Condizione unilaterale: potere di rinuncia?

Le parti, nella loro autonomia contrattuale, possono pattuire una condizione sospensiva o risolutiva nell’interesse esclusivo di uno soltanto dei contraenti, occorrendo al riguardo una espressa clausola o, quanto meno, una serie di elementi idonei ad indurre il convincimento che si tratti di una condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun interesse. Ne consegue che la parte contraente nel cui interesse è posta la condizione ha la facoltà di rinunziarvi sia prima che dopo l’avveramento o il non avveramento di essa, senza che la controparte possa comunque ostacolarne la volontà.

Il caso. Un promissario acquirente, stipulava un contratto preliminare avente ad oggetto la compravendita di un bene immobile. Il predetto accordo veniva sottoposto alla condizione sospensiva della rinuncia da parte di due soggetti terzi estranei al preliminare , al diritto di prelazione sull’immobile sorto in forza di un precedente contratto posto in essere molto tempo prima. Trascorso poco più di un anno dalla stipula del contratto preliminare, le promittenti venditrici comunicavano per iscritto al promissario acquirente che, visto il tempo trascorso senza che i prelazionari avessero formalizzato la rinuncia alla prelazione, si dichiaravano libere” da ogni impegno. Manifestavano, inoltre, la loro disponibilità alla stipula di un nuovo contratto preliminare, non sottoposto però a condizione sospensiva. Con successiva missiva le promittenti venditrici informavano il promissario acquirente che uno dei due prelazionari aveva comunicato loro l’intenzione di non voler rinunciare al diritto di prelazione e, pertanto, si ritenevano svincolate da ogni impegno assunto in forza del contratto preliminare. Il promissario acquirente, fortemente motivato ad acquistare l’immobile in oggetto, comunicava la sua disponibilità alla stipula di un nuovo contratto, rinunciando implicitamente alla condizione apposta nel precedente preliminare. Tra le parti seguirono delle trattative per la stipula di altro preliminare, che però non sfociarono nella conclusione di alcun contratto. Così le promittenti venditrici, qualche tempo dopo, trasferivano l’immobile controverso ad un soggetto terzo. Il promissario acquirente, dunque, agiva in giudizio affinché il Tribunale accertasse, in primo luogo, la sua rinuncia alla condizione sospensiva stabilita unicamente a suo favore e, dunque, la conclusione del contratto preliminare già stipulato. In secondo luogo chiedeva che venisse dichiarata l’inopponibilità nei suoi confronti del contratto stipulato tra le alienanti e l’acquirente. Il Giudice di prime cure rigettava la domanda dell’attore. In sede d’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, la Corte territoriale rilevava che la condizione della mancata rinuncia al diritto di prelazione prevista nel contratto preliminare, non poteva ritenersi, come sosteneva l’appellante, apposta nel suo esclusivo interesse. Ad ogni modo però, anche a voler opinare diversamente, il promissario acquirente non aveva comunicato la rinuncia alla condizione, ma solo la sua disponibilità alla stipula di un nuovo contratto, diverso dal precedente. Proposto ricorso per cassazione, la Suprema Corte, con sentenza n. 5692/12, depositata il 10 aprile 2012, rigettava le domande formulate dal promissario acquirente. Deve evincersi chiaramente che la condizione prevista nel contratto sia apposta nell’esclusivo interesse di uno solo dei contraenti. Il ricorrente, nel criticare la sentenza d’appello, sosteneva che la condizione inserita nel contratto preliminare, avesse carattere unilaterale perché volta a tutelarlo dalle conseguenze pregiudizievoli che gli potevano derivare dall’esercizio del diritto di prelazione da parte dei prelazionari. Conseguenza di ciò è che con la sua rinuncia alla condizione si perfezionava il contratto preliminare di vendita alle medesime condizioni contrattuali già previste, ad eccezione della condizione sospensiva originariamente apposta. Ebbene, i giudici di legittimità, ritenendo privo di fondamento tale motivo di ricorso, hanno statuito che sebbene le parti possono pattuire una condizione sospensiva o risolutiva nell’interesse esclusivo di uno soltanto dei contraenti, occorre una espressa clausola o una serie di elementi idonei ad indurre il convincimento che si tratti di una condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun interesse. Solo in tali casi la parte contraente nel cui interesse è posta la condizione ha la facoltà di rinunziarvi sia prima che dopo l’avveramento o il