L’eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile con l’eccezione di inesatto adempimento

L’eccezione di prescrizione presuntiva di cui all’art. 2959 c.c. è incompatibile con qualsiasi condotta del debitore che importi, sia pure implicitamente, l’ammissione in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta.

Questo il principio espresso dalla Cassazione, con la pronuncia n. 17275, depositata il 10 ottobre 2012, in linea con il pregresso orientamento dei giudici di legittimità, per il quale non è possibile invocare il decorso della presunzione presuntiva qualora, invece, nel corso del giudizio, vengono poste in essere azioni o eccezioni che presuppongono, per contro, la permanenza dell’obbligazione e, quindi, la mancata estinzione della stessa. Il caso. La vicenda dal quale prende origine la sentenza in questione prende avvio dalla richiesta di adempimento promossa dal cessionario del credito relativo alla gestione della contabilità di un professionista. Questi, in primo grado, proposta l’eccezione di prescrizione presuntiva, si vede riconosciuto vittorioso nei confronti di tale decisione promuove appello il cessionario del credito, sostenendo che, nelle proprie difese di merito, il debitore aveva eccepito l’inadempimento dell’originario creditore, affermando che la prestazione pattuita non era stata correttamente eseguita. Tale considerazione viene ritenuta dalla Corte di appello come incompatibile con l’eccezione di prescrizione presuntiva, che invece presuppone che il pagamento sia stato effettuato o che la prestazione si sia in qualche modo estinta ma non che vi sia contestazione sull’adempimento delle prestazione e, quindi, sul relativo pagamento. Tale decisione viene peraltro confermato dalla Cassazione, che si richiama, in proposito, al proprio consolidato orientamento in materia. La prescrizione come e perché . Nell’ordinamento italiano, come in altri ordinamenti stranieri, il decorso del tempo ha una notevole incidenza sull’effettività della tutela giurisdizionale, in quanto, ai sensi dell’art. 2934 c.c., i diritti si estinguono per prescrizione in altri termini, l’effetto estintivo del diritto trova il suo presupposto e la sua causa nella inerzia del titolare, protratta per un certo di periodo di tempo senza che venga esercitato il diritto del quale il soggetto era titolare. La ratio di tale disposizione risiede, fondamentalmente, nell’esigenza di certezza del diritto, in quanto il mancato esercizio, per un tempo prolungato, del diritto da parte del titolare, induce i consociati al convincimento che il diritto non sussista più e che, del pari, il titolare non possa più esercitarlo. Non tutti i diritti si prescrivono . Alcuni diritti, per il loro particolare contenuto, non sono soggetti a prescrizione, il che significa che il titolare non ne perde la disponibilità in caso di mancato esercizio anche per un lungo tempo. In particolare, sono infatti imprescrittibili gli status ovvero, di figlio, di coniuge ed i diritti indisponibili quali i diritti della persona ad esempio nome, onore, dignità, riservatezza . Tra i diritti a contenuto patrimoniale, è imprescrittibile il diritto di proprietà In particolare la prescrizione presuntiva . In relazione ad alcuni diritti di credito si riferiscono le presunzioni brevi, che prevedono, appunto, termini brevi rispetto alla prescrizione ordinaria, trascorsi i quali legge presume che il debito sia stato pagato o si sia estinto per altre cause. La prescrizione presuntiva si differenzia dalla prescrizione breve in quanto il termine di prescrizione rimane sempre quello ordinario, ma con la differenza che, trascorso il termine breve indicato dalla legge, il diritto si presume soddisfatto, salva, come vedremo, la possibilità per il creditore di dimostrare che, invece, la prestazione non è stata adempiuta. La prescrizione presuntiva e la condotta del debitore casi di incompatibilità dell’eccezione . Il decorso del termine non è comunque garanzia che il creditore non possa più rivendicare, in attuazione del meccanismo previsto dalla disciplina della prescrizione presuntiva, il proprio credito e l’adempimento della prestazione da parte del debitore. Anche se il debitore, infatti, ha proposto l’eccezione di prescrizione presuntiva, tale presunzione è incompatibile, a norma dell’art. 2959 c.c., con qualunque comportamento del debitore che configuri, direttamente o indirettamente, riconoscimento della mancata estinzione dell’obbligazione dedotta dal