Condominio e contitolarità delle aree pertinenziali

Il giudicato esterno formatosi a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione è rilevabile anche d’ufficio, non solo quando emerga dagli atti prodotti nei giudizi di merito, ma anche nel caso in cui si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, senza che possa qualificarsi come inammissibile l’eccezione o la produzione della sentenza divenuta irrevocabile.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16589/21, depositata l’11 giugno. Tizia proponeva opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Giudice di Pace di Tivoli aveva ingiunto il pagamento di 1.794 euro in favore di un Condominio , a titolo di spese di gestione del comprensorio. Tizia deduceva che non sussistesse una comunione del complesso residenziale né che vi era alcun titolo da cui risultasse il conferimento dei beni immobili in favore dei soci di una Cooperativa per la costituzione di una comunione pro diviso tra gli assegnatari dei lotti . Il Tribunale di Tivoli accoglieva, però, il ricorso da parte del creditore, confermando la sussistenza della suddetta comunione attesa l’irrilevanza della menzione delle aree pertinenziali negli atti di assegnazione delle singole unità immobiliari . Tizia ricorre, quindi, in Cassazione lamentandosi, tra i vari motivi, della violazione degli artt. 324 c.p.c., 1350, 1117 e 818 c.c. per l’ omesso accertamento dell’ insussistenza della comunione in questione e del Condomino sulle aree pertinenziali di esclusiva proprietà della Cooperativa citata, attesa l’esistenza del giudicato interno ed esterno ex art. 2909 c.c Il motivo di doglianza risulta fondato in quanto è stata riscontrata l’ esistenza di un giudicato esterno formatasi inter partes , in forza della pronuncia del Tribunale di Tivoli, in cui si accertava che gli atti di assegnazione dei lotti agli attori tra cui la parte ricorrente non avevano alcun riferimento alle pertinenze relative, con la conseguente insussistenza della comunione dei suddetti beni. La Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare a riguardo che i limiti della cognizione del giudice del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali dipendono comunque dalla preventiva configurabilità di una deliberazione che abbia approvato la ripartizione delle spese tra condomini relative a parti ad essi comuni Cass. n. 11572/2016 e che il giudicato esterno formatosi a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione è rilevabile anche d’ufficio , non solo quando emerga dagli atti prodotti nei giudizi di merito, ma anche nel caso in cui si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, senza che possa qualificarsi come inammissibile l’eccezione o la produzione in questa sede della sentenza divenuta irrevocabile, poiché – ove si tratti di sentenza della predetta Corte, nota alle parti – non può ritenersi operante il divieto di produzione di nuovi documenti di cui all’art. 372 c.p.c., in quanto il divieto non risponde, in concreto, ad un reale interesse né delle parti stesse, né della Corte di Cassazione, la quale è tenuta per dovere d’ufficio alla conoscenza dei propri precedenti Cass. n. 13916/2006 . Questi precedenti confermano, così, l’effettivo passaggio in giudicato della pronuncia del Tribunale di Tivoli con la quale è stata affermata l’ inesistenza della comunione ovvero del Condominio sulle aree pertinenziali , il che determina che non possa più essere rimessa in discussione la questione relativa alla contitolarità delle aree pertinenziali, sulla quale si fonda la pretesa creditoria . Per questi motivi il Collegio accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta la pretesa creditoria del contro ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 14 aprile – 11 giugno 2021, n. 16589 Presidente Lombardo – Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione M.M.A. proponeva opposizione avverso il Decreto Ingiuntivo n. 66 del 2013, con il quale il Giudice di Pace di Tivoli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 1.794,00, oltre interessi e spese di procedura, in favore del Complesso Residenziale Parco Azzurro, a titolo di spese di gestione del comprensorio. L’opponente deduceva l’infondatezza della pretesa azionata in via monitoria, poiché non sussisteva una comunione del complesso residenziale, nè vi era alcun titolo da cui risultasse il conferimento dei beni immobili in favore dei soci della Cooperativa Parco Azzurro per la costituzione di una comunione pro indiviso tra gli assegnatari dei lotti. Si costituiva in giudizio il creditore, il quale chiedeva il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Con sentenza n. 718/2013, il Giudice di Pace di Tivoli accoglieva l’opposizione. Avverso tale sentenza proponeva appello davanti al Tribunale di Tivoli il creditore ricorrente ed il giudice adito con la sentenza n. 641 del 3 maggio 2018 ha accolto il gravame, ritenendo che effettivamente doveva ravvisarsi la sussistenza di una comunione, attesa l’irrilevanza della menzione delle aree pertinenziali negli atti di assegnazione delle singole unità immobiliari. Ne scaturiva che vigeva la presunzione di condominialità delle aree in relazione alle quali il Complesso residenziale aveva chiesto il concorso nelle spese di manutenzione. Inoltre, pur avendo parte appellata invocato l’efficacia della sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1493/2014, a suo dire passata in cosa giudicata, e che avrebbe sancito l’insussistenza della comunione, non l’ha versata in atti, impedendo quindi di riscontrare l’effettiva ricorrenza del giudicato esterno, stante anche la mancata produzione dell’attestazione del passaggio in giudicato. Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Tivoli, F.F. ha proposto ricorso per cassazione, articolato su due motivi, illustrati da memorie. Resiste con controricorso il Complesso Residenziale Parco Azzurro. