Il promissario acquirente non fornisce il progetto alla società che costruisce l’immobile: preliminare risolto

Se una parte non presta la cooperazione necessaria non può lamentare l’inadempimento contrattuale dell’altra.

Il caso. Un signore ed una società stipulano un preliminare, con cui quest’ultima promette al primo di vendere un fabbricato. Secondo l’accordo, l’immobile deve essere realizzato seguendo le indicazioni del promissario acquirente, che si avvale della collaborazione di un ingegnere per l’elaborazione del progetto. Passa del tempo e la vendita non avviene. L’uomo agisce in giudizio chiedendo l’esecuzione in forma specifica del preliminare. La società resiste sostenendo di non essere inadempiente non ha dato seguito alla sua promessa perché impedita dalla condotta della controparte. In via riconvenzionale chiede l’accertamento della legittimità del suo recesso con ritenzione della caparra confirmatoria versata dall’attore. Nel corso del giudizio poi, l’immobile viene venduto a terzi. Di conseguenza, l’attore modifica la sua domanda chiedendo la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni. Il Tribunale dà ragione alla società, la Corte d’appello conferma e si arriva in Cassazione. Se una parte non presta la cooperazione necessaria non può lamentare l’inadempimento dell’altra. I Giudici di merito, nel maturare il proprio convincimento, hanno ritenuto valide le ragioni addotte dalla società. In effetti nel preliminare è scritto espressamente che la ripartizione degli spazi interni dell’immobile deve avvenire sulla base del progetto presentato dal promissario acquirente. L’elaborato fatto pervenire alla società dall’ingegnere incaricato prevede che una parte del fabbricato sia adibita a garage ed una parte ad altro uso. Questo è però in contrasto con il progetto approvato dal Comune, che prevedeva la sola destinazione a garage, circostanza ben nota all’ingegnere. Ad essere inadempiente è dunque il promissario acquirente che non ha prestato la cooperazione necessaria per consentire l’adempimento della controparte. Del resto, la promittente venditrice non avrebbe potuto consegnare l’immobile senza la ripartizione degli spazi, perché ciò avrebbe comportato la consegna di un bene diverso o comunque non corrispondente al valore e al prezzo pattuito. Inoltre, nessun ulteriore progetto è stato presentato entro i termini pattuiti, la cui inosservanza incide sull’equilibrio contrattuale, traducendosi nella sopportazione di maggiori oneri collegati alla necessità di tenere a disposizione le imprese subappaltatrici incaricate dell’effettuazione delle opere di rifinitura. La valutazione circa la gravità dell’inadempimento compete al giudice di merito. La Suprema Corte - con la sentenza n. 26842, dello scorso 14 dicembre - rigetta quindi il ricorso proposto dal promissario acquirente riconoscendo la correttezza di quanto statuito dai giudici di merito e avendo cura di ribadire che la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive ai sensi dell’art. 1455 c.c. costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 novembre – 14 dicembre 2011, numero 26842 Presidente Piccialli – Relatore Magliucci Svolgimento del processo 1. P.G.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari la Cosin s.r.l. per sentire pronunciare, ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare con il quale la predetta aveva promesso di vendergli il fabbricato sito in via omissis da destinarsi a uso ufficio, rimanendo inadempiente a tale obbligazione. La convenuta, costituendosi in giudizio,chiedeva il rigetto della domanda deduceva che l'adempimento della prestazione posta a suo carico era stata impedito dalla condotta tenuta dall'attore il quale non aveva consegnato, secondo quanto previsto dall'art. 5 del contratto, gli elaborati contenenti la ripartizione degli spazi interni dell'immobile nei termini prescritti ovvero li aveva consegnati con contenuto che non era stato accettato dalla direzione dei lavori in via riconvenzionale, chiedeva che fosse accertata la legittimità del suo recesso con ritenzione della caparra confirmatoria versata dall'attore. Nel corso del giudizio, essendo emerso che il fabbricato era stato venduto a terzi, l'attore modificava la domanda in quella di risoluzione del contratto e di risarcimento dei danni. Con sentenza numero 1823/2002 il Tribunale rigettava la domanda