creditore come, ad esempio, nel caso di specie, dove viene sollevata l’eccezione di inesatto adempimento detta eccezione, pertanto, non può essere opposta dal debitore che contesti l’esistenza dell’obbligazione ovvero sostenga di averla estinta con il versamento di somma minore di quella domandata. L’ammissione in giudizio della non avvenuta estinzione dell’obbligazione che, ai sensi dell’art. 2959 c.c., produce il rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva, può avvenire anche per comportamento concludente e può provenire anche dall’erede del debitore. Diverso, invece, in caso di ammissione sulla non estinzione del credito effettuata fuori dal giudizio in tal caso non costituisce motivo di rigetto dell’eccezione, ai sensi dell’art. 2959 c.c., l’ammissione da parte del debitore che l’obbligazione non è stata estinta, qualora la stessa sia stata fatta fuori del giudizio, valendo essa, in questo caso, solo ad interrompere il corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c. Eccezione di prescrizione presuntiva e condotta del debitore come valutarla? Come del resto ben evidenziato nella sentenza in commento, l’indagine sul contenuto e sul significato delle dichiarazioni della parte o del suo comportamento processuale , al fine di stabilire se importino o meno ammissione della non avvenuta estinzione del debito agli effetti dell’art. 2959 c.c., dà luogo ad un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Le deduzioni con le quali il debitore, ferma restando la originaria esistenza del debito, assume che il debito sia stato pagato o sia comunque estinto non rendono inopponibile l’eccezione di prescrizione presuntiva, perché non sono incompatibili con la presunta estinzione del debito per decorso del termine, ma ad essa aderiscono e la confermano. La presunzione presuntiva l’onere del creditore . In tema di prescrizione presuntiva, mentre il debitore, come visto, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore, ai sensi dell’art. 2960 c.c., ha comunque la possibilità di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è stata estinta.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 luglio - 10 ottobre 2012, n. 17275 Presidente Schettino – Relatore Scrima Svolgimento del processo P.D.F.M. conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Roma, l'arch. S.G. per sentirlo condannare al pagamento in suo favore della somma di L. 3.069.280, oltre interessi legali dall'1.1.1997. A fondamento della proposta domanda l'attore esponeva che il convenuto aveva sottoscritto, in data 1.10.1989, un contratto di elaborazione dati con la M. e M. s.n.c. di M N. , in base al quale quest'ultima avrebbe provveduto, tra l'altro, alla gestione della contabilità del professionista che, a sua volta, avrebbe dovuto corrispondere dalla data di stipula del contratto la somma mensile di L. 100.000 il convenuto improvvisamente e senza addurre motivazioni aveva smesso di corrispondere il dovuto con atti di cessione del credito del 10.7.1996 e del 23.3.2000, notificati al debitore ceduto, il credito in parola era stato ceduto rispettivamente dalla M. e M. s.n.c. di M N. in liquidazione alla Omnidata s.a.s. di P.D.F.M. e da quest'ultima all'attore. Si costituiva il convenuto che eccepiva l'intervenuta prescrizione del credito ai sensi dell'art. 2956 cod. civ., non essendo state le cessioni dette a lui notificate, e l'inadempimento dell'attore con conseguente richiesta di risoluzione del contratto già comunicata nel 1994 e nel 1996. Con sentenza del 5.12.2002, il Giudice di pace di Roma, accogliendo l'eccezione di prescrizione, rigettava la domanda. Il soccombente proponeva gravame avverso tale sentenza. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 27 maggio 2005, ritenuta l'applicabilità nel caso all'esame della norma di cui all'art. 2956 n. 2 cod. civ., avendo il contratto posto a fondamento della pretesa in lite ad oggetto un'attività di squisita valenza professionale , e ritenuto, altresì, che, con la deduzione dell'inadempimento della controparte, S.G. aveva ammesso che il debito non era stato estinto, accoglieva l'appello e condannava l'appellato al pagamento in favore dell'appellante della somma di Euro 1.585,15, oltre interessi, nonché alle spese del doppio grado di giudizio. Avverso la sentenza del Tribunale S.G. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso P.D.F.M. . Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2959 cod. civ. in relazione all'art. 1453 cod. civ. e violazione dell'art. 2956 cod. civ. , il ricorrente lamenta che il giudice di merito abbia erroneamente posto a fondamento della decisione il principio secondo cui l'eccezione ex art. 2959 cod. civ. deve essere respinta qualora siano proposte, in via alternativa o subordinata, altre eccezioni o difese inconciliabili con la validità o l'esistenza originaria dell'obbligazione, non avendo egli mai ammesso di non aver onorato l'obbligazione di pagamento, evidenziando che la massima relativa alla sentenza di questa Corte n. 1149 del 1981, cui il Tribunale aveva fatto riferimento, era stata riportata solo in parte e non era applicabile al caso di specie, non avendo egli mai eccepito l'inadempimento del creditore opponendo la compensazione con il credito per il risarcimento dei danni conseguente al detto inadempimento. 2. Con il secondo motivo, dolendosi dell'omessa e insufficiente motivazione, il ricorrente deduce che il Tribunale non ha considerato che il professionista aveva manifestato la volontà di risolvere il contratto, il che comportava l'esatto adempimento da parte di chi invocava la risoluzione. Inoltre - ad avviso dello S. - il giudice di merito avrebbe ritenuto che il ricorrente non aveva adempiuto l'obbligazione in ragione della tipologia del contrato in parola sulla base di mere considerazioni non fondate su prove né supportate da idonee e valide argomentazioni giuridiche. 3. I due motivi possono essere congiuntamente esaminati e sono entrambi infondati. Risulta corretta, infatti, l'individuazione dell'ambito applicativo della norma di cui all'art. 2959 cod. civ. operata dal Giudice del merito, posto che l'eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile con qualsiasi comportamento del debitore che importi, sia pure implicitamente, l'ammissione in giudizio che l'obbligazione non è stata estinta Cass. 5 aprile 2006, n. 7883 . Nella specie il Tribunale, in sede di appello, ha esaminato gli scritti difensivi in primo grado dell'attuale ricorrente e, evidenziando che S.G. , nel contestare la pretesa di pagamento nel merito, aveva dedotto l'inadempimento dell'attore, per essere la contabilità tenuta dalla controparte non priva di lacune, e, proprio in ragione di tali premesse, aveva chiesto il rigetto della domanda, ha ritenuto le argomentazioni del convenuto, attuale ricorrente, incompatibili con l'avvenuto integrale pagamento del debito inoltre, il Giudice del merito ha esaminato la specifica regolamentazione con cui le parti del contratto hanno regolamentato il rapporto e, in ragione di tale scrutinio, ha ritenuto che il pagamento del corrispettivo, previsto a scadenza bimestrale, doveva seguire e non precedere la prestazione della controparte, sicché l'aver invocato la risoluzione del contratto per inadempimento, non postulava - come invece sostiene il ricorrente — che il committente avesse già corrisposto gli importi di cui il professionista aveva chiesto il pagamento. Né la censura sollevata in relazione al risultato cui é pervenuto il predetto Giudice a conclusione dell'operazione ermeneutica espletata coglie nel segno, essendo priva dell'indicazione specifica di eventuali vizi logici tali che possano effettivamente inficiare il percorso argomentativo seguito dal Giudice dell'appello il quale ha ritenuto, con motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, che le argomentazioni difensive, in concreto dispiegate dall'attuale ricorrente, compreso il dedotto inadempimento della controparte, implicassero l'ammissione implicita del mancato integrale pagamento del credito vantato ex adverso. Si osserva al riguardo che, secondo l'orientamento di questa Corte, cui va data continuità, l'indagine sul contenuto delle dichiarazioni della parte o sul comportamento processuale della stessa, al fine di stabilire se importino o meno ammissione della non avvenuta estinzione del debito agli effetti dell'art. 2959 cod. civ., da luogo ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congniamente motivato sulle ragioni all'uopo adottate dal Giudice del merito in quanto confacenti Cass. 16 ottobre 2006, n. 22118 . 4. Conclusivamente ritiene questa Corte che il Giudice del merito ha applicato correttamente l'art. 2959 cod. civ. in base ad un accertamento di fatto non censurabile in cassazione in quanto congruamente, motivato. 5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. 6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00, per esborsi, oltre spese generali ed altri accessori di legge.