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 324 c.p.c., nonché degli artt. 1350, 1117 ed 818 c.c., per l’omesso accertamento dell’insussistenza della comunione e del condominio sulle aree pertinenziali di esclusiva proprietà della società Cooperativa Edilizia Parco Azzurro S.r.l., attesa l’esistenza del giudicato interno ed esterno ex art. 2909 c.c Si sostiene che la sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1493/2014, già richiamata in grado di appello, è passata in cosa giudicata, come peraltro riconosciuto da numerosi precedenti di questa Corte, che in più occasioni ha preso atto della circostanza che con tale pronuncia era stata smentita l’esistenza di una comunione sulle pretese aree comuni. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1350 e 1117 c.c., per l’omesso esame del concordato omologato dal Tribunale per le aree pertinenziali acquisite dalla Zida S.r.l. e cedute dalla liquidazione coatta amministrativa della Cooperativa Edilizia Parco Azzurro S.r.l., non risultanti dagli atti di assegnazione ed inefficacia del regolamento redatto dal Complesso Residenziale Parco Azzurro ai fini del trasferimento delle aree pertinenziali. Si deduce che la ricorrente avrebbe ottenuto ben due sentenze passate in cosa giudicata, emesse dal Tribunale di Tivoli, con le quali si è accertato che l’atto di assegnazione non risultava idoneo a dare vita ad un condominio ovvero ad un consorzio, nè legittimava l’adesione allo stesso, essendo infatti necessario che l’eventuale regolamento di gestione sia oggetto di un’adesione negoziale. Ritiene il Collegio che il primo motivo sia fondato. Risulta, infatti, che in numerose pronunce di questa Corte, puntualmente richiamate in ricorso cfr. Cass. n. 327/2017, Cass. n. 328/2017 Cass. n. 9279/2018 Cass. n. 10058/2018 Cass. n. 14082/2019 Cass. n. 14432/2019 , in via del tutto pregiudiziale, è stata riscontrata l’esistenza di un giudicato esterno formatosi inter partes, in forza della sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1493/2014 del 23 giugno 2014. Con tale sentenza, resa a seguito di impugnativa di deliberazione assembleare relativa ai bilanci consuntivo 2011 e preventivo 2012 del Complesso Residenziale, si accertava che gli atti di assegnazione dei lotti agli attori fra cui l’odierna parte ricorrente non avevano alcun riferimento alle pertinenze relative, sicché non sussisteva alcuna comunione al riguardo di detti beni. L’accertamento contenuto nella suddetta sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1493/2014, dell’insussistenza di una situazione di contitolarità in capo alla parte controricorrente delle aree pertinenziali del Complesso Residenziale Parco Azzurro, presupposto di fatto dell’obbligo della stessa parte di contribuire alle spese della relativa comunione, inerisce ad una connotazione, di fatto e di diritto, del rapporto inter partes, idonea a produrre effetti destinati a durare per tutto il protrarsi di tale rapporto a situazione normativa e fattuale immutata. Ne deriva che la situazione ivi accertata non può più costituire oggetto di valutazione diversa nel presente giudizio cfr., ad es., Cass. n. 11572/2016 , poiché i limiti della cognizione del giudice del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali dipendono comunque dalla preventiva configurabilità di una deliberazione che abbia approvato la ripartizione delle spese tra i condomini relative a parti ad essi comuni, essendo tale situazione di comunione smentita dall’intervenuto giudicato esterno. È pur vero che nelle vicende decise dai precedenti richiamati la formazione del giudicato era intervenuta in epoca successiva alla proposizione del ricorso e che era stata prodotta copia della sentenza, corredata di idonea certificazione ai sensi dell’art. 124 disp. att. c.p.c., con la rituale produzione dell’inerente documento, laddove nel caso in esame la sentenza invocata come giudicato non era stata versta in atti in grado di appello con la detta certificazione, tuttavia, una volta che la sua autorità sia stata invocata, e considerato che l’accertamento del giudicato esterno non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem , corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione essendo tale garanzia di stabilità, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive cfr. Cass. S.U. n. 13916/2006 , la certezza dell’esistenza del giudicato ben può ricavarsi anche dall’intervenuta decisione da parte di questa Corte in tal senso si veda Cass. n. 5360/2009, a mente della quale il giudicato esterno formatosi a seguito di una sentenza della Corte di cassazione è rilevabile anche di ufficio, non solo quando emerga dagli atti prodotti nei giudizi di merito, ma anche nel caso in cui si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, senza che possa qualificarsi come inammissibile l’eccezione o la produzione in questa sede della sentenza divenuta irrevocabile, poiché - ove si tratti di sentenza della predetta Corte, nota alle parti - non può ritenersi operante il divieto di produzione di nuovi documenti di cui all’art. 372 c.p.c., in quanto il divieto non risponde, in concreto, ad un reale interesse nè delle parti stesse, nè della Corte di cassazione, la quale è tenuta per dovere di ufficio alla conoscenza dei propri precedenti . Orbene, i numerosi precedenti di legittimità richiamati dalla ricorrente, confortano l’asserzione circa l’effettivo passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1493/2014, con la quale è stata affermata l’inesistenza della comunione ovvero del condominio sulle aree pertinenziali, il che determina che non possa più essere rimessa in discussione la questione relativa alla contitolarità delle aree pertinenziali, sulla quale si fonda la pretesa creditoria. Il motivo deve quindi essere accolto, dovendosi pervenire alla cassazione della sentenza impugnata con decisione nel merito, non essendo necessario svolgere accertamenti di fatto, con il conseguente rigetto della pretesa creditoria a suo tempo azionata in via monitoria. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo. Attesa la peculiarità delle vicende sia sostanziali che processuali, e tenuto conto anche degli esiti alterni della vicenda nei gradi di merito, si ritiene che sussistano i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero giudizio. P.Q.M. Accoglie il primo motivo, ed assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la pretesa creditoria del contro ricorrente compensa le spese dell’intero giudizio.