La clausola compromissoria è poco chiara: il giudice applica i criteri ermeneutici previsti dal codice e non la annulla

Una parte lamenta l’incomprensibile formulazione testuale della clausola invocandone la nullità, ma il Tribunale utilizzando i criteri di cui agli art. 1362, 1363 e 1367 riesce ad attribuire il corretto significato di quanto disposto dai contraenti.

Il caso. Un condominio e una società sono le parti di un contratto d’appalto. La seconda agisce in giudizio per ottenere l’accertamento dell’illegittimità dell’escussione da parte del condominio della fideiussione rilasciata a garanzia della corretta esecuzione dell’appalto. Il condominio, a sua volta, solleva l’eccezione di compromesso. Il contratto, infatti, contiene una clausola compromissoria ritenuta pienamente valida dal giudice di primo grado che, conseguentemente, dichiara improponibili le domande della parte attrice e della convenuta. La società propone allora ricorso per regolamento di competenza. A suo dire, la formulazione testuale della clausola compromissoria sarebbe incomprensibile rendendo indeterminabile l’organismo a cui devolvere la controversia. Di conseguenza, sarebbe da considerarsi nulla essendo intrinsecamente contraddittoria e non atta a determinare con certezza la volontà delle parti. La valutazione circa l’interpretazione della clausola è preclusa al giudice di legittimità. La Suprema Corte, con la sentenza n. 4919/12 depositata il 27 marzo scorso, ricorda come in tema di interpretazione di una clausola arbitrale, l’accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che detto accertamento è censurabile in sede di legittimità solo nel caso in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche . L’operato del giudice di merito non è censurabile. La parte ricorrente lamenta una violazione dell’art. 1367 c.c Tuttavia la Suprema Corte precisa che in tema di interpretazione del contratto, il criterio ermeneutico previsto dall’art. 1367 c.c., postulando che il giudice non abbia potuto identificare chiaramente l’intento delle parti attraverso l’utilizzazione degli altri criteri previsti dalle precedenti disposizioni, ha carattere integrativo e sussidiario rispetto a questi ultimi. Pertanto, qualora gli stessi abbiano consentito di individuare adeguatamente il significato e la portata del contratto, il criterio in esame non può trovare applicazione, neppure in funzione della conservazione del negozio, non potendo tale finalità essere conseguita attraverso un’interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, ma dovendo in tal caso dichiararsi, ove ne ricorrano gli estremi, la nullità del contratto . Nel caso specifico, il giudice di merito ha correttamente utilizzato i criteri ermeneutici ex art. 1362 intenzione dei contraenti dandone debitamente conto. Di conseguenza il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 27 gennaio – 27 marzo 2012, numero 4919 Presidente Plenteda – Relatore Di Virgilio Fatto e diritto Il relatore designato ai sensi dell'articolo 377 c.p.c. ha osservato quanto segue La società Compagnia Nazionale dei Servizi - C.N.S. s.p.a. ha proposto ricorso per regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di Milano, resa ex articolo 281 sexies c.p.c. in data 22 settembre 2010, che ha dichiarato l’improponibilità delle domande di parte attrice e di parte convenuta nei confronti di parte attrice e della terza chiamata, attesa la clausola compromissoria sub articolo 20 del contratto d'appalto sottoscritto dalle parti C.N.S. s.p.a., Condominio di via omissis ed M.S.C. s.r.l. , che prevede il deferimento ad arbitrato irrituale non solo delle controversie in materia di esecuzione e risoluzione, ma anche di interpretazione del contratto. Nel giudizio, l'attrice C.N.S. s.p.a., quale appaltatrice, aveva agito per l'accertamento della illegittimità dell'escussione da parte del convenuto Condominio della fideiussione rilasciata a garanzia della corretta esecuzione dell’appalto Il Condominio convenuto aveva sollevato in primis l'eccezione di compromesso e in subordine in via riconvenzionale aveva