E' nulla la vendita che dissimula un contratto di mutuo

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita, anche nell'ipotesi in cui sia previsto il trasferimento del bene, è nulla se stipulata per una causa di garanzia anziché per una causa di scambio , nell'ambito della quale il versamento del denaro, da parte del compratore, non costituisca pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo, ed il trasferimento del bene serva solo per costituire una posizione di garanzia provvisoria capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o meno l'obbligo di restituire le somme ricevute. La Corte di Cassazione, con la pronuncia del 12 ottobre, n. 20956, analogamente al proprio consolidato orientamento in materia, intende ribadire che il divieto del patto commissorio previsto dall'art. 2744 c.c. si deve applicare a qualsiasi negozio, ancorché di per se astrattamente lecito, che venga impiegato per conseguire il concreto risultato, vietato dall'ordinamento, di assoggettare il debitore all'illecita coercizione da parte del creditore, sottostando alla volontà del medesimo di conseguire il trasferimento della proprietà di un suo bene, quale conseguenza della mancata estinzione di un debito. All'origine dei fatti di causa una vendita o un finanziamento? I fatti di causa concernono la qualificazione del contratto con il quale è stata trasferita la proprietà di un appartamento. Secondo la parte che ricorre in Cassazione, al fine di ottenere un diverso esito rispetto ai precedenti gradi di giudizio nei quali era risultato soccombente, il suddetto negozio non è un contratto simulato, ma un vero e proprio contratto di compravendita con patto di riscatto, nella quale il venditore si era riservato il diritto di riavere la proprietà del bene alienato mediante la restituzione del prezzo, delle spese e degli interessi. A supporto della propria posizione, lo stesso fa presente che, contestualmente alla vendita, tra le parti era stato stipulato un contratto di locazione che avrebbe consentito al venditore di continuare ad abitare nello stesso immobile, dietro pagamento di un canone. Di diverso avviso la ricostruzione operata dal Tribunale e della Corte di Appello - e pienamente confermata dalla Cassazione - per la quale il contratto di compravendita in questione, pur se ad effetti solo apparentemente immediati, è stato stipulato a scopo di garanzia, con il fine specifico di attribuire l'immobile al creditore acquirente soltanto nel caso d'inadempimento, da parte del venditore, dell'obbligazione di restituzione la somma oggetto di prestito - finanziamento. Finanziamento e non vendita perché Nella prospettazione della S.C., il negozio oggetto di accordo tra le parti doveva senz'altro considerarsi come vendita fittizia, sulla base di una serie di circostanze di fatto sostanzialmente incontestabili, ossia l'assenza della prova del versamento del prezzo da parte del venditore l'ammissione, in sede di interrogatorio formale, da parte dell'acquirente - creditore di aver concesso un prestito al venditore - debitore, il quale era stato costretto a stipulare il contratto di compravendita nella immediatezza del prestito nonché, da ultimo, la mancata prova in ordine al pagamento dei canoni di locazione che il venditore - debitore avrebbe asseritamente corrisposto, per rimanere nella disponibilità dell'immobile. Cos'è il patto commissorio e perché è vietato. Secondo l'art. 2744 c.c. - rubricato divieto del patto commissorio , sono vietate le pattuizioni in base alle quali, in caso di inadempimento del credito garantito, le parti convengono che la cosa data in pegno o in ipoteca, a titolo di garanzia, passi in proprietà del creditore. Analogo principio è presente nel divieto sancito dall'art. 1963 c.c. con riferimento al contratto di anticresi, per il quale è vietato il patto che sancisce, in caso di inadempimento del debitore, il passaggio della proprietà dell'immobile del debitore o del terzo al creditore, mentre l'immobile era originariamente stato consegnato perché il creditore ne potesse percepire i frutti, imputandoli ad interessi e capitale del proprio debito. Il divieto del patto commissorio viene tradizionalmente ricondotto ad un principio di tutela dell'interesse di quella che tradizionalmente viene considerata la parte debole del rapporto obbligatorio, ossia il debitore, di modo che tale soggetto, trovandosi in una situazione di coazione morale nei confronti del creditore, non subisca gli effetti di quella coazione, piegando la propria volontà all'interesse del creditore e accettando il trasferimento della proprietà del bene dato in garanzia in caso di mancato adempimento del debito. Le alienazioni a scopo di garanzia. Nell'ambito della prassi negoziale volta alla indiretta elusione del dettato dell'art. 2744 c.c. - disposizione generalmente riconosciuta di carattere imperativo - si segnalano, alla stregua della vicenda oggetto della sentenza in commento, le alienazioni a scopo di garanzia. Si tratta, in particolare, di ipotesi realizzate attraverso gli strumenti normativi predisposti dal codice civile - come ad es. quelli della vendita con patto di riscatto articolo 1500 ss. c.c. e della vendita con riserva di proprietà articolo 1523 ss. c.c. - negozi indubbiamente leciti, ma utilizzati con finalità illecita per aggirare il divieto del patto commissorio, ogni qual volta la vendita del bene mascheri, in realtà, la volontà di attribuire il bene in maniera definitiva al creditore al solo verificarsi dell'inadempimento di un debito. Secondo la giurisprudenza prevalente la vendita a scopo di garanzia si verrebbe a configurare come un negozio volto ad eludere l'applicazione della norma imperativa di cui all'art. 2744 c.c. e, in quanto contratto in frode alla legge, nullo ex art. 1344 c.c. Cass. n. 1657/1996 Cass. n. 2725/2007 .