La caldaia fa cilecca: tra committente e appaltatore cala il gelo

L’appaltatore è tenuto a realizzare l’opera o il servizio attenendosi alle buone regole della prudenza e dell’arte, per cui va ravvisto l’inadempimento dell’appaltatore per aver realizzato una installazione che si è rivelata inidonea all’uso cui era destinata, in assenza della prova della impossibilità dell’adempimento per causa non addebitabile allo stesso esecutore.

La sentenza qui in commento, della Seconda Sezione civile della Cassazione 30 ottobre 2012, n. 18654 , si è occupata di un tema piuttosto classico la responsabilità dell’appaltatore. Il caso è interessante perché dimostra che non sempre essere troppo zelanti è alla lunga conveniente fuor di metafora, ecco cosa era successo. La vicenda . Veniva stipulato un contratto di appalto avente ad oggetto l’esecuzione di lavori finalizzati a rendere autonomi gli impianti di riscaldamento di due piani dell’abitazione del committente. Tuttavia, in aggiunta e su sollecitazione dell’appaltatore, il committente acconsentiva alla sostituzione della caldaia, peraltro ancora funzionante. Ma al primo freddo intenso, la nuova caldaia manifestava malfunzionamenti gelo nei locali, ma rapporti tra le parti incandescenti. In questo quadro, l’appaltatore agiva in via monitoria, ottenendo un decreto ingiuntivo che immancabilmente veniva opposto dal committente. All’esito del giudizio di opposizione il Tribunale confermava le pretese dell’appaltatore, ma la Corte d’Appello riformava detta decisione. Secondo i giudici di secondo grado, diversi elementi fattuali tra cui una rilevata insufficiente pressione di alimentazione del gas dipendente da carenze nella rete di distribuzione nei periodi più freddi dell’anno , avrebbero dovuto indurre l’appaltatore a proporre ed installare un tipo di caldaia diverso a gasolio o a legna rispetto a quella a gas da ultimo effettivamente utilizzata. Per cui, l’appaltatore non avrebbe rispettato le buone regole della prudenza e dell’arte. La controversia veniva portata in Cassazione che, per le ragioni appresso indicate, finirà per confermare la sentenza d’appello. La scarsa pressione di alimentazione nella rete di distribuzione del gas metano aspetto che l’appaltatore doveva valutare . La Suprema Corte ribadisce la bontà della decisione impugnata per aver correttamente ritenuto che l’appaltatore non si è attenuto alla regola della prudenza e dell’arte per non essersi astenuto - in ragione della già menzionata insufficiente pressione di alimentazione nella rete di distribuzione del gas metano e quindi in considerazione della impossibilità di assicurare un impianto funzionante anche in caso di freddo intenso -, dall’installazione della caldaia oggetto di controversia. Infatti, secondo i giudici di legittimità, sulla scorta delle accertate situazioni concrete, l’appaltatore avrebbe dovuto suggerire ed optare per l’installazione di un diverso tipo di caldaia, in grado di poter funzionare correttamente alla pressione minima riscontrata. Ma l’appaltatore, anziché valutare questi aspetti garantendo così in definitiva una piena fruizione al committente dell’impianto di riscaldamento oggetto di appalto, li ha imprudentemente sottovalutati. L’appaltatore doveva astenersi dalla realizzazione di un’opera affetta dai vizi riscontrati. Secondo l’appaltatore ricorrente in Cassazione, i giudici di secondo grado avevano errato per non aver adeguatamente valutato il precetto fissato dall’art. 1176 Diligenza nell'adempimento codice civile, a tenore del quale, nell'adempiere l'obbligazione, il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Inoltre, nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata. Profili, come detto, non valorizzati adeguatamente dalla Corte d’appello, beninteso nell’ottica del ricorrente. Ebbene, secondo i giudici di Piazza Cavour, la sentenza di secondo grado aveva invece correttamente ravvisato l’inadempimento dell’appaltatore nell’aver questi realizzato una installazione che si è manifestata inidonea all’uso cui era destinata, senza che potesse individuarsi una impossibilità dell’inadempimento dovuta a causa non addebitabile allo stesso. In definitiva sul punto, secondo i giudici di legittimità, l’appaltatore avrebbe dovuto astenersi dalla realizzazione di un’opera affetta dai vizi riscontrati. Il principio sotteso al caso esaminato l’obbligazione di risultato cui è tenuto l’appaltatore. In definitiva, anche se invero la decisione qui in commento non cita espressamente dei precedenti specifici al riguardo, sembra che la Suprema Corte abbia in buona sostanza ribadito il principio per cui in tema di contratto di appalto la responsabilità dell' appaltatore per i vizi dell'opera sussiste ancorché essi siano riconducibili ad una condizione posta in essere da un terzo, essendo invero questi tenuto verso il committente, per aver assunto un'obbligazione di risultato e non di mezzi, a realizzare l'opera a regola d'arte e rispondendo anche per le condizioni imputabili allo stesso committente o a terzi se, conoscendole o potendole conoscere con l'ordinaria diligenza, non le abbia segnalate all'altra parte, né abbia adottato gli accorgimenti opportuni per far conseguire il risultato utile Cassazione civile, sez. II, 18 maggio 2011, n. 10927 .