non avveramento di essa, senza che la controparte possa comunque ostacolarne la volontà. In presenza di un diritto di prelazione convenzionale, anche il promittente venditore ha un interesse alla condizione apposta al preliminare. Nel caso di specie però, la condizione pattuita nel contratto preliminare non poteva considerarsi apposta nell’esclusivo interesse del promissario acquirente. Le promittenti venditrici, infatti, avevano un concreto interesse a non stipulare il contratto definitivo di compravendita in assenza di una espressa rinuncia da parte di terzi al diritto di prelazione sul bene promesso in vendita, per non vedersi esposte a possibili azioni risarcitorie da parte dei prelazionari. Come è noto, infatti, la prelazione convenzionale ha natura obbligatoria ed il mancato rispetto del diritto di prelazione non comporta la nullità degli atti compiuti, ma dà diritto al solo risarcimento del danno contro l’alienante, che è venuto meno agli accordi contrattuali. In via conclusiva, la Suprema Corte ha escluso che la condizione della mancata rinuncia al diritto di prelazione, prevista nel contratto preliminare, era stata apposta nel solo interesse del promissario acquirente.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 febbraio – 10 aprile 2012, n. 5692 Presidente Oddo – Relatore Matera Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 9-4-2009 G.L. conveniva dinanzi al Tribunale di Bassano del Grappa F.V. , F.M.F. , F.R. , S.M.G. e P.G. , esponendo che il 30-6-2005 aveva stipulato con le prime quattro un contratto preliminare avente ad oggetto il trasferimento di un immobile sito in Bassano del Grappa, per il prezzo di Euro 1.600.000,00 che tale contratto era stato sottoposto, nell'interesse del promissario acquirente G.L. , alla condizione della rinuncia da parte di Fe.Re. e f.r. al diritto di prelazione sull'immobile sorto in forza di contratto stipulato l’8-4-1974 che con missiva del 22-1-2007 le promittenti venditrici avevano comunicato all'attore che, visto il tempo trascorso senza che i prelazionari avessero formalizzato la rinuncia alla prelazione, si dichiaravano libere da ogni impegno e ribadivano la loro disponibilità alla stipula di un nuovo contratto preliminare non sottoposto a condizione sospensiva che il 7-3-2007 le medesime promittenti venditrici avevano inviato altra missiva con cui, esibendo la lettera con cui Fe.Re. aveva comunicato il diniego di rinunciare al diritto di prelazione, avevano comunicato di ritenersi sciolte da ogni impegno assunto che erano seguite trattative per la stipula di altro preliminare, con un incontro presso un notaio senza che le parti addivenissero ad un accordo che con contratto preliminare trascritto del 4-4-2007 le convenute avevano promesso in vendita il bene a P.G. , e a tale contratto era seguito l'atto definitivo dell'11-7-2007. Ciò posto, l'attore chiedeva 1 che fosse accertata l'autenticità delle sottoscrizioni apposte al contratto preliminare del 30-6-2005 e alla missiva del 22-1-2007 2 che fosse accertato che tale contratto preliminare si era concluso con la rinuncia da parte sua alla condizione sospensiva stabilita in suo favore 3 che fosse conseguentemente dichiarata l’inopponibilità nei suoi confronti del contratto preliminare e del contratto definitivo stipulati dalle promittenti venditrici con P.G. 4 che, in caso di mancato accoglimento delle domande precedenti, le convenute fossero condannate in solido a risarcire i danni arrecati per aver agito in mala fede. Nel costituirsi, i convenuti contestavano la fondatezza della domanda e ne chiedevano il rigetto. Il P. , inoltre, chiedeva in via riconvenzionale la condanna dell'attore al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c Con sentenza del 28-12-2008 il Tribunale adito rigettava la domanda attrice e condannava il G. a risarcire i danni cagionati al P. , nella misura di Euro 30.000,00. Avverso tale decisione proponevano appello principale il G. e appello incidentale il P. . Con sentenza depositata il 28-4-2010 la Corte di Appello di Venezia rigettava l'appello principale in accoglimento dell'appello incidentale, ordinava al Conservatore dei Registri Immobiliari di Bassano del Grappa di annotare la cancellazione della domanda giudiziale. In motivazione la Corte territoriale rilevava, in particolare, che la condizione risolutiva della mancata rinuncia al diritto di prelazione, prevista nel contratto preliminare del 30-6-2005, non poteva ritenersi apposta nell'interesse del promissario acquirente e che, comunque, anche a voler opinare diversamente, l'appellante, con missiva del 28-3-2007, non aveva comunicato la rinuncia alla condizione, ma la sua disponibilità alla stipula di un nuovo contratto, diverso dal precedente nel contenuto. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il G. , sulla base di un unico motivo. A pag. 12 e 13 del ricorso il ricorrente ha precisato di non avere più interesse all'acquisto dell'immobile e, quindi, all'accoglimento delle conclusioni formulate ai punti 1 e 2 dell'atto di citazione di primo grado, ma di voler coltivare solo la domanda risarcitoria di cui al punto 3 e di non avere evocato, per tale ragione, nel giudizio di cassazione il P. , vertendosi in ipotesi di cause scindibili. F.V. , F.M.F. , F.R. e S.M. resistono con controricorso. In prossimità dell'udienza le controricorrenti hanno depositato una memoria. Motivi della decisione 1 In via preliminare, deve esaminarsi l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dai controricorrenti sotto i seguenti profili a per la mancata indicazione degli atti e documenti ex art. 366 n. 6 c.p.c. b per la mancata articolazione del ricorso in motivi separati, singolarmente dotati del carattere della specificità c per carenza d'interesse, dovuta al passaggio in giudicato della pronuncia di rigetto della domanda subordinata di risarcimento danni, in relazione alla quale il ricorrente ha limitato le sue censure. L'eccezione è infondata, dovendosi rilevare a che nella specie il requisito di cui all'art. 366 n. 6 c.p.c. deve ritenersi assolto, avendo il ricorrente indicato i documenti su cui si fonda il ricorso e la sede in cui gli stessi sono rinvenibili nel fascicolo di parte di primo grado, ritualmente prodotto in Cassazione b che il requisito dell'esposizione di motivi di impugnazione, stabilito, a pena di inammissibilità, dall'art. 366 n. 4 c.p.c., deve considerarsi soddisfatto nel caso di ricorso per cassazione che denunzi con un unico, articolato motivo, plurime violazioni di legge e vizi di motivazione, allorché, come nella fattispecie in esame, risultino sufficientemente illustrate le ragioni addotte a sostegno delle censure mosse c che nei giudizio di appello v. conclusioni riportate nella sentenza impugnata l'appellante ha chiesto l'accoglimento di tutte le domande formulate in via gradata nell'atto di citazione di primo grado e che, pertanto, nessun giudicato si è formato sulla statuizione di rigetto della domanda subordinata di risarcimento danni, adottata dal Tribunale. 2 Con l'unico motivo di ricorso, articolato in tre censure, viene denunciata l'omessa e contraddittoria motivazione, nonché la falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e dell'art. 1326 c.c In primo luogo, il G. critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che la condizione risolutiva della mancata rinuncia al diritto di prelazione, prevista nel contratto preliminare del 30-6-2005, sia stata apposta nell'interesse del promissario acquirente. Sostiene che il carattere unilaterale di detta condizione risulta dal tenore letterale del contratto a tutela di parte acquirente, si conviene . e dallo spirito della pattuizione, che era quello di tutelare il G. dalle conseguenze pregiudizievoli che gli sarebbero potute derivare, anche indirettamente, dall'eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte dei prelazionari. Rileva che la tesi della non unilateralità della condizione non risulta suffragata da argomentazioni efficaci ed adeguate. In secondo luogo, il ricorrente deduce, sempre con riguardo alla natura della condizione apposta al contratto, che la Corte di Appello, non ponendo alla base del proprio convincimento la prova documentale, mai contestata dalla controparte, e rilevando d'ufficio il carattere non unilaterale della condizione, ha violato gli artt. 115 e 112 c.p.c In terzo luogo, con riferimento alle ulteriori argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, il ricorrente rileva, in particolare, che il giudice di appello non ha tenuto conto del fatto che il promittente acquirente, nel cui esclusivo interesse era stata apposta la condizione in esame, con lettera del 28-3-2007 aveva inequivocabilmente manifestato la volontà di rinunciare alla stessa. Sostiene che, avendo il promittente acquirente accettato, con la predetta lettera, la proposta effettuata dai promittenti venditori con missiva del 22-1-2007 di conclusione del medesimo contratto preliminare senza la previsione della condizione sospensiva, tra le parti, a mente dell'art. 1326 c.c., si è perfezionato il contratto preliminare di vendita avente ad oggetto i beni promessi in vendita nel preliminare del 30-6-2005 e alle medesime condizioni contrattuali ivi previste, ad eccezione della condizione sospensiva originariamente prevista. 