proposta dall'attore, accogliendo quella riconvenzionale. Con sentenza dep. il 22 giugno 2005 la Corte di appello di Cagliari rigettava l'impugnazione proposta dall'attore. Nel confermare la decisione di primo grado, i Giudici di appello ritenevano che gli elaborati progettuali consegnati dal tecnico incaricato dal P. , ing. D.M. , prevedevano una ripartizione degli spazi interni, in parte a garage e in parte ad altro uso, in contrasto con quella che era stata la destinazione del progetto approvato dal Comune interamente a garage poiché, secondo quanto previsto in contratto, l’esecuzione della prestazione posta a carico della promittente venditrice prevedeva che questa avrebbe realizzato l'immobile sulla base della ripartizione degli spazi interni indicata dal promissario acquirente e che questi non provvide a consegnare nei termini previsti altri elaborati conformi al progetto approvato, veniva ritenuto l'inadempimento dell'attore che non aveva prestato la cooperazione necessaria per consentire l'adempimento della controparte. D'altra parte, le ragioni del legittimo rifiuto opposto dalla convenuta erano perfettamente note al tecnico ing. D.M. il quale, avendo progettato la suddivisione degli spazi inviando dettagliate elaborazioni progettuali, era senz'altro a conoscenza del progetto approvato dal Comune. L'inadempimento veniva considerato grave, atteso che la promittente non avrebbe potuto consegnare l'immobile senza ripartizione degli spazi, perché ciò avrebbe comportato la consegna di un bene diverso o comunque non corrispondente al valore e al prezzo pattuito inoltre, l'inosservanza dei termini stabiliti per la presentazione degli elaborati incideva sull'equilibrio contrattuale perché si traduceva nella sopportazione da parte della promittente venditrice di maggiori oneri collegati alla necessità di tenere a disposizione le imprese subappaltatrici incaricate dell'effettuazione delle opere di rifinitura. 2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione P.G.A. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la Cori s.r.l., che ha incorporato la Cosin s.r.l., depositando memoria illustrativa. Motivi della decisione 1.1. Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 1206, 1362 e 1375 cod. civ., nonché omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la decisione gravata che non aveva esaminato la condotta, collaborativa e adempiente, tenuta dall'attore in conformità al principio di buona fede, e quella posta in essere dalla convenuta che, senza indicare le ragioni, rifiutò di cooperare la sentenza non aveva risposto in modo coerente alle censure sollevate con l'appello in effetti, era stata pretestuosa la condotta tenuta dalla promittente, che ebbe ad alienare a terzi l’immobile de quo, procedendo la quelle opere che non aveva voluto eseguire a favore dell'attore ma che, come dichiarato dal rappresentante legale della società convenuta in sede di interrogatorio formale, aveva poi realizzato a favore di terzi. 1.2. Il motivo è infondato. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza ha esaminato le doglianze formulate con l'appello, indicando con puntuale motivazione le ragioni per le quali erano da ritenersi infondate, laddove a escludeva che la condotta tenuta dall'attore ovvero la presentazione degli elaborati consegnati alla Direzione dei lavori integrasse l'adempimento di quanto prescritto dall'art. 5 del contratto atteso che, alla stregua degli stessi, non si sarebbe potuto procedere alla realizzazione dell'immobile in conformità al progetto approvato dal Comune b le ragioni del legittimo rifiuto opposto dalla convenuta erano perfettamente note al tecnico ing. D.M. il quale, avendo progettato la suddivisione degli spazi inviando dettagliate elaborazioni progettuali, era senz'altro a conoscenza del progetto approvato dal Comune. La mancata presentazione di elaborati contenenti la ripartizione degli spazi interni nei termini stabiliti dall'art. 5 citato, è stata perciò ritenuta una condotta che integrava inadempimento a quell'obbligo di cooperazione la cui osservanza era necessaria per l'adempimento della prestazione da parte della promittente venditrice che non era stata in grado di completare l'immobile secondo le previsioni contrattuali e, quindi, di trasferire la proprietà. La doglianza, sollecitando il riesame della condotta tenuta dai contraenti nell'esecuzione delle obbligazioni contrattuali, si risolve nella richiesta di rivalutazione delle risultanze processuali il cui apprezzamento è riservato all'accertamento di fatto del giudice di merito e che è incensurabile in sede di legittimità se non per vizi di motivazione, dovendo peraltro al riguardo ricordarsi che il vizio deducibile ai sensi dell'art. 360 numero 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire in sostanza, ai sensi dell'art. 360 numero 5 citato, la dedotta erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell'ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto . 