Paga le spese straordinarie chi era condomino al momento della delibera assembleare

In caso di spese condominiali di carattere straordinario il Condominio è legittimato ad agire sia verso il condomino che era proprietario al momento della delibera assembleare che aveva deciso l’esecuzione dei lavori, sia verso il soggetto che ha acquistato l’immobile dal primo, ed è quindi responsabile per le somme dovute per l’anno in corso e per l’anno precedente. Nei rapporti interni tra i due debitori, invece, salvo patto contrario, a sostenere le spese sarà il soggetto proprietario al momento della delibera assembleare.

Il caso. Un Condominio depositava ricorso per decreto ingiuntivo avverso due soggetti, al fine di ottenere il pagamento di una somma dovuta per l’esecuzione di lavori straordinari nelle parti comuni dello stabile. I due soggetti intimati erano una ex condomina e l’ attuale proprietaria che aveva acquistato l’immobile dalla prima. Secondo il Condominio le due donne erano responsabili in solido per l’obbligazione relativa al pagamento delle spese condominiali per i lavori straordinari. Entrambe le intimate proponevano opposizione al decreto ingiuntivo, con due azioni in seguito riunite nel medesimo procedimento. L’ex condomina, in particolare, sosteneva come le spese non fossero imputabili a lei in quanto i lavori erano stati eseguiti a seguito della alienazione del suo appartamento. L’attuale condomina, al contrario, sosteneva come la sua dante causa fosse debitrice, in quanto i lavori erano stati deliberati quando ella aveva la qualità di condomina. Secondo il Tribunale, tuttavia, la ragione era dalla parte della prima citata, e con il rigetto dell’opposizione dell’attuale condomina decretava la sua responsabilità per il pagamento delle spese. La vicenda approdava quindi in Corte d’Appello, a seguito di atto di impugnazione della parte soccombente. Il Giudice del riesame, in detta situazione, accoglieva il gravame proposto, decretando come, ai sensi di legge, responsabile per il pagamento delle spese era unicamente chi aveva la qualità di condomino al momento della deliberazione. La cassazione accoglie il ricorso. L’ex condomina, quindi, decideva di depositare ricorso in Cassazione, contestando l’esito del giudizio di appello. In buona sostanza, ella affermava come la Corte d’Appello non avesse correttamente valutato le risultanze istruttorie dei gradi di merito. Secondo la parte appellante, infatti, l’obbligo di pagare le spese sarebbe stato trasferito in capo alla parte acquirente, per espresso accordo delle parti. Tale accordo avrebbe derogato alla disciplina legale invece applicata pedestremente dalla Corte d’Appello. La Sesta Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza 28 aprile 2021 numero 11199, accoglieva il ricorso sopra tratteggiato. Nel testo della decisione, in primis, la Cassazione si dedicava alla descrizione della fattispecie normativa. Nel caso di debiti relativi alle spese straordinarie , infatti, il Condominio può validamente rivolgersi sia all’ex condomino, che a quello attuale. L’ex condomino, infatti, era proprietario al momento della deliberazione e il nuovo proprietario, ai sensi dell’art. 63, comma 4 disp. att. c.c. è responsabile perché chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente . Di nessun rilievo quindi era la data di esecuzione effettiva dei lavori, in quanto a valere, quanto meno nei rapporti con il Condominio, era la data della deliberazione dei lavori e la data di acquisto dell’immobile in condominio. Il palazzo, quindi, era legittimato a richiedere l’intero costo dei lavori o meglio il costo calcolato sulla base dei millesimi della proprietà in oggetto sia all’ex condomina, che alla nuova. Quanto ai rapporti interni tra i debitori, invece, la Cassazione specificava che – salvo diversi accordi – il responsabile doveva intendersi il soggetto che rivestiva la qualità di condomino al momento della deliberazione non dell’esecuzione dei lavori . In caso di pagamento, totale o parziale, da parte del nuovo condomino, quindi, questi sarebbe stato autorizzato a richiedere il risarcimento al legittimo debitore, ossia il suo dante causa. La ragione, chiaramente, è da ricercarsi nel fatto che i lavori erano stati decisi quando il venditore poteva partecipare all’assemblea e votare, mentre il compratore era ancora estraneo al condominio e non aveva voce in capitolo. La Cassazione, tuttavia, sollevava