3 Le prime due censure sono prive di fondamento. Secondo il costante orientamento di questa Corte, le parti, nella loro autonomia contrattuale, possono pattuire una condizione sospensiva o risolutiva nell'interesse esclusivo di uno soltanto dei contraenti, occorrendo al riguardo una espressa clausola o, quanto meno, una serie di elementi idonei ad indurre il convincimento che si tratti di una condizione alla quale l'altra parte non abbia alcun interesse. Ne consegue che la parte contraente nel cui interesse è posta la condizione ha la facoltà di rinunziarvi sia prima che dopo l'avveramento o il non avveramento di essa, senza che la controparte possa comunque ostacolarne la volontà Cass. 15-11-2006 n. 24299 Cass. 27-11-1992 n. 12708 Cass. 23-3-1991 n. 3185 20-12-1989 n. 5757 15-11-1986 n. 6742 6-7-1984 n. 3965 . Nella specie la Corte di Appello, muovendo da tale principio, ha ricercato se la condizione risolutiva prevista nel contratto preliminare del 30-6-2005 mancata rinuncia da parte di Fe.Re. e f.r. al diritto di prelazione sull'immobile promesso in vendita, sorto in forza di contratto stipulato l’8-4-1974 fosse stata pattuita nell'esclusivo interesse del promittente acquirente, ed ha dato risposta negativa al quesito. A tale convincimento essa è pervenuta muovendo dal rilievo che la prelazione convenzionale non ha natura reale ma obbligatoria, e che il mancato rispetto dei diritto di prelazione non comporta la nullità degli atti compiuti e dei negozi posti in essere, ma da diritto soltanto al risarcimento del danno cfr. Cass. 18-7-2008 n. 19928 ed osservando, pertanto, che, nel caso in cui i prelazionari avessero inteso far valere il loro diritto dopo la stipula del contratto di vendita del bene, l'acquirente non avrebbe subito l'evizione, laddove le venditrici avrebbero potuto subire l'azione per il risarcimento del danno. Si tratta di considerazioni ineccepibili, atteso che, essendo il patto di prelazione efficace e vincolante solo tra le parti contraenti, in caso di inosservanza il contraente che avrebbe dovuto essere preferito non può esercitare azione contro l'acquirente del bene, ma può solo agire per il risarcimento dei danni contro l'alienante, che è venuto meno agli accordi contrattuali con lui stipulati. La decisione impugnata, pertanto, ha dato conto, con argomentazioni corrette sul piano logico e giuridico e come tali non sindacabili in sede di legittimità, dell'esistenza di un concreto interesse delle promittenti venditrici a non stipulare il contratto definitivo di compravendita in caso di mancata rinuncia, da parte dei terzi aventi diritto, al diritto di prelazione sul bene promesso in vendita, per non vedersi esposte a possibili azioni risarcitorie da parte dei prelazionari il che porta ad escludere in radice la validità dell'assunto del ricorrente, secondo cui la condizione della mancata rinuncia al diritto di prelazione sarebbe stata apposta nell'esclusivo interesse del promittente venditore. Non sussistono, di conseguenza, i vizi denunciati dal ricorrente, essendo al contrario evidente che quest'ultimo, attraverso la formale prospettazione di violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui all'art. 1362 c.c. e di vizi motivazionali, censura sostanzialmente il giudizio espresso dal giudice di appello circa il carattere non unilaterale della condizione e intende ottenere al riguardo una nuova valutazione di merito, inammissibile in questa sede. Né ricorre la dedotta violazione degli artt. 115 e 112 c.p.c., dovendosi rilevare, sotto il primo profilo, che la Corte di Appello ha posto a fondamento della decisione le prove documentali ritualmente acquisite e, sotto il secondo, che il giudice distrettuale non ha rilevato d'ufficio il carattere non unilaterale della condizione apposta nel contratto preliminare del 30-6-2005, ma si è pronunciato sullo specifico motivo di gravame con cui l'appellante rimproverava al Tribunale di non aver considerato che la predetta condizione era stata prevista nell'esclusivo interesse dei promissario acquirente, e che quest'ultimo vi aveva rinunciato. 4 Una volta escluso che si tratti di condizione apposta nell'esclusivo interesse del promissario acquirente, restano assorbite le ulteriori doglianze mosse dal ricorrente, che presuppongono la natura unilaterale di tale condizione e, quindi, la possibilità di rinuncia alla stessa da parte del G. . 5 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.