2.1. Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1385, 1453, 1460 e 1497 cod. civ. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, deduce che la sentenza impugnata non aveva proceduto alla necessaria comparazione delle condotte tenute dai contraenti, non avendo verificato l'inadempimento di non scarsa importanza della promittente alle obbligazioni primarie su di essa incombenti, rimanendo ingiustificata e immotivata l'affermazione circa il grave inadempimento dell'attore l'asserito inadempimento del P. , il quale si era sempre dichiarato pronto a pagare il prezzo pattuito, non avrebbe potuto avere rilevanza in relazione all'interesse della controparte all'esatto adempimento del contratto, non potendo arrecarle alcun pregiudizio. I Giudici non avevano considerato che il recesso della convenuta era motivato dalla scelta di vendere l'immobile a condizioni più vantaggiose, come in effetti era poi accaduto la sentenza si era rivelata contraddittoria laddove, dopo avere riconosciuto che l'attore aveva chiesto il trasferimento del bene nello stato in cui si trovava, aveva fatto riferimento alla circostanza che avrebbe trasferito un bene diverso da quello promesso in vendita e di valore non corrispondente al prezzo pattuito. 2.2. Con il terzo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1455, 1470, 1176 e 1206 cod. civ. nonché omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la decisione impugnata che, nel ritenere la gravità dell'inadempimento ascritto all'attore, non aveva considerato la natura accessoria dell'obbligazione che si asseriva inadempiuta, posta a carico del medesimo, e che non avrebbe potuto incidere sul sinallagma contrattuale e assumere rilevanza ai fini della risoluzione del contratto. 2.3. Il secondo e il terzo motivo - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente -sono infondati. a Il riferimento alla mancata valutazione comparativa degli inadempimenti delle parti è infondato, posto che la sentenza ha escluso la sussistenza di alcun inadempimento da parte della convenuta secondo la ricostruzione compiuta dai Giudici, l'esecuzione della prestazione alla medesima incombente era stata impedita dall'inadempimento dell'attore agli obblighi a lui incombenti, la cui attuazione - a stregua del regolamento negoziale - era strumentalmente necessaria per l'adempimento della prestazione posta a carico dell'attrice. b La non scarsa importanza dell'inadempimento addebitato all'attore ovvero la sua incidenza sul sinallagma contrattuale è stato motivato con una duplice argomentazione 1 la consegna dell'immobile privo della ripartizione degli spazi interni non sarebbe stata conforme a quanto previsto in contratto, perché avrebbe avuto a oggetto un bene diverso o comunque non corrispondente al valore e al prezzo pattuito 2 inoltre, l'inosservanza dei termini stabiliti per la presentazione degli elaborati incideva sull'equilibrio contrattuale perché si traduceva nella sopportazione di maggiori oneri collegati alla necessità di tenere a disposizione le imprese subappaltatrici incaricate dell'effettuazione delle opere di rifinitura. Orbene, in primo luogo va osservato che la ratio decidendi sub 2 non è stata specificamente censurata e, pertanto, è di per sé idonea a sorreggere la decisione impugnata sotto il profilo in esame la non scarsa importanza dell'inadempimento d'altra parte, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell'inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive ai sensi dell'art. 1455 cod. civ. costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici Cass. 14974/2006 22415/2004 . Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 7.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 7.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.