chiesto l'accertamento dell'inadempimento del contratto da parte dell'appaltatrice e della terza chiamata come impresa costruttrice, con la condanna al pagamento delle somme necessarie per il risarcimento dei danni, ed in via ulteriormente subordinata, aveva chiesto di essere tenuta indenne da M.S.C., da ogni pronuncia pregiudizievole nei propri confronti. La società ricorrente denuncia vizio di violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 809 c.p.c. e di insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere il Tribunale ritenuto la clausola compromissoria pienamente valida, mentre nella stessa si menziona dapprima il procedimento arbitrale collegiale, successivamente il tentativo di conciliazione, disponendosi infine che, in caso di fallimento della composizione tra le parti, la causa vada devoluta ad arbitrato irrituale con arbitro unico secondo la ricorrente, non risulta nel caso possibile determinare a quale autorità arbitrale le parti abbiano inteso devolvere la controversia, la formulazione testuale è incomprensibile e rende totalmente indeterminabile quale sia l'organismo a cui devolvere la controversia, né è sostenibile la prevalenza assegnata dal Tribunale al Collegio Arbitrale sull'Arbitro monocratico, per la maggiore ampiezza che la clausola attribuisce all'organo collegiale la clausola deve considerarsi nulla per indeterminatezza delle modalità di nomina degli arbitri, perché intrinsecamente contraddittoria e non atta a determinare con certezza la volontà delle parti, il tutto senza considerare che soprattutto con riferimento alle riconvenzionali proposte verso la terza chiamata, il sistema binario previsto dalla clausola non appare applicabile alla controversia che vede coinvolte tre parti, senza possibilità di ricondurre le stesse a due posizioni giuridiche. Il solo Condominio ha depositato memoria, eccependo l'inammissibilità del regolamento di competenza, per non essere con tale mezzo denunciabili vizi di motivazione, per costituire indagine di fatto propria del Giudice del merito l'interpretazione della clausola arbitrale, per essere impugnabile con l'appello e non ricorribile in cassazione con regolamento di competenza la decisione con cui il Giudice ha pronunciato sull'eccezione relativa all'esistenza di compromesso o clausola compromissoria nel merito la clausola ha previsto procedimento arbitrale bifasico, con eventuale fase prodromica con tentativo di conciliazione, esperito il quale, le parti avrebbero dovuto sottoporre la questione ad un Collegio arbitrale, e il riferimento all'arbitro unico costituisce mero refuso inammissibile in sede di regolamento di competenze è il riferimento alla controversia tra tre parti, ed in ogni caso, sono riscontrabili due centri di interessi contrapposti. Rileva quanto segue. Il ricorso deve ritenersi ammissibile, stante l'applicabilità, ratione temporis, dell'articolo 819 ter c.p.c. ed invero, il giudizio nel quale è stata sollevata la questione di competenza risulta introdotto, come si desume dal ricorso, ove si indica la data del contratto d'appalto del quale si controverte al 14/2/2007, dopo il 2 marzo 2006, sicché ad esso trova applicazione la disposizione in oggetto, come di recente affermato nella pronuncia 2402 del 2010, che a riguardo, ha rilevato come la pronuncia delle S.U., numero 19047 del 2010, ha chiarito che, nell'ipotesi in cui la sentenza del giudice abbia risolto una questione di deferibilità della controversia agli arbitri, ma nessun procedimento arbitrale sia ancora iniziato, né prima né dopo il 2 marzo 2006, non può trovare applicazione la norma transitoria di cui al D.Lgs. numero 40 del 2006, articolo 27, comma 4 Le disposizioni degli articolo 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto , ma operano i principi generali della perpetuano iurisdictionis e tempus regit actum. Ciò posto, nel resto si deve rilevare che le doglianze della ricorrente sono inammissibilmente intese a prospettare il vizio di violazione di legge con riguardo all'interpretazione offerta dal Giudice del merito nell'ambito dei poteri interpretativi