No alla liquidazione in base alle tariffe professionali: la domanda è sbagliata

La Provincia recede dal contratto con 3 professionisti accordato l’equo compenso, niente da fare invece per la liquidazione in base alle tariffe professionali.

Anche perché i ricorrenti avevano chiesto l’applicazione della norma sul recesso art. 2237 c.c. solo in sede di legittimità Cass. sent. n. 19524/2012 depositata il 9 novembre . Il caso. La Provincia Regionale di Caltanisetta veniva citata in giudizio da 3 ingegneri perché, dopo aver conferito ai professionisti l’incarico di redigere il progetto esecutivo di completamento e del secondo stralcio funzionale di una strada e dopo la consegna degli elaborati, aveva revocato l’incarico sulla base di un presunto inadempimento degli stessi progettisti. Al tribunale veniva chiesto dunque di condannare la convenuta al pagamento di un equo compenso per l’opera professionale prestata e, in subordine, un’indennità per arricchimento. L’inadempimento è dei progettisti? Il tribunale rigettava la domanda dichiarando risolto il contratto per inadempimento dei progettisti, che avevano consegnato gli elaborati in ritardo e richiesto un compenso triplo rispetto al pattuito. La Corte d’appello adita dai 3 professionisti, invece, riformava la decisione di primo grado e condannava la Provincia al pagamento di 300mila euro in favore degli appellanti. Questione chiusa? Assolutamente no. I 3 ingegneri infatti, non ritenendosi soddisfatti dell’importo perché non era stato deciso sulla base della tariffa professionale e non comprendeva le spese, ricorrono per cassazione. Viene chiesta l’applicazione delle norme sul recesso 2237 c.c. e non di quelle sul recesso unilaterale del contratto art. 2227 c.c. . La Corte di Cassazione, dal canto suo, ha ritenuto i due motivi proposti privi di pregio e, nello specifico, ha sottolineato che gli stessi professionisti avevano chiesto, con l’originaria domanda, la corresponsione di un equo compenso” per l’opera svolta facendo chiaro riferimento all’art. 2227 c.c. e non all’art. 2237 c.c. che non prevede alcuna indennità, ma solo il compenso per l’opera” prestata . La S.C., in conclusione, ricorda che l’art. 2237 c.c. prevede una amplissima facoltà di recesso da parte del committente, ma questo è tenuto corrispondere il compenso per l’opera svolta al prestatore, mentre nessuna indennità è prevista per il mancato guadagno Cass. n. 14702/2007 . Il giudice, comunque sia, non poteva far riferimento all’art. 2237 c.c. perché mancava la corrispondente domanda delle parti, fatta solo in sede di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 ottobre – 9 novembre 2012, n. 19524 Presidente/Relatore Bursese Svolgimento del processo Con citazione notificato in data 29.4.96 gli ingegneri T.A. , V P. e M C. convenivano in giudizio la Provincia Regionale di Caltanissetta, esponendo che con delibera consiliare n. 711 del 12.7.89 era stato loro conferito dall'ente convenuto l'incarico di redigere il progetto esecutivo di completamento e del secondo stralcio funzionale della strada OMISSIS aggiungevano però che dopo la redazione e consegna degli elaborati, con delibera n. 1776 del 28.12.95 la stessa Giunta Provinciale aveva proceduto alla revoca dell'incarico sulla base di un presunto inadempimento di essi progettisti. Gli attori chiedevano pertanto in via principale la condanna della convenuta al pagamento di un equo compenso per l'opera professionale prestata e, in subordine un'indennità per indebito arricchimento. Si costituiva la Provincia e spiegava domanda riconvenzionale di condanna dei progettisti al risarcimento del danno conseguente al loro inadempimento. L'adito Tribunale di Caltanissetta con sentenza 11.12/21.12.98 rigettava sia la domanda degli attori che la riconvenzionale della convenuta, dichiarando risolto il contratto de quo per inadempimento dei progettisti in relazione al ritardato deposito degli elaborati progettuali e per avere redatto l'elaborato relativo al progetto esecutivo per un ammontare superiore di oltre il triplo rispetto all'importo convenuto con al provincia. La sentenza veniva appellata dal T. , dal P. e dagli eredi di C.M. , nelle more deceduto. L'adita Corte d'Appello di Caltanissetta, previo espletamento di CTU, con sentenza n. 292/05 depos. il 2.9.2005, in totale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda d'inadempimento avanzata dalla Provincia Regionale di Caltanissetta, e condannava quest'ultima al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 300.000,00 oltre le spese processuali. Riteneva la Corte non sussistere alcuna causa di risoluzione del contratto non essendo ipotizzabile alcun inadempimento dei professionisti nella redazione del progetto né il ritardo nella sua presentazione era ascrivibile a colpa dei progettisti, ma piuttosto al committente, e pertanto liquidava ad essi, a titolo di equo compenso, per l'opera svolta, in base ai criteri indicati dall'art. 2227 c.c. l'indicata somma di Euro 