l’attenzione sulla importante locuzione sopra menzionata salvo diversi accordi”. Ecco che il ricorso depositato dalla ex condomina veniva accolto in quanto, secondo gli Ermellini, i Giudici d’Appello non avevano correttamente valutato delle testimonianze che avrebbero provato l’ esistenza di accordi in ragione dei quali la parte acquirente si era impegnata a sostenere le spese relative ai lavori straordinari dietro ad uno sconto nel prezzo dell’immobile. Tale patto avrebbe avuto il potenziale effetto di derogare alla disciplina legale, introducendo quella pattizia. L’effetto, si badi, non sarebbe stato verso il Condominio, ma solo volto a modificare i rapporti debitori interni tra i due soggetti legittimati passivi. In ragione di tali osservazioni la Corte cassava la sentenza impugnata e rinviava ad altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione nel merito.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 dicembre 2020 - 28 aprile 2021, n. 11199 Presidente Di Virgilio - Relatore Scarpa Fatti di causa e ragione della decisione 1. D.T.R. ha notificato il 18 maggio 2016 ricorso, articolato in sei motivi, avverso la sentenza n. 587/2015 resa dalla Corte d'appello di Palermo, pubblicata in data 17 aprile 2015. Non hanno svolto attività difensive l'intimata D.R. e il Condominio omissis , cui del pari è stato notificato il ricorso. 2. La Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza n. 641/2009 del Tribunale di Palermo, ha condannato D.T.R. a tenere indenne D.R. di quanto sarà obbligata a pagare al Condominio omissis , in base al Decreto Ingiuntivo 20 novembre 2002, n. 2712/2002. 3. Con tale decreto, il Tribunale di Palermo aveva intimato in solido a D.T.R. ed a D.R. di corrispondere al Condominio omissis la somma di Euro 8.436,25 per spese relative a lavori straordinari di ristrutturazione eseguiti nell'edificio. Il Condominio precisò nella domanda monitoria che tale spesa era stata Delib. dall'assemblea dei condomini in data 21 luglio 2000 e che in data 12 marzo 2001 la condomina D.T.R. aveva alienato a D.R. una delle unità immobiliari già di sua proprietà, senza provvedere al versamento della propria quota. 4. D.R. e D.T.R. proposero distinte opposizioni al decreto ingiuntivo, poi riunite in unica causa. D.R. dedusse che la spesa era stata deliberata prima dell'acquisto dell'appartamento da parte sua e perciò asserì che l'unica obbligata nei confronti del Condominio fosse la venditrice D.T.R., la quale comunque avrebbe dovuto essere preventivamente escussa. D.R. agì pertanto in rivalsa contro D.T.R D.T.R. allegò, al contrario, che l'unica obbligata al pagamento delle somme in oggetto fosse D.R., in quanto le spese erano state sostenute soltanto dopo l'acquisto da parte di quest'ultima dell'unità immobiliare. 5. Il Tribunale di Palermo accolse l'opposizione di D.T.R. e rigettò quella di D.R., sostenendo che l'obbligazione del condomino di contribuire alle spese di manutenzione delle parti comuni dell'edificio sorge unicamente per effetto della concreta esecuzione dei lavori e quindi dall'attività gestionale compiuta. Per tale ragione, era D.R. obbligata nei confronti del Condominio in forza dell'art. 63 disp. att. c.c., in quanto i lavori, benchè deliberati nel luglio 2000, erano poi iniziati nel maggio 2001. 6. Avverso la sentenza D.R. propose appello, al quale resistette D.T.R., mentre il Condominio restò contumace. La Corte d'appello, accogliendo il gravame, ha ritenuto che, in base a quanto stabilito dall'art. 63 disp. att. c.c., correttamente il Tribunale avesse intimato ad entrambe le ingiunte di pagare i contributi pretesi dal Condominio, e perciò rigettato la domanda di revoca del decreto ingiuntivo avanzata da D.R Quanto ai rapporti interni, la Corte di Palermo ha invece richiamato il principio secondo cui obbligato a contribuire alle spese di manutenzione delle parti comuni dell'edificio è colui il quale risultava proprietario dell'unità immobiliare al momento dell'adozione della Delib. di approvazione dei lavori. Applicando tale criterio in ordine all'azione di rivalsa, la Corte d'appello ha concluso che D.T.R. fosse tenuta a rifondere a D.R. quanto la stessa dovesse pagare al Condominio in forza del decreto ingiuntivo opposto. 7. La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell'art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c La ricorrente ha depositato memoria. 