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 maggio - 30 ottobre 2012, n. 18654 Presidente Schettino – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - C.C. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Monza, sezione di Desio, su ricorso di Z.L. , titolare della ditta individuale omonima, per il pagamento della somma di lire 26.250.240 quale corrispettivo dei lavori idraulici eseguiti a suo favore. Osservò l'opponente di aver commissionato allo Z. l'esecuzione dei lavori per rendere autonomi gli impianti di riscaldamento dei due piani della sua abitazione, e che su consiglio e insistenza dello stesso Z. aveva deciso di sostituire la caldaia, ancora funzionante. Lamentò che la nuova caldaia, nonostante l'elevato costo, non aveva funzionato correttamente, e che lo Z. non aveva neanche reso indipendenti gli impianti dei due piani della sua abitazione. 2. - Dopo la concessione della provvisoria esecuzione del decreto, la opposizione venne respinta con sentenza impugnata dal C. . 3. - Con sentenza depositata il 21 luglio 2006, la Corte d'appello di Milano, in riforma della decisione impugnata, condannò lo Z. al pagamento in favore del C. della somma di Euro 3000,00, con gli interessi di legge dalla data della sentenza sino al pagamento, oltre ad Euro 269,79 con gli interessi di legge dai singoli esborsi. Respinta la eccezione dell'appellato - secondo la quale il C. sarebbe decaduto dal diritto di far valere i vizi per aver lamentato gli inconvenienti de quibus solo il 7 febbraio 2000, e cioè oltre due mesi dopo il collaudo della caldaia, eseguito il 3 dicembre 1999 - sul rilievo che i vizi in questione potevano manifestarsi solo con punte di consumo e di freddo, sicché il C. non avrebbe potuto averne consapevolezza prima dell'8 dicembre 1999, e che il contratto stipulato tra le parti doveva qualificarsi come appalto e non compravendita, avendo ad oggetto non già un dare, ma un tacere, consistente nell'esecuzione dei lavori termoidraulici, osservò il giudice di secondo grado che l'impossibilità di assicurare un servizio di riscaldamento adeguato anche nell'ipotesi di freddo intenso - emersa dalla c.t.u. svolta in primo grado, che aveva accertato che il non corretto funzionamento della caldaia era dipeso dalla insufficiente pressione di alimentazione del gas riconducibile a carenze della rete di distribuzione nei periodi più freddi dell'anno, nei quali si registrano punte di consumo - avrebbe dovuto indurre lo Z. ad installare la caldaia a gas, ma una caldaia di tipo diverso, a gasolio o a legna, come aveva fatto nella sua abitazione. Pertanto, non essendosi attenuto alle buone regole della prudenza e dell'arte, egli era tenuto a corrispondere al C. la somma corrispondente al minor valore della caldaia, oltre a quella di Euro 269,79, corrispondente a quella versata dal C. per uno specchio mai fornito e per tre leve di rubinetti ed un flessibile, pagati nonostante fossero in dotazione al materiale acquistato, oltre agli interessi di legge. 4. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre lo Z. sulla base di quattro motivi, illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso il C. , che ha proposto altresì ricorso incidentale. Motivi della decisione 1. - Deve, preliminarmente, procedersi, ex art. 335 cod.proc.civ., alla riunione dei ricorsi siccome proposti nei confronti della medesima sentenza. 2.1. - Con il primo motivo del ricorso principale, si deduce violazione degli articoli 1218 e 2697 c.c. e 115 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c. n. 3 su un punto decisivo della controversia relativo all'onere della prova per cui la motivazione posta a base della decisione impugnata non è lineare e coerente, né immune da vizi logici e giuridici ”. Sostiene il ricorrente che nel processo sarebbe stata raggiunta la prova che la inesatta esecuzione della sua prestazione fu dovuta a causa a lui non imputabile, rinvenibile nel mancato aumento della pressione del gas sulla rete, addebitatale all'Ente erogatore. Né risponderebbe al vero che egli abbia installato nella propria abitazione una caldaia a gasolio ed una a legna circostanza, codesta, affermata dal C. ed acriticamente recepita dalla Corte di merito. 2.2.