Demoliscono lo stabile danneggiando l’edificio adiacente: il proprietario non è responsabile

Se dall’esecuzione dei lavori derivano danni a terzi, il committente risponde solo nel caso di culpa in eligendo o nel caso in cui l’appaltatore agisca come nudus minister

In caso di danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera il committente è corresponsabile in presenza di specifica violazione di regole di cautela ex art. 2043 c.c., ovvero in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per culpa in eligendo per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea ovvero quando l’appaltatore sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive. Così afferma la Terza sezione Civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 26002/11 depositata il 5 dicembre scorso. Il caso. Il proprietario di uno stabile decide di demolire il fabbricato per poi procedere alla sua ricostruzione. Per fare ciò affida l’esecuzione dei lavori ad un imprenditore edile e la direzione degli stessi ad un geometra. Qualcosa va storto e durante il compimento delle operazioni vengono danneggiati alcuni vani di un edificio adiacente che crollano. I proprietari di questi ultimi agiscono dunque in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno subito. Il Tribunale accoglie la domanda e condanna l’imprenditore e il proprietario dello stabile che però decide di ricorrere. I danneggiati propongono appello incidentale chiedendo la condanna anche del geometra. I giudici di secondo grado considerano fondate le ragioni addotte dal proprietario dello stabile e, riconoscendo come unico responsabile l’appaltatore, rigettano l’appello incidentale relativo alla posizione del geometra. Si arriva infine in Cassazione. Il committente che affidando i lavori perde la disponibilità del bene non può essere considerato custode. A detta dei danneggiati, il committente deve rispondere dei danni in qualità di proprietario che ha fatto eseguire i lavori di scavo sul suo fondo e in qualità di custode del fabbricato. Il primo motivo risulta essere inammissibile in quanto dedotto per la prima volta in sede di legittimità e il secondo motivo è respinto dalla Corte in quanto il totale affidamento dei lavori all’appaltatore e quindi la consegna del bene a quest’ultimo determinano, quando appunto il committente ne perda la materiale disponibilità, la cessazione della sua qualità di custode . Il committente risponde del danno quando affida i lavori ad una impresa inidonea o quando impartisce direttive specifiche di cui l’appaltatore è mero esecutore. I danneggiati chiedono anche che il proprietario dello stabile venga condannato in qualità di committente dei lavori di demolizione per aver scelto come appaltatore un soggetto privo delle elementari conoscenze tecniche necessarie. La Corte ricorda come in materia valga il principio secondo il quale l’autonomia dell’appaltatore il quale esplica la sua attività nell’esecuzione dell’opera assunta con propria organizzazione apprestandone i mezzi, nonché curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera, comporta che, di regola, l’appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera una corresponsabilità del committente può configurarsi in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 cod. civ., ovvero in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per culpa in eligendo per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea ovvero quando l’appaltatore in base a patti contrattuali sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive . Nel caso specifico i giudici di merito hanno escluso la sussistenza della culpa in eligendo e la Cassazione non può che prenderne atto non avendo tra i suoi poteri quello di esprimere un apprezzamento diverso degli esiti dell’istruttoria dei gradi precedenti . Il geometra che ha diretto i lavori, invece, non deve pagare alcunché per il semplice fatto che non è stata fornita la prova della sua responsabilità.