8. Il primo motivo del ricorso di D.T.R. denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1372 c.c., art. 115 c.p.c., art. 63 disp. att. c.c., artt. 1121 e 1123 c.c., per non avere la Corte d'appello di Palermo tenuto conto del fatto che le prove testimoniali assunte testi P. e M. avevano comprovato l'esistenza di un accordo stipulato tra le parti, con il quale veniva accollato all'acquirente D.R. il pagamento delle spese di manutenzione straordinaria in cambio di uno sconto sul prezzo dell'immobile pari a circa dodici milioni di lire. Al riguardo, la Corte d'appello, pronunciando sul primo motivo di gravame, ha soltanto affermato che le prove testimoniali sarebbero state ininfluenti ai fini della decisione, riguardando i soli rapporti interni fra le parti e non i profili di responsabilità verso il Condominio. Al contrario, sostiene la ricorrente, tali prove avrebbero dimostrato il patto contrario idoneo a derogare il meccanismo legale di imputazione dell'obbligo di spesa tra alienante ed acquirente. Il secondo motivo di ricorso allega l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nonchè la contraddittorietà della motivazione. La censura riguarda sempre il mancato esame delle prove testimoniali sull'accordo intercorso fra le parti del contratto di compravendita e la contraddittorietà del giudizio di ininfluenza di tali prove perchè riguardanti solo i rapporti interni fra le parti. La Corte d'appello, dunque, non ha tenuto conto dell'alternatività dei due regimi , avendo applicato arbitrariamente nei rapporti interni tra le parti quello legale invece di quello pattizio. Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 63 disp. att. c.c., comma 2, nonchè degli artt. 1298,1299 e 1306 c.c. atteso che il Condominio non aveva appellato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva annullato il decreto ingiuntivo opposto nei riguardi di D.T.R., si era formato il giudicato interno sull'inapplicabilità alla stessa dell'art. 63 disp. att. c.c., n. 2 e quindi sull'inesistenza dell'obbligazione solidale in esso prevista. Ne deriverebbe che, da un lato, non opererebbero gli artt. 1294,1298 e 1299 c.c., regolanti i rapporti interni fra condebitori solidali, nonchè l'art. 1306 c.c. e, dall'altro, il giudice di appello avrebbe dovuto constatare la mancanza di causa petendi della pronuncia di rimborso nei rapporti interni tra le parti, essendo venuta meno l'obbligazione solidale. Il quarto motivo di ricorso erroneamente numerato nuovamente come 3 si duole dell'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, quale il contenuto della Delib. 16 marzo 2001 in questa occasione, l'assemblea condominiale approvò la ripartizione dei lavori per cui è causa, nonchè l'esecuzione di opere ulteriori, e intervennero, votando favorevolmente, sia la venditrice D.T. sia l'acquirente D Da tale Delib. la Corte d'appello avrebbe potuto trarre prova che l'unica obbligata al pagamento delle quote dei lavori straordinari era l'acquirente D Con il quinto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1118 c.c. e dell'art. 63 disp. att. c.c., nonchè la nullità della sentenza per omessa motivazione circa fatti decisivi per il giudizio. Vi si assume che la Delib. da considerare, nella specie, costitutiva dell'obbligo contributivo per i lavori straordinari sarebbe stata soltanto quella del 16 marzo 2001, da cui dipendono le considerazioni prima svolte. Il sesto motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1104,1117,1118 c.c., art. 1121 c.c., comma 2, art. 1123 c.c., comma 1 e art. 63 disp. att. c.c., nonchè la nullità della sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti e atti decisivi per il giudizio. la censura propone di rivedere criticamente la teoria secondo la quale l'origine del credito per lavori straordinari va ricercata in una Delib. condominiale avente valore costitutivo e che deliberi l'esecuzione dei lavori straordinari . 