propri, ed il vizio di motivazione, con riferimento peraltro al criterio interpretativo di cui all'articolo 1367 c.c Ed invero, come affermato nella pronuncia 5549 del 2004, In tema di interpretazione di una clausola arbitrale, l'accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che detto accertamento è censurabile in sede di legittimità solo nel caso in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche la ricorrente, quanto al vizio di violazione di legge, non ha neppure indicato le regole ermeneutiche in tesi violate dal Tribunale, ed ha invece dedotto la violazione dell'articolo 1367 c.c. del tutto incongruamente, sotto il profilo del vizio di motivazione, in ogni caso non cogliendo la complessa argomentazione fatta valere dal Tribunale, che, nella ricostruzione della volontà delle parti trasfusa nella clausola arbitrale, si è avvalso dei canoni interpretativi di cui agli articolo 1362 e 1363 c.c., per poi fare ricorso, nell'ambito della diversa interpretazione del tentativo di conciliazione come obbligatorio, al criterio sussidiario di cui all'articolo 1367 c.c Il ricorso può essere deciso pertanto in camera di consiglio ex articolo 375 e 380 bis c.p.c. . I detti rilievi sono stati contrastati dalla ricorrente, che nella memoria ha evidenziato di avere concentrato la propria attenzione sull'insufficienza e contraddittorietà della motivazione offerta dal Giudice ambrosiano, ove nell'applicazione dell'articolo 1367 c.c. abbia condensato le preliminari considerazioni già svolte applicando l'articolo 1363 c.c. secondo la parte, il Giudice avrebbe attribuito alla clausola compromissoria un senso nuovo ed originale della stessa, violando l'articolo 1367 c.c. come si coglie dalla motivazione contraddittoria che è intervenuta , mentre la norma assolve ad una funzione meramente residuale. Il Collegio, preso atto di detti rilievi, nella sostanziale condivisione delle argomentazioni esposte nella relazione, precisa in primis, che il vizio ex articolo 360 numero 5 c.p.c., attinente all'accertamento ed alla valutazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio, non può essere dedotto in sede di regolamento di competenza, in cui sono contestabili solo l'applicazione di principi giuridici così le pronunce 4010/03, 14166/01, 6480/01 così circoscritto l'ambito del ricorso al solo profilo del vizio di violazione di legge, che la parte ha meglio individuato in memoria nell'articolo 1367 c.c., va rilevato che il Tribunale ha posto a base della decisione, in prima battuta, l'interpretazione della clausola secondo i criteri di cui agli articolo 1362 e 1363 c.c., per poi farsi carico della possibile interpretazione del tentativo di conciliazione come obbligatorio, in tale ipotesi facendo ricorso al criterio di cui all’articolo 1367 c.c., senza violare detta norma, come interpretata dalla giurisprudenza vedi la pronuncia 7972/2007, che si è così espressa In tema di interpretazione del contratto, il criterio ermeneutico previsto dall'articolo 1367 cod. civ., postulando che il giudice non abbia potuto identificare chiaramente l'intento delle parti attraverso l'utilizzazione degli altri criteri previsti dalle precedenti disposizioni articolo 1362 e ss, cod. civ. , ha carattere integrativo e sussidiario rispetto a questi ultimi pertanto, qualora gli stessi abbiano consentito di individuare adeguatamente il significato e la portata del contratto, il criterio in esame non può trovare applicazione, neppure in funzione della conservazione del negozio, non potendo tale finalità essere conseguita attraverso un'interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, ma dovendo in tal caso dichiararsi, ove ne ricorrano gli estremi, la nullità del contratto , siccome adottata nella seconda ipotesi interpretativa. Il Giudice del merito, pertanto, ha dato conto dei due possibili percorsi argomentativi, adottati in alternativa, correttamente utilizzando i criteri ermeneutici ex articolo 1362 e ss. c.c Va pertanto respinto il ricorso. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2200,00, di cui Euro 200,00 per spese.