e per gli effetti di cui all'art. 263 cod. proc. civ. e la relativa procedura sia stata prescelta dal giudice mediante l'adozione dei provvedimenti all'uopo occorrenti, poiché solo un rendimento del conto ordinato e completo può consentire una sua impugnativa specifica, laddove in ogni altra ipotesi il conto è soggetto agli apprezzamenti del giudice di merito come qualsiasi elemento indiziario di prova Cass., 21 febbraio 2007, n. 4091 . Emerge dall'impugnata sentenza che il rendiconto è stato presentato da A F. , a norma dell'art. 263 c.p.c. che lo stesso era sufficientemente specifico e che L F. non ha formulato analitiche contestazioni né con la memoria controdeduttiva, depositata il 22 novembre 2003, né con atti successivi. In mancanza di una specifica contestazione il rendiconto deve pertanto ritenersi esecutivo fra le parti. Con il quinto motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione di legge artt. 1710, 1713 e 2030 cod. civ. e norme correlate . Violazione e falsa applicazione di legge artt. 263, 264, 265, 266 cod. proc. civ. e norme correlate . Omesso esame di punti decisivi della controversia. Omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia”. Secondo parte ricorrente la Corte d'Appello ha errato nel ritenere legittimamente adempiuto l'obbligo di rendiconto e quindi dichiarato esecutivo, in assenza di specifiche contestazioni, il rendiconto stesso, pur essendosi A F. limitato a fornire il solo conto delle somme incassate con i relativi documenti, senza fornire tutti gli elementi di fatto necessari a verificare se egli stesso si era adeguato o no ai criteri di buona amministrazione, garantendo l'esatto adempimento del medesimo contratto da parte degli affittuari in relazione agli obblighi pattizi. Il motivo è infondato. La mancata contestazione da parte di L F. comporta infatti l'accettazione del rendiconto. Per quanto riguarda invece il degrado dei fabbricati e la loro mancata manutenzione la Corte d'Appello ha evidenziato la genericità e l'estraneità al presente giudizio della relativa doglianza. E comunque dall'esame dell'impugnata sentenza non emerge, sul punto, alcun vizio logico o giuridico della relativa motivazione. Con il sesto motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione di legge artt. 1710, 1713 e 2030 cod. civ. e norme correlate . Violazione e falsa applicazione di legge artt. 263, 264, 265, 266 cod. proc. civ. e norme correlate . Omesso esame di punti decisivi della controversia. Omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia”. Secondo il ricorrente la Corte d'Appello ha errato nel respingere le contestazioni mosse al rendiconto, considerandole estranee, generiche e prive di riscontro e dichiarando inammissibile la consulenza tecnica richiesta, senza considerare che la finalità stessa del rendiconto e della consulenza tecnica consisteva nell'ottenere precise informazioni per l'esercizio di ulteriori diritti. Il motivo è infondato. L'ammissione della consulenza tecnica rientra infatti nei poteri discrezionali del giudice e il diniego della relativa richiesta può essere censurato nel giudizio di legittimità solo se, a differenza di quanto avvenuto nella fattispecie, non sia stato motivato Cass., 28 febbraio 2006, 4407 . L'impugnata sentenza ha comunque respinto la richiesta di c.t.u. data la natura esclusivamente esplorativa di quest'ultima e la mancanza di prove da parte di L F. . Con il settimo ed ultimo motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione di legge artt. 1710, 1713 e 2030 cod. civ. e norme correlate . Violazione e falsa applicazione di legge artt. 263, 264, 265, 266 cod. proc. civ. e norme correlate . Omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia”. Assume il ricorrente che la Corte ha errato nel ritenere legittimamente adempiuto l'obbligo di rendiconto, senza aver dato corso al relativo procedimento, nonostante lo stesso non fosse stato iniziato o legittimamente svolto dal giudice di prime cure. Il motivo è infondato. Emerge infatti dall'impugnata sentenza che il rendiconto presentato da A F. è sufficientemente analitico e corredato da adeguati documenti giustificativi, mentre L F. non ha presentato specifiche contestazioni di partite, essendosi limitato a generiche doglianze sul degrado dei terreni. Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere dunque rigettato, con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorario, oltre accessori come per legge.