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 3 novembre – 5 dicembre 2011, n. 26002 Presidente Preden – Relatore Barreca Svolgimento del processo I.F. propose appello avverso la sentenza del Tribunale di Avellino con la quale era stata accolta la domanda proposta nei suoi confronti da C.S. e R.P. oltre che da R.P. per ottenerne la condanna al risarcimento del danno subito a seguito del crollo di alcuni vani di proprietà degli attori, rispettivamente al piano terra ed al primo piano di un edificio trattavasi di stabile adiacente a quello di proprietà del F. , che aveva dato corso a lavori di demolizione e ricostruzione del proprio fabbricato, affidandone l'esecuzione all'imprenditore edile P.A. e la direzione dei lavori al geom. C.G Avverso la stessa sentenza proposero appello incidentale i signori S. e P. , per ottenere la condanna anche del direttore dei lavori, geom. C. , nonché per la revisione della decisione di primo grado in punto di spese di causa. La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 5 dicembre 2005, ha accolto l'appello principale, ritenendo la responsabilità esclusiva dell'Abate quale appaltatore ed escludendo invece la responsabilità del committente dei lavori, I.F. ha rigettato l'appello incidentale relativo alla posizione del geom. C. , confermando il rigetto della domanda risarcitoria nei suoi confronti, quale direttore dei lavori ha accolto parzialmente l'altro motivo dell'appello incidentale condannando A.P. anche al pagamento delle spese del primo grado di giudizio in favore dei predetti S. e P. ha compensato le spese del grado di appello confermandone la compensazione di primo grado tra le altre parti. Avverso quest'ultima sentenza C.S. e P.G. propongono ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo, illustrato da memoria. Resistono con controricorso G.F. , M.G.F. , B.F., V.F. e G.V. , eredi di F.I Non si sono difesi gli intimati A. e C. , né P.R. già attore ed appellante incidentale nei gradi di merito . Motivi della decisione Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata. 1. L'unico motivo di ricorso è articolato in modo tale da distinguere la posizione del committente trattata sub A da quella del direttore dei lavori trattata sub B e da fare precedere una premessa comune sulle risultanze processuali e sulle ragioni della decisione di primo grado che i ricorrenti reputano erroneamente riesaminate dal giudice d'appello. Facendo riserva di valutare quanto in premessa, trattando rispettivamente delle posizioni del committente e del direttore dei lavori, si riscontra che la Corte d'Appello ha così motivato il rigetto della domanda risarcitoria nei confronti dell'uno e dell'altro nei confronti di I.F. , proprietario del fabbricato interessato dai lavori di demolizione e ricostruzione e committente di tali lavori, per avere escluso il fatto proprio del committente, idoneo a determinare una sua responsabilità diretta o mediata in particolare, per non avere agito, nel caso di specie, l'appaltatore quale nudus minister del committente e per non essere quest'ultimo responsabile per culpa in eligendo, relativamente all'individuazione dell'impresa appaltatrice che la Corte territoriale ha ritenuto non difettare delle capacità tecnica e dell'organizzazione d'impresa necessaria ad eseguire la prestazione dell'appalto .omissis . senza pericolo di danni a terzi” ha quindi ritenuto priva di fondamento l'argomentazione giuridica del primo giudice, secondo cui il committente sarebbe stato responsabile per una sorta di responsabilità oggettiva per inadempimento dell'autonoma obbligazione propter rem” costituita dalla comproprietà del muro siffatte affermazioni risultano corroborate dalla valutazione delle risultanze processuali, specificamente della CTU, circa le cause tecniche dei danni e gli accorgimenti tecnici che l'appaltatore avrebbe potuto e dovuto adottare per evitarli nei confronti di G C. per avere escluso che tali ultime cause fossero imputabili al progetto e che la mancata adozione dei detti accorgimenti tecnici fosse dovuta ad istruzioni impartite dal direttore dei lavori o a colpevole omissione di controllo. 2. Riguardo alla posizione del F. , i ricorrenti muovono una prima censura per violazione di legge, con riferimento sia alla norma dell'articolo 840 cod. civ., che alla norma dell'articolo 2051 cod. civ., che, ancora alla norma dell'articolo 2043 cod. civ., sostenendo che il F. ed oggi i suoi eredi dovrebbe rispondere, ai sensi della prima, quale proprietario che ha fatto eseguire lavori di scavo sul suo fondo ai sensi della seconda, quale custode del fabbricato, la cui demolizione ha provocato i danni ai sensi della terza, quale committente dei lavori di demolizione, di scavo e di ricostruzione, per avere scelto come appaltatore un soggetto privo delle più elementari conoscenze tecniche e della più elementare accortezza, quindi per culpa in eligendo. 