La domanda di rimozione di un’opera in aggiunta a quella di impugnazione della delibera assembleare si considera “nuova”

L’introduzione di una domanda di rimozione di un’opera realizzata in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea condominiale, in aggiunta a quella originaria di impugnazione ex art. 1137 c.c., costituisce [] domanda nuova”, come tale non ammessa dall’art. 183 c.p.c. .

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25677/20, depositata il 13 novembre. Il Tribunale di Palermo accoglieva l’ impugnazione della deliberazione assembleare proposta dall’odierno ricorrente, la quale riguardava l’uso di una parte comune dell’edificio condominiale ai fini dell’installazione di un impianto fotovoltaico, dichiarando tuttavia inammissibile la domanda della sua rimozione , in quanto proposta tardivamente. In seguito, il Giudice di seconde cure rigettava l’impugnazione proposta dallo stesso condomino, prendendo atto che la pretesa rimozione era stata avanzata mediante memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., dando luogo ad una mutatio libelli non consentita in sede di appendice scritta dell’udienza di trattazione della causa. Lo stesso condomino si rivolge, allora, alla Corte di Cassazione, lamentando, tra le altre cose, il fatto che la sua domanda di rimozione dell’impianto fotovoltaico riguardasse una rettifica relativa all’intervenuta esecuzione nelle more dell’impianto stesso, e non una nuova domanda. La Suprema Corte dichiara il motivo di ricorso manifestamente infondato , osservando come, mentre l’impugnazione di una delibera assembleare costituisca un’azione costitutiva-caducatoria”, avente quale oggetto l’invalidità della decisione adottata e quale unico legittimato passivo l’amministratore di condominio, l’azione con cui il condomino chiede la rimozione di opere che altro condomino abbia eseguito sulla cosa comune in violazione della disciplina codicistica ha, invece, natura reale , potendo, di conseguenza, essere proposta nei confronti di tutti gli altri partecipanti al Condominio. Per questo motivo, gli Ermellini evidenziano che l’introduzione di una domanda finalizzata all’eliminazione di un’opera realizzata in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea condominiale che si aggiunge a quella originaria di impugnazione prevista dall’art. 1137 c.c., come nel caso in oggetto, costituisce una domanda nuova” , e dunque non ammessa dall’art. 183 c.p.c Pertanto, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso del condomino.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 22 ottobre – 13 novembre 2020, n. 25677 Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione B.G. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza 9 maggio 2019, n. 960/2019, resa dalla Corte d’appello di Palermo. Gli intimati Condominio di omissis , e D.S.L. non hanno svolto attività difensive. La Corte d’appello di Palermo ha rigettato il gravame avanzato da B.G. contro la pronuncia resa in primo grado il 20 ottobre 2014 dal Tribunale di Palermo. Il Tribunale aveva accolto l’impugnazione della Delib. assembleare 15 novembre 2011 approvata dal Condominio di omissis , inerente all’uso di una parte comune per l’installazione di un impianto fotovoltaico, dichiarando però inammissibile la domanda di rimozione dello stesso, perché tardivamente proposta. Nel corso del giudizio di primo grado era intervenuto anche il condomino D.S.L. , aderendo all’impugnazione della Delib. formulata dall’attore B.G. . La Corte di Palermo, pur avendo corretto la motivazione del primo giudice, dopo aver constatato che la pretesa di rimozione dell’impianto era stata avanzata dall’attore B. con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1 e non n. 2 , ha comunque evidenziato come tale domanda desse luogo ad una mutatio libelli, non consentita in sede di appendice scritta dell’udienza di trattazione. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, concernendo la domanda di rimozione dell’impianto fotovoltaico non una domanda nuova, quanto una rettifica concernente l’intervenuta esecuzione, nelle more, dell’impianto fotovoltaico , oggetto della Delib. annullata. Il secondo motivo di ricorso allega la violazione dell’art. 91 c.p.c., dovendo essere le spese processuali poste a carico del Condominio soccombente. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Il ricorrente ha presentato memoria. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. L’impugnazione di una deliberazione dell’assemblea di condominio, ai sensi dell’art. 1137 c.c., quale quella in origine proposta dal condomino B.G. avverso la Delib. 15 novembre 2011 del Condominio di omissis , dà luogo ad un’azione, per così dire, costitutiva-caducatoria arg. da Cass. Sez. 2, 26/03/2009, n. 7369 , che ha ad oggetto l’invalidità della decisione presa dall’assemblea e che vede quale unico legittimato passivo l’amministratore di condominio. L’azione, con la quale il condominio di un edificio chiede, invece, la rimozione di opere, che altro condominio abbia effettuato sulla cosa comune in violazione della disciplina dettata dagli artt. 1102, 1120 e 1122 c.c., ha natura reale Cass. Sez. 2, 16/03/1981, n. 1455 e deve essere proposta nei confronti di tutti gli altri partecipanti al condominio stesso, come ogni altra azione che tenda all’adempimento di un obbligo positivo inerente a diritti reali, non potendo essere tenuto alla rimozione dell’opera il comproprietario dell’immobile il quale non sia stato parte del processo che abbia ordinato la stessa. L’introduzione di una domanda di rimozione di un’opera realizzata in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea condominiale, in aggiunta a quella originaria di impugnazione ex art. 1137 c.c., costituisce, pertanto, domanda nuova , come tale non ammessa dall’art. 183 c.p.c. nella specie, peraltro, proposta nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, che non ammette la proposizione di alcuna ulteriore domanda , supponendo, del resto, la modificazione permessa nei limiti della vicenda sostanziale dedotta in giudizio come illustrato da Cass. Sez. U, 15/06/2015, n. 12310 che la domanda iniziale rimanga unitaria nei propri elementi fondamentali, oppure che la domanda diversa, comunque, non si aggiunga alla prima, ma la sostituisca, ponendosi, rispetto a quella, in un rapporto di alternatività vedi anche Cass. Sez. 3, 26/06/2018, n. 16807 . È di conseguenza infondato anche il secondo motivo, in quanto la condanna al rimborso delle spese processuali del grado di giudizio irrogata all’appellante B.G. si rivela conforme al principio generale di cui all’art. 91 c.p.c Il ricorso va perciò rigettato. Non occorre provvedere per le spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.