8.1. La copia della sentenza impugnata prodotta dalla ricorrente contiene una relata di notificazione del provvedimento in forma esecutiva unitamente all'atto di precetto eseguita in data 24 giugno 2015 da D.R. personalmente a D.T.R., anzichè al procuratore costituito a norma dell'art. 170 c.p.c., comma 1 e art. 285 c.p.c., di per sè inidonea a far decorrere il termine breve d'impugnazione ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c 9. Assume rilievo pregiudiziale la decisione del terzo motivo di ricorso, il quale professa l'avvenuta formazione del giudicato interno in ordine alla insussistenza del debito solidale per le spese riferibile alla D.T., stante la mancata impugnazione da parte del creditore Condominio della sentenza di primo grado, con cui era stato escluso l'obbligo gravante sulla medesima ricorrente. Il motivo è infondato in quanto D.R., nell'opporsi al decreto ingiuntivo intimatole, in solido con D.T.R., Condominio OMISSIS , aveva spiegato immediata azione di rivalsa proprio nei confronti di D.T.R., giacchè ritenuta unica obbligata a pagare quelle spese condominiali. Basta qui considerare, argomentando da un consolidato indirizzo giurisprudenziale, che la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio - quale, nella specie, quella prevista dall'art. 63 disp. att. c.c., comma 2 ora, in forza della L. n. 220 del 2012, art. 63 disp. att. c.c., comma 4 - è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore e serve a rafforzare il diritto di quest'ultimo, consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori, mentre non ha alcuna influenza nei rapporti interni tra condebitori solidali, fra i quali l'obbligazione si divide secondo quanto risulta dal titolo o, in mancanza, in parti uguali. Pertanto, se, come qui avvenuto, il creditore conviene in giudizio più debitori sostenendo la loro responsabilità solidale, e invece il giudice accerti la responsabilità esclusiva di uno di essi, con esclusione del rapporto di solidarietà, pronunciando conseguentemente la condanna soltanto del medesimo, questi, ove abbia proposto domanda di rivalsa nei confronti del preteso condebitore solidale, ha comunque interesse ad impugnare tale sentenza, perchè essa pregiudica il suo eventuale diritto di rivalsa, essendo stato dedotto in giudizio il rapporto interno che lo lega all'altro debitore. In sostanza, l'assunto passaggio in giudicato nei confronti del creditore del rigetto della sua pretesa rivolta verso uno dei condebitori solidali non esclude l'interesse di altro condebitore, ritenuto unico effettivo obbligato dal primo giudice, ad appellare la sentenza per sentir affermare la responsabilità del debitore assolto, seppure l'accoglimento della pretesa dell'appellante abbia poi effetto solo nel rapporto interno di ripartizione del debito arg. da Cass. Sez. 3, 10/05/2001, n. 6502 Cass. Sez. 3, 02/02/2006, n. 2266 Cass. Sez. 3, 15/01/2020, n. 542 . 10. Il quinto ed il sesto motivo di ricorso sono inammissibili. Il quinto motivo allega la portata costitutiva dell'obbligo di spesa della Delib. Assembleare 16 marzo 2001, successiva a quella del 21 luglio 2000 posta a fondamento della domanda monitoria ed anche alla data del 12 marzo 2001, in cui avvenne la vendita da D.T.R. a D.R. della unità immobiliare. Con questa censura si introduce nel giudizio di cassazione una questione di fatto di cui non vi è menzione alcuna nella sentenza impugnata, nè la ricorrente indica, agli effetti dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, quando e come tale fatto fosse stato allegato nel corso delle pregresse fasi di merito. Neppure, sempre agli effetti dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, è indicato il contenuto letterale della Delib. 16 marzo 2001, della quale la ricorrente auspica inammissibilmente in sede di legittimità un esame diretto ed un'interpretazione della emergente volontà collegiale. Il sesto motivo di ricorso è invece inammissibile ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c., n. 1, perchè la ricorrente, senza offrire elementi di rilievo, invoca un mutamento della consolidata interpretazione giurisprudenziale, secondo cui in tema di riparto delle spese condominiali concernenti lavori di manutenzione straordinaria sulle parti comuni, laddove, successivamente alla Delib. assembleare che abbia disposto l'esecuzione di tali interventi, sia venduta un'unità immobiliare sita nel condominio, i costi dei lavori gravano - secondo un criterio rilevante anche nei rapporti interni tra compratore e venditore, che non si siano diversamente accordati tra di loro alla luce di patti comunque inopponibili al condominio - su chi era proprietario dell'immobile compravenduto al momento dell'approvazione di detta Delib., la quale ha valore costitutivo della relativa obbligazione. Nè rileva, in senso contrario, che la vendita sia avvenuta prima dell'approvazione di tutti gli stati di ripartizione dei lavori, ovvero prima che il condomino che aveva approvato la suddetta Delib. abbia assolto integralmente ai propri oneri verso il condominio Cass. Sez. 2, 09/10/2020, n. 21860 Cass. Sez. 2, 20/05/2019, n. 13505 Cass. Sez. 6 - 2, 22 giugno 2017, n. 15547 Cass. Sez 6 - 2, 22 marzo 2017, n. 7395 Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24654 . 