2.1. Il riferimento alla norma dell'articolo 840 cod. civ., prima ancora che infondato, va ritenuto inammissibile. Non risulta infatti dal ricorso che i ricorrenti, quali attori in primo grado, nonché appellanti incidentali, abbiano mai fatto riferimento alcuno, nei gradi di merito, alla norma in parola specificamente, non risulta che la causa petendi della domanda sia mai stata identificata nella responsabilità per scavi nel sottosuolo ex articolo 840 cod. civ. Dal momento che nessun cenno vi è al riguardo nemmeno nella sentenza impugnata, sarebbe stato onere dei ricorrenti, non solo dedurre di avere proposto la domanda in primo grado, ma anche riportare in ricorso le relative allegazioni, al fine di consentire a questa Corte di controllarne l'ammissibilità, prima di esaminare la questione da essa posta nel merito cfr. Cass. 28 luglio 2008 n. 20518 ed altre in mancanza, la domanda in parola è da reputarsi proposta per la prima volta in sede di legittimità e quindi inammissibile cfr. Cass. 22 luglio 2005 n. 15422 . Ciò, in ragione del fatto che i presupposti applicativi dell'articolo 840 cod. civ. che comunque va letto sempre in combinato disposto con l'articolo 2043 cod. civ. cfr. Cass. n. 2988/89 o con l'articolo 2053 cod. civ. cfr. Cass. n. 22226/06 od, ancora, con l'articolo 2050 cod. civ. cfr. Cass. n. 6104/06 , per come si evince anche dalle motivazioni delle sentenze richiamate dai ricorrenti, malgrado le massime non contengano tale riferimento cfr., tra le altre, Cass. n. 6473/97 e 4577/98, nonché da ultimo, Cass. n. 5273/08 non sono affatto coincidenti con quelli dell'articolo 2051 cod. civ. o dell'articolo 2043 cod. civ., qualora quest'ultimo sia richiamato con riferimento alla qualità di committente, ovvero per far valere una responsabilità per culpa in eligendo, e non alla qualità di proprietario di fondo contiguo. L'invocazione dell'articolo 840 cod. civ. postula che contrariamente a quanto risulta sia accaduto nel caso di specie sia stato prospettato al giudice del merito, in fatto, almeno che il convenuto viene chiamato in giudizio quale proprietario di fondo nel quale sono state fatte escavazioni e che proprio queste escavazioni siano state causa dei danni lamentati, aggiungendovi peraltro la deduzione di un comportamento dello stesso proprietario colposo o doloso tale da determinarne la responsabilità ai sensi delle norme sull'illecito civile sopra richiamate , che non sussiste per la sola titolarità del diritto di proprietà che quindi il convenuto sia stato messo in grado, nelle fasi di merito, di difendersi su ciascuno di tali punti e che il giudice abbia potuto valutarne la ricorrenza. Conclusivamente, colui che lamenti il danno consistito nel crollo del proprio edificio per lavori fatti sul fabbricato contiguo, che nelle fasi di merito abbia dedotto la responsabilità del proprietario di questo, quale committente dei lavori di demolizione e ricostruzione, non può dedurre per la prima volta in sede di legittimità, la questione della responsabilità dello stesso proprietario a norma dell'articolo 840 cod. civ 2.2. I profili di censura relativi alla violazione dell'articolo 2051 cod. civ., posto a fondamento della dedotta responsabilità del proprietario dell'edificio quale custode di questo, malgrado l'affidamento dei lavori all'appaltatore, nonché alla violazione dell'articolo 2043 cod. civ., posto a fondamento della dedotta responsabilità per culpa in eligendo, sono infondati poiché la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dell'una e dell'altra norma, così come interpretate dalla giurisprudenza costante di questa Corte, che qui si ribadisce. In proposito, è sufficiente richiamare quanto all'applicazione, nel caso di specie, dell'articolo 2051 cod. civ., il principio per il quale il totale affidamento dei lavori all'appaltatore e quindi la consegna del bene a quest'ultimo determinano quando appunto il committente ne perda la materiale disponibilità la cessazione della sua qualità di custode cfr. Cass. n. 5609/01, n. 19474/05, n. 16126/09, nonché Cass. n. 3041/99, citata dai ricorrenti, che espressamente contempla quale causa di esclusione della responsabilità ex articolo 2051 cod. civ., il totale affidamento dei lavori all'appaltatore quanto all'applicazione dell'articolo 2043 cod. civ., con riferimento alla responsabilità del committente per danni causati a terzi dall'appaltatore, i principi per i quali L'autonomia dell'appaltatore il quale esplica la sua attività nell'esecuzione dell'opera assunta con propria organizzazione apprestandone i mezzi, nonché curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera, comporta che, di regola, l’appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall'esecuzione dell'opera .omissis . Una corresponsabilità del committente può configurarsi in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex articolo 2043 cod.civ., ovvero in caso di riferibilità dell'evento al committente stesso per culpa in eligendo per essere stata affidata l'opera ad un'impresa assolutamente inidonea ovvero quando l’appaltatore i base a patti contrattuali sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive”. La sentenza impugnata risulta avere fatto applicazione, con riferimento alla posizione del F. , proprio dei principi di cui sopra poiché ha ritenuto il totale affidamento dei lavori all'appaltatore ed ha escluso che questi fosse un nudus minister del committente e che l'impresa fosse inidonea alla realizzazione dell'opera. 