- La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366-bis cod.proc.civ., abrogato ma applicabile nella specie ratione temporis Accerti la Corte se la sentenza impugnata abbia violato gli artt. 1218 c.c. nonché l'art. 2697 attribuendo al ricorrente una responsabilità per l'inesatta o viziata esecuzione della prestazione che è stata determinata da impossibilità derivante da causa a lui non imputabile ma addebitabile a responsabilità di un terzo ”. 3.1. - La censura è destituita di fondamento. 3.2, - A prescindere dal rilievo che, al di là della dedotta violazione di legge, essa sembra piuttosto sostanziarsi nella doglianza relativa ad un presunto difetto di motivazione in ordine alla causa della non corretta esecuzione della prestazione da parte dell'attuale ricorrente, risultando dunque affetta da una certa incoerenza, deve rilevarsi comunque che nessun errore può essere addebitato alla Corte di merito nella parte della sentenza impugnata in cui ha escluso l'avvenuta dimostrazione della esclusione della attribuibilità della responsabilità dell'inadempimento allo Z. . Al contrario, essa ha correttamente ritenuto che questi non si sia attenuto alle regole della prudenza e dell'arte, non essendosi astenuto, in considerazione della insufficiente pressione di alimentazione del gas, e, quindi, della impossibilità di assicurare un impianto funzionante anche in caso di freddo intenso, dalla installazione della caldaia in questione, provvedendo alla installazione di una diversa caldaia, in gradi di poter funzionare correttamente alla pressione minima riscontrata. E ciò, dunque, a prescindere dalla circostanza che l'Ente erogatore potesse o no provvedere all'aumento della pressione del gas. 4.1. - Con la seconda censura, si denuncia violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. ovvero omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine alle valutazioni della c.t.u. di primo grado i cui contenuti sarebbero stati ignorati dalla Corte d'appello. Avrebbe errato la Corte di merito nel porre a base del proprio convincimento in ordine all'inadempimento dello Z. le risultanze della c.t.u., dalle quali sarebbe emersa la possibilità di reperimento sul mercato di caldaie a gas in grado di funzionare a temperature basse, laddove, in realtà, tale affermazione, fatta dal consulente in un primo tempo, era stata successivamente smentita dallo stesso, il quale aveva precisato che una caldaia tradizionale avrebbe potuto funzionare anche a basse temperature, ma non garantire il rispetto dei limiti delle emissioni inquinanti. 4.2. - La esposizione della censura si completa con la formulazione del seguente quesito di diritto Accerti la Corte se la sentenza impugnata è incorsa nel vizio di omessa motivazione avendo completamente omesso di considerare le dichiarazioni del c.t.u. chiamato a chiarimenti all'udienza del 15/10/2002 ”. 5.1. - La doglianza è infondata. 5.2. - La Corte ambrosiana ha statuito sulla non correttezza della installazione della caldaia, il cui funzionamento stato, infatti, difettoso. Le ulteriori considerazioni in ordine alla possibilità di funzionamento di un diverso impianto, non assumono rilievo decisivo ai fini della decisione sulla responsabilità dell'appaltatore, anche se - va pur ricordato - risulta incontestato che la precedente caldaia a gas di cui. era in possesso il C. era perfettamente funzionante. Peraltro, la Corte di merito ha sottolineato anche la possibilità di ricorrere a combustibili alternativi al gas gasolio o legna . 6.1. - Con il terzo motivo, si deduce violazione dell'art. 1176 cod.civ. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo del contenuto della diligenza richiesta all'appaltatore. Si lamenta la mancata esplicitazione da parte del giudice di secondo grado del grado di diligenza imposto all'appaltatore, atteso che nemmeno le consulenze, ivi compresa quella di parte, erano riuscite a pervenire ad una soluzione tecnica sicura in ordine alla individuazione di altra caldaia con alimentazione a gas adeguata. 6.2. - La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto Accerti la Corte se la sentenza impugnata, non avendo minimamente motivato in che modo lo Z. avesse violato l'obbligo di diligenza di cui all'art. 1176 c.c., sia incorsa in difetto assoluto di motivazione o abbia comunque errato nell'interpretazione di detta norma ”. 7.1. - La censura è destituita di fondamento. 