11. Sono invece fondati il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso. Essi adducono, in sostanza, l'omesso esame di un accordo raggiunto tra l'acquirente D.R. e la venditrice D.T.R., nel senso che la prima si sarebbe accollata il pagamento delle spese di manutenzione straordinaria. Tale fatto sarebbe dimostrato dalle prove testimoniali assunte, che la Corte d'appello ha giudicato ininfluenti ai fini della decisione, riguardando esclusivamente i rapporti interni fra le parti e non i profili della responsabilità verso il Condominio , e sarebbe altresì evincibile dalla Delib. di ripartizione delle spese approvata all'assemblea del 16 marzo 2001, cui parteciparono entrambe le contendenti. L'omesso esame di tali rapporti interni tra le parti , emergenti dalle indicate fonti di prova, risulta decisivo, in quanto gli stessi, se esaminati, avrebbero potuto verosimilmente determinare un esito diverso della controversia devoluta alla cognizione del giudice di appello, avente ad oggetto proprio l'azione di rivalsa spiegata da D.R. nei confronti di D.T.R Infatti, alla stregua dell'art. 63 disp. att. c.c., comma 2 nella formulazione antecedente alla modificazione operata dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220 , chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. Come già ricordato, occorre a tal fine distinguere tra spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell'edificio o alla prestazione di servizi nell'interesse comune, ovvero ad impedire o riparare un deterioramento, e spese attinenti a lavori che consistano in un'innovazione o che comunque comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell'edificio e cagionate da un evento non evitabile con quest'ultima. Nella prima ipotesi, l'obbligazione si ritiene sorta non appena si compia l'intervento ritenuto necessario dall'amministratore, e quindi in coincidenza con il compimento effettivo dell'attività gestionale. Nel caso, invece, delle opere di manutenzione straordinaria e delle innovazioni, la deliberazione dell'assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell'intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino. Da ciò si fa derivare che, verificandosi l'alienazione di una porzione esclusiva posta nel condominio in seguito all'adozione di una Delib. assembleare, antecedente alla stipula dell'atto traslativo, volta all'esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione, ove non sia diversamente convenuto nei rapporti interni tra venditore e compratore, i relativi costi devono essere sopportati dal primo, anche se poi i lavori siano stati, in tutto o in parte, effettuati in epoca successiva, con conseguente diritto dell'acquirente a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c Dunque, tale momento di insorgenza dell'obbligo di contribuzione condominiale rileva anche per imputare l'obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, ma sempre che gli stessi come qui si assume avvenuto dalla ricorrente non si fossero diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro. Si consideri pure che il dedotto accollo del debito condominiale da parte della compratrice, in quanto semplice modalità di adempimento dell'obbligo di pagamento del prezzo della compravendita immobiliare comunque determinato in contratto, non potrebbe dirsi sottoposto ai limiti di prova di cui all'art. 2725 c.c., comma 2 e art. 1350 c.c., n. 1. 11. Vanno pertanto accolti il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, va rigettato il terzo motivo e vanno dichiarati inammissibili il quinto ed il sesto motivo. La sentenza impugnata va cassata, nei limiti delle censure accolte, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Palermo, in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame tenendo conto dei rilievi svolti e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il terzo motivo, dichiara inammissibili il quinto ed il sesto motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti delle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Palermo, in diversa composizione.