Il parere dell’Ordine basta per il pagamento della parcella

Parere dell’Ordine e prova testimoniale posson bastare al professionista per ottenere il compenso.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14726/2012, depositata il 30 agosto. Il caso. Il cliente di un commercialista presentava opposizione al decreto ingiuntivo che il professionista aveva ottenuto al fine di recuperare il pagamento delle parcelle fatturate nell’arco di alcuni anni di lavoro. Il cliente, dopo che il Tribunale - visto il parere positivo dell’Ordine dei Commercialisti sull’ammontare del compenso richiesto - aveva respinto l’opposizione sulla base di alcune testimonianze, presenta ricorso per cassazione. Il parere dell’Ordine e la prova testimoniale fanno pagare il cliente. La S.C., però, non si discosta dalla decisione dei giudici di merito. Infatti, rileva che la Corte di merito, con adeguata e corretta motivazione, ha ritenuto che l’entità e la natura delle prestazioni effettuate dal professionista risultavano provate non solo dalla valutazione di congruità espressa dal Consiglio dell’Ordine dei Commercialisti sulla relativa parcella, ma anche dalla prova testimoniale . Inoltre, il ricorrente non ha mosso alcuna censura contro il parere dell’Ordine. Questione chiusa, insomma. E, ora, dovrà liquidare i compensi al commercialista.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 luglio – 30 agosto 2012, n. 14726 Presidente Felicetti – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione 24.7.89 C.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo 27.6.89, emesso dal Presidente del Tribunale di Brindisi, su ricorso di E.R. , con cui gli era stato ingiunto il pagamento della somma di L. 6.782.392, oltre interessi legali, per prestazioni professionali rese dal 1986 al 1989. L'opponente assumeva la nullità del decreto ingiuntivo per difetto dei necessari presupposti e la infondatezza della domanda,avendo l'E. ricevuto il compenso pattuito di L. 480.000 per le sue prestazioni. L'E. , costituitosi, rilevava che la parcella riguardava le prestazioni relative agli anni 1987-1989, con esclusione del 1986 e contestava di aver ricevuto pagamenti,salvo quello di L. 240.000 relativo al 1 semestre 1986. Con sentenza 28.9.2002 il Tribunale di Brindisi revocava il decreto ingiuntivo opposto, condannando il C. al pagamento della minor somma di Euro 2.565,76 oltre agli interessi legali ed alla rifusione delle spese processuali. Avverso tale sentenza il C. proponeva appello cui resisteva l'E. . Con sentenza depositata il 31.3.2005 la Corte di Appello di Lecce rigettava l'appello condannando l'appellante al pagamento delle spese processuali del grado. Osservava la Corte di merito che non era provata l'asserita determinazione convenzionale del compenso spettante all'E. e che lo stesso aveva, invece, provato, attraverso le testimonianze assunte, la natura ed entità delle prestazioni professionali svolte nonché gli elementi per calcolare il tempo impiegato per la loro esecuzione, riguardante la chiusura trimestrale della contabilità in funzione della liquidazione dell'IVA, la registrazione delle fatture e compilazione del modello 740, con riferimento alle molteplici attività dell'appellante gestione di un istituto di vigilanza e di stazioni di servizio, commercio di armi, di mobili e di gas in bombole ecc doveva, quindi, ribadirsi la valutazione di congruità dell'importo richiesto con la parcella, anche in base al parere sul punto espresso dal Consiglio dell'Ordine dei Commercialisti, non contestato dall'appellante , tenuto conto del grado di difficoltà tecnico-professionale correlato alle specifiche prestazioni dedotte in parcella, nonché delle risultanze della prova testimoniale . Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il C. formulando due motivi. Il resistente non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Il ricorrente deduce 1 violazione e falsa applicazione dell'art. 2233, 2727 e 2729 c.c. dell'art. 5 e 16 D.P.R. 22.10.1973 n. 936 e degli artt. 115 e 116 c.p.c. difetto, insufficienza e contraddittorietà di motivazione la Corte d'Appello, disapplicando dette norme, si era limitata ad affermare che dalla fattura, emessa per le prestazioni rese dall'E. nel 1986, non poteva desumersi la prova sulla determinazione convenzionale del compenso a lui spettante l'incarico professionale conferito era stato di lunga durata ed aveva riguardato prestazioni rimaste nel corso degli anni pressoché immutate la circostanza che l'E. avesse richiesto ed ottenuto, per il primo semestre del 1986, un onorario di L. 240.000, senza avanzare ulteriori pretese con riferimento a quel periodo, costituiva un elemento base da cui desumere, presuntivamente, la prova di un accordo in ordine all'ammontare complessivo del compenso annuo 2 violazione e falsa applicazione dell'art. 2233-2236-2237 c.c. degli artt. 115-116 e 645 c.p.c., degli artt. 16 e 18 D.P.R. n. 936/73 difetto, insufficienza e contrad-dittorietà di motivazione, laddove il giudice di appello aveva considerato il parere espresso dal Consiglio dell'Ordine dei Dottori Commercialisti idoneo ad asseverare la congruità delle somme pretese rispetto alle tariffe professionali vigenti, benché tale parere non comportasse una presunzione di verità circa l'effettiva esecuzione delle attività professionali e del tempo impiegato l'E. avrebbe dovuto dimostrare le prestazioni effettivamente eseguite e, soprattutto, il numero delle ore impiegate per espletarle la fattura n. XX del per L. 240.000 non poteva, peraltro, non assumere rilevanza nella liquidazione del compenso effettuata dal Giudice ai sensi dell'art. 2233 c.c Rileva, preliminarmente, il Collegio che sebbene il ricorso risulti notificato all'intimato personalmente, anziché al difensore presso cui lo stesso aveva eletto domicilio, non si ravvisa la necessità di provvedere alla rinnovazione della notifica, essendo il ricorso manifestamente infondato. Il principio costituzionale di ragionevole durata del processo impedisce, infatti, al giudice di adottare provvedimenti che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino inutilmente l'allungamento dei tempi del giudizio. In sede di appello il difensore dell'E. si è limitato a chiedere la conferma della sentenza impugnata senza avanzare ulteriori domande sicché sarebbe superfluo il rinvio della causa per provvedere alla rinnovazione della notifica del ricorso Cfr. Cass. S.U. n. 18375/2010 Cass. n. n. 21985/2011 n. 18375/2010 . Tanto premesso si osserva che la prima censura si risolve in un diverso apprezzamento delle risultanze probatorie, a fronte di una motivazione della Corte di merito esente da vizi logici e giudici e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità. La sentenza impugnata ha dato conto, infatti, del difetto di prova circa la determinazione convenzionale del compenso spettante all'Errico,escludendo che dalla fattura emessa, per le prestazioni rese nel 1986, potesse desumersi tale prova, avuto riguardo all'attività professionale svolta negli anni successivi . Quanto alla seconda doglianza è sufficiente rilevare che la Corte territoriale, con adeguata e corretta motivazione, ha ritenuto che l'entità e la natura delle prestazioni effettuate dal professionista risultavano provate non solo dalla valutazione di congruità espressa dal Consiglio dell'ordine dei Commercialisti sulla relativa parcella, ma anche dalla prova testimoniale ed ha osservato, inoltre, che l'appellante non aveva mosso specifiche censure su detto parere né aveva offerto elementi da cui desumere l'inattendibilità degli elementi di valutazione offerti dall'E. . Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Nulla per le spese del presente giudizio di legittimità, stante il difetto di attività difensiva da parte dell'intimato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.