3. Con altra censura, contenuta nello stesso unico motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano il difetto di motivazione su ciascuno dei punti appena richiamati, sostenendo che le risultanze processuali avrebbero dovuto indurre il giudice d'appello a ritenere che il committente avesse mantenuto la disponibilità materiale del bene e, comunque, avesse scelto male l'impresa cui affidare i lavori in appalto. 3.1. La sentenza impugnata affronta in motivazione ciascuno degli aspetti di fatto che i ricorrenti assumono rilevanti e ne tratta motivando ampiamente e logicamente, valutando allo scopo le risultanze dell'istruttoria svolta in primo grado, specificamente proprio quelle stesse affermazioni del CTU che i ricorrenti assumono riportandole nella premessa del motivo di ricorso dover essere diversamente valutate. Né si può sostenere come sostengono i ricorrenti che la motivazione sia insufficiente perché non avrebbe esplicitato le ragioni del ritenuto totale affidamento dei lavori, essendo queste desumibili dal complesso della motivazione, in specie dai riferimenti alla natura delle opere commissionate all'appaltatore totale demolizione e rifacimento del fabbricato parimenti insostenibile è l'assunto dei ricorrenti secondo cui la Corte territoriale avrebbe dovuto desumere l'inidoneità dell'impresa appaltatrice dalla gravità degli errori tecnici nei quali sarebbe incorsa, avendo invece congruamente motivato con riferimento alla natura della prestazione dell'appalto ed alle caratteristiche dell'impresa stessa. La censura si risolve sostanzialmente nella richiesta a questa Corte di apprezzare diversamente da quanto fatto dal giudice del merito gli esiti dell'istruttoria ed è quindi inammissibile la valutazione delle risultanze probatorie rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito, essendo sufficiente, ai fini della congruità della motivazione, che da questa risulti che il convincimento si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi processualmente acquisiti, considerati nel loro complesso, pur senza un'esplicita confutazione degli altri elementi non menzionati e non accolti, anche se allegati, purché risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, a quelli utilizzati cfr. Cass. n. 24589/05, tra le altre . 4. I principi appena richiamati vanno ripetuti con riferimento alla censura di vizio di motivazione mossa alla sentenza impugnata per avere escluso la responsabilità solidale e concorrente del direttore dei lavori, geom. G C. , che i ricorrenti assumono essersi fattivamente ingerito nella esecuzione degli stessi, attraverso la indicazione di nuove ed ulteriori direttive rispetto a quelle elencato in progetto alla cui osservanza egli non ebbe a sovrintendere”. Secondo i ricorrenti siffatte affermazioni troverebbero riscontro nella consulenza tecnica d'ufficio, per il solo fatto che questa avrebbe evidenziato il compimento di gravi errori tecnici che si dovrebbe presumere sarebbero stati evitati se il direttore dei lavori avesse adeguatamente svolto il proprio compito di controllo troverebbero altresì riscontro nelle ammissioni contenute negli scritti difensivi del C. . 4.1. La Corte d'Appello ha escluso che fosse stata fornita la prova della responsabilità di quest'ultimo, ritenendo così di non potere desumere la sussistenza di suoi comportamenti eventualmente omissivi valutabili in termini di colpa né dalla CTU né dalle ammissioni del convenuto. Orbene, anche a voler prescindere dal profilo di inammissibilità del motivo che consegue alla omessa riproduzione in ricorso delle parti delle memorie del C. che avrebbero contenuto le sue ammissioni di colpevolezza, va ribadito che comunque la censura riguarda apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata”. così da ultimo, Cass. 21 luglio 2010 n. 17097 . 5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, in favore degli eredi di I F. , come da dispositivo non vi è luogo a provvedere nei confronti del C. , che non si è difeso dinanzi a questa Corte. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore di F.G. , M.G F. , B F. , F.V. e G V. nella somma di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.