7.2. - Come chiarito nel corso dell'esame delle precedenti censure, la Corte ha correttamente ravvisato l'inadempimento dell'appaltatore nell'aver realizzato una installazione che si è rivelata inidonea all'uso cui era destinata, senza che potesse individuarsi una impossibilità dell'adempimento dovuta a causa non addebitatale allo stesso. Il quale avrebbe dovuto astenersi dalla realizzazione di un'opera affetta dai vizi riscontrati. Il rilievo relativo alla difficoltà di scelta di un'altra caldaia, adeguata alla situazione, rimane, dunque, sostanzialmente estraneo alla effettiva area della responsabilità dello Z. , indipendentemente dalle ulteriori considerazioni del giudice di secondo grado sulla possibilità di suggerire al committente l'utilizzazione di una caldaia di tipo diverso o diversamente alimentata considerazioni, peraltro, fondate su dati notori. 8.1. - Con il quarto motivo si deduce difetto di motivazione per omesso esame di documenti fattura n. OMISSIS della ditta Z.L. e documento allegati dalla difesa dello Z. in primo grado con il n. 10 e 11 la cui valutazione è decisiva ai fini dell'accertamento di fatti rilevanti per la decisione ex art. 360 n. 5 c.p.c. ”. Avrebbe errato la Corte di merito nel condannare lo Z. al pagamento della somma di Euro 269,79, corrispondente al pagamento da parte del C. in suo favore di lire 370.000 per uno specchio mai fornito e di lire 152.400 per tre leve di rubinetti ed un flessibile in dotazione al materiale acquistato. Ciò in quanto la voce relativa allo specchio non risulterebbe contabilizzata nella predetta fattura n. XX, che fu alla base del decreto ingiuntivo opposto. Per quanto riguarda le leve, poi, esse non sarebbero in dotazione, tant'è che furono ordinate separatamente. Né la c.t.u. si era pronunciata sul punto. 8.2. - La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto Accerti la Corte se la sentenza impugnata è incorsa nel vizio di omessa e/o contraddittoria motivazione avendo omesso di valutare la fattura del ricorrente che era posta a base del d.i. che ha originato la ed i documenti riportanti listino prezzi e cataloghi allegati in primo grado come documenti 10 e 11 ”. 9.1. - Anche tale censura risulta infondata. 9.2. - La Corte di merito ha adeguatamente motivato la propria decisione in parte qua, facendo riferimento alla mancata specifica contestazione dell'avvenuto pagamento da parte del C. delle somme indicate nel mezzo. 10.1. - Passando all'esame del ricorso incidentale, con l'unico motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione applicazione degli artt. 99 c.p.c., 112 c.p.c., 277 c.p.c. in quanto la Corte d'appello di Milano ha statuito, errando, che il sig. C. non ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo opposto e per non aver altresì statuito sulle spese della c.t.u. ”. Alla luce delle conclusioni rassegnate dal C. , la Corte di merito avrebbe dovuto, invece, revocare il decreto opposto con ogni consequenziale provvedimento anche in ordine alle spese dello stesso. In tema di spese, inoltre, il giudice di secondo grado avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine alle spese di c.t.u. che, in applicazione del principio della soccombenza, avrebbero dovuto essere poste a carico dello Z. . 10.2. - La illustrazione del motivo si conclude con la illustrazione del seguente quesito di diritto Se avendo Corte d'appello di Milano omesso di pronunciarsi sulla revoca del decreto ingiuntivo e sulle spese della c.t.u. abbia violato gli artt. 99 c.p.c., 112 c.p.c., 277 c.p.c. ”. 11.1. - Il motivo è infondato. 11.2. - In ordine alla mancata revoca del decreto ingiuntivo, è sufficiente considerare che la domanda di revoca era stata all'evidenza formulata in via subordinata, e che in primis il C. aveva chiesto l'accertamento della responsabilità dello Z. per i difetti lamentati, e, quindi, la determinazione del minor valore delle opere realizzate e la condanna dello stesso Z. alla restituzione delle somme versategli dal C. in eccedenza rispetto al reale valore delle opere. Se mai, dunque, il ricorrente incidentale avrebbe dovuto censurare la erronea interpretazione da parte della Corte di merito delle conclusioni rassegnate dalla sua difesa. 11.3. - Quanto alla denunciata omessa pronuncia sulle spese della c.t.u., questa Corte ha già affermato - e il Collegio intende ribadire - che, in tema di condanna alle spese processuali e con riferimento agli esborsi sostenuti dalle parti per consulenze, mentre la mancata determinazione nella sentenza del compenso spettante al consulente tecnico d'ufficio integra un mero errore materiale per omissione, suscettibile di correzione da parte del giudice d'appello con riferimento all'importo della liquidazione effettuata in favore del consulente, non è possibile disporre la condanna del soccombente al pagamento delle spese relative ad una consulenza di parte, in mancanza di prova dell'esborso sopportato dalla parte vittoriosa Cass., sent. n. 2605 del 2006 . 12. - Conclusivamente, vanno rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale. Nella reciproca soccombenza le ragioni della compensazione integrale tra le parti delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.