300.000,00, pari a Euro 100.000,00 per ciascun progettista. Per la cassazione della sentenza ricorrono il T. , il P. nonché gli eredi C. sulla base di n. 2 mezzi resiste con controricorso la Provincia Regionale di Caltanissetta. Motivi delle decisione 1 - Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell'art. 10 e 18 legge n. 143 del 1949 e degli artt. 2225, 2227, 2233 e 2337 c.c., nonché l'insufficiente motivazione. Gli esponenti censurano la sentenza impugnata per il richiamo all'art. 2227 c.c. in essa contenuto, sostenendo invece che nel caso in esame, sarebbe applicabile l'art. 2237 c.c. che disciplina il recesso del cliente del contratto di prestazione intellettuale norma speciale, applicabile al caso di specie di talché secondo i criteri ivi prevista, la Corte territoriale avrebbe dovuto liquidare le spese sostenute dai professionisti, ed il compenso ad essi spettante per l'opera svolta. L'indicato compenso pertanto doveva essere stabilito sulla base della tariffa professionale, almeno con riferimento all'importo originario del progetto. Invece il compenso liquidato è assai modesto né prevede alcun rimborso delle notevoli spese sostenute. 2 - Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 10 e 18 legge n. 143 del 1949 e artt. 2225, 2227, 2233 e 2337 c.c., nonché l'insufficiente motivazione della pronuncia del giudice distrettuale. In modo particolare si ritiene priva di motivazione la qualifica di indennizzo di tipo equitativo attribuita alla somma liquidata, nonché il quantum liquidato, da considerarsi arbitrario mancando ogni spiegazione in ordine ai criteri seguiti, che non copre neppure le spese sostenute dai professionisti. Entrambi i motivi - congiuntamente esaminati - non hanno pregio. Osserva invero il Collegio che sono stati gli stessi professionisti che hanno chiesto, con l'originaria domanda, la corresponsione di un equo compenso per l'opera svolta e in subordine l'indennità per indebito arricchimento facendo dunque chiaro riferimento all'art. 2227 c.c. e non all'art. 2237 c.c. che non prevede alcuna indennità, ma solo il compenso per l'opera prestata . Occorre invero dare atto che, come questa S.C. ha precisato, l'art. 2237 c.c. - nel consentire al cliente di recedere dal contratto di prestazione di opera intellettuale - ammette, in senso solo parzialmente analogo a quanto stabilito dall'art. 2227 c.c. per il contratto d'opera, la facoltà di recesso indipendentemente da quello che è stato il comportamento del prestatore d'opera intellettuale, ossia prescindendo dalla presenza o meno di giusti motivi a carico di quest'ultimo. Tale amplissima facoltà - che trova la sua ragion d'essere nel preponderante rilievo attribuito al carattere fiduciario del rapporto nei confronti del cliente - ha come contropartita l'imposizione a carico di quest'ultimo dell'obbligo di rimborsare il prestatore delle spese sostenute e di corrispondergli il compenso per l'opera da lui svolta, mentre nessuna indennità è prevista a differenza di quanto prescritto dal cit. art. 2227 cod. civ. per il mancato guadagno Cass. n. 14702 del 25/06/2007 . Ciò posto, occorre subito sottolineare che il giudice non poteva fare riferimento all'art. 2237 c.c. nella liquidazione del compenso che prevede un'ipotesi diversa e distinta di quella contemplata dall'art. 2227 c.c. , se non violando il precetto di cui all'art. 112 c.p.c., mancando la corrispondente domanda delle parti, a cui peraltro non era certamente consentito sollecitare l'applicazione di siffatta norma solo in sede di giudizio di legittimità. Peraltro neppure sussistono i vizi di motivazione denunciati, atteso che l'iter logico seguito dal giudice nel suo ragionamento, è tracciato in modo corretto e chiaro, ancorché succinto non è inutile ricordare che in ogni caso nel giudizio diretto a stabilire l'equa indennizzo il giudice ha solo l'obbligo di rendere comprensibile il procedimento logico-intuitivo seguito per determinare la regola equitativa e di verificare che essa non si ponga in contrasto con i principi sottesi alla disciplina legislativa. v. Cass. n. 14611 del 23/06/2009 . Ciò è appunto quanto ha fatto il giudice distrettuale che richiamando l'art. 2227 ex., ha tenuto conto degli accertamenti del CTU a cui ha fatto rinvio ed ha fatto puntuale riferimento all'onorario che sarebbe spettato ai progettisti dalla realizzazione dei lavori previsti e non eseguiti .e dell'importo originario dell'incarico progettuale . Peraltro occorre pure rilevare, infine, che le contestazioni dei ricorrenti in buona sostanza rimangono nell'ambito della mera genericità sia per quanto riguarda il compenso professionale preteso ove fosse applicabile l'art. 2237 c.c. , sia per le spese sostenute. Conclusivamente il ricorso dev'essere rigettato. Per il principio della soccombenza le spese processuali sono poste a carico dei ricorrenti. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 8.100,00, di cui e 8.000